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Autore: Flami151    04/08/2021    3 recensioni
Nessuno è fatto di sola luce o oscurità. In ognuno di noi alberga lo Spleen, un senso di noia, di disperazione, di male di vivere; e l’Ideale, la forza che ci spinge a sognare, lottare e amare.
Lo scopriranno insieme Hermione e Draco quando si troveranno a stringere un’inattesa alleanza, per svelare il mistero dietro la sparizione di Narcissa Malfoy.
Ancora una volta, sarà l'Amore a tenere le fila: amore per la vita, amore per la famiglia e amore di sé, spesso sottovalutato.
Dal testo:
«Narcissa, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort.
Si era ripromessa che non si sarebbe lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
«Eppure, non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
Lei scosse la testa. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
«Bene».
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XXIV


14 Giugno 1997:
 
Scaldata dal tepore di una tazza di the, Narcissa cominciò a raccontare la sua storia partendo dal principio: il suo risveglio.
 
Sono morta?
 
Queste furono le parole che aleggiarono nella sua mente quando riprese conoscenza. Quanto tempo aveva dormito? Giorni, settimane? Non ne aveva idea.
Provò ad aprire gli occhi, ma la luce del giorno la accecò, provocandole una fitta alla testa e costringendola a richiudere le palpebre. Ma non era solo la testa a dolerle: ogni centimetro del suo corpo sembrava indolenzito, sfibrato. Ogni movimento le richiedeva uno sforzo insostenibile e ogni respiro le spezzava il fiato.
 
Dove sono?
 
Pur tenendo gli occhi chiusi, sapeva per certo di non essere a casa sua: il materasso su cui era sdraiata era più rigido del solito, le lenzuola più grinzose di quelle a cui era abituata e nell’aria si respirava un aromatico profumo di spezzatino fatto in casa, ben diverso dal delicato odore di lillà e biancospino del Malfoy Manor.
 
Fu proprio quel profumo a calmarla, ad allontanare la sua attenzione dalle fitte provocate dalle sue membra doloranti e a permetterle di riordinare le idee. Ma i suoi ricordi erano confusi: ricordava la sua immagine riflessa nello specchio, profondamente sfigurata, ricordava sua sorella Bellatrix che le tagliava i capelli in silenzio, ricordava lo sguardo assassino del Signore Oscuro, il dolore, la paura, ricordava di aver trascorso giorni nel suo letto incapace di muoversi o di pensare lucidamente, ricordava la costante presenza della sua elfa Zoury, che si prendeva cura di lei con implacabile dedizione, ed infine ricordava Piton, che recitava una litania accanto al suo letto.
 
Perché? Perché a me?
 
Per Draco.
 
Finalmente ricordò. Lei si era opposta al volere del Signore Oscuro, aveva impedito che il suo bambino venisse marchiato a vita, aveva protetto il suo unico figlio, e per questa ragione era stata punita.
 
Riuscì ad aprire gli occhi, lottando contro l’accecante bagliore che penetrava dalle finestre della camera. Provò ad alzarsi ma una fitta alla gamba la riportò in posizione supina. Era bloccata. L’unico movimento che era in grado di compiere era quello di roteare leggermente il capo verso sinistra. A destra no, l’orecchio le pulsava dal dolore.
Qualcuno forse sapeva che si sarebbe potuta voltare solo in quella direzione, perché sulla sponda sinistra del letto, appoggiata su di un comodino, vi era la foto che Draco le aveva spedito per Natale. Il suo bambino, ormai quasi un ometto, la guardava da dentro la cornice e dopo qualche istante le sorrideva. Incredibile, in diciassette anni non era mai riuscita a farlo sorridere in nessuna foto di famiglia. Quella vista le scaldò il cuore e fece riempire i suoi occhi di lacrime.
 
Dove sei Draco? Stai bene?
 
E proprio quando stava per lasciarsi andare ad un pianto di frustrazione, sentì il cigolio di una porta che si apre. “Chi è la?”, avrebbe voluto chiedere, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Sentì un rumore di passi venire verso di lei e per un istante si chiese se fosse meglio fingersi ancora addormenta. Purtroppo non fu abbastanza veloce a trovare una risposta, e lo sconosciuto si chinò su di lei, guardandola sbalordito.
Era una giovane donna dalla bellezza mozzafiato, con i capelli biondi, gli occhi celesti e la pelle candida. Narcissa si chiese se fosse un angelo venuto a prenderla per portarla con sé in paradiso.
 
Poi l’angelo urlò. «Bill, dépêche-toi! Elle s’est réveillée!»
 
Un ragazzo dai capelli rossi si precipitò nella stanza. Per un istante, a Narcissa parve di riconoscerlo, ma dovette ricredersi: non l’aveva mai visto prima.
 
«Signora Malfoy, come si sente?» Chiese il giovane accovacciandosi accanto al suo letto e guardandola negli occhi. «Riesce a muoversi? A parlare?»
 
Narcissa scosse la testa.
 
«Vado a pronderle un po’ d’acqua». Disse la ragazza con un accento marcatamente francese.
 
Poco dopo rientrò nella stanza, accompagnata da una vecchia conoscenza.
 
«Ben svegliata». Disse Molly Weasley.
 
Narcissa finalmente capì perché il volto del giovane le era tanto familiare, doveva essere uno dei figli di Molly e Arthur Weasley, forse il maggiore. Quindi si trovava in casa loro. Non avrebbe saputo dire come ci fosse arrivata.
 
La Signora Weasley la aiutò a bere un bicchiere d’acqua. La freschezza dissetante la aiutò a schiarirsi la gola, tanto da riuscire a dire: «Grazie».
 
