Libri > Grishaverse
Segui la storia  |       
Autore: F_Brekker    14/05/2021    3 recensioni
Dopo aver terminato Il regno corrotto, avevo assolutamente bisogno di far continuare la storia fra Kaz e Inej. La narrazione è ambientata a partire da un periodo ipotetico in cui Inej torna dalla sua prima avventura in mare, a caccia di schiavisti. Lei e Kaz si ritrovano a fare i conti con il desiderio e le difficoltà che hanno sempre caratterizzato il loro rapporto.
Ho cercato di mantenere il più possibile i personaggi fedeli a quelli descritti dalla Bardugo, spero che non troverete grandi dissonanze fra quelli che conoscete e quelli di cui sto scrivendo.
Buona lettura :)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Confessioni, terza parte

 

— Ti risparmio la parte che sai già — iniziò Kaz, passandosi una mano bagnata fra i capelli. — Eravamo due stupidi bambini io e Jordie, rimasti orfani. Allora Pekka Rollins era un mercante di nome Hertzoon, e ci prese tutto quello che avevamo —. Inej riconosceva facilmente l’ombra che  calava sui suoi occhi quando parlava del passato. Le sue iridi scure sembravano nere come pece in quel momento, buie come l’acqua del mare quando cala la notte. Invece il suo volto era pallido, ma non aveva il biancore della luna che era abituata a contemplare sul ponte della sua nave, era di un colorito malsano, e i muscoli del suo viso erano rilassati in modo innaturale. Kaz non aveva espressione in quel momento.

— Finimmo sotto i ponti — continuò — e la peste ci prese entrambi. Jordie morì. No, non è vero, morimmo entrambi quella notte, e venimmo scaricati alla Chiatta del Mietitore —. 

Inej s’immobilizzò. Non c’era nulla che potesse dire per consolarlo, non esistevano parole di comprensione che potessero guarire le sue ferite. E poi lei, non lo comprendeva affatto. Come avrebbe potuto? Le immagini di Kaz da bambino le affollarono la mente, una dopo l’altra, senza tregua. Riusciva a vederlo, pallido come ora, col panico che si faceva strada in lui, mentre capiva di essere stato abbandonato da tutti. I corpi dei morti attorno a lui, gonfi e viscidi come se non fossero mai appartenuti alla terra dei vivi. Jordie, molle e sfigurato dalla malattia, accanto a lui, che era esile ma ancora palpitante in vita, in qualche modo. Non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire qualche lacrima. Dunque era questo il segreto di Kaz Brekker, creduto morto come il fratello, scaraventato impietosamente sulla Chiatta del Mietitore assieme a lui. Inej avrebbe voluto essere una Santa, potente e senza tempo, per poter tornare indietro, affondare le mani fra i cadaveri e prendere Kaz Rietveld con sé, per poi portarlo in un luogo lontano, dove sarebbe stato tenuto in vita da qualcosa che non fosse la sete di vendetta. Ma era solo Inej, e non aveva che da offrirgli la sua sua presenza, lì, in quel momento. 

Kaz aveva il capo chino e lo teneva stretto fra gli avambracci, gli occhi chiusi. Lei portò una mano sul suo viso, sperando che lui non si ritraesse al contatto. Non lo face, posò le dita sulle sue, e inaspettatamente puntò gli occhi su di lei. Quasi trasalì. Chiunque governasse gli inferi, doveva avere lo sguardo di Manisporche in quel momento. 

— E poi, sai cosa feci, Inej? —. Gli tremava leggermente il labbro inferiore. — Poi usai mio fratello come un galleggiante. Mi salvai così, usando il corpo di Jordie —. 

Inej pronunciò una preghiera silenziosa. Si chiese quali forze oscure avessero tessuto le fila della vita di quel ragazzo, quali ombre l’avessero condannato ad una vita simile. Ma Kaz, ancora una volta, era stato più forte. C’era dell’oscurità in lui, certo, ma solo uno stupido non sarebbe riuscito a guardare oltre. Lui l’aveva protetta, aveva vegliato su di lei, e infine aveva speso tutto quello che aveva per darle la libertà. 

