Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady Five    26/03/2021    3 recensioni
Troppa curiosità sulle Mura non ha mai portato a nulla di buono... chi ha fatto domande, spesso ha pagato a caro prezzo. Ma qualcuno non si rassegna a subire tutta questa omertà e chiede aiuto alla Legione Esplorativa, deciso a scoprire la verità... sulle Mura, ma anche su un grave fatto del suo passato. E la sua presenza getterà un po' di scompiglio anche tra i cadetti...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

Quella notte il capitano Levi era in preda a uno dei suoi frequenti attacchi di insonnia.
No, non era soltanto colpa della pioggia continua e del vento che ululava in modo impressionante, insinuandosi nelle crepe della vecchia caserma, tra gli infissi ormai consunti, e arrivando a gelare le ossa. No, era una di quelle volte in cui i ricordi del passato lo assediavano trasformandosi in incubi terribili. Levi passava per essere un uomo freddo e distaccato, cinico e concentrato unicamente sui propri obiettivi. E lui lo lasciava credere... significava avere meno complicazioni. Ma in realtà non aveva dimenticato un solo volto, un solo nome dei suoi soldati caduti, e nemmeno le circostanze in cui erano morti. Per non parlare degli occhi increduli e terrorizzati di Isabel e Farlan, dei loro corpi straziati... malgrado fossero ormai trascorsi parecchi anni... C'erano delle notti in cui tutto questo diventava insopportabile, come un'onda di piena che travolge una diga.
Così, dopo aver inutilmente tentato di prendere sonno, il capitano si era risolto a scendere nelle cucine a prepararsi un tè, nella speranza di riuscire almeno a togliersi di dosso quel freddo fottuto.
Si era rivestito alla bell'e meglio (non sarebbe stato dignitoso farsi vedere in abbigliamento da notte, se avesse incontrato un sottoposto...) e si era inoltrato nel buio corridoio, verso le scale, con una bugia accesa in mano. La Legione Esplorativa era sempre in ristrettezze economiche e per risparmiare i corridoi non erano illuminati.
La piccola fiamma tremolante della candela rompeva il buio appena davanti a sé, giusto quanto gli serviva per non inciampare da qualche parte. Per questo, passando davanti all'ufficio di Erwin, notò subito la sottile lama di luce che filtrava da sotto la porta. Lì per lì pensò che anche il comandante non riuscisse a dormire e fosse tornato lì a lavorare, e fu tentato di tirare dritto. Ma l'istinto gli suggeriva che non era così... e poi Erwin non gli risultava facesse quelle cose. Era così metodico e cercava sempre, quando poteva, di riposare il numero giusto di ore, per poter essere lucido e presente.
Soffiò sulla candela per spegnerla e la posò a terra. Si disse che sarebbe dovuto tornare in camera a prendere un'arma, ma non c'era tempo. Se si fosse trattato di un malintenzionato, avrebbe potuto sfuggirgli. Quindi aprì lentamente la porta, quel tanto che gli permise di sbirciare all'interno.
Il suo istinto non si era sbagliato. Qualcuno stava frugando nella scrivania di Erwin! Non lo riconobbe, perché gli dava le spalle ed era completamente avvolto da un mantello scuro, con un cappuccio che gli copriva la testa.
A quel punto non c'era un minuto da perdere. Agile e silenzioso come un gatto, Levi sgusciò all'interno della stanza, si avvicinò furtivamente all'intruso e, con un balzo improvviso, gli bloccò le braccia lungo i fianchi, serrandogli contemporaneamente il collo con il braccio destro.
Il malcapitato cercò di dibattersi, ma la presa del capitano era una morsa d'acciaio e dovette presto desistere.
“Un gesto e sei morto!” gli sibilò Levi in un orecchio.
L'intruso si immobilizzò, ma il capitano poteva percepirne chiaramente il respiro affannoso.
“E ora vediamo chi diavolo sei!” disse rabbioso, strappandogli il cappuccio.
Una treccia bionda si srotolò sul mantello, lasciando Levi di stucco.
“Per pietà, capitano Levi, non mi faccia del male! Sono io, Kim! Le posso spiegare tutto...”
Sempre più stupefatto, l'uomo lasciò la presa sul collo e girò la ragazza verso di lui.
Era spaventatissima, ma questo non smorzò minimamente l'ira che gli stava montando dentro.
Senza tanti complimenti, la perquisì sommariamente alla ricerca di qualche arma nascosta. Non era certo sua abitudine mettere le mani addosso a una donna, ma in quella circostanza non poteva fare in altro modo.
Appurato che non portava addosso alcun oggetto con cui avrebbe potuto nuocergli, la spinse bruscamente su una sedia.