«Ricordi quello che è successo?» Le chiese la padrona di casa.
 
Narcissa scosse di nuovo la testa, poi guardò la foto di Draco e di nuovo Molly Weasley.
 
«Draco sta bene». Disse la donna dai capelli rossi. «È ad Hogwarts, al sicuro».
 
Il sollievo fu tale che Narcissa non riuscì più a trattenersi e le lacrime uscirono copiose. Si vergognava di mostrarsi così vulnerabile ma non fu in grado di fermarsi. E così pianse come una bambina.
 
«Ragazzi lasciateci sole per favore e avvertite Severus». Disse Molly Weasley aprendo la porta ai due giovani maghi, che per un attimo la guardarono con riluttanza prima di imboccare l’uscita. Probabilmente non erano sicuri di potersi fidare di lei.
 
Narcissa la guardò con gratitudine.
 
«Scommetto che vorresti farmi tante domande». Le disse la padrona di casa.
 
Narcissa annuì, ma Molly non fece in tempo a proseguire la conversazione, che la porta si spalancò di nuovo. Nella stanza si precipitò una piccola elfa con un sorriso che si stendeva da un orecchio all’altro.
 
«La mia padrona si è svegliata!» Urlò in preda all’euforia. «Zoury lo sapeva che la padrona si sarebbe ripresa! Zoury non l’ha lasciata sola neanche un istante, padrona! Sua sorella ha detto a Zoury di prendersi una pausa, ma Zoury ha detto di no! Zoury ha detto che avrebbe servito la padrona fino alla morte se fosse stato necessario!» L’elfa continuava a zampettare sul posto, incapace di trattenersi. «Zoury ha seguito gli ordini di Severus Piton! Una goccia di pozione nel the ogni giorno! Così la padrona sarebbe guarita! Quando la padrona ha smesso di respirare Zoury… Zoury…» L’elfa si tirò le orecchie con le manine, come se il dolore potesse cancellare dalla sua mente un brutto ricordo. «Zoury è scappata dal Manor ed è andata da Severus Piton a dirgliene quattro! Ma lui mi ha detto che la padrona stava bene, che era nascosta! Oh padrona non sa quanto sono felice!»
 
Molly sembrava non voler frenare l’entusiasmo della piccola elfa, però le mise comunque una mano sulla spalla e la spinse un passo indietro con dolcezza. «Zoury adesso non esagerare, Narcissa non si è ancora ripresa del tutto».
 
L’elfa divenne rossa in viso e chinò il capo. «Mi dispiace molto… Zoury non voleva disturbare… Zoury è solo molto felice di sapere che la sua padrona sta bene».
 
Narcissa si sforzò di sorridere, poi guardò la signora Weasley, in cerca di spiegazioni. Lei prese una sedia, si accomodò accanto al suo letto, ed iniziò a raccontare.
 
A quanto pare, se era ancora viva, lo doveva in tutto e per tutto al suo vecchio amico Severus Piton.
Quando le sue condizioni si erano fatte serie, Bellatrix lo aveva chiamato al Manor in cerca di aiuto. Severus sapeva però che se anche fosse riuscito ad estirpare la maledizione che il Signore Oscuro le aveva inferto, in poco tempo Lui le avrebbe sferrato il colpo di grazia. L’unico modo per poterla salvare era sottrarla al giogo dell’Oscuro Signore e farlo senza destare i sospetti di nessuno, nemmeno di Bellatrix.
 
Così preparò una scorta di Distillato di Morte Apparente e lo diede a Zoury, chiedendole di versarne una goccia nel the della padrona ogni giorno. Una mossa incauta, certo, ma Severus confidò che nessun Mangiamorte avrebbe mai degnato di uno sguardo un’elfa qualunque e tanto meno che avrebbero sospettato di lei.
E così Zoury adempiette al suo compito con devozione, preparando ogni giorno il the per la sua padrona e versando al suo interno una goccia di pozione. Il risultato fu quasi immediato: Narcissa sprofondò di giorno in giorno in un sonno sempre più profondo, finché il suo respiro si fece talmente sommesso da far credere a tutti che la sua vita fosse giunta al termine.
 
Ma a quel punto arrivava la parte più difficile: far sparire il corpo di Narcissa senza destare alcun sospetto. La fortuna però girò in loro favore, quando Bellatrix pregò il Signore Oscuro affinché sua sorella potesse essere sepolta nella tomba di famiglia. Così a Severus bastò incantare la foto di Draco cosicché, al momento opportuno, questa si trasformasse in una Passaporta, ed infine suggerire a Bellatrix di seppellirla insieme a Narcissa.
 
Tutto andò secondo i piani: non appena la bara fu chiusa e calata sottoterra la Passaporta si attivò, trasportando Narcissa direttamente alla Tana, dove Severus poté curarla al meglio delle sue capacità. Furono giorni difficili, la vita di Narcissa era appesa ad un filo e non c’era alcuna garanzia che i contro-incantesimi studiati ad hoc per poter sradicare da lei ogni traccia di magia oscura avrebbero funzionato. Ma quando anche l’ultimo residuo di maledizione fu rimosso, Severus tirò un respiro di sollievo.
 
«Ci disse che l’unica cosa da fare, a quel punto, era aspettare». Le disse Molly alla fine. «Da quel giorno sono trascorse due settimane, iniziavamo a temere che non saresti più riuscita a svegliarti. Ora l’unica incognita è scoprire se riuscirai o no a muovere la gamba».
 
