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Autore: Faust    25/12/2021    1 recensioni
Vi racconterò della morte di Xena, e della disperazione di Gabrielle. Del Dio della Guerra che provò a separarle e della Dea dell'Amore che provò a riunirle. Molti Dei e molti Demoni si intrecciano in questa storia, ma anche molti eroi. Ascoltate quindi con attenzione, perché sarà l'unica volta che sentirete questo racconto. Il racconto di due guerriere con una sola anima e dell'eroina più nobile fra gli eroi, che un'anima non l'aveva affatto.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Aphrodite, Ares, Gabrielle, Xena
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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6 L'araldo


6.




Si svegliò di scatto, in una stanza piccolissima. Sarebbe stato completamente buio se non ci fosse stata una torcia, dalla flebile luce blu, agganciata alla parete.
Si alzò dal pavimento di pietra e si guardò attorno, era evidente che era un'altra stanza del tempio, c'era la stessa roccia grezza alle pareti e alla volta del soffitto.
Nessuna finestra, solo la traccia di una porta, murata, alle sue spalle. Non c'era via d'uscita.
Il panico la prese e cominciò a cercare una fessura o uno spiraglio per aprirsi un varco, chiamava aiuto e batteva i pugni, nella speranza che qualcuno la sentisse, ma sapeva già che era inutile.
Cercò di calmarsi e di ragionare, doveva esserci un motivo se era lì. Non potevano averla ingannata a quel modo.
Si passò una mano sul volto, ricordando la sensazione calda e viscida del sangue sulla pelle del viso e quello che era successo immediatamente dopo.
Controllò il palmo, pulito. Tra le dita non aveva sentito nessun residuo, né fresco né secco. Guardò il mantello che ancora indossava e anche quello era pulito, controllò anche le proprie vesti, pulite anch'esse.
Che avesse sognato? Che fosse un'allucinazione?
Ricordava il dolore che le zanne le avevano procurato, eppure sulla sua pelle non c'era nemmeno un segno.
Non c'era proprio nessun segno. Nessuno, nemmeno le cicatrici ottenute durante gli anni di viaggio...E anche la spossatezza era sparita.
-Cosa diamine sta succedendo...?- Mormorò tra sé e sé.
-Sei morta.- Disse una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto e riconobbe immediatamente il suo interlocutore, l'Arcangelo Michele.
-Cosa ci fai qui? E cosa vuol dire? Non posso essere morta! Io...-
-Sei stata divorata dai leoni di Hecate...Assurde le vostre divinità pagane.- Disse con sufficienza. -Tuttavia...Non sei realmente morta, tranquilla. Ha mantenuto la sua parola, avrai possibilità di ritorno.-
-Perché sono qui dentro? Non dovrei essere sulle sponde dello Stige?-
-Dovevo parlarti. Gli Elisi sono caduti, mentre i tuoi Dei perdevano tempo...Avrai bisogno di difenderti.-
-Caduti? E Xena?!- "E Solan, e Joxer...?" Avevano perso tanti amici.
-E' stata portata nel Tartaro, strettamente sorvegliata. E' solo questione di tempo prima che mangi o beva qualcosa.- Disse duramente l'angelo -Sferreremo un attacco simultaneamente al tuo ingresso, in modo da impegnare le truppe infernali e recuperare le anime degli Elisi non ancora deportate. Tu, dovrai recuperare Xena. Sai bene quanto sia pericolosa tra le loro fila- Era pericolosa anche tra le truppe angeliche, impossibile da gestire. Se non fosse stato per la guerra scatenata da Lucifero, l'avrebbero subito rispedita tra i mortali.
-Michele- Si ricordò all'improvviso di una cosa importante, per Xena -Se la riporto in questo mondo, cosa ne sarà delle 40.000 anime di Higuchi?-
-Quando lei è diventata Arcangelo tutti i suoi peccati sono stati purificati. La loro pace non è mai stata collegata alla sua sorte.- Rispose, infastidito dalla banalità della domanda.
