7.
-Ehi Spartano! Sei lontano dagli Elisi, ti sei perso?
O sei un codardo e scappi dal Tartaro?!-
Le due si voltarono,
sentendo la voce alle loro spalle. Quattro guerrieri le stavano
raggiungendo, mentre un quinto, aggirandole, chiudeva loro ogni via
di fuga.
-Siamo solo di passaggio.- Rispose Einai.
-Ah! Sei una
donna! Ancora più interessante...Prendetele!-
Si
scagliarono su di loro. Gabrielle sguainò i sai e
cominciò a lottare, ingaggiandone due contemporaneamente,
mentre Einai incrociava la spada con gli altri.
La mora era
titubante, conosceva la teoria, ma non aveva mai avuto modo di
combattere effettivamente contro qualcun altro.
Cercava di
rispondere alle loro mosse il più rapidamente che poteva, ma
aveva paura ed era nervosa, e non riusciva ad isolare i pensieri di
Gabrielle, che la confondevano.
Più di una volta aveva
attuato gli stessi movimenti istintivi della bionda, andando a
vuoto, contro i nemici che stava affrontando.
Incassò
diversi colpi, ma fortunatamente l'armatura si scalfì
appena.
Gabrielle trafisse con i pugnali i suoi oppositori e sentì
le armi diventare roventi, mentre quest'ultimi si accasciavano al
suolo. Dovette lasciar cadere i sai sulla sabbia, per non ustionarsi
i palmi.
-Einai!- Si volse verso la compagna di ventura e la vide
in difficoltà. Disarmata non poteva fare più di tanto
per aiutarla.
-Aiutami!.- Urlò la mora, subito prima di
cadere a terra sulla schiena, sbilanciata da un calcio allo stomaco.
Il suo nemico stava per trafiggerla e chiuse gli occhi, spaventata.
Era finita.
Scansò il colpo rotolando sul fianco. Nel
momento in cui aveva serrato le palpebre aveva visto la scena dal
punto di vista di Gabrielle e capito cosa fare.
Si rialzò,
mantenendo gli occhi chiusi -Continua Gab! Fammi vedere!- Urlò,
tornando a incrociare la spada con i suoi nemici, ora del tutto priva
di esitazione.
La guerriera capì e si concentrò
sullo scontro. Alle spalle di Einai pensava alle contromosse e si
stupiva nel vedere la mora attuarle istantaneamente.
Era la
prima volta che combattevano a quel modo e c'erano delle
imprecisioni, ma in poco tempo ebbero la meglio, uccidendone due e
costringendo alla fuga il loro capo.
Anche l'arma di Einai si
surriscaldò, ma non abbastanza da causarle dolore, attraverso
i guanti dell'armatura. La rinfoderò rapidamente dietro la
schiena e si voltò verso Gabrielle.
Si vide, attraverso lo
sguardo dell'altra.
Alta, forte e orgogliosa, si stagliava contro
il paesaggio desolato, nella sua splendente armatura nera, mentre il
cimiero rosso sangue ondeggiava al vento, poi, aprì gli occhi
e vide che la bionda le stava sorridendo.
Non aveva parole per
esprimere cosa stava provando.
L'entusiasmo la travolgeva, aveva
vinto la sua prima battaglia e, da quando aveva chiuso gli occhi, una
determinazione ed una sicurezza inaudita si erano impossessate di
lei. Era stato quasi divertente, quando era riuscita ad affidarsi
totalmente ai pensieri di Gabrielle.
Corse verso di lei e
l'abbracciò, sollevandola da terra come fosse una piuma.
Riuscì a stento a controllarsi dallo stringerla troppo, mentre
non riusciva a smettere di ridere.
Nemmeno la bionda aveva parole.
Non aveva neanche capito del tutto come poteva essere possibile ciò
che aveva appena visto con i propri occhi. Se glielo avessero
raccontato, non ci avrebbe creduto.
Non credeva che il loro legame
potesse essere così profondo. Sarebbe stata perplessa, se
Einai non l'avesse travolta con tutto il suo entusiasmo, rendendole
impossibile non condividerlo.
Dopo aver recuperato
le armi della guerriera, ripresero il cammino.
In lontananza, le
sponde di un altro fiume indicarono loro che erano sulla giusta via,
ma quella vista portava con sé un' inquietante
consapevolezza.
Quello che avevano davanti era il Lete, "il
fiume dell'Oblio", che permetteva agli spiriti dei Campi Elisi
di reincarnarsi in un nuovo corpo, quando giungeva il
momento.