— Sono certa che Jordie sia felice di averti salvato la vita — riuscì a dire lei, buttando giù il groppo che aveva in gola. — E poi sei riuscito a vendicarlo, tuo fratello —. Gli vide le fiamme negli occhi smorzarsi leggermente.

— La vendetta è un impegno senza fine — disse con la voce un po’ rotta. — A proposito, ho saputo che ti sei infiltrata a casa di Pekka e gli hai inciso una J sul petto. Non ti ho ancora ringraziata —.

Inej sorrise. — Non mi devi ringraziare. L’ho fatto per me stessa, per punirlo per quello che ti ha fatto —. Sospirò. — Ora che so tutta la storia, sarà meglio che affili i miei pugnali —. 

Inaspettatamente, sorrise anche lui. — Alla fine ho fatto un buon lavoro con te, Spettro —.

— E’ vero — gli concesse. Dopotutto, l’aveva aiutata a diventare quella ragazza pericolosa che aveva sempre visto in lei. — Lascia andare il passato, Kaz. Il futuro ha molto da offrirti —. 

— Lo sai benissimo anche tu, che ogni offerta è un debito —. Il suo tono era duro, ma il viso riprendeva colorito. Inej sperò con tutta sé stessa che il coraggio che aveva avuto Kaz nel dar voce al passato, avesse il potere di indebolire il suo trauma, e di lasciarlo libero una volta per tutte.

— Non le offerte che riceverai da me — disse, sperando che fossero ancora in tempo per trascorrere una serata lontani dalle ombre di chi erano stati.

Lui alzò un sopracciglio. — Lo spero bene, altrimenti m’indebiterei peggio di Jesper —. 

— Jes adesso è posto, non si lascia più prendere la mano al gioco — lo rimbeccò.

— Me lo auguro per il mercantuccio — disse lui, mentre si alzava e stendeva davanti a lei l’asciugamano di cotone. — Pronta? Non voglio sprecare un altro minuto di questa serata —. 

Inej in risposta alle sue parole si mise in piedi, notando con un certo sollievo che guardandola Kaz aveva perso tutta la rigidità che aveva avuto fino a quel momento. L’avvolse come un bozzolo con un gesto rapido, e la prese in braccio per farla uscire dalla vasca.   

Era in piedi davanti a lui, e poteva vedere i suoi lineamenti rilassarsi, sentire le sue mani che le si appoggiavano delicatamente intorno al collo. Le sue dita la sfioravano con la stessa delicatezza con cui gli aveva visto centinaia di volte cullare i lucchetti che forzava con tanta facilità. Molto romantico, pensò Inej, e alzò un angolo delle labbra in un mezzo sorriso. Kaz piegò lentamente il collo, chiuse gli occhi e avvicinò il volto al suo. Chiuse gli occhi anche lei, le loro fronti si toccarono.  

— Il cuore è una freccia — sussurrò Inej, dando voce senza volerlo ai propri pensieri.

— Richiede un obiettivo preciso — replicò lui, con la voce rauca che amava tanto. 

Inej fu colta di sorpresa, non si ricordava di aver mai parlato di quel proverbio Suli a Kaz. Lui la guardò divertito e sembrò leggerle nella mente. — Pensavi che non ascoltassi le tue sciocchezze Suli? Ho la gamba zoppa ma non mi hanno ancora strappato le orecchie —. 

— Non ricordavo di avertene parlato — ammise lei, ignorando il suo tono sarcastico. 

— E invece l’hai fatto, altrimenti non avrei potuto inciderti questo — disse, mentre estraeva con la sua usuale abilità da prestigiatore un pugnale dalla manica. Aveva la lama sottile, leggermente arcuata. L’impugnatura era un gioiello intarsiato di pietre blu cobalto, che erano disposte magistralmente per sembrare piccole stelle perse nel cielo argentato del manico. Non aveva mai visto un oggetto più bello. Kaz inclinò la lama perché rilucesse, e a quel punto Inej riuscì a leggere ciò che lui aveva fatto incidere a lettere corsive. L’amore è una freccia. 

— Per te —.

Inej prese quel pugnale prezioso fra le mani, ancora raggrinzite per essere state nell’acqua. Era sorprendentemente leggero, e così bello che sperò di non doverlo usare mai. O forse l’avrebbe conservato per le occasioni speciali, come la prossima incisione sul petto di Pekka Rollins. Era un’arma da regina, non da pirata, e capì che forse era così che la vedeva Kaz. 