Narcissa la guardò senza capire, quindi Molly si alzò e le tolse di dosso le coperte, portando alla luce una gamba di legno perfettamente levigata. La rifinitura era perfetta, sembrava una vera gamba in tutto e per tutto. Anche il colore era perfetto, diafano come quello della sua pelle.
 
«È fatta con legno di Ailanto, anche conosciuto come Albero del Paradiso». Le spiegò Molly. «Severus lo ha incantato affinché risponda alla tua volontà, con un po’ di esercizio dovresti riuscire a muoverla proprio come una gamba vera». Narcissa scrutò con diffidenza la nuova appendice. Poi si accorse che anche le dita della sua mano sinistra erano tornate al loro posto, così perfette da sembrare quasi vere. Si chiese se avesse posto rimedio anche al suo orecchio. «So che è un grande cambiamento». Continuò Molly. «Ma Severus ha detto che, purtroppo, non c’è cura per le ferite inferte con la magia. Questo è il meglio che ha potuto fare».
 
Ascoltando la voce dolce e rassicurante della Signora Weasley, Narcissa si sentì grata. Non le importava niente della gamba, sarebbe anche potuta restare così com’era, tutto ciò che importava era che Draco fosse sano e salvo e che lei avrebbe potuto abbracciarlo ancora.
 
Poche ore dopo vennero a farle visita Severus e Silente. Quest’ultimo aveva uno sguardo più duro e severo del solito. Si sedette la dove poco tempo prima si era seduta Molly Weasley e le parlò con tutta franchezza.
 
«Devo essere onesto con te, Narcissa, portarti in salvo non era assolutamente una mia priorità. Severus ha agito di sua iniziativa, ignorando i miei ordini e mettendo a rischio la sua copertura. Questo mi pone davanti ad una questione spinosa: cosa devo fare con te? Posso fidarmi o sarò costretto a cancellarti la memoria?»
 
Narcissa ponderò con attenzione cosa dire. Se voleva tenersi stretti i suoi ricordi avrebbe dovuto mostrarsi collaborativa. Forse avrebbe potuto barattare la sua incolumità con delle informazioni che a Silente sarebbero potute tornare utili. Ma se davvero Severus era dalla parte del vecchio preside, allora aveva già a sua disposizione tutte le informazioni di cui aveva bisogno. Poi si rese conto che, qualunque cosa avesse detto, l’uomo di fronte a lei non si sarebbe mai lasciato ingannare. L’unica possibilità essere completamente sincera con lui.
 
Lo guardò negli occhi e con un filo di voce gli disse «A me importa solo di Draco».
 
Silente la guardò a lungo attraverso i suoi occhiali a mezzaluna, poi le sorrise. «Allora sei più simile a Severus di quanto pensassi». Narcissa non comprese il significato di quelle parole ma capì che avevano appena sugellato un accordo. Da quel momento in poi, lei sarebbe stata tra le schiere di Silente.
Prima di tornare ad Hogwarts, il preside le disse un’ultima cosa. «Draco non sa nulla di ciò che è accaduto al Manor, non è mia intenzione dirglielo e, a quanto sembrerebbe, non è nemmeno l’intenzione di Voldemort. Loro temono che la notizia potrebbe indurlo a non tornare più a casa mentre io, personalmente, non voglio che la copertura di Severus salti prima di avere l’assoluta certezza che Draco stia dalla nostra parte». Poi si avvicinò di nuovo a Narcissa e sussurrò in modo che nessuno potesse sentirlo. «Se però le voci che mi sono arrivate su suo conto sono vere, credo che non dovremo preoccuparci di nulla». Le disse ammiccandole con un sorriso malizioso.
 
Trascorse un’altra settimana ma poco alla volta Narcissa si sentiva rinvigorita. Zoury era riuscita a tirarla su a sedere e ogni giorno le portava il vassoio col pasto, che lei assaporava con gusto. Un giorno, senza nemmeno accorgersene, davanti ad una bistecca afferrò forchetta e coltello ed iniziò a tagliare. Quasi si commosse vedendo le sue dita di legno stringersi attorno alla posata.
 
I giorni passarono e, con l’aiuto della signora Weasley, era riuscita a mettersi in piedi e a muovere i primi incerti passi. Quasi un mese dopo il suo risveglio, Narcissa si sentì sufficientemente sicura da alzarsi senza l’aiuto di nessuno e di scendere in cucina, decisa ad uscire per prendere una boccata d’aria.
Non senza difficoltà scese un gradino dopo l’altro e, arrivata in fondo alle scale, si ritrovò di fronte ad uno spettacolo di vita quotidiana al quale non credeva che avrebbe mai assistito: la signora Weasley stava mettendo in ordine la casa con l’aiuto di Zoury e, insieme, canticchiavano “Un calderone pieno di forte amor bollente” di Celestina Warbeck.
Narcissa non poté fare a meno di ridere. La sua prima risata dopo tanto, tantissimo tempo.
 
«Che cosa ci fai in piedi, sei forse impazzita?» Le corse incontro Molly Weasley rossa in volto.
 
«Sto bene». Rispose Narcissa appoggiandosi al tavolo della cucina.
 
Ma Molly e Zoury non se lo fecero ripetere due volte e in un attimo Narcissa era stata rispedita a letto. Avrebbe dovuto aspettare ancora per una passeggiata.
 
«Voi Serpeverde siete tutti così caparbi». La sgridò Molly portandole una coperta in più.
 
Narcissa rise. «Sembrerebbe proprio di sì». Prima che la signora Weasley la lasciasse sola però aggiunse. «Molly vorrei darti una cosa». Si allungò per aprire il cassetto del comodino da cui estrasse la spilla col blasone dei Black che era stata appuntata sui suoi abiti la sera in cui venne sepolta.
 
