Serie TV > Riverdale
Segui la storia  |       
Autore: Clodie Swan    15/04/2021    4 recensioni
“Noi non siamo i nostri genitori. Non siamo le nostre famiglie.” le disse con un tono dolce guardandola intensamente. Le sue parole la calmarono subito e annuì con un piccolo sospiro.
“E poi...” cominciò Jughead lasciando subito la frase in sospeso.
Non era da lui balbettare o restare a corto di parole. Betty ne fu sorpresa e lo guardò interrogativa.
Jughead esitò trattenendo il fiato per un istante.
“Cosa?” chiese lei incoraggiandolo con lo sguardo curioso.
Negli occhi di lui vide un lampo di risolutezza e sentì le sue mani sul viso. Un attimo dopo la stava baciando.
Betty e Jughead: due diverse solitudini che si sono trovate. Cosa hanno provato i due ragazzi prima di quel bacio inaspettato?
Scritta in collaborazione con Daffodil.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 12

Wait for me to come home

When I'm away, I will remember how you kissed me
Under the lamppost back on Sixth street
Hearing you whisper through the phone
"Wait for me to come home"

Photograph di Ed Sheeran

POV JUGHEAD di Daffodil

Le mani gli tremavano e innestare la leva del cambio fu più complicato del previsto. Le ruote stridettero sulla ghiaia del bordo strada. L’oscurità era tutta intorno a loro e sembrava quasi la scena di un film horror. Sentiva il cuore pulsare dolorosamente nel petto ed era complicato mantenere la concentrazione.

Le labbra gli pulsavano e stava letteralmente andando a fuoco, il sangue era fluito quasi totalmente nel suo inguine, ma il senso di eccitazione non riguardava solo quella parte. Non aveva mai provato una cosa del genere e cominciava ad essere spaventato dalla portata di quelle emozioni. Per fortuna esisteva la memoria muscolare perché in quel momento aveva il cervello completamente annebbiato.

Betty Cooper gli aveva infilato la lingua in bocca… Doveva cercare di analizzare razionalmente ogni cosa, così forse si sarebbe calmato. Non era decisamente fattibile. Inspirò e trattenne l’aria, gli ci sarebbe voluta una nuotata nello Sweetwater. Se era finito in un sogno o in qualche realtà parallela non aveva nessuna intenzione di svegliarsi o di tornare.

Aveva la gola secca e probabilmente lei si aspettava che dicesse qualcosa ma gli risultava difficile articolare anche il pensiero più semplice.

“Jug… accosta!” gridò Betty. Bene, se voleva ripetere l’esperienza di un paio di miglia fa, stavolta gli sarebbe risultato molto più complicato non perdere il controllo e comportarsi da gentiluomo. Era completamente perso nelle sue perverse fantasie che finì per dare una sterzata brusca.

“Siamo arrivati… dovrebbe essere laggiù il posto di Polly!” disse Betty indicando un vecchio cartellone pubblicitario. Stava piovendo e tutto era avvolto da una fitta nebbia. Fece manovra e lasciò i fari accesi in modo che illuminassero il sentiero da percorrere. Trasse un profondo respiro. Betty si era già slacciata la cintura di sicurezza e si era infilata un leggero spolverino color carta da zucchero. Le sue sopracciglia erano incurvate e una piccola ruga segnava il centro della sua fronte alta. Le labbra erano pallide e strette in una linea ferra.

“Betty, aspetta!” La piccola mano di lei era già sulla maniglia quando nell’abitacolo risuonò la sua voce anche se era decisamente bassa e arrochita dalle troppe sensazioni. Lei si voltò a guardarlo, il bagliore di gioia che c’era stato poco prima era sparito e questo gli faceva male, ma poteva capire quello che lei stava provando e la ammirava per il suo coraggio e determinazione.

Per la prima volta alzò la mano sul suo volto per accarezzare la pelle morbida senza timore, senza ansia. Era una sensazione bellissima prendersi la libertà di toccarla senza mascherare le sue attenzione, poter godere di quelle iridi che si sgranavano per la sorpresa, di quel rossore sulle guance, senza dover distogliere gli occhi.