Gabrielle annuì, dispiaciuta, ma stando così le cose Xena non avrebbe avuto alcun motivo per rifiutarsi di seguirla. Per quanto fosse tragica la situazione, provò sollievo.
Dei sai si materializzarono legati ai suoi calzari -Ma se colpissi un demone, la mia anima si corromperebbe.- Obiettò la bionda.
-Sì, ma ci sono molti spiriti inferiori che lottano per diventare demoni e ucciderti o consegnarti andrebbe a loro favore. Contro questi puoi combattere.-
Esaminò le nuove armi, erano simili in tutto e per tutto ai suoi pugnali, ma poteva sentire una sorta di energia vibrante percorrerli.
-Tuttavia...- Riprese l'angelo -Avrai bisogno anche di questo.-
Un guerriero, in un' armatura femminile completa, di metallo nero, si materializzò nella stanza e cadde a peso morto sul pavimento, facendo un fragore orrendo.
Gabrielle non sapeva come reagire, mentre la guerriera cominciava a muoversi e ad alzarsi, lentamente e con goffaggine.
La bionda la aiutò a rimettersi in piedi e, quando ne incrociò gli occhi, unica parte riconoscibile del volto, nascosto nell'elmo corinzio dal lungo cimiero rosso, capì -Einai?!-
-E' un abominio, ma non ha un'anima e può combattere i demoni. Inoltre, saprà guidarti da Xena, visto che ne contiene le ceneri.- Il disprezzo era ben visibile sul volto dell'Arcangelo. Era una blasfemia.
-Stai bene?!- Anche se indossava l'armatura, aveva preso un brutto colpo.
-Sì...Dove siamo?!- Ricordava di essersi coricata alla fattoria, prima che il legame con Gabrielle si spezzasse e lei sprofondasse nel nulla.
-Michele, non può venire con me. Non sa combattere, e non è qui per sua volontà!-
-Sa ciò che sai tu. Ed è solo un'aberrazione, non ha diritto di scelta. Deve ringraziare il fatto che ti serva, o l'avrei già distrutta.- L'odio traspariva potente nella sua voce.
Einai si strinse nelle spalle, come se avesse ricevuto un colpo sull'elmo, sentendo quelle parole.
-Fate presto, o tutto sarà stato inutile!- L'Arcangelo si smaterializzò, sparendo in un bagliore di luce che si trasformò nel passaggio per gli Inferi.
Si avvicinarono titubanti. Potevano vedere le sponde dello Stige, attraverso il varco.
-Einai aspettami qui, non occorre che tu venga.-
-Ma Michele ha detto...-
-Non importa cosa ha detto. Questo viaggio è una mia scelta, non è necessario che sia anche la tua.-
-Voglio venire.-
-Non sentirti obbligata...-
-Le alternative non sono allettanti, Gabrielle.- Aveva paura, ma poteva solo finire distrutta, o tornare all'oblio.
La guerriera la guardò per qualche secondo, incapace di ribattere. -Cerchiamo di fare presto.- Si inoltrarono nel passaggio.


Le sponde dello Stige, tra nebbia e penombra, erano affollate.
Centinaia di persone si accalcavano sulla riva e schiamazzavano, lamentandosi dell'attesa.
Non era come al tempio, la folla non era serena. Qui le persone sbraitavano, adirate o disperate. Avevano le vesti macchiate di sangue, ferite evidenti o chiari segni di malattia.
Si fecero largo nella calca, cercando di capire quale fosse il problema. Raggiunta la riva videro la barca di Caronte, vuota, ormeggiata ad un palo nel terreno.
-Nessuno ci porta!-
-Ho le monete!-
-Sono stanco!-
Queste erano le voci che la bionda riusciva a distinguere, tra il brusio generale. Si strinse di più nel mantello, per non farsi notare.
Sembrava bastasse salire sulla barca e attraversare il fiume. Era ampio e le acque nere e melmose, ma le correnti non sembravano particolarmente forti. Non vedeva il problema.
Si avvicinò all'imbarcazione, seguita rapidamente da Einai. Non pareva più muoversi con difficoltà, doveva essere stato solo il brusco risveglio.