— Anche stavolta, non ho parole per ringraziarti, Kaz — gli disse Inej. 

— Anche stavolta, non ne ho bisogno — le rispose lui, stampandole un rapido bacio sulla fronte. — Dimmi solo che lo chiamerai Sankto Kaz —.

Inej non avrebbe voluto farlo, ma scoppiò a ridere. — Hai già abbastanza appellativi, non te ne servono altri —. Lui fece una smorfia di disappunto. — E poi devo proprio dirtelo, ti stai rivelando molto meno affezionato alle kruge di quanto saresti mai disposto ad ammettere — lo canzonò lei. 

— Un altro dei segreti che custodirai per sempre, Spettro —. Si sedette nuovamente sullo sgabello, per lasciarle il tempo di vestirsi. Inej si asciugò rapidamente, e lanciò un rapido sguardo a Kaz. Non la stava guardando come si sarebbe aspettata, ma probabilmente aveva bisogno di metabolizzare la loro conversazione. Prese il vestito e se lo infilò in un attimo, lasciando che la seta coprisse il suo corpo cadendole addosso come liquido. Le calzava a pennello. Sentì afferrarle il petto la famigliare sensazione di disagio che provava quando i ricordi la riportavano al Serraglio. La conosceva bene, quella sensazione. Ancora sopraffatta dalle sue emozioni, calzò le scarpette che Jesper e Wylan le avevano regalato. Prima di voltarsi verso Kaz, esitò. E lei, sarebbe riuscita a fare quello che aveva fatto lui? A gettare quelle parole fra loro e mostrarsi nuda come non aveva mai fatto? Non aspettò di rifletterci a lungo, prima di iniziare a parlare.

— Una volta, Kaz — iniziò, posando una mano sulla sua spalla. Lui si voltò verso di lei, e mentre indugiava con lo sguardo sul suo corpo, le sue pupille si dilatarono alla luce fioca delle candele. Le iridi furono di nuovo del colore del caffè amaro. — Al Serraglio, non riuscii a separarmi dal mio corpo. Di solito ci riuscivo molto bene, ma quella volta, qualcosa non andò come avrebbe dovuto. Il mio cliente mi riconobbe, mi aveva vista esibirmi con la mia famiglia, quando ero una bambina. Quel ricordo mi bloccò nel mio corpo, e non riuscii a separarmi da esso — Scosse la testa. — Fu terribile —. Sentì il proprio viso rigarsi di pianto, ma non le importava. Lei e Kaz avevano raggiunto un livello di intimità a cui mai avrebbe creduto di poter arrivare, e questo la rendeva profondamente serena. Lo guardava mentre la collera gli annebbiava la vista, e stringeva i pugni così forti che le nocche gli diventarono bianche.

— Dimmi il suo nome — ringhiò. 

Inej portò le mani sul suo viso, tentando di distendere con le dita la sua espressione arcigna. — Non me lo ricordo, e non ha importanza —. 

— Ho recuperato i tuoi genitori e te li ho portati a Ketterdam su una nave. Posso trovare anche quest’uomo senza problemi —. Quel pensiero sembrò farlo sentire meglio. Espirò, e le baciò delicatamente le lacrime che le erano scese sulle guance. — Ora, Inej, te lo devo dire. Sento di non poter resistere a vederti con questo vestito molto a lungo. E mi è anche passata la fame —.

Inej sentì le guance andarle in fiamme. —  Anche a me —. 

— Allora è deciso, passiamo alla parte successiva del programma —. E così dicendo, prese il suo bastone in mano, e agganciò con testa di corvo il pomello della porta, aprendola. Con sua grande sorpresa, si mise in spalla Inej con un movimento rapido. I suoi lunghi capelli, che non aveva ancora intrecciato, arrivarono quasi a sfiorare il pavimento. 

— Kaz! — lo chiamò lei, ridendo. — Mettimi giù o ti faccio a fettine! —. 