Molly Weasley si rigirò la spilla tra le mani, in imbarazzo. «È una spilla meravigliosa, ma non posso accettare». Un modo carino per dire che non voleva niente appartenente a quella famiglia.
 
«Il regalo non è la spilla, ma la pietra incastonata al suo interno. Si tratta di un talismano incantato: proteggerà te e i tuoi figli».
 
La signora Weasley guardò la spilla con occhi del tutto diversi. «Io… non posso… e Draco?»
 
«Draco è con Silente e Severus, al sicuro ad Hogwarts. Invece Bill, Charlie, Percy e i gemelli sono là fuori». Col passare del tempo, Narcissa aveva sentito molto parlare dei fratelli Weasley e, a modo suo, ci si era un pochino affezionata. Ascoltava i racconti di Molly e ripensava ai vecchi tempi, quando lei e le sue sorelle erano una cosa sola. Un legame così profondo e sincero come quello della famiglia Weasley andava preservato. «Ti prego, tienila tu».
 
La signora Weasley era commossa. «Grazie, Narcissa».
 
«Grazie a te, Molly».
 
 
30 Giugno 1997:
 
Scendo al piano di sotto, attirato dall’odore di stufato.
 
«Draco sei arrivato finalmente». Mi rimprovera mia madre. «Ron è venuto a chiamarti mezz’ora fa».
 
Lancio un’occhiata all’altro capo del tavolo, dove Lenticchia e sua sorella ridacchiano a capo chino. Ovviamente nessuno dei due è venuto ad avvisarmi che fosse pronto in tavola, ma che senso avrebbe mettersi a discutere come dei poppanti? Mi siedo accanto a mia madre e mi servo in silenzio.
 
Sono trascorse due settimane dal nostro arrivo alla Tana ma l’imbarazzo permane tale e quale a quello del primo giorno. Eccezion fatta per alcune sporadiche chiacchierate tra mamma e la Signora Weasley, non si può proprio dire che siamo riusciti ad ambientarci.
 
“Devi comprenderli Draco”. Mi ha detto un giorno mia madre. “L’unica ragione per cui siamo qui è che Severus ha garantito per noi”.
 
Era vero, se mamma era ancora in vita era solamente grazie a lui: l’uomo di cui, a quanto pare, tutti avevano faticato a fidarsi. Non c’è da sorprendersi che adesso nessuno salti di gioia ad accogliere in casa altri due Filo-Mangiamorte. Tutto ciò che gli impedisce di buttarci fuori a calci è la sconfinata fiducia che ripongono nel giudizio di Hermione, nonché la testimonianza di Potter che -purtroppo o per fortuna- quel fatidico giorno mi ha visto cercare di portare Silente in salvo.
 
Ma Potter non è qui al momento, è con i suoi parenti Babbani chissà dove, mentre Hermione trascorre gran parte della giornata con i Weasley o partecipando alle riunioni segrete dell’Ordine della Fenice.
Di loro so poco e niente, soltanto che si tratta di un’organizzazione messa in piedi da Silente già ai tempi della Prima Guerra Magica. Si riuniscono circa tre volte la settimana, per discutere degli ultimi avvenimenti e delle possibili mosse dei Mangiamorte. Non saprei dire quanti membri conti, ma ho individuato alcuni di loro. Tra questi c’è sicuramente Malocchio Moody, l’ex Auror che avrebbe dovuto insegnarci Difesa Contro le Arti Oscure al quarto anno. È stato lui ad interrogare sia me che mia madre col Veritaserum al mio arrivo. “La prudenza non è mai troppa”. Questo ha detto. Dopo un’ora di estenuante interrogatorio sembrava essersi convinto della nostra buona fede, ma ogni tanto lo becco a fissarci col suo inquietante occhio di vetro.
 
Guardo Hermione: sta dando una gomitata a Lenticchia. Credo che lo stia rimproverando per avermi lanciato l’ennesimo tiro mancino. Lui e la piccola rossa non fanno altro che farmi dispetti. Due giorni fa, ad esempio, hanno vestito il Ghoul della soffitta da capo a piedi con la mia divisa scolastica. La settimana scorsa invece hanno lanciato un Incantesimo Semprefreddo sulle tubature dell’acqua mentre mi facevo la doccia. Per non parlare di quando ho trovato un bulbo oculare nella mia minestra.
 
Ripensandoci, osservo con attenzione lo stufato che ho nel piatto. Sembra tutto a posto.
 
Hermione ha detto di non prendermela, che loro sono abituati a farsi dispetti in continuazione. Forse ha ragione, immagino che con Fred e George come fratelli maggiori gli scherzi siano all’ordine del giorno. Io però sono figlio unico, e questo genere di cretinate non le ho mai sopportate.
 
Per il resto, abituarsi alla vita della Tana non è semplice. È impossibile muoversi senza urtare continuamente qualcosa e ovunque vado c’è qualcuno che mi chiede una mano per delle faccende. Ho scoperto che chiedere a Zoury di pensarci al posto mio non è visto di buon occhio qui. Quindi mi limito a fare la mia parte in silenzio, reprimendo l’istinto di mandare tutti al diavolo.
Credo che per loro però non sia male, vivere qui. Hanno sempre compagnia, qualcuno con cui ridere, qualcuno da pungolare e da cui farsi stuzzicare a propria volta. Forse, se non fossi evitato da tutti come la peste, non mi dispiacerebbe stare qua.
 
