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Autore: Faust    18/12/2021    1 recensioni
Vi racconterò della morte di Xena, e della disperazione di Gabrielle. Del Dio della Guerra che provò a separarle e della Dea dell'Amore che provò a riunirle. Molti Dei e molti Demoni si intrecciano in questa storia, ma anche molti eroi. Ascoltate quindi con attenzione, perché sarà l'unica volta che sentirete questo racconto. Il racconto di due guerriere con una sola anima e dell'eroina più nobile fra gli eroi, che un'anima non l'aveva affatto.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Aphrodite, Ares, Gabrielle, Xena
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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5 Hecate Ctonia


5.




Avrebbe dovuto digiunare, fino alla fine del rituale, potendo ingerire esclusivamente kykeón, un alimento a base di vino, segale e altri ingredienti a lei sconosciuti.
Si sentiva debole e fiacca, le girava la testa, e già dopo quello che le sembrò un solo giorno, aveva cominciato a vedere cose che non c'erano.
Aveva costantemente l'impressione di essere seguita e, al limite del suo campo visivo, ombre scure, umane, si agitavano ingannandola. Appena volgeva il capo per guardarle, scomparivano.
Non sapeva se stava impazzendo, se fosse la debolezza per la fame e i rituali, il vino, o qualche erba disciolta nella bevanda.
Trovava vago sollievo solo nella stanza che le avevano dato, poco più di una nicchia scavata nella roccia, senza finestre e con un pagliericcio all'angolo.
Una volta chiusa la porta poteva restare al buio, con gli occhi chiusi, e non vedere più quelle ombre.
Solo la sensazione di essere osservata persisteva e si sforzava di ignorarla. In fondo, era all'interno del tempio di una divinità straordinariamente potente, non c'era da stupirsi se continuava a sentirne la presenza.
Seduta sul pagliericcio, con la schiena appoggiata alla parete, continuava a sorseggiare il vino dall'otre che le sostituivano periodicamente, appena lo svuotava.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, né di quanto avrebbe dovuto ancora trascorrerne.
Bevve un altro sorso e appoggiò la testa al muro, sospirando.
Combattere in quelle condizioni sarebbe stato estremamente complicato, barcollava anche solo per fare i pochi passi che la separavano dalla porta.
Forse non sarebbe riuscita nemmeno a portare a termine la purificazione, forse sarebbe morta lì.
Quella stanza sembrava già una tomba, avrebbero solo dovuto murare la porta e le sue spoglie sarebbero rimaste nell'oblio del tempo.
A parte gli Dei, nessuno sapeva dove si trovasse. Non aveva stretto alcun legame, in vita, che avrebbe spinto qualcuno a reclamare le sue spoglie, non era stata nemmeno una buona madre...
Hope, la sua speranza nel futuro.
Aveva riflettuto più volte sul suo agire con lei ed era riuscita a perdonarsi: aveva fatto l'unica cosa possibile.
Hope era malvagia già appena nata, non c'era altro che potesse fare, ma Solan... Lui era innocente ed era morto per la sua testardaggine, solo per la sua stupida ingenuità.
Xena l'aveva perdonata, c'era voluto tempo, ma ci era riuscita. Lei, invece, non si era mai assolta del tutto.
Spalancò gli occhi di colpo, anche Solan si trovava negli Elisi! Anche lui era in pericolo!
Come fare? La Pietra di Cibele era utilizzabile da un sola anima per volta...
Era più giusto salvare Xena o Solan...? Lui era innocente, ed era morto a causa sua...
La scelta che le si poneva davanti era straziante e non era abbastanza presente da riuscire a ragionare lucidamente.
Serrò le palpebre, sforzandosi di pensare, quando all'improvviso avvertì chiaramente una presenza nella stanza. Riaprì gli occhi e cercò di capire chi ci fosse, ma non vedeva nessuno nel buio.