Guardò dentro al piccolo natante e afferrò la situazione.
Oltre al traghettatore pusillanime, mancava anche il remo e, su quella sponda desolata, non c'era niente che potesse essere usato per sostituirlo.
Se fosse stato un normale fiume avrebbe provato ad attraversarlo a nuoto, ma per un mortale, toccare le sue acque equivaleva ad una tortura eterna.
Lo Stige, detto "il fiume dell'odio", intrappolava i malcapitati nelle sue acque scure e fangose, costringendoli a rivivere ogni episodio d'ira avvenuto in vita, trascinandoli nel suo corso perpetuo, senza via d'uscita.
-Ho un'idea.- Esordì Einai, portandola in un angolo meno affollato.
-Quale?-
-Saliamo e io remo con le mani. Se è vero che non ho un'anima, non mi succederà nulla.- Si sarebbero mosse lentamente, ma meglio di niente.
-Hai detto "se". "Se non ho un'anima..."- Ripetè preoccupata.
-Non c'è tempo per questi discorsi adesso.- Faceva così, Xena, quando voleva evitare una discussione. Le dispiaceva sfruttare i suoi ricordi a quel modo, ma non voleva proprio affrontare l'argomento.
Nonostante i suoi dubbi, sia il suo creatore che quell'angelo avevano detto la stessa cosa. Sicuramente ne sapevano più di lei, o a breve avrebbe scoperto che si sbagliavano.
Tornarono accanto alla barca ed Einai salì per prima, ma il legno scricchiolò sinistramente e quasi tutto lo scafo sprofondò sotto al pelo dell'acqua. Scese rapidamente, prima che l'imbarcazione cedesse.
-Sono troppo pesante...- Disse, scuotendo il capo e cominciando a togliersi l'armatura.
-Che fai?-
-Nuoto e trascino la barca. Non c'è altra soluzione.-
-No, è troppo pericoloso. Cerchiamo qualcosa da utilizzare...-
-Credo che l'avrebbero già trovato, se ci fosse qualcosa.- Tagliò corto, sapendo che anche l'altra pensava lo stesso, ma comunque apprezzando il suo tentativo.
Sfilò gli alti cosciali, i bracciali e l'elmo e li depose dentro al pettorale, restando solo con la corta veste di cotone bianco che portava sotto.
Gabrielle notò che aveva ancora la benda al braccio destro, poco sopra il gomito.
-Non ho avuto modo di chiedere.- Le rispose la mora, sfilandola e consegnandogliela -Pronta? Meglio sbrigarsi.-
Einai aiutò Gabrielle a salire sulla barca, poi le passò l'armatura e la spada e tolse l'ormeggio, legandosi la corda strettamente attorno all'avambraccio destro, mentre la bionda la annodava saldamente alla prua.
Ad un passo dall'acqua la mora esitò per un istante, poi, chiuse gli occhi e sfiorò il nero liquido con la punta del piede, sentendo lo sguardo preoccupato di Gabrielle su di sé.
Non successe niente.
Prese coraggio e avanzò di un altro passo, e un altro ancora. L'acqua ormai le arrivava alla vita e non stava subendo alcun effetto. Oltrepassò la prua della barca e si tuffò, sparendo immediatamente alla vista dell'altra guerriera.
Sott'acqua, riaprì gli occhi. Migliaia di volti dai lineamenti distorti, contratti in grida acute, si pararono difronte a lei.
Presa dal panico cercò di nuotare, ma sprofondò sul fondo, come un blocco di granito.
Si guardò attorno, cercando un via di scampo da quei volti che continuavano ad assediarla, ma ovunque posasse gli occhi trovava solo anime urlanti.
Iniziò ad avanzare lentamente, con fatica, nell'acqua densa. Li scacciava con le braccia ma, ad ogni passo, nuovi spettri la raggiungevano, come polvere di ferro attratta da un magnete.
Le urla le perforavano i timpani, il frastuono assordante la confondeva. Le grida dei dannati penetravano nella sua mente, come un coltello rovente nel burro.