“Non muoverti! - le intimò - È così che ci ripaghi della fiducia che ti abbiamo accordato? Avremmo dovuto immaginarlo che c'era sotto qualcosa di losco! Sei una spia, nient'altro che una spia! Adesso mi dirai chi ti manda e che cosa stavi cercando, e ti consiglio di essere sincera! Qua non sei nell'alta società di Mitras!”
Kim scosse energicamente la testa.
“Non sono una spia, lo giuro! Non mi manda nessuno... sto agendo per conto mio... per... motivi personali!”
“Ah, davvero? Mi prendi per stupido? Se credi che me la beva, hai sbagliato persona...!”
“Non la sto prendendo in giro, capitano! Le... dirò tutto!”
Levi si sedette di fronte a lei, brandendo un tagliacarte che aveva preso sulla scrivania.
“Bene, ti ascolto. E cerca di essere convincente!”
La ragazza deglutì e iniziò a parlare con voce sommessa.
“Il mio vero nome è Kim Lind. I coniugi Axelsson non sono i miei veri genitori. Mi hanno adottato quando avevo cinque anni. Mia madre era morta nel darmi alla luce e, quando anche mio padre morì, nessuno poteva occuparsi di me, così per un po' stetti in un orfanotrofio a Mitras, finché fui appunto adottata. Circa un anno fa, un ragazzino sconosciuto venne a cercarmi. Mi disse che suo padre era in punto di morte e voleva parlarmi. All'inizio pensai a un errore, perché io non conoscevo quelle persone, ma il ragazzo insistette e così andai a incontrare quell'uomo. Il quale mi disse di essere un collega di mio padre, lavoravano insieme alla miniera. Un giorno mio padre gli confidò di aver scoperto una cosa sconvolgente... cioè che le Mura hanno fondamenta profondissime. Gli raccomandò anche di non farne parola con nessuno, ma lui, imprudentemente, si lasciò sfuggire la cosa con il responsabile della miniera. Due giorni dopo, mio padre scomparve.1 A me avevano sempre detto che era rimasto vittima di un incidente sul lavoro, ma quella, mi rivelò, era stata la versione ufficiale, in realtà di lui non si seppe più nulla. Non si presentò più al lavoro e non tornò più a casa. Io ero troppo piccola per fare domande... Quell'uomo visse gli anni successivi divorato dal rimorso, perché era sicuro che la colpa della sorte di mio padre fosse sua, e quindi aveva deciso di rintracciarmi e di raccontarmi la verità. Io rimasi sconvolta, ma, dopo tutto questo tempo, che cosa potevo fare? Tuttavia dovevo agire, soprattutto dovevo sapere se quanto aveva scoperto lui fosse vero e se quindi la sua fine fosse in qualche modo collegata ai misteri che circondano da sempre le Mura. Ma lo sapete anche voi quanto possa essere pericoloso indagare su questo argomento... forse chi ha fatto sparire il mio vero padre è ancora là fuori ed è pericoloso... dovevo inventarmi qualcosa, un interesse puramente culturale... Il mio padre adottivo, dopo le mie insistenze, ha acconsentito che io seguissi delle conferenze alla biblioteca di Mitras, da cui però non ho ricavato alcuna informazione utile. Allora ho strappato il permesso di venire qui... ma è la mia ultima possibilità, dopo lui ha detto che dovrò fare il mio debutto in società e trovarmi un buon partito da sposare. E a quel punto tutto sarà finito, non saprò mai come sono andate veramente le cose...”
Le ultime parole di Kim si spensero in un singhiozzo.
Levi aveva ascoltato attentamente tutta la storia. Le Mura hanno fondamenta profondissime... quindi, in pratica, non hanno fine... che cosa aveva di così scottante questa scoperta, da costare la vita a un uomo? Sempre che Kim avesse detto la verità...
“Perché ti sei rivolta proprio a noi? Noi ci occupiamo dei Giganti, non delle Mura. Cosa pensavi di trovare qui?” le chiese diffidente.
“Voi siete la mia ultima speranza... di voi si dice che siete... liberi! Che vi potete muovere a vostro piacimento, che fate delle ricerche... A Mitras molti parlano di voi, anche in modo negativo: vi giudicano dei visionari, della gente imprevedibile, che non segue le regole... Ma per me questi sono pregi, non difetti... insomma, io speravo di trovare qualche indizio...”
“E non potevi semplicemente chiederlo al comandante Smith, invece di intrufolarti nel suo studio di nascosto, come una volgare ladra?”
La ragazza abbassò gli occhi.
“Non volevo coinvolgerlo direttamente, rischiando di comprometterlo... così lui sarebbe risultato estraneo, non sarebbe sembrato mio complice, nel caso fossi stata scoperta...”
“Molto generoso da parte tua!”
“Lei mi deve credere, capitano!” aggiunse Kim con voce supplichevole.