Le pareti stesse sembravano vive, sentì la pietra a cui era appoggiata respirare e si alzò di scatto. Era circondata.
Si guardò attorno più e più volte, avrebbe impugnato i sai, ma aveva unicamente l'oltre con sé
La porta si spalancò e la luce delle torce le ferì gli occhi, facendola sobbalzare all'indietro.
-Vieni.- Le ordinò duramente una voce femminile, quella della prima divinità che aveva incontrato, la stessa che l'aveva torturata.
Si schermò gli occhi con la mano e cominciò a seguirla.
Uscita dalla stanza si ritrovò nel basso corridoio, sorprendentemente affollato. Gente che camminava in ogni direzione le ostacolava il passo, creando una vera e propria calca.
Li osservò. Erano tutti vestiti normalmente, come se si trovassero nel centro del mercato cittadino, e nessuno faceva caso a lei.
Cercava di seguire la Dea senza perderla di vista, cosa non facile in mezzo a tutta quella folla.
All'improvviso le tagliò la strada un uomo, che attraversò il corridoio e sparì nella parete, come se niente fosse.
La guerriera si fermò per non sbattergli addosso e rimase terrorizzata alla vista di quella scena, incapace di proseguire.
Toccò la parete: solida roccia.
-Perché ti sei fermata?- La redarguì la Dea.
-Cosa sta succedendo?- Chiese, incredula e preoccupata.
-Sei sufficientemente pura da percepire altri piani di esistenza. Le persone che ora vedi erano qui da principio.-
-Perché? Sono morte qui dentro?- Si allarmò.
-No, stanno solo svolgendo i propri affari. Loro non sono qui e noi non siamo qui, per loro. Posso interagire, se voglio, ma per voi mortali non è così. Occupiamo solo lo stesso spazio, ma in dimensioni e tempi differenti.-
Gabrielle non era certa di aver capito tutto e continuava a guardarsi attorno, allibita, mentre la divinità aveva ricominciato ad avanzare.
Dopo aver percorso lunghissimi corridoi, la folla improvvisamente sparì e la luce delle torce cominciò ad affievolirsi, come se l'oscurità in cui avevano iniziato ad addentrarsi fosse materiale e densa.
Il bagliore delle fiamme si rifletteva solo debolmente sulle decorazioni dorate dell'enorme portone che si ergeva ora davanti a loro, mentre tutto il resto era avvolto in un buio così fitto da rendere impossibile vedere perfino le pareti.
Dall'eco dei loro passi, che le ritornava all'orecchio, la guerriera ebbe l'impressione che neanche esistessero e che quel varco, in realtà, fosse sospeso nel nulla.
I battenti si spalancarono, in un silenzio innaturale, ed entrarono.
La stanza era illuminata da pochissime torce, ma la luce si rifletteva su ogni singola superficie della stanza, riccamente decorata in avorio e oro.
Il pavimento era lastricato in pietra finemente levigata e le pareti, adornate con archi e colonne, sembravano estendersi all'infinito. Il soffitto era poi altissimo, più dell'immenso portone che avevano appena oltrepassato.
Si guardò attorno, incapace di trattenere lo stupore, era la reggia più sontuosa che avesse mai visto.
Al centro dell'enorme stanza, c'era anche un gigantesco trono, crisoelefantino, con sopra un' immensa statua, raffigurante il corpo di una donna seduta, avvolta nella stessa veste candida e dorata delle due Dee gemelle che aveva incontrato e con la medesima corona turrita.
La particolarità che la inquietò, però, fu che la scultura aveva tre volti, tutti perfettamente identici e ad immagine e somiglianza delle sue ospiti.
Al loro avvicinarsi, due leoni neri, enormi, alti tre volte lei, si affacciarono da dietro il trono. Uno dei due teneva tra le fauci un capro, nero anch'esso, ancora vivo.
Gabrielle si spaventò, se le bestie avessero voluto le sarebbero saltate addosso in meno di una frazione di secondo, ma la sicurezza con cui l'altra procedeva, la spinse a continuare.
Raggiunsero i piedi del trono e incontrarono anche l'altra immortale, la guaritrice, che le attendeva accanto a un grosso recipiente in bronzo, finemente cesellato, e ad un altare in marmo bianco.