— Spettro, le tue minacce non hanno mai fatto un grande effetto su di me, dovresti saperlo — le rispose, mentre si dirigeva in camera sua, appoggiandosi pesantemente al bastone. Percepiva la mano calda di lui appoggiata sulla sua coscia senza troppa discrezione, e sentì il cuore accelerare il battito. Varcata la soglia della stanza li avvolse il buio, solo il chiarore della luna la illuminava debolmente. Kaz la lasciò delicatamente sul letto, e si occupò subito di accendere un paio di candele. Quando tornò a posare lo sguardo su lei, aveva un’espressione che non gli aveva mai visto in viso. Era sereno, aveva la pace sul volto. Ed era bellissimo. Gli fece cenno con la mano perché si avvicinasse, e quando fu sufficientemente vicino, afferrò la sua cravatta con un gesto deciso. Lui sgranò gli occhi dalla sorpresa, ma fu un attimo, poi vide le sue labbra distendersi in un sorriso furbo. — Spettro — sussurrò. 

— Manisporche — lo chiamò lei, di rimando. Quando si baciavano, lui aveva il vantaggio dell’altezza, e fu così anche quella volta. Si chinò per sfiorarle le labbra, e Inej non sentì nessuna rigidità nel suo tocco. Non sapeva quanto quella situazione sarebbe durata, ma certamente non ne avrebbe sprecato nemmeno un secondo. Gli sfilò il fermacravatta, e poi con le sue dita sottili cercò di slacciargli il noto attorno al collo. Le mani di Kaz le vennero in aiuto, mentre iniziavano a baciarsi. Inej seppe fin dentro le ossa che quella notte i loro corpi non avrebbero avuto tregua. Fece scivolare le mani sul suo petto, seguendone le linee della muscolatura. La colpì la sensazione di famigliarità che provò nel toccarlo, non l’aveva fatto molte volte, eppure eccola di nuovo lì, la sensazione di casa. Kaz Brekker era casa. Lentamente, gli sbottonò la camicia, lasciando che si aprisse in una striscia di pelle bianca come latte, così in contrasto con la sua, del colore del caramello bruciato. Lui le aveva appoggiato le mani sui fianchi, e sentiva le sue dita spingersi lentamente verso il suo fondoschiena. Voleva darle in tempo di fermarlo, ma lei non ne aveva alcun interesse, e avendo intuito il suo movimento, gli prese i polsi per guidarlo. Lui staccò le labbra dalle sue per la sorpresa, sentì il suo respiro sfiorarle la pelle, e alzò lo sguardo verso il suo viso. Kaz. Era proprio lui. E la guardava con occhi lucidi di eccitazione, mentre sentiva le sue mani stringerla. Lo liberò della camicia, anche se ebbe un po’ di difficoltà nello spostare le mani del suo ragazzo dal punto in cui si erano sistemate. Lui le riposizionò immediatamente al loro posto, mentre appoggiava la testa nell’incavo del collo e ricominciava a baciarla di nuovo. Lo strinse a sé, ma il vestito la intralciava, voleva sentire addosso tutto il calore della sua pelle. Anticipando ciò che voleva, Kaz fece scorrere le sue mani sotto alla seta, per aiutarla a sbarazzarsene. Poi Inej ci riuscì, ad aggrovigliarsi con tutta sé stessa sul suo corpo. Lui fu costretto a sdraiarsi sul letto, mentre lei sopra di lui si prendeva ogni centimetro della sua pelle, fra i baci e le carezze. Le sfuggì una risata, quando lui alzò le mani in segno di resa. — Troppo presto per arrendersi — gli disse.

— Dici? — le domandò lui, mentre con delicatezza la sfiorava in mezzo alle gambe. 

Furono le ultime parole ad attraversare la stanza, poi furono solo sospiri.

 

Avrebbero guardato l’alba sul tetto, e Inej avrebbe promesso a Kaz che un giorno sarebbe tornata per restare da lui a Ketterdam. Avrebbero mangiato ciò che i cuochi avevano preparato per la loro cena, incuranti del fatto che ormai fosse tutto irrimediabilmente freddo. Avrebbero ballato senza musica, scoordinati e ubriachi delle loro stesse emozioni. Kaz avrebbe prestato il suo bastone ad Inej per permetterle di fare una sua convincente imitazione.

Ma ancora non lo sapevano, e avvolti dai loro stessi corpi speravano che quel momento non avesse mai fine.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Grishaverse / Vai alla pagina dell'autore: F_Brekker