Poterlo vedere, non circondato dalle alte mura
insormontabili che donavano quiete ai Giusti, dava loro la reale
percezione della guerra che ne aveva sancito la caduta.
Si
avvicinarono.
Stando ai racconti e alle leggende che avevano
sentito narrare negli anni, avrebbero dovuto costeggiare i Campi
Elisi, per raggiungere l'ingresso dell'orrido riservato ai
dannati.
La sabbia in alcuni tratti aveva nascosto la strada e il
fiume era un punto di riferimento prezioso, sebbene
inquietante.
Si fermarono per qualche secondo dietro a una grossa
colonna abbattuta, a riordinare le idee e a riprendere fiato, quando
si accorsero che il vento di era fermato.
Si guardarono attorno,
allarmate da quel cambiamento improvviso.
All'orizzonte, quando la
sabbia finì di depositarsi, lasciando libera la visuale,
apparve una profonda depressione.
L'ingresso del Tartaro e, al di
sopra di esso, del fumo nero si stagliava denso, contro il cielo
rosso.
Schiere alate si scontravano sia a terra che in volo e le
spade che si incrociavano riempivano l'aria di fragorosi fulmini.
Non
avrebbero dovuto essere lì. Michele aveva detto che li
avrebbe condotti lontani dal Tartaro, per permettere loro di entrare
senza essere viste.
La situazione era decisamente più
complicata del previsto. L'unica speranza era che nel caos generale
nessuno facesse caso a loro. Non avevano comunque alternative,
dovevano tentare.
-Einai, resta qui. Vado avanti da sola.- Le
propose, non voleva che l'amica morisse.
-No.-
Si voltò
a guardarla e lei fece lo stesso. I loro occhi si incrociarono per
qualche secondo, poi il simulacro rispose -E' proprio adesso che
posso esserti più utile.- Anche se aveva il volto nascosto
dall'elmo, la determinazione nella sua voce e nelle sue iridi era
netta e categorica. -E' una mia scelta, ora. Non sentirti in colpa.-
Sarebbe stato controproducente e complesso spiegarle che anche lei
teneva alla persona che dovevano salvare.
Gabrielle non l'avrebbe
accettato come un suo sentimento e avrebbe ribattuto, perdendo altro
tempo prezioso.
Non le piaceva mentirle, o omettere parte della
verità, detestava quando era Xena a farlo...Ma tutto sarebbe
diventato ancora più complicato.
La bionda tirò su
il cappuccio, poco convinta, ma consapevole che discutendo non
avrebbe ottenuto un' altra risposta. -Dobbiamo muoverci velocemente.
Abbiamo già perso troppo tempo.-
Prive di ogni ulteriore
indugio, corsero allo scoperto, avvicinandosi il più
rapidamente possibile e con le armi in pugno, pronte a tutto.
Einai
sprofondava nella sabbia fino alle caviglie, ma era comunque più
veloce di Gabrielle. Le gambe lunghe e la sua forza sovrumana le
davano un enorme vantaggio.
Controllava costantemente che la
bionda non fosse troppo distante, ma l'agilità dell'altra le
permetteva di mantenere quasi il suo stesso ritmo. Se non fosse stata
così stanca, sarebbe stata accanto a lei.
Avvicinandosi,
poterono vedere sempre maggiori dettagli della guerra in
corso.
Arcangeli e Demoni si scontravano in cielo senza esclusione
di colpi. Entrambi gli schieramenti erano enormi e attorno al campo
di battaglia giacevano già innumerevoli corpi. A terra, altre
truppe, vestite con leggere tuniche bianche, combattevano contro
altri guerrieri, ma nessuno di loro aveva ali.
Poco distanti
dall'ingresso del Tartaro, iniziarono a strisciare tra i cadaveri,
cercando di non farsi notare.
Ormai vicine, Gabrielle riconobbe
Ulisse nel volto di uno dei guerrieri. Stava usando una specie di
sciabola, evidentemente recuperata da qualcuno dei morti. Poi
riconobbe Paride e accanto a lui un altro uomo, forse il fratello,
Ettore. E, davanti a tutti, trafitto da numerose frecce ma incurante
delle ferite, Achille.
Ricordò i racconti di guerra che
aveva sentito dagli aedo, di lui e Patroclo e delle gesta dei
valorosi Mirmidoni.
Le innumerevoli anime degli eroi degli Elisi
stavano combattendo affianco alle schiere angeliche.
-Non vedo
bambini.- Disse Einai interrompendo il filo dei suoi pensieri.