Si avvicinò lentamente, l’azzurro perso nel verde, depositando un bacio sulla fronte. Fu un tocco caldo. Intrecciò le dita alle sue, le sorrise, si allungò abbastanza da aprire la portiera e scavalcò la console centrale mentre lei usciva senza mai lasciare la mano di lui.

Quando s’incamminarono nel bosco, le ombre che i fanali e la piccola torcia proiettavano sul sentiero erano inquietanti. Le gocce erano gelide, il vento che soffiava non aiutava ma proseguirono, scrutandosi e sorridendosi.

Il cartellone era una vecchia pubblicità dello sciroppo d’acero Blossom, c’erano rovi e vecchi rottami dall’aspetto sinistro e poi eccola: una Volvo color caramello, non proprio l’ultimo modello, coperta da un telo grigio. Lui le afferrò la mano ghiacciata e gliela strinse.

“Tutta la macchina è una scena del crimine...”

I capelli gli punzecchiavano gli occhi, era infreddolito, ma riuscì comunque a scattare le foto di quello che c’era nel bagagliaio. Anche il più scettico poliziotto così non avrebbe avuto modo di dubitare della loro parola.

La sentiva ansimare lì accanto. Percepiva il suo calore che gli scaldava la schiena.

“Dobbiamo parlare con lo sceriffo Keller e poi con Polly.” disse risoluta Betty mentre ultimavano il il sopralluogo.

Erano seduti sui sedili di pelle della station wagon di Alice Cooper a riprendere fiato e a riordinare le idee. Ovviamente in quella macchina non c’era una coperta o qualsiasi altra cosa che potesse aiutare ad asciugarsi. “Dove lo troviamo Keller?”

“A scuola!! C’è il Variety Show…” la voce di Betty tremava leggermente.

Mise in moto dando gas un paio di volte sperando che il motore si scaldasse più rapidamente. Prese le mani di lei nelle sue e le mise sopra le bocchette dell’aria, poi se la tirò al petto. Un bacio all’attaccatura dei capelli sulla nuca, un altro dietro l’orecchio e uno sul collo. Trovò da qualche parte la forza sufficiente di fermarsi, perché una forza esterna stava prendendo il sopravvento e rischiava di andare troppo oltre.

Il suo cellulare squillò in rapida successione. Erano dei messaggi, l’intenzione era ignorarli, era troppo bello averla premuta addosso, petto contro schiena, le dita intrecciate, la coda che si strusciava sul suo collo…

“Oddio Archie!” Lo dissero insieme! Entrambi si erano dimenticati del loro migliore amico con l’ansia da palcoscenico che aveva un tempismo pessimo.

Trovare Keller fu semplice e lo fu anche spiegare cosa avevano trovato, mostrando le foto del cellulare. Lo sceriffo si attivò subito per andare a recuperare l’auto incriminata mentre i due ragazzi decisero di andare a prendere Polly. Ora che avevano provato la veridicità della sua storia, non aveva più senso tenere segregata quella povera ragazza. Poco prima di uscire dagli altoparlanti echeggiò la voce di Archie che cantava una delle sue canzoni. Il rosso, alla fine, aveva trovato il coraggio di salire sul palco ed esibirsi per la prima volta. Betty si girò ad ascoltarlo per qualche secondo, ancora fradicia di pioggia. In un altro tempo, sarebbe stata seduta in prima fila per sostenere il loro vecchio amico, ma adesso invece si avviò verso la porta risoluta, senza voltarsi indietro. “Andiamo, Jughead.” disse tendendogli la mano.

Jughead sorrise. L’avrebbe seguita in capo al mondo.



Pov Betty di Clodie Swan
 

Caro Diario,

ancora non riesco a credere a tutto quello che è avvenuto nello spazio di così pochi giorni: l’indagine, il funerale, la gravidanza di mia sorella e, infine, la macchina di Jason zeppa di prove. Jughead ed io siamo riusciti a scoprire più cose della polizia e sono fiduciosa che presto troveremo il responsabile della morte di quel povero ragazzo.