“Quello che credo io non ha alcuna importanza... ora vado a chiamare il comandante e gli ripeterai questa storia. Le decisioni qua spettano a lui.”
Kim non sapeva se essere più sollevata o più preoccupata. Erwin le era sempre sembrato una brava persona, ma in effetti lei aveva tradito la sua fiducia...
Levi si guardò intorno, come se cercasse qualcosa. Poi, non trovando null'altro di adatto, si sfilò la cintura e la legò ai polsi della ragazza, fissandoli allo schienale della sedia.
“Ehi, ma...!” protestò lei.
“Scusa, ma non posso rischiare che tu te la svigni mentre vado a chiamare Erwin... sarà solo per pochi minuti. Ah, ti sconsiglio di chiamare aiuto: sarebbe del tutto inutile.”
Così detto, uscì come un fulmine e andò a bussare alla porta dell'alloggio del comandante.
Quando la voce assonnata di Erwin lo invitò a entrare, Levi mise appena dentro la testa. Lui si stava già vestendo.
“Che cosa sta succedendo?” chiese con voce preoccupata. Se qualcuno si era permesso di svegliarlo nel cuore della notte, doveva essere accaduto qualcosa di davvero grave.
“Vieni nel tuo studio... c'è una storia che dovresti ascoltare...”

Erwin fissò a lungo Kim, che nel frattempo era stata slegata, dopo che ebbe ascoltato ciò che lei aveva già riferito a Levi. Malgrado l'ora e le circostanze, era impeccabile e perfettamente lucido. E imperturbabile, come sempre. Era sempre difficile indovinare che cosa gli passasse per la mente.
“Mi dispiace tanto, comandante, aver agito così... ma l'ho fatto a fin di bene!”
“Lo immagino, ma quello che hai fatto è comunque molto grave. Qui siamo nell'esercito e c'è il segreto militare, che tu potresti aver violato, anche senza volerlo... potrei denunciarti ai miei superiori...”
La ragazza si spaventò ancora di più. Probabilmente non si era resa conto delle conseguenze del suo gesto.
“... ma per ora non lo farò. Voglio credere alla tua buona fede...”
“Oh, grazie, comandante Smith! Io le sono davvero grata e le prometto che non farò mai più una cosa simile!”
Erwin omise di dire che i documenti veramente importanti non stavano certo nei cassetti della sua scrivania, ma in un luogo ben custodito.
“Temo però che qua non ci siano le informazioni di cui hai bisogno... è vero, facciamo delle ricerche e godiamo di una certa libertà di azione... ma solo per quanto riguarda i Giganti, non le Mura.”
Il comandante si alzò e posò una mano sulla spalla della ragazza.
“Ti rivelerò una cosa che in pochissimi sanno. Anche mio padre sparì misteriosamente, quando ero bambino... faceva il maestro di scuola e aveva molte domande e curiosità, e probabilmente anche delle intuizioni, che però gli sono costate molto care... Non l'ho rivisto mai più e me ne sono dovuto fare una ragione. Quello che è capitato anche a tuo padre è terribile, ma... è meglio lasciare le cose come stanno. Anche se scoprirai quello che è successo, lui non tornerà da te.”
Kim aveva gli occhi pieni di lacrime.
“Ma magari non è morto! Magari ha dovuto scappare e nascondersi per salvarsi!”
Erwin scosse la testa.
“Non ti avrebbe abbandonata. Ti avrebbe portata con sé... o in questi anni ti avrebbe cercato, avrebbe fatto in modo che tu avessi sue notizie. Non ti avrebbe lasciato nell'angoscia... Ma tu sei viva, sei giovane e hai la possibilità di farti una famiglia e di avere una buona vita. Non sprecarla...”
Adesso fu lei a scuotere la testa bionda.
“Che vita è questa, comandante? Rinchiusi come topi in gabbia, con l'orizzonte chiuso da un pericolo mortale! Se potessi, mi arruolerei qua, adesso! Almeno vivere e morire avrebbe un senso, servirebbe a qualcosa! Ma il mio padre adottivo non me lo permetterà mai!”
Erwin e Levi si scambiarono un'occhiata.
“C'è bisogno anche di persone come te, Kim, che diano speranza all'umanità. Un giorno saremo di nuovo liberi, ne sono certo, e ci dovranno essere delle nuove generazioni per vedere quel giorno, non credi?”
Kim lo guardò dolorosamente stupita. Insomma, anche lui le stava suggerendo di tornarsene a Mitras, sposarsi e fare figli? La riteneva anche lui buona solo per questo?
Stava per replicare, ma Erwin la precedette.
“Siamo tutti molto stanchi. È meglio che torniamo a dormire e domani, a mente fresca, decideremo che cosa è meglio fare. Buonanotte, Kim.”
La ragazza si scusò ancora per il suo comportamento e uscì a testa bassa. Era molto scoraggiata. Era chiaro che il comandante stava solo prendendo tempo... ma in realtà aveva già deciso: la aspettavano un bel viaggio di ritorno a Mitras e una vita dorata da signora dell'alta società, come quella della sua madre adottiva. Ma era quello che voleva? Soprattutto dopo aver vissuto lì quei pochi giorni, aver visto come tutti si allenavano duramente e come si impegnavano nella loro lotta contro i terribili Giganti, e aver parlato con alcuni di loro, animati da una specie di fuoco interiore, per cui erano disposti a dare la vita. E molti - lei lo sapeva, anche se nessuno glielo aveva detto chiaramente - molti la vita l'avevano data davvero. Giunta in camera sua, si buttò sul letto piangendo lacrime di rabbia e delusione. Aveva rovinato tutto. Le sue ultime speranze di scoprire la verità sulla sorte di suo padre erano svanite. Non avrebbe avuto un'altra possibilità, ne era certa.