-Probabilmente li hanno già messi in salvo.-
"Ottimo"
Sentì il sollievo di Gabrielle, Solan era al
sicuro.
Raggiunsero il bordo dell'orrido, ricoperto di cadaveri, e
guardarono giù. Non si vedeva la fine di quell'abisso "Senti
niente?"
La mora annuì.
Gabrielle iniziò a
scendere, calandosi nel baratro, mentre Einai, sistemato il piccolo
otre sotto l'armatura, nascose la bisaccia, prima di seguirla.
La
pietra di Cibele era nella scarsella, saldamente fissata alla cintura
della bionda.
Einai non era molto pratica di arrampicata, ma la
scura roccia grezza forniva numerosi appigli e, nei momenti di
difficoltà, le bastava concentrarsi per vedere quali appoggi
aveva usato Gabrielle, poco prima di lei.
Scesero rapidamente fino
a metà strapiombo. Il luogo non sembrava sorvegliato.
Nonostante la vicinanza, le truppe di Michele stavano riuscendo nel
loro intento.
Si fermarono su un ampio spuntone di roccia. Da
quel punto una delle numerose scale, scolpite nella pietra, era
facilmente raggiungibile. Avrebbero fatto prima e, in caso di
attacco, sarebbe stato più facile difendersi.
-Ho un'idea
Gab.- Esordì la mora, mentre continuava a guardare in giù
-Se mi sali sulle spalle posso saltare fino a quel masso sporgente.-
Era diversi metri più in basso, una ventina -Guadagneremmo
tempo.-
-Non credo tu possa reggere l'urto.- Era forte, ma
fragile.
-Ho l'armatura.- Già durante il combattimento
avrebbe subito diversi danni, con i colpi ricevuti, ma non le era
successo niente.
-Metà salto?- Indicò un'altra
roccia.
-Va bene.-
La bionda le salì sulla schiena e si
strinse a lei, sia con le braccia che con le gambe, cercando di non
impedirle i movimenti.
Einai saltò e atterrò
bruscamente sulla roccia concordata, indenne, e subito saltò
sulla successiva. Si fermava appena qualche secondo, il tempo per
Gabrielle di rinsaldare la presa, e individuare un'altra roccia su
cui saltare.
In breve raggiunsero il fondo, ma numerosi corridoi,
scavati nella roccia, si aprivano davanti a loro.
Senza dare il
tempo alla bionda di scendere dalle sue spalle, Einai ne imboccò
uno con sicurezza.
Era guidata da una strana sensazione. Forse era
proprio quello a cui si riferiva l'Arcangelo, quando diceva che
sarebbe riuscita a portarla da Xena.
Non aveva mai provato niente
di simile, una sorta di formicolio diffuso le correva sottopelle e le
bastava concentrarsi, per capire quali bivi prendere e quali grotte
percorrere.
Gabrielle, vigile e attenta, controllava che nessuno
le seguisse. Aveva capito che qualcosa stava guidando l'amica e non
fece domande.
Le sue gambe, veloci e instancabili, erano senza
dubbio il mezzo più rapido per arrivare.
Giunsero a delle
nuove scale, che scendevano ancora, e le presero senza indugio, fino
ad arrivare all'ingresso delle segrete.
Non si aspettavano di
trovare carceri, all'Inferno.
Einai si fermò, guardandosi
attorno, cercando di capire quale corridoio prendere, mentre
Gabrielle scendeva dalle sue spalle, sguainando le armi, subito
imitata dall'altra.
Non doveva più mancare tanto e
probabilmente avrebbero incontrato delle guardie.
Sentirono una
voce femminile provenire dalla loro sinistra e si diressero da quella
parte. Non capivano cosa stesse dicendo, ma anche la sensazione di
Einai confermava la direzione.
Si mossero silenziosamente lungo il
corridoio, avvicinandosi rapidamente e fermandosi subito prima di
entrare in quella che sembrava una sala delle torture.
Molte armi
erano appese alle numerose rastrelliere allineate lungo il muro.
Diversi tavolacci di legno e di pietra, macchiati di sangue secco e
altro, non riconoscibile, erano disposti lungo le pareti, lasciando
un ampio spazio libero al centro della sala, dal cui soffitto
pendevano stalattiti scure.
La voce proveniva da una donna, in una
armatura da samurai verde, che dava loro le spalle. Parlava con
qualcuno, disteso sul tavolo davanti a lei. Potevano vederne i piedi,
incatenati con dei grossi ceppi, ma non altro.