Quella notte fu da pelle d’oca: Polly era fuggita sotto la pioggia e l’auto incriminata era stata ritrovata in fiamme. Per fortuna Jughead aveva scattato delle fotografie…

Quando penso a lui provo una gioia immensa per averlo avuto al mio fianco in questi momenti difficili che mi hanno messo a dura prova, specie nei confronti della mia famiglia. Non potevo più fidarmi dei miei genitori e non avevo nessuno che mi sostenesse: Archie ed io ci eravamo allontanati molto e con Veronica non avevo ancora abbastanza confidenza. Ma Jughead c’era per me. C’era da sempre e non me ne ero mai accorta, persa in sciocche fantasticherie e mille insicurezze. Lui invece si è fatto strada nel mio cuore, a poco a poco, e un giorno ha preso coraggio per dichiararsi con un bacio.

Penso sia stato un dei momenti più emozionanti della mia vita ed ho capito allora che lo ricambiavo. Anche i nostri amici se ne sono accorti quando lui a scuola mi ha messo un braccio intorno alla spalla. Jughead non si concede mai dei gesti del genere, è sempre stato chiuso in sé stesso e alcuni erano convinti che a lui non piacessero le ragazze. Ma, naturalmente non era vero: la verità è che gli era sempre piaciuta solo una ragazza e quella ragazza ero io!

Se ci ripenso mi vengono i brividi. Solo l’idea che mi abbia amato in segreto per tanti anni mi fa sciogliere in lacrime. Adesso voglio dargli tutto l’affetto e la felicità che merita, anche se i miei problemi familiari mi stanno assorbendo quasi tutto il tempo. Jughead però è molto comprensivo e non mi mette fretta. Oggi è stato particolarmente dolce.

I miei genitori sono stati intervistati sul caso Blossom e hanno dovuto rispondere all’accusa implicita che Polly fosse la colpevole. Mia madre allora ha messo su un pietoso teatrino fingendo che fossimo una famigliola amorevole e rivolgendo un appello straziante, quanto falso, a mia sorella perché tornasse a casa. Non ha nemmeno esitato a sbandierare la gravidanza di Polly, fino al giorno prima tenuta segreta come fosse una cosa vergognosa, solo per mettere a tacere i sospetti sollevati dai genitori di Jason.

Io sono stata costretta a stare accanto a lei e mio padre durante l’intervista per sostenere l’immagine della famiglia modello. Non ho detto una parola ma per tutto il tempo avevo voglia di vomitare. Temevo di crollare e mettermi a piangere per la rabbia, quando ad un tratto guardando oltre la folla di giornalisti armati di telecamere ho visto Jughead che guardava nella mia direzione. Mi sorrideva per darmi coraggio e sono riuscita a sopravvivere all’intervista.

Era quasi buio quando tutto è finito, ma lui era ancora in piedi ad aspettarmi in un angolino, senza farsi notare. Jug è sempre stato bravo a rendersi invisibile finora, ma non potrà più riuscirci per quanto mi riguarda. Ora sarà la prima persona che cercherò quando entrerò in una stanza.

I miei intanto, ancora calati nella parte dei genitori affettuosi, mi hanno lasciato libera di tornare per conto mio e sono andata incontro a Jughead.

Posso accompagnarti a casa , Betty?” mi ha chiesto timidamente.

Ho annuito e l’ho preso per mano. La strada fino a Elm Street non era molta, ma avrei desiderato che fosse più lunga. Non abbiamo parlato molto ma le nostre dita intrecciate parlavano al nostro posto. Era un contatto piacevole. Mi faceva sentire che non ero più sola, e mentre lo baciavo sotto la luce del lampione, finalmente potevo sentirmi a casa.

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Riverdale / Vai alla pagina dell'autore: Clodie Swan