Stava per impazzire.
Chiuse gli occhi accovacciandosi su sé stessa e portando le mani a coprire le orecchie, mentre le anime si accalcavano attorno a lei e sulle sue spalle, come avvoltoi famelici.
Fu il lampo di un secondo.
"Dov'è...?" Il pensiero di Gabrielle la raggiunse. La stava cercando, preoccupata, in superficie. Lì c'era silenzio e la vista poteva spaziare fino alla riva opposta. Nessuno le sbarrava la strada.
Si aggrappò con ogni fibra del suo essere a quel filo d'Arianna e ricominciò ad avanzare, ad occhi chiusi, concentrandosi su colei che era la sua anima, concentrandosi sulla salvezza sempre più vicina, cercando di ignorare il frastuono.
Incespicava sui massi che ricoprivano il fondale, ma si trattenne sempre dal riaprire gli occhi. Cercando di mantenere il più saldo possibile quel legame luminoso che le dava sollievo, come il primo respiro dopo una lunga apnea.
Sentì sotto i piedi il terreno risalire e accelerò il passo, al limite della sopportazione, iniziando a tirare la corda con entrambe le braccia. Poi, finalmente, sentì il pelo dell'acqua accarezzarle il volto e le spalle. Riaprì gli occhi, era a pochi passi dalla riva.
Diede un ultimo strattone alla cima e fece avvicinare la barca alla sponda. La legò all'ormeggio e si stese a terra, sfinita, nonostante non potesse quasi provare fatica fisica.
Gabrielle sbarcò e corse da lei, portando con sé l'armatura. -Einai, stai bene?- Chiese, inginocchiandosele accanto.
-Credo.- Ansimava, nonostante non avesse bisogno di respirare -E' stato orrendo-
-Cos'è successo?- Chiese, mentre cominciava a ripulirle il viso dalla melma nera che la ricopriva, con un lembo del proprio mantello.
-Non è acqua...Sono anime urlanti.- 
-Oh Dei...-Si volse inorridita a guardare il fiume, per un istante.
-Ho dovuto camminare sul fondale- Disse, mettendosi a sedere -Per fortuna la corda era abbastanza lunga...- Si passò le mani tra i capelli, togliendo quanta più melma possibile.
-Il braccio?- Chiese preoccupata.
-Brucia, ma non sembra peggiorato.-
Gabrielle le pulì il gomito col mantello e rimise la benda, avvolgendola più volte sullo stesso punto, in modo che potesse attutire meglio eventuali colpi. -Se ce la fai dobbiamo spostarci da qui, siamo troppo esposte.-
Einai si rialzò e la seguì al riparo di alcune rocce, prima di cominciare a rimettersi l'armatura, mentre l'altra controllava che nessuno si avvicinasse all'improvviso.
-Non riesco a chiudere le fibbie.- Non l'aveva mai indossata prima, di sua volontà.
-Faccio io, tu tieni gli occhi aperti.- La bionda cominciò a stringere le cinghie rapidamente, con mani esperte.
Quell'armatura era splendida. Fatta evidentemente su misura, aderiva perfettamente al corpo della proprietaria.
Gambali e ginocchiere erano riccamente decorati con incisioni, mentre i cosciali, forgiati a forma di ali, avvolgevano la gamba quasi fino all'inguine, senza limitarne il movimento. Spianò alcune pieghe della veste che ancora sgocciolava fanghiglia nera, e passò a stringere le chiusure del pettorale e a sistemare gli spallacci, anch'essi decorati. Non aveva mai visto un'armatura così bella, senz'altro opera divina.
-Ti ringrazio.- Disse la mora, rimettendosi l'elmo e sistemando le chiusure dei bracciali.
Si guardarono attorno, sporgendosi dalle rocce. Potevano vedere il gigantesco portone dell'Antinferno spalancato, ma di Cerbero, che avrebbe dovuto presidiarne i battenti, non c'era traccia.