«Draco sii gentile, aiuteresti a sparecchiare?» Chiede il signor Weasley da capotavola.
 
Ecco, appunto. Mi alzo e inizio a raccogliere i piatti, come anche Hermione, la signora Weasley e Bill, il maggiore dei fratelli.
 
In fondo però non mi lamento, posso trascorrere tanto tempo insieme a mia madre. Abbiamo avuto molte cose da dirci e tanto di cui scusarci. Da quando ci siamo ritrovati il nostro rapporto è del tutto nuovo, come se prima ci fossero stati dei filtri che adesso abbiamo potuto rimuovere uno ad uno. Ci sono giorni in cui sono infinitamente grato del tempo trascorso con lei, altri invece in cui il solo guardarla mi riempie di un bruciante desiderio di vendetta. Osservo la sua gamba di legno e sogno ad occhi aperti di poter riservare al Signore Oscuro lo stesso trattamento.
 
A proposito di mia madre: la vedo parlare fitta fitta con Tonks, che oggi è venuta ospite a cena. Qui gli ospiti vanno e vengono continuamente, ogni sera ci si ritrova seduti a tavola accanto a persone diverse. Incredibile quanto la vita al Manor fosse diversa.
 
Appena finiscono di parlare mi avvicino a mamma con aria interrogativa. «Cosa stai tramando?» Le chiedo curioso.
 
Mamma si guarda intorno un attimo. «È da un po’ che ci sto pensando Draco e… vorrei tanto rivedere tua zia Andromeda. Ho chiesto a Tonks se potesse proporle di farci visita, un giorno di questi». Mi confessa.
 
«E lei che ha detto?»
 
«Che ci parlerà. Ma ho la sensazione che non abbia molta voglia di vedermi… o di conoscerti». Risponde lei delusa. «Non posso biasimarla».
 
Finito di sparecchiare filo dritto in camera da letto. Normalmente condivido la stanza con Bill, l’unico dei fratelli Weasley che sembra tollerare la mia presenza, ma dopo cena è dovuto partire per Londra per un incarico alla Gringott. Passano diverse ore prima che la casa sprofondi nel più completo silenzio. Durante questo tempo io non riesco a prendere sonno, continuo a pensare a mio padre e mi chiedo cosa stia facendo, se sia ancora vivo, se il Signore Oscuro lo abbia accettato tra le sue schiere nonostante quel traditore di suo figlio. Provo un misto di rabbia e dolore pensando a lui e mi odio per non riuscire a cancellarlo definitivamente dalla mia mente.
 
Inaspettatamente, la porta della camera cigola, socchiudendosi leggermente.
 
«Non ci provare Weasley, sono sveglio e vigile». Dico io in attesa dell’ennesimo scherzo.
 
«Sono io stupido». Mi risponde la familiare voce di Hermione.
 
«Che sorpresa, Granger». Dico io con tono più seccato di quanto vorrei. «È così che ti chiami, giusto? È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ti ho vista che non ne sono molto sicuro». Ed ecco che tutta la frustrazione repressa nelle ultime settimane si sfoga sull’ultima persona che lo meriterebbe.
 
Lei però non fa una piega e senza chiedere il permesso si infila sotto le mie coperte, sdraiandosi accanto a me. «Fai bene ad essere arrabbiato, ti ho trascinato fin qui e poi sono stata sempre con i ragazzi dell’Ordine». Io però ho già dimenticato tutto. La sensazione del suo corpo che sfiora il mio ha preso il posto di tutti gli altri pensieri, tanto da risponderle solo con un mugugno a denti stretti. «Il fatto è che non so bene come comportarmi davanti agli altri… perché io e te siamo… cioè non siamo… e forse qualcuno potrebbe non prenderla bene, hai capito no?»
 
Sì, ho capito perfettamente cosa intende. Come può spiegare ai suoi amici cosa c’è tra me e lei se non è chiaro neppure a noi? Ci siamo baciati due volte, ci siamo promessi che ci saremmo protetti a vicenda e poi ci siamo ignorati per due settimane. Io stesso ammetto di non aver cercato troppo il contatto: già così faccio fatica a tollerare gli sguardi diffidenti della famiglia Weasley, figuriamoci se mi vedessero passare troppo tempo insieme alla loro cara Hermione. Lenticchia soprattutto… sono certo che abbia una cotta per lei.
 
«Non sono arrabbiato con te». Le sussurro io, sforzandomi di rimanere fermo nella mia posizione. «Questa casa già si regge in piedi a fatica, non serve rendere le cose ancora più strane». Lei ride silenziosamente, sollevata. Era da tempo che non sentivo quella sua bellissima risata e, vedendola più da vicino insieme ai suoi amici, mi sono accorto che si tratta di una risata riservata solo a me. «Mi sei mancata però».
 
Lei si volta a guardarmi e poi, nel silenzio, si sdraia sopra di me. Riesco a sentire ogni centimetro del suo corpo e il battito del suo cuore premermi sul petto. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio e i suoi capelli ricci le cadono di lato, solleticandomi la guancia e il collo e facendomi tremare. Incapace di trattenermi ancora, la cingo con le braccia e la stringo a me, azzerando quella poca distanza che ci separa. Le sue labbra incontrano le mie e in un istante tutti i giorni senza di lei si cancellano. Mi bacia prima con timidezza, poi con trasporto, dischiudendo le labbra un pochino di più ad ogni mio bacio. Io mi sposto sul suo collo, baciandolo avidamente mentre le mie mani si spostano lungo la sua schiena. Sento la sua pelle rabbrividire sotto la camicia da notte e dentro di me si accende il desiderio di strappare via tutti gli strati che ci dividono.
 