“Che cosa ne pensi?” chiese Levi a Erwin, quando Kim se ne fu andata.
Il comandante si era seduto di nuovo alla scrivania. Si passò una mano sul volto, con un gesto stanco.
“Credo che la ragazza abbia detto la verità. La scomparsa di suo padre non è che uno dei tanti misteri della nostra storia... come quella del mio. Chi in qualche modo tocca quelle Mura... muore. Purtroppo noi abbiamo altre priorità, al momento... E tu cosa ne pensi?”
“Anch'io credo che sia sincera... cosa farai adesso?”
“Credo che la cosa migliore sia darle ancora qualche giorno di tempo e poi rimandarla da suo padre. Con il tempo, dimenticherà.”
Levi lo sfidò con lo sguardo. Non si dimentica nulla, Erwin, non si dimentica mai, e tu lo sai benissimo!
Ma non disse nulla.
“Mi sembra una buona idea. Anche volendo, non possiamo esserle d'aiuto... e quell'altra questione? La storia delle Mura senza fine... che cosa può significare? Deve essere qualcosa di grosso, se addirittura hanno fatto fuori uno...”
Erwin si alzò. Tutto ciò che desiderava, in quel momento, era tornarsene a dormire.
“Non sappiamo se i fatti si siano davvero svolti così... come ti ho detto prima, adesso abbiamo altro a cui pensare. Ah, mi raccomando, non una parola con nessuno. Soprattutto con Hanji!”
Levi sogghignò, mentre entrambi uscivano dallo studio. Ci mancava solo di dare a quella pazzoide qualche altro soggetto di studio!
Erwin chiuse la porta a chiave.
“Come ha fatto Kim a entrare? - chiese Levi, come se se ne fosse reso conto solo in quel momento – Non ci sono segni di scasso...”
“Non chiudo sempre a chiave. Contrariamente a quanto pensava lei, qua dentro non c'è nulla di interessante... Ma d'ora in poi lo farò. Buonanotte, Levi.”
“Saggia decisione. Buonanotte, Erwin.”
I due si diressero alle rispettive stanze.

A Levi il sonno era passato del tutto. L'idea che le Mura proseguissero anche sotto terra, apparentemente all'infinito, gli procurava un'angoscia inspiegabile, un senso di soffocamento insopportabile.
Come aveva fatto quella scoperta il padre di Kim? Era stata del tutto casuale? A sua volta l'aveva saputo da qualcun altro e non aveva voluto tradirlo? Domande destinate a restare senza risposta.