Si avvicinarono rapidamente, armi in pugno, ma con circospezione. La bestia a tre teste poteva saltare fuori da un momento all'altro e tra i massi e gli alberi scheletrici che ricoprivano quella sponda, non avevano molta visuale.
Si fermarono dietro a dei cespugli irti di rovi, controllando nuovamente prima di attraversare il portale. Di Cerbero restavano solamente i tre grossi collari, spezzati. Doveva aver approfittato del caos per liberarsi. Ora, poteva essere ovunque.
Scivolarono dentro, silenziosamente, e cercarono un altro riparo.
Se le sponde dello Stige erano avvolte nella penombra, nettamente diversa era l'atmosfera, in quella zona.
Non c'era nessun sole nel cielo rosso, ma c'era decisamente più luce. Il vento vorticava furioso, sollevando sabbia bruna, bruciata, e frustando ogni cosa si parasse sul suo  il cammino. Alberi morenti, rocce e rovine. Quella distesa desolata si estendeva a perdita d'occhio e le loro tracce sparivano rapidamente.
Sarebbe anche stato difficile muoversi senza farsi notare, ma potevano provare.
-Einai, sai dov'è Xena?- Chiese la bionda.
-No.- Michele aveva detto che l'avrebbe guidata fino a lei, ma non aveva idea di dove potesse essere -Proviamo ad avvicinarci al Tartaro. Forse sentirò qualcosa, come con te.-
Studiarono rapidamente il percorso, per trovare quanti più ripari possibili dietro cui nascondersi, e cominciarono ad avanzare, costeggiando il sentiero che le avrebbe portate fino agli Elisi.
Dovettero discostarsi molto dalla strada, allungando il cammino. Delle sentinelle potevano essere in agguato, nei nascondigli più prossimi al passaggio.
Camminarono a lungo, correndo tra un riparo e l'altro, costantemente col cuore in gola.
Non incrociarono nessuno. Forse, l'attacco angelico stava sortendo gli effetti sperati.
Si fermarono dietro a delle rovine, due monconi di parete che delineavano ancora un angolo.
Gabrielle doveva riprendere fiato, avevano corso parecchio -Sono morta, non dovrei stancarmi.- Esordì, con il fiatone, una volta sedutasi a terra.
-Non credo...- Einai, accanto a lei, si tolse l'elmo e lo passò a Gabrielle. Si asciugò il sudore e cominciò a sbirciare oltre le mura che le riparavano, per evitare sorprese.
-Non eri sicura, vero?- 
Capì che si riferiva alla sua anima -Tutti mi hanno sempre detto così...Ma speravo si sbagliassero.- Un campanello di allarme suonò nella mente di Gabrielle, aveva usato delle parole fuorvianti -No, non speravo di morire. Speravo di avere un'anima.- Si corresse.
-Saresti morta se fosse stato così!- Non poteva credere alla sua imprudenza.
-Ares e Michele devono avermi studiata per bene mentre non c' er...Mentre dormivo.- Aggiunse mestamente -Difficile che si sbagliassero entrambi.- Evitò di dare voce alla successiva domanda di Gabrielle, che non poté fare a meno di chiedersi se Ares le avesse messo le mani addosso.
-Ora abbiamo la risposta, sono solo un oggetto. Niente per cui valga la pena angustiarsi.-
-Non dire così...- Le sembrava impossibile.
-Ti ringrazio.- Sentì le lacrime salirle agli occhi e distolse lo sguardo, costringendosi a pensare ad altro -Se sei pronta ci conviene andare.-
-Sì.- Prese l'otre e bevve qualche sorso, per ristorare la gola asciutta, prima di alzarsi e rimetterlo nella sacca. Il pane non era ancora servito, ma avrebbero potuto incontrare Cerbero all'improvviso, meglio continuare a portarlo con sé
Sollevò di nuovo il cappuccio del mantello, pronta a partire.
-Dammi la bisaccia, ti muoverai più facilmente.- Aggiunse la mora, reindossando l'elmo dal lungo cimiero rosso.


***

Note dell'autrice:
Buon giorno, buon sabato e...Buon Natale!

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!









   
 
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