La bionda ebbe un
fremito ed Einai la fermò con la mano.
-Vieni pure, ti
stavo aspettando!- Disse ridendo la donna, voltandosi. Gabrielle
avrebbe riconosciuto quel volto odioso tra mille, era Akemi.
La
guerriera si fece avanti, pronta a combattere, subito seguita dalla
mora.
Einai digrignava i denti, per la collera che l'aveva
invasa, e chiuse gli occhi, già pronta allo scontro.
-Ti
sei portata un'amica, vedo. Cos'è?! Ho sentito arrivare solo
te!- Sembrava estremamente divertita dalla situazione.
-Maledetta...-
La sua ira traspariva dal volto, tutto quello era l'ennesima conferma
alle parole di Hecate e la prova inconfutabile del suo inganno.
-Sei
ancora in tempo per unirti a noi. Vuoi una mela?- Le lanciò il
frutto che Gabrielle scagliò contro il muro, con un rapido
gesto del pugnale. -Oh, che spreco!- Commentò il demone,
portando lentamente la mano sull'elsa della katana appesa al suo
fianco.
-Lasciala andare!-
-Certo! Aspettavo solo che tu me lo
chiedessi!- Ironizzò Akemi, sprezzante.
Il demone sguainò
la spada, mentre la bionda partiva all'attacco, ma Einai la
atterrò con una spallata, mandandola a sbattere contro un
tavolo dall'altro lato della sala.
-Se tu la toccassi verresti
dannata!- Le gridò, riaprendo le palpebre, mentre Gabrielle si
rialzava, un po' stordita.
-Ah! Qualcuno ha studiato...La tua
amichetta sembra più astuta di te.- Sorrise
soddisfatta.
-Taci, maledetta!- Einai richiuse gli occhi e si
scagliò contro di lei. Il clangore delle loro spade riecheggiò
nella sala.
Rimasero in stallo per diversi secondi, ognuna
cercando di sbilanciare l'altra, poi, si scostarono entrambe,
saltando all'indietro.
Sul tavolo da tortura, ora completamente
visibile, c'era Xena.
Il cuore di Gabrielle mancò un
battito, vedendola. Il volto era tumefatto e la tunica bianca intrisa
di sangue.
Restava ferma, immobile, con gli occhi serrati e i
denti piantati nel labbro inferiore, fino a farlo sanguinare -Xena!-
Urlò, non potendo avvicinarsi.
Solo in quel momento la vide
sussultare e riaprire gli occhi, cercandola con lo sguardo. Si
guardarono per un solo istante, prima che l'altra tornasse a
chiudere le palpebre e a serrare le labbra.
-Gabrielle! Resta con
me!- La richiamò Einai, subito prima di parare un poderoso
fendente.
Akemi, con un cenno del capo, sganciò le armi
dalle rastrelliere e le scagliò contro la bionda. La guerriera
le parava con i pugnali e le schivava agilmente, ma queste
tornavano ad attaccarla.
Solo distruggendole riusciva a
sbarazzarsene, ma non poteva concentrarsi completamente su quello,
doveva continuare ad aiutare Einai.
Distratta, venne colpita di
striscio più volte mentre guidava l'amica contro il demone,
che però non sembrava minimamente affaticato da quel doppio
scontro, al contrario di loro.
Akemi ruotò su sé
stessa e accelerò il ritmo improvvisamente, colpendo Einai al
fianco sinistro.
La katana oltrepassò l'armatura come fosse
fatta di carta, conficcandosi fin quasi a metà del busto.
La
mora urlò di dolore, cadendo in ginocchio e trascinando con sé
la spada dell'avversaria, incastrata nel suo corpo.
-Quando avrò
finito con la tua amica mi assicurerò di farti a pezzi, per
capire cosa diavolo sei...- Disse, sputando con disprezzo accanto
alle sue ginocchia.
La guerriera in armatura ansimava, incapace di
muoversi per il dolore. Non ne aveva mai provato tanto in vita sua.
Tossì e inorridì, vedendo della sabbia scura
riversarsi sul pavimento, dalle sue labbra.
Non poteva finire a
quel modo.
Gabrielle era ancora impegnata contro le decine di armi
che la tenevano sotto assedio, mentre Akemi recuperava un'ascia dalla
parete vicina e si apprestava a darle il colpo finale.
Fu un
lampo. Con la forza della disperazione scattò in piedi,
travolgendo Akemi un istante prima che calasse la scure sul suo
collo.