Lei però si ferma. «Scusami, Draco». Dice scivolando di nuovo al mio fianco. «Tutte queste cose sono nuove per me».
 
Io chiamo a raccolta tutto il mio autocontrollo per riuscire a calmare i miei battiti, poi mi sdraio sul fianco per poterla guardare meglio: anche al buio riesco a distinguere il suo profilo minuto e bellissimo. «Va tutto bene». Dico io baciandole la fronte. Intanto però allontano il più possibile il mio corpo dal suo: quel contatto rischia di mandarmi fuori di testa.
 
Nel silenzio continuiamo a guardarci, baciandoci delicatamente le labbra, le guance, il naso e le palpebre. E tra un bacio e l’altro mi accorgo che, anche senza il sesso, è la prima volta che raggiungo questa intimità con qualcuno. Le carezzo il viso e poi le do un lungo bacio. «Grazie per essere venuta qui stanotte».
 
La sento sorridere. «Vorrei addormentarmi qui insieme a te». Bisbiglia lei. «Ma devo tornare in camera, se Ginny si dovesse svegliare e non mi trovasse sarebbe la fine del mondo. E poi domani devo alzarmi presto…»
 
Quasi dimenticavo, domani Hermione dovrà farsi trovare a Kings Cross dai suoi genitori. «Sei preoccupata?» Le chiedo.
 
«No, non molto. Ci siamo scambiati un paio di lettere questi giorni, non sospettano di niente. Andrò a casa e fingerò che sia tutto nella norma, poi tornerò qui alla Tana: gli ho già detto che Ron e Ginny mi hanno invitata a passare l’estate da loro, così da aiutarli nell’allestimento del matrimonio di Bill e Fleur».
 
«Ma non preferiresti trascorrere un po’ di tempo con loro? È quasi un anno che non li vedi». Insisto io, che ho di recente imparato quanto sia importante sfruttare il tempo con la propria famiglia.
 
«No, preferisco stare qui. È meglio per tutti».
 
Qualcosa nella sua voce però mi impensierisce. «Ne sei sicura?»
 
«Sicurissima».
 
 
1 Agosto 1997:
 
Mi materializzo dentro la stazione di Kings Cross e mi incammino verso l’uscita. I miei genitori sono lì ad aspettarmi. Gli corro incontro e mi lascio abbracciare e baciare. Quanto mi erano mancati.
In auto papà non smette più di parlare, mi racconta di mio cugino Alexander che si è appena laureato in Medicina, di mia zia Christine, incinta del suo quarto figlio, mi racconta perfino di un suo giovane paziente che, durante una visita di routine, gli ha quasi staccato un dito con un morso.
Mamma invece mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore e mi sorride, rimproverando di tanto in tanto papà per il troppo ciarlare. «Perché non provi a lasciarla parlare? Sono certa che avrà cose ben più interessanti da raccontare di quel piccolo hooligan dai denti cariati!»
 
Io rido di gusto. «No no, ti prego papà continua!»
 
«Tua figlia è troppo educata». Dice mamma ammiccandomi.
 
La città scorre davanti ai miei occhi mentre in radio suona Home, il nuovo successo dei Depeche Mode.
 
And I thank you
For bringing me here
For showing me home
For singing these tears
Finally I've found
That I belong here
 
All’improvviso una profonda tristezza mi assale. Guardo i miei genitori, che parlano a gran voce facendo piani per le vacanze. Quest’anno hanno noleggiato un camper per viaggiare attraverso l’Inghilterra tutti e tre insieme.
 
«Stasera parleremo dell’itinerario!» Dice papà emozionato. «Un po’ di tappe sono già decise, ma le altre vorremo le scegliessi tu!»
 
Io mi sforzo di sorridere. «Non vedo l’ora».
 
Dopo una cena tipicamente Babbana, aiuto mamma a sparecchiare e a lavare i piatti, senza l’aiuto della magia.
 
«Allora, vuoi dirmi che cos’hai?» Mi chiede mia madre strofinando un bicchiere. Con lei è sempre stato così: non sono mai riuscita a nasconderle niente.
 
«Nulla, sono solo un po’ stanca. È sempre strano tornare a casa dopo un anno ad Hogwarts». Dico io dissimulando la tristezza. «Strano ma bello, eh». Aggiungo.
 
«Non crederai davvero che me la beva?» Mi risponde lei. «Non sei voluta rientrare a casa per Natale e adesso che sei qui hai la testa fra le nuvole». Il mio cuore accelera. Non sono pronta ad affrontare questo discorso. Abbiamo ancora tutta la sera per stare insieme senza pensieri. «Per caso c’entra un ragazzo?»
 
La conversazione prende una piega talmente inaspettata da farmi scappare una risata. «Cosa!?»
 
«Ho solo tirato a indovinare». Risponde mia madre con un sorrisetto malizioso. «Per caso Ronald si è finalmente dichiarato?»
 
«Oddio mamma no!» Dico io avvampando.
 
«Va bene, va bene. Non volevo impicciarmi». Dice lei posando il bicchiere ed alzando le mani in segno di resa. «Sono solo curiosa».
 
Ma sì, in fondo perché nasconderglielo?
 
«In realtà ci sarebbe un ragazzo…» Inizio io cauta. So che mamma ha sempre tifato per Ron e non vorrei che ci rimanesse male. «Ma non si tratta di Ronald. Ecco, lui ha frequentato per un po’ Lavanda, la mia compagna di dormitorio».
 
«Capisco…» Commenta lei cercando di non mostrarsi delusa. «E quindi chi è il fortunato?»
 
