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Autore: Iam_Cactus    24/08/2021    1 recensioni
Ci si può innamorare in 7 giorni?
(......)
E poco importava quanto poco maschile potesse essere lasciarsi trasportare in quel modo, o quanto irritante fosse trovare piacevole il contatto col suo petto contro la propria schiena, in quel momento nella mente di entrambi c’era un unico pensiero a farsi spazio nella mente.
Non era stata affatto male quella giornata insieme.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1

Primo giorno

 



 

 

Bakugo era già sveglio quando il cellulare iniziò a squillare, avvertendolo che era ora di abbandonare il letto.

Allungò una mano a disattivare il suono che quella mattina gli sembrava assordante, rigirandosi sul fianco per non dover affrontare la luce di un nuovo giorno.

Quel nuovo giorno.

L’avvenimento di ieri gli si era presentato più volte durante la notte, impedendogli di dormire le sue sacrosante otto ore.

Non sapeva cosa fare, si sentiva combattuto per la prima volta in vita sua.

Aveva sempre avuto le idee chiare, fin da bambino aveva scelto la strada da perseguire e non si sarebbe lasciato corrompere da nulla e nessuno.

Eppure quel ragazzo dagli sgargianti capelli rossi lo aveva reso stranamente nervoso.

Come avrebbe dovuto comportarsi?

Assecondare la sua scelta e perire sotto il volere di uno qualsiasi solo per… pietà?

Ma non ricordava neppure il suo nome, per non parlare del fatto che lì per lì non lo aveva minimamente riconosciuto come un compagno di classe, se non fosse stato per la divisa.

Eijiro era stato un fantasma per lui durante tutto il primo semestre alla U.A.

«Katsuki, è ora di svegliarti!»

La voce di sua madre gli ricordò che non poteva sottrarsi alla colazione e, seppur di malavoglia, si alzò dal letto e si diresse verso la porta.

Il profumo lo attirava verso la cucina, da cui proveniva un parlottare indistinto ed apparentemente allegro, il ché era decisamente fuori dalla norma, visto che suo padre era solito essere già a lavoro, a quell’ora.

Non appena varcò la soglia, tutto gli fu più chiaro.

Il suo sguardo venne catturato dal motivo per cui aveva perso le sue preziose ore di sonno.

«Oh, buongiorno Bakugo.»

«Ma che caz-.»

Mitsuki zittì il figlio con un’unica occhiata feroce.

«Il tuo amico ti stava aspettando, possibile che non sei mai in orario?»

Eijiro abbassò lo sguardo sulle uova, addentandone una mentre tentava di trattenere una risata –e per evitare l’occhiataccia che il biondo gli stava sicuramente riservando.

«Allora, Kirishima, dove andrete oggi?»

«Al mare. Bakugo è stato l’unico ad accettare la mia proposta.»

Rispose il ragazzo, afferrando il toast per morderne metà in un sol boccone.

«Perché mi hai obbligato.»

Sbuffò l’altro, iniziando a mangiare con una certa stizza per la piega che la situazione stava prendendo. Se sua madre lo avesse preso in simpatia, poteva dire addio a delle vacanze estive tranquille in compagnia dei suoi amici.

In risposta a tale punzecchiatura, Kirishima gli mostrò un sorrisetto furbo e gli mise nel piatto un abbondante pezzo di salmone al vapore, più della metà, tornando poi a sbocconcellare il proprio.

«Sarà una giornata lunga, ti voglio in forze.»

Mitsuki posò sulla tavola due bicchieri colmi di spremuta d’arance.

«Starete fuori tutto il giorno, giusto? Per il pranzo?»

Il volto del rosso si illuminò.

«Ho pensato a tutto io, non deve minimamente preoccuparsi Signora.»

 

27 Luglio

 

Il profumo del mare si infrangeva sui visi dei due giovani, ripagandoli dell’ora passata in quel forno a ruote che i poveri e sudaticci cittadini che ci salivano si azzardavano a chiamare “autobus”.

Eijiro si tolse in fretta e furia le scarpe non appena messo piede sulla sabbia, zampettandoci goffamente sopra perché troppo calda.

«Rimettiti le scarpe, idiota.»

Lo rimproverò Katsuki passandogli pigramente accanto.

Se proprio doveva passare la giornata con lui almeno voleva prendere posto il più vicino possibile al mare, e magari passare il proprio tempo ad ignorarlo totalmente come meglio gli riusciva.

D’altronde era come avere a che fare con un bambino, non poteva essere così difficile.

«Bakugo, guarda! Il mare!»

Appunto.

«Si, ci vedo, non c’è bisogno che me lo fai notare.»