Colta di sorpresa, il demone venne sbalzato all'indietro,
nell'istante preciso in cui un giavellotto, deviato da Gabrielle,
stava per schiantarsi contro la parete.
Le trapassò il
collo, bloccandola contro il muro.
Akemi sputò sangue e
sgranò gli occhi, sorpresa, emettendo a stento dei versi
gutturali, mentre le sue membra si muovevano spasmodicamente.
Einai
si alzò lentamente, aiutandosi con la spada e sorreggendosi al
tavolo su cui giaceva Xena, e raggiunse il demone, continuando ad
ansimare e lasciando una scia di sabbia dietro di sé
Alzò
la spada e, appoggiandosi con tutto il suo peso, trafisse Akemi,
passandola da parte a parte.
Il demone sputò sangue nero
sull'armatura del simulacro, che sentì la vita abbandonare la
propria vittima, mentre si accasciava sulla sua lama.
Si rilassò,
lasciando la spada in quel corpo esanime, e si appoggiò di
peso al tavolo, accanto ai piedi di Xena, cercando di non
cadere.
Guardò Gabrielle, libera dall'attacco delle armi
manovrate da Akemi, che ora giacevano a terra. Avrebbe solo dovuto
usare la Pietra e scappare. Ce la poteva fare se non avesse perso
tempo...
Improvvisamente, Akemi la ferrò per il collo e,
spalancando una bocca mostruosa, enorme e irta di zanne, morse con
tutte le sue forze Einai, che urlò a squarciagola.
I sai
della guerriera la raggiunsero, precisi e letali, trapassandole un
occhio e la tempia.
Gabrielle le raggiunse di corsa, aiutò
Einai ad allontanarsi almeno di qualche passo, sorreggendola e
facendola appoggiare contro un altro tavolo, e si dedicò Xena,
liberandola.
Non era certa che Akemi fosse morta e voleva
andarsene il prima possibile.
Prese un grosso mazzo di chiavi,
appoggiate su un tavolo assieme a degli strumenti di tortura sporchi,
e provò ad aprire le catene che bloccavano la compagna.
La
chiamò diverse volte, ottenendo solo dei gesti di diniego con
la testa, da parte della mora.
-Xena, sono io!- Disse esasperata e
le prese il volto tra le mani, facendo attenzione a non farle male.
Chissà a quali torture era stata sottoposta.
-Non mi
inganni...- Socchiuse gli occhi, in un sguardo pieno di ira e
dolore.
-Akemi è morta, dobbiamo scappare da qui.- Lasciò
il suo viso e cercò la chiave giusta, trovandola rapidamente e
liberandola.
-Hai già usato questo trucco.- Disse con un
filo di voce.
-Xena, questa volta non è una trucco.-
Affermò con le lacrime agli occhi -Sono io, sono io davvero.-
La aiutò a mettersi a sedere -Come stai? Riesci a
camminare?-
-Smettila...- La allontanò bruscamente con la
mano -Gabrielle è viva!- Disse ad alta voce, per convincere sé
stessa.
-Sì, sono viva. Ares e Aphrodite mi hanno
mandata qui con l'aiuto di Hecate, per recuperare la tua anima.-
Spiegò in fretta -All'uscita del Tartaro, Michele sta
combattendo per impedire ai demoni di seguirci.-
Guardò
Einai, preoccupata, stava sempre peggio e si era seduta a terra, con
la schiena contro la gamba del tavolo a cui si era appoggiata
-Dobbiamo sbrigarci.-
-Bella storia...- Rantolò Xena,
tenendosi una mano sulle costole doloranti.
Non sapeva se
crederle o meno, quel racconto però aveva già molti più
dettagli delle visioni precedenti...Ma Akemi sapeva tutto quello che
sapeva lei ed era terribilmente astuta.
-Gabrielle...Usa la Pietra
e scappa...- Disse debolmente Einai.
-Non ti lascio qui.- Le
rispose. -Aiutami Xena, dobbiamo portarla con noi, è mia
amica.- Si allontanò da lei e raggiunse l'altra, aiutandola a
stendersi a terra e, facendo attenzione a non peggiorare i danni,
estrasse la katana dal suo fianco -Senti molto dolore?-
Einai
annuì, restando in silenzio. Sudava copiosamente.
La
bionda guardò alla base dell'elmo e vide che delle crepe si
erano estese dal fianco sinistro fino al collo. Probabilmente,
ciò che la teneva ancora insieme, era l'armatura.
La ferita
alla spalla, invece, sembrava meno grave.