«Beh ecco… lui è Draco Malfoy». Un rumore di vetri rotti rimbomba in cucina: a mamma è sfuggito un piatto. Io lo riparo abilmente con un colpo di bacchetta.
 
«Quel Draco Malfoy?» Chiede mamma con sconcerto. «Lo stesso che ti ha chiamata in quel modo spregevole?»
 
Sapevo che non l’avrebbe presa bene, perciò prendo un respiro e le racconto tutta la storia dall’inizio, tralasciando ovviamente la parte che riguarda l’arrivo dei Mangiamorte a scuola e gli ultimi giorni trascorsi alla Tana. Alla fine del racconto tutti i piatti sono puliti, integri e asciutti e mamma mi guarda con uno sguardo colmo di dolcezza.
 
«Quindi tu ti fidi di lui?» Mi chiede.
 
«Completamente». Rispondo io con sicurezza.
 
Lei mi sorride. «Allora mi fido anche io». Poi mi stringe forte a sé. Io ricambio l’abbraccio, sprofondando la testa nei suoi capelli, voluminosi e crespi quasi quanto i miei. Mi mancherà il suo abbraccio.
 
Passiamo l’ora successiva a programmare insieme l’itinerario del viaggio: partiremo da Londra e il giorno stesso raggiungeremo York, dove resteremo due notti per poter visitare la città, poi ci dirigeremo verso il Nord del Galles attraversando Chester e il settimo giorno raggiungeremo il Lake District. A quel punto valicheremo il confine con la Scozia e faremo tappa prima a Glasgow, poi al parco nazionale Loch Lomond ed infine arriveremo ad Edimburgo.
 
Sarebbe davvero bello, se fosse vero.
 
 
2 Agosto 1997:
 
Mi sveglio col rumore della televisione al piano di sotto. Mi vesto con calma e mi prendo qualche secondo prima di afferrare il baule e scendere le scale silenziosamente.
 
Mamma e papà sono seduti sul divano, guardando una sitcom in TV. È arrivato il momento.
 
Per un attimo pondero l’eventualità di abbracciarli un’ultima volta, ma sono certa che poi non riuscirei più a lasciarli andare. Senza indugiare ulteriormente punto la bacchetta alle loro spalle e recito sottovoce l’incantesimo di alterazione della memoria che ho studiato per settimane. Una nube di fumo argentata si sprigiona dalla punta della mia bacchetta e avvolge le loro teste, per poi insinuarsi silenziosa nelle loro orecchie. Non mi serve altro per capire che ha funzionato: d’ora in poi loro non saranno più i Granger, bensì il signor e la signora Wilkins, una coppia senza figli impaziente di trasferirsi in Australia.
 
Ignorando la fitta al petto, imbocco l’uscita prima che possano accorgersi di me.
Mi volto a guardare per un’ultima volta la casa in cui sono cresciuta e mi soffermo a pensare a quante cose siano cambiate nell’ultimo anno. Quando sono partita per Hogwarts, lo scorso settembre, ero talmente spaventata che non facevo altro che immaginare come dovesse essere partire lontano senza guardarsi più indietro. Adesso invece sono pronta ad affrontare qualsiasi cosa il destino abbia in serbo per me e, se sarò fortunata, un giorno potrò prendere un volo per l’Australia e abbracciarli di nuovo.
 
Chiudo gli occhi e mi Smaterializzo.
 
Quando arrivo alla Tana il sole è ancora basso nel cielo e da dentro la casa non arriva alcun rumore.
 
«Già di ritorno?» Una voce mi fa saltare sul posto per la paura.
 
«Malfoy!» Urlo io tirandogli un buffetto. «Mi hai spaventata. Che ci fai fuori a quest’ora?»
 
«Un giro». Dice alzando di fronte a me un manico di scopa decisamente malandato. «Non è come la mia Firebolt Supreme, ma può andare». Poi mi sorride. «Perché sei già tornata?»
 
«Non sei felice di vedermi?» Chiedo io con un ghigno.
 
«Certo che lo sono». Risponde lui avvicinandosi di un passo, ma senza toccarmi. «Voglio solo sapere se è tutto okay».
 
Io medito un istante sulla risposta. «Sì, è tutto okay».
 
Lui mi guarda di sbieco: ormai ha imparato a capire quando gli nascondo qualcosa. Però non fa alcuna domanda, semplicemente mi porge la mano. «Vieni con me».
 
Io non ci penso due volte, afferro la sua mano e mi lascio aiutare a montare in sella. Pochi secondi dopo ci stiamo librando in aria. Sorvoliamo alla massima velocità i campi coltivati che si stendono per diverse miglia intorno alla casa dei Weasley. Non parliamo, ci limitiamo a respirare a pieni polmoni l’aria fresca del mattino e a goderci il brivido della velocità e l’adrenalina provocata dal vuoto sotto di noi. Mi stringo forte a Malfoy, chiudo gli occhi e in un attimo mi sembra di solcare di nuovo il cielo di Hogwarts, sfiorando la superficie del Lago Nero. Nei miei ricordi riecheggia il suono delle piccole onde che si infrangono sulla riva e l’odore salmastro dell’aria.
 
Dura solo pochi istanti, però. Quando riapro gli occhi, la luce del sole mi riporta alla realtà. Sotto di noi non c’è alcuno specchio d’acqua ma solo una distesa di spighe di grano, che danzano timide spinte dalla leggera brezza estiva.
 