-Finalmente, lieta di vederti ancora presente.- Le sorrise.
Si sentiva spossata. Il lungo cammino fino a quella sala era stato quasi troppo per il suo fisico, ma rispose al suo sorriso, cortesemente.
-Sbrighiamoci a procedere, s'è già perso fin troppo tempo.- Intervenne la sua accompagnatrice.
A quelle prole il leone lasciò cadere il capro sull'altare e il rumore dello schianto riecheggiò assordante nella sala.
La prima divinità le porse un pugnale, materializzandolo dal nulla, mentre la seconda un mantello scuro.
Gabrielle prese entrambi gli oggetti e indossò la cappa, confusa.
-Sgozza il capro nero e versane il sangue.- Ordinò la prima, indicando il recipiente con lo sguardo.
Aveva già eseguito un rituale simile, per entrare nell'oltretomba amazzone. Non le era piaciuto, ma era stato necessario.
-Non separarti mai da questo mantello, nasconderà il tuo essere ancora in vita ai demoni e agli spiriti negli Inferi.- Si raccomandò la guaritrice.
La ragazza impugnò il coltello, dalla lunga lama ondulata, e si avvicinò al capro, ferito gravemente dalle zanne del leone, che quasi non si muoveva.
Gli tagliò la gola, non senza un moto di disgusto e dispiacere, e ne raccolse il sangue nel recipiente, come indicatole.
La prima divinità lo raccolse e lo alzò sopra la testa, mostrandolo alla gigantesca statua. -Hecate! Il sacrificio di sangue è stato compiuto!-
E qualcosa che Gabrielle non si sarebbe mai aspettata avvenne: la statua annuì.
La ragazza cercò di nascondere il proprio terrore, mentre tutto diventava sempre più pazzesco. Riuscì a stento a non svenire, tra la debolezza e lo spavento.
-Atalanta!- Tuonò la guaritrice al secondo leone, che si avvicinò e, spalancando la bocca, depose delle forme di pane accanto alla carcassa del caprone, prima di arretrare nuovamente, con deferenza.
-Intingilo nel kykeón e dallo a Cerbero, si assopirà. Non ucciderlo, lui ci è molto caro.- Spiegò la Dea a Gabrielle. -Ricorda che non puoi mangiare o bere nulla agli Inferi. Dovrai sostentarti con il solo contenuto di questo otre, ma non preoccuparti, non si esaurirà mai.- Le passò un piccolo recipiente in pelle e la guerriera lo legò alla cintura.
-E non dimenticare la cosa più importante, l'Ago di Cibele.- L'altra immortale le porse una scarsella, presa dall'altare sui cui aveva appoggiato il contenitore con il sangue, e con all'interno lo stesso involto che le aveva mostrato Ares, in un tempo che le sembrava già remoto.
Fermò anche quello alla cintura. Era pronta, aveva tutto ciò che le poteva servire...A parte delle armi. Forse le avrebbero concesso il pugnale? Si domandò.
-Non ti occorreranno armi, non potresti utilizzarle senza condannarti agli Inferi.-Esordì la prima Dea, leggendole la mente.
-Chi ti attaccherà sarà certamente un demone e versarne il sangue, per un'anima ancora in vita come la tua, comporterebbe la corruzione eterna.- Spiegò la guaritrice -Per questo ti ho dato il mantello, per passare inosservata. Ma bada bene, non ti rende invisibile. Se te li troverai davanti, ti vedranno. Agisci con circospezione.-
La situazione si complicava sempre di più, ad ogni secondo che passava.
-Ora sei pronta!- Le interruppe la divinità titanica, con voce a malapena comprensibile nel frastuono che ne derivava. Sentì quasi scoppiarle i timpani.
La prima immortale prese un calice dall'altare e lo riempì di sangue, con fare solenne. La guerriera aspettò che glielo porgesse, probabilmente avrebbe dovuto berlo.
All'improvviso la divinità le svuotò la coppa in faccia e i leoni si avventarono su di lei.

****

Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!

Grazie per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!


   
 
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