-Gabrielle...Dimmi
qualcosa che non so.- Le disse Xena, alle sue spalle. Vedere l'altra
così preoccupata, mentre cercava di aiutare quella
sconosciuta, le fece venire il dubbio. Akemi non era in grado di
fingere quelle emozioni, o mostrare interesse per qualcun' altro.
La
bionda si alzò e si scostò il mantello dalla schiena,
mostrando le cicatrici che la deturpavano, al posto del tatuaggio.
Pochi secondi appena, e poi le coprì di nuovo.
-Hecate mi
ha liberata dal suo incantesimo.- Tornò a prendersi cura di
Einai -Lei è stata creata da Ares, per accogliere la tua anima
al ritorno dal regno dei morti.- Non riuscì più a
trattenere le lacrime, spaventata per la sorte del simulacro, ed
iniziò a piangere, coprendosi la mano con la bocca, mentre la
guerriera in armatura cominciava a piangere a sua volta, travolta
dalle sue emozioni e incapace di consolarla. -Aiutami ti prego, non
posso portarla da sola.- Singhiozzò -Non importa se non mi
credi.-
-Lasciami qui, Gabrielle. Scappate, Ares può farne
un'altra...-
-No.-
-Che io sia dannata.- Xena si chinò
su Einai e cominciò a liberarle le gambe dall'armatura,
lasciandole solo i calzari. Vedendola, Gabrielle iniziò a fare
altrettanto con le braccia e le spalle, lasciandole solo pettorale e
elmo.
-Toglile anche quello, respirerà meglio.- Le disse la
compagna.
Gabrielle eseguì, con riluttanza. Quello sì
che sarebbe stato complesso da farle credere.
Quando vide il volto
dell'altra, Xena trasalì.
-Ares l'ha creata per essere
te.-
-Quel maniaco...- Come visione per ingannarla, non
aveva più senso. Sarebbe rimasta all'erta, ma non poteva
correre il rischio di sbagliare.
-Non perdete altro
tempo...-
-Aiutami ad alzarla. Dobbiamo fare attenzione che non si
sbricioli ulteriormente...- Gabrielle ignorò le parole di
Einai e passò le braccia sotto le sue ascelle, per
sollevarla.
-Sbricioli?!-
-E' d'argilla.-
Xena si accorse
solo in quel momento che non c'era sangue, nonostante la grave
ferita. Scosse il capo, incredula, e prese Einai per i fianchi,
aiutando l'altra a rimetterla in piedi.-Le gambe funzionano ancora?-
Chiese, rivolgendosi a lei per la prima volta.
-U-Un po'- Rispose,
prima che un nuovo fiotto di sabbia le uscisse dalla bocca.
Preoccupate, le due donne si passarono le braccia del simulacro
sopra le spalle e cominciarono a dirigersi verso l'uscita. Gabrielle
ricordava la strada percorsa.
Einai era straordinariamente pesante
e Xena molto indebolita e dolorante, erano costrette a
procedere lentamente.
Uscirono dal dedalo di corridoi e si
ritrovarono sul fondo dello strapiombo. La luce rossa arrivava ancora
più smorzata dal denso fumo nero che vedevano sopra le loro
teste.
Presero una delle scale e iniziarono a salire.
Anche
Gabrielle cominciava a risentire della fatica e Einai aveva sempre
meno forze. Facevano numerose pause, brevi, ma senza mai posare il
simulacro. Farla sedere o alzare comportava sinistri scricchioli e
non poco dolore.
-Ho l'otre nell'armatura...- Le disse, sentendo
che l'altra aveva bisogno di bere.
-Grazie...- Titubante,
Gabrielle infilò lentamente la mano sotto al braccio di
Einai e, sentita la sacca di cuoio con la punta delle dita, la
estrasse con molta attenzione.
Bevve a lungo, ingoiando a grandi
sorsate il liquido acre, poi lo porse anche a Xena.
-No, grazie.-
Non era ancora del tutto certa che non fosse uno stratagemma, meglio
non bere o mangiare nulla, finché non fosse stata sicura di
essere fuori dagli Inferi.
La compagna fermò l'otre alla
cintura e ripresero a salire. Il fragore della battaglia si faceva
via via più forte, mentre cadaveri alati cadevano dall'alto e
si schiantavano sul fondo dell'orrido, facendole trasalire ogni
volta.
***
Note
dell'autrice:
Buon giorno, buon sabato e...Buon Anno!
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!
P.S.
Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete
chiacchierare o fare domande, non esitate!