Commentò in un ringhio irritato il biondo, gettando sulla sabbia lo zaino in cui aveva sistemato le poche cose che reputava essenziali per quel giorno, per poi sfilarsi le infradito ed affondare le dita dei piedi nella sabbia bollente.

Non lo avrebbe mai ammesso all’altro, ma era incredibilmente piacevole.

«E non ti viene voglia di buttarti immediatamente?»

«Ma che hai? Cinque an-?»

Non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che si sentì afferrare il polso e trascinare in acqua –e non sarebbe successo se non fosse stato colto di sorpresa, questo è obbligatorio sottolinearlo.

Il polso gli venne restituito solo quando l’acqua li bagnava fino alla vita, ed allora Eijiro si tuffò, riemergendo poco dopo con un sorriso a trentadue denti che contrastava nettamente con l’espressione truce del biondo.

«Non potevi aspettare che rimanessi in costume?»

E non avrebbe mai creduto che qualcos’ altro potesse irritarlo di più fin quando la risata cristallina del rosso non gli giunse alle orecchie, sovrastando addirittura il caos attorno a loro.

«Io torno a riva.»

«Non immaginavo fossi così noioso.»

Lo seguì l’altro, nuotando lentamente al suo fianco.

«E cosa immaginavi? Che avrei assecondato ogni tuo desiderio solo per quello che mi hai detto ieri?»

Eijiro si zittì a quelle parole, rimanendo immerso vicino alla riva anche dopo che Katsuki fu uscito dall’acqua per estrarre l’asciugamano e distenderci sopra la maglietta, in modo da farla asciugare.

Volle considerarla una vittoria, nonostante riuscisse a percepire nettamente i suoi occhi accarezzargli insistentemente la schiena.

Non sapeva per quale motivo, ma questa consapevolezza lo metteva talmente a disagio da non riuscire a gustarsi la vittoria personale di poco prima –zittirlo aveva il sapore sublime del ramen piccante che Mitsuki preparava appositamente per lui la domenica, e maledizione se era frustrante non poterne godere appieno a causa sua.

«Non ho mai pensato di poterti far pena, per questo ho chiesto a te di accompagnarmi qui.»

Bakugo nascose un singulto di sorpresa: non lo aveva minimamente sentito avvicinarglisi tanto.

Quando si volse lo vide in piedi accanto a sé, intento a liberarsi dalla maglietta fradicia. Le ciocche rosse non erano più in contrasto con la forza di gravità, ma aderivano al collo ed alla fronte, rendendolo quasi più adulto.

«So che se lo dicessi agli altri verrei trattato diversamente, quando tutto quello che voglio è passare questa estate come farebbe qualsiasi ragazzo della mia età.»

Estrasse anche il proprio asciugamano dallo zaino e lo distese accanto a quello dell’altro, sedendosi ed arrotolando la maglietta in modo che gran parte dell’acqua gocciolasse sui propri piedi.

«Ti chiedo solo questo, in cambio.»

Gli sorrise, lasciando intravedere una malinconia che costrinse Bakugo ad abbassare lo sguardo.

«Ancora questa storia. Non mi hai salvato.»

Sbuffò, distendendosi.

Poi accadde qualcosa a cui lui stesso stentava a credere: non si arrabbiò con Eijiro per averlo messo spalle al muro, anzi.

Portò un braccio a riparare gli occhi dal sole e si umettò le labbra.

«Devi dirmi cos’hai, se vuoi che ricambi il favore non puoi tenermi all’oscuro.»

Lo sentì distendersi a sua volta, e poté percepire l’esitazione che seguì il silenzio.

Aveva paura che potesse cambiare qualcosa, ma arrivati a quel punto non poteva sottrarsi. Bakugo aveva accettato, glielo stava dimostrando in un modo tutto suo, presumeva, e mostrargli piena fiducia era il minimo che potesse fare.

«Insufficienza cardiaca.»

Il biondo liberò gli occhi dall’ombra e si concesse un’occhiata incuriosita verso il ragazzo accanto a sé, che ricambiò accennando un sorriso.

«Quando lo hai saputo?»

«Tre mesi fa. Durante le lezioni di ginnastica mi sentivo più affaticato del solito, ma non gli ho dato peso finché un pomeriggio non sono svenuto aiutando mio padre a caricare in auto degli scatoloni con gli abiti da donare in beneficenza. I medici dicono che le uniche soluzioni sono un trapianto di cuore o…»

Lasciò la frase in sospeso, sperando che Katsuki intuisse.

E lo fece, d’altronde era un ragazzo sveglio ed intelligente, e mai come allora lo rimpianse.

O aspettare che il cuore smettesse di funzionare.

Kirishima si girò sul fianco ed allungò una mano col mignolo alzato verso il coetaneo.