La mattina seguente, Kim aveva preso la sua decisione. Non c'era più tempo da perdere. Aveva capito che il comandante Smith avrebbe probabilmente assecondato la sua richiesta di salire sulle Mura e subito dopo l'avrebbe rimandata a Mitras. Doveva agire quella notte stessa. Ma aveva bisogno di un alleato e l'unico che avrebbe accettato di seguirla nel suo piano era Armin.
Attese fremente tutto il giorno che i soldati rientrassero dall'addestramento e finissero tutti di cenare per parlare con il ragazzo. Ormai era un'abitudine che loro due si appartassero a chiacchierare e quindi nessuno ci avrebbe fatto caso. Tenne solo un tono di voce molto basso e continuò a guardarsi intorno, preoccupata che qualcuno casualmente potesse sentirli.
Gli rivelò quello che era successo la notte precedente e il vero motivo per cui si trovava lì. Ma aggiunse qualcosa.
“Non sono stata del tutto sincera con il comandante Smith e il capitano Levi...”
Armin sgranò gli occhi, preoccupato. Non sapeva se ammirare il coraggio di Kim o disapprovare la sua incoscienza.
“C'è un altro motivo per cui ho chiesto di venire qui... La miniera... la miniera in cui lavorava mio padre si trova qua vicino. So che ora è in disuso, ma... forse c'è un modo per entrare. L'uomo che mi raccontò tutta la storia disse anche che mio padre aveva scoperto che le Mura sono profondissime mentre cercava di scavare un tunnel, anche se non sapeva a che scopo... . E nessuno lo ha mai visto né trovato, quindi forse non è nemmeno andata così. Devo andare in quella miniera... ma devo farlo subito, stanotte stessa. Temo che vogliano rimandarmi a casa molto presto, e non ho più tempo. Verrai con me, Armin? So che ti sto chiedendo molto... ma faremo in modo di tornare prima dell'alba e nessuno se ne accorgerà... Con i cavalli non dovremmo metterci troppo tempo...”
Armin era combattuto. Era ben consapevole che, se l'avessero beccato fuori dalla caserma senza autorizzazione, sarebbe stato passabile di una punizione molto severa... forse avrebbero potuto metterlo in prigione o addirittura espellerlo dall'esercito. Dall'altra parte, però, era terribilmente curioso di toccare con mano il mistero delle Mura senza fine... e così la sua insaziabile sete di conoscenza ebbe la meglio.
“D'accordo, Kim, verrò con te. Credo anche di aver capito dove si trova la miniera, in effetti non è molto lontana. Ma dobbiamo stare molto attenti. Vediamoci alle scuderie a mezzanotte. A quell'ora di solito dormono tutti. Ci sono sempre due soldati di guardia, ma io conosco gli orari delle ronde e, se ci sbrighiamo, non li incroceremo. Prenderemo due cavalli e li porteremo a mano fino a una piccola porta di servizio che non viene quasi mai usata. Porterò anche due piccole torce, là fuori è buio pesto e immagino che anche la miniera non sarà illuminata...”
Kim era al colmo della felicità.
“Grazie, Armin - disse piena di gratitudine, posando fugacemente la mano su quella di lui, che quasi sussultò - Te ne sarò grata per sempre! So che tu rischi tantissimo a disobbedire...”
Il ragazzo sorrise rassicurante.
“Andrà tutto bene. A più tardi!”
Si separarono per andare ognuno nella propria stanza e si prepararono per quella folle impresa.

Armin attese che tutti i compagni di camerata si fossero addormentati, e di solito non ci voleva molto tempo, visto che si arrivava sempre alla fine della giornata completamente stremati. Poi sgattaiolò all'esterno, avvolto nella mantella verde scuro, diretto verso il deposito, dove prese la sua attrezzatura per il movimento tridimensionale: sarebbe stata necessaria per superare le Mura, visto che non potevano certo passare dalla porta principale di Trost.
Poi si diresse verso le scuderie. Lì avrebbero trovato, oltre ai cavalli, le torce e qualcosa per scardinare la porticina. Kim arrivò poco dopo di lui, anche lei avvolta in un mantello scuro. Il ragazzo scelse due cavalli mansueti e veloci e, conducendoli per le briglie, seguito da Kim, raggiunse rapidamente la piccola porta di servizio, quasi nascosta da una fitta edera. Armin la forzò senza fatica con una sbarra di ferro. Si trovarono nel buio gelido della notte. Accostarono la porticina alle loro spalle, accesero le torce, montarono a cavallo e si allontanarono prima al trotto e poi al galoppo.

Una figura smilza e scura sgusciò dalla piccola porta subito dopo che i due giovani erano usciti. Fece in tempo a vedere la direzione che avevano preso e cominciò a seguirli silenziosamente da lontano, usando il dispositivo di movimento tridimensionale.



 

1 Questa è la scheda, presente nel capitolo 60 del manga e nell'ultima puntata della prima stagione dell'anime (ep. 25), che mi ha ispirato questa storia, anche se poi io ho dato un altro seguito alla vicenda. Nel manga si aggiunge che anche un giornalista che indagava sulla vicenda scomparve nel nulla.

  
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