Ma non è il panorama a rendere questo momento così diverso da quella meravigliosa notte. Sono io ad essere diversa.
L’Hermione di quella sera era solo una bambina triste e spaventata, il cui unico pensiero era quello di fuggire dall’orrore della guerra e dalle sue responsabilità. Sognavo di evadere dalla realtà, di volare lontano da tutto ciò che mi rendeva infelice.
 
Adesso invece non ho più alcuna paura e questo lo devo solamente a te, Draco.
 
Mi stringo ancora di più al Serpeverde. Se oggi ho avuto il coraggio di lasciare la mia casa è solo grazie a lui. Vedere Draco rinunciare a tutto e mettere in gioco la sua stessa vita per il bene della sua famiglia mi ha ricordato ciò per cui ho combattuto negli ultimi anni. Se oggi mi sento pronta ad affrontare ciò che il futuro ha in serbo per me, è perché lui mi ha mostrato come lottare rimanendo fedele a me stessa: perché non c’è alcun disonore nella paura. La paura ci ricorda cosa c’è in gioco, cosa abbiamo da perdere, ed è esattamente questo il motivo per cui combattiamo: per tenerci stretto ciò che a noi è più caro.
 
«Draco, devo dirti una cosa».
 
Il Serpeverde rallenta, fermandosi a mezz’aria. «Che cosa?»
 
«Io non tornerò ad Hogwarts».
 
Lui si volta a guardarmi, sconvolto. «Che significa che non tornerai ad Hogwarts?».
 
«Io, Harry e Ron partiremo per una missione. Non posso dirti altro».
 
Silenzio.
 
Draco mi guarda con un’espressione indecifrabile, come se stesse cercando di metabolizzare l’informazione. «Verrò con voi».
 
«Questo non è possibile». Rispondo io seria, ma il mio cuore ha un sussulto.
 
«Hermione, ascoltami bene». Dice lui senza distogliere lo sguardo. «Quest’anno ho rischiato di perdere la persona a me più cara, e questo mi ha fatto riflettere. Non posso continuare ad essere il ragazzino viziato che sono sempre stato, non posso permettere che altre persone care si sacrifichino per me, mentre io rimango al sicuro nelle retrovie. Tu sei sempre stata in prima linea quando si è trattato di combattere, non sai cosa significhi essere lasciati indietro, sentirsi completamente inutili e impotenti. Non voglio più sentirmi così». I suoi occhi sono illuminati dalla luce della determinazione. «Ho un conto in sospeso con Tu-Sai-Chi e, se è ancora vivo, con mio padre. Non posso rimanere inerme, lo capisci?»
 
«Io lo capisco, però te lo assicuro: l’Ordine si prenderà cura di tua madre. Non c’è alcun bisogno che tu venga via con noi. Se vuoi davvero proteggerla, resta qui insieme a lei».
 
«No, tu non capisci. È te che voglio proteggere, Hermione». Dice passando una mano tra i miei capelli, reggendosi saldamente con l’altra al manico di scopa. «Non potrei vivere sapendoti in giro chissà dove a fronteggiare chissà quale pericolo senza poter avere tue notizie. Un anno trascorso così mi è bastato. Voglio starti accanto, combattere insieme a te, so di poterti aiutare».
 
Le sue parole mi scaldano il cuore e mi riempiono di quella grinta che solo lui riesce a tirarmi fuori. Forse in fondo ha ragione: è quando stiamo insieme che io e Draco tiriamo fuori il meglio l’uno dall’altra.
 
Poggio le mie labbra sulle sue, assaporando ancora una volta quel contatto tanto dolce quanto elettrizzante.
 
«Anche io ti voglio al mio fianco».
 



 
 Fine... per ora!
 


Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Vi annuncio che questo era l’ultimo capitolo! Con questo si conclude la parte di storia che ripercorre il sesto anno!
 
Mi dispiace aver lasciato passare tutto questo tempo, ma spero che il risultato finale vi sia piaciuto!
Questo è il momento di lasciarmi una recensione per farmi sapere le vostre ultime considerazioni riguardo la storia nel suo complesso!
 
Ma ora il grande dilemma: cosa accadrà adesso?
Cosa faranno Draco ed Hermione? Partiranno insieme alla ricerca degli Horcrux? Narcissa riuscirà a ricongiungersi con sua sorella? Cosa succederà a Theodore ora che è tornato tra i Mangiamorte? E Lucius, come sarà stato accolto dal Signore Oscuro?
 
Ho in mente tante idee per proseguire questa storia e credo che il prossimo arco narrativo porterà con sé delle novità. Esploreremo meglio la vita e il passato di personaggi che finora ho lasciato un pochino in secondo piano e la storia si discosterà sempre di più da quella originale.
 
Vi intriga?
 
Ci ho riflettuto un po’ su e ho deciso che metterò un punto a questa fanfic: dopo l’estate ne inizierò una nuova, dove proseguirò la storia… sarà un po’ come un secondo volume!
Se volete sapere cosa succederà ai nostri eroi fatemelo sapere, così vi manderò un messaggio non appena pubblicherò il primo capitolo della nuova storia!
 
Per il momento vi ringrazio di cuore di avermi seguita in questo viaggio. Probabilmente lo saprete, ma questa storia aspettava di vedere una fine già da molti, moltissimi anni. Quindi sono davvero felice di aver messo, almeno per ora, un punto. Grazie per tutto l’affetto che avete lasciato nelle recensioni e a tutti i lettori che mi hanno seguita!
 
Vi auguro una magica estate e spero di rivedervi tutti!
Flami151


P.S. Se state leggendo questa storia dopo tanto tempo dalla sua pubblicazione, sappiate che mi rende comunque molto felice ricevere recensioni. Io continuo a leggerle :)
  
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