«Promettimi che non lo dirai a nessuno.»

«Allora hai davvero cinque anni.»

«Promettimelo.»

Questi alzò gli occhi al cielo e portò il proprio mignolo a legarsi a quello dell’altro, suggellando quella promessa come non faceva da anni.

Prima che riuscisse a trattenersi, fu il suo turno di sorridere per la prima volta da quando si erano incontrati, ritrovando in quel gesto la spensieratezza di tempi andati, quando il suo futuro aveva si un percorso prestabilito, ma non era colmo di dubbi che spesso lo facevano tentennare –ma solo qualche secondo.

Nemmeno Izuku avrebbe mai compreso le ombre di quell’ amico che conosceva da sempre.

«Non credo di averti mai visto sorridere.»

La voce del rosso lo ridestò, riportandolo alla realtà.

Assieme alla solita espressione corrucciata.

«Non farti strane idee, mi fanno solo divertire i tuoi modi di fare da moccioso.»

«Hey, Bakugo.»

«Che altro c’è?»

«Andiamo a farci un altro bagno?»

«Hai bisogno dell’accompagno?»

«Avaaaaanti!»

Di una cosa era certo, se Eijiro non avesse smesso di tirarlo per i polsi per trascinarlo ovunque volesse, presto lo avrebbe preso a calci.

༺❀༻

 

Alle sei passate le ultime combriccole di ragazzi si incamminavano verso casa, mentre Katsuki fissava a braccia incrociate la figura del compagno di classe disteso al suo fianco, col fiato corto di chi aveva appena affrontato le olimpiadi di nuoto.

Kirishima aveva gli occhi chiusi ed il sole gli stava asciugando di dosso le ultime gocce d’acqua salata. Sembrava distrutto nonostante avesse nuotato per appena cinque  minuti, tentando in tutti i modi di far tornare il proprio battito cardiaco al ritmo che aveva solitamente a riposo.

Se tre mesi prima qualcuno gli avesse detto quanto il suo corpo sarebbe cambiato in un lasso così breve di tempo gli avrebbe sicuramente riso in faccia, vantandosi del fatto che era stato rinominato “l’indistruttibile” dai suoi amici proprio per l’instancabile vena atletica che lo aveva sempre caratterizzato.

«Dobbiamo andare, si sta facendo tardi.»

La voce del biondo lo costrinse ad aprire gli occhi, pronto a sorridergli nella speranza che non si stesse preoccupando.

Tuttavia, tutto ciò che vide furono le sue spalle, già coperte dalla maglietta, ricurve mentre piegava l’asciugamano per poterlo mettere nello zaino.

«Se hai fame c’è metà del panino che non hai finito a pranzo.»

«Oh, non ne ho, grazie. Ma se ti è piaciuto puoi mangiarlo tu, mancano ancora due ore alla cena.»

Ribatté senza pensare, issandosi con non poca fatica.

Sentiva ogni muscolo dolere come se avesse passato l’intera giornata a spostare pesanti sacchi, anziché a stuzzicare il biondo per divertimento, persino indossare la maglietta gli costò fatica, appannandogli per un secondo la vista a causa dello sforzo.

«Maledizione, spostati! All’asciugamano ci penso io, o ti ritroverai qui a dover mangiare quel panino per colazione.»

Sbottò d’improvviso Bakugo, afferrando il ragazzo per le ascelle, come si fa coi poppanti, per poterlo spostare e ripetere i gesti di poco prima.

Eijiro lo fissò fin quando tutto non fu sistemato, sentendo sullo stomaco la morsa del rimorso per non essergli stato minimamente d’aiuto, per poi seguirlo con lo sguardo mentre gli si inginocchiava davanti, dandogli le spalle.

«Avanti, sali.»

Lo incitò il biondo in tono affatto gentile.

«Cosa?»

«Non ho intenzione di perdere l’autobus a causa della tua lentezza, quindi ti porterò in spalla.»

«N-non c’è bisogno, davvero, che razza di uomo sarei se mi lasciassi-.»

«Non era un invito, o fai come ti dico o ti lascio indietro.»

Non aveva altra scelta, era ovvio.

Si sporse in avanti e, facendo perno coi palmi sulle spalle altrui, lasciò cadere ciondoloni le gambe sui suoi fianchi, afferrando lo zaino che gli stava passando –che, sapientemente, conteneva anche quello di Kirishima.

E poco importava quanto poco maschile potesse essere lasciarsi trasportare in quel modo, o quanto irritante fosse trovare piacevole il contatto col suo petto contro la propria schiena, in quel momento nella mente di entrambi c’era un unico pensiero a farsi spazio nella mente.

Non era stata affatto male quella giornata insieme.




   
 
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