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Autore: mamma Kellina    04/09/2009    6 recensioni
Spesso si ritiene di essere giunti ad un punto in cui le proprie scelte di vita non cambieranno più. Magari però proprio allora accade qualcosa che porta a modificare anche le convinzioni più radicate. E’ proprio ciò che avviene a Chiara ed a Massimo nel corso di una tarda estate che sembrava trascorrere come al solito e che invece li porterà a conoscersi, spingendoli a rivedere molte delle loro passate certezze. Ancora una storia ambientata a Napoli, ma questa volta ai nostri giorni. Ritengo che la forma letteraria che ho scelto – quella cioè del diario – vi consentirà di seguire da vicino i miei protagonisti ed i molti personaggi di contorno. Accompagnarli nella loro consueta attività quotidianità, tra il lavoro e il tempo libero, quasi come se fossero due normalissimi vostri amici, forse riuscirà a renderveli più veri. Naturalmente non lo sono, anzi, ogni riferimento a persone e cose esistenti è puramente casuale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14 AGOSTO Martedì

 

Per tutta l’afosa mattinata, Rossana non aveva fatto altro che parlare delle sue prossime vacanze e ripeterle che doveva andarsene prima perché altrimenti avrebbe perso il traghetto per  la Sardegna.

Chiara non ne poteva più.  Guardava la strada semideserta dal balcone dell’ufficio ed in cuor suo  sperava che quel “prima” venisse al più presto, così almeno si sarebbe liberata della collega. Era tutta invidia, in verità. Le sue vacanze erano finite da un pezzo ed ora l’attendeva solo il resto di un’ estate vuota e solitaria prima di affrontare di nuovo un faticosissimo inverno.

Con un sospiro si augurò anche che venisse al più  presto il suo orario di uscita, un po’ anticipato rispetto al solito perché era il 14 di agosto. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa, la sua bella casetta dotata di un grandioso impianto di area condizionata che aveva avuto il buon senso di farsi installare lo scorso inverno quando aveva comprato  quel delizioso bilocale tutto per lei.  Si sarebbe goduta un pomeriggio tranquillo chiudendo fuori il caldo, l’estate ed il mondo intero. Purtroppo mancava ancora un’ora alla liberazione ed avrebbe potuto anche sopportarlo se in quel momento non fosse entrato nella stanza il dottor Corona dell’Ispettorato.

Erano circa tre mesi che due ispettori provenienti dalla sede centrale di Milano stazionavano presso la succursale di Napoli. Controlli di routine, si diceva, ma nessuno stava molto tranquillo quando riceveva la visita di uno di loro. Corona poi provocava una certa agitazione tra le colleghe, non solo per il ruolo ricoperto ma anche perché era un bel giovane uomo  con il fisico da atleta, un filo di barba  castana come i capelli e due meravigliosi occhi verde-azzurri che facevano venire le farfalline nello stomaco se solo ti si posavano addosso. Chiara non  gli aveva mai parlato, ma sapeva che le colleghe che avevano avuto contatti con lui ne erano rimaste tutte affascinate. Pareva infatti che fosse pure un tipo simpatico e cortese, anche se a detta di molti, soprattutto colleghi maschi,  si comportava così solo per mascherare la propria feroce cattiveria. Era tutta malevolenza la loro? Comunque lei avrebbe preferito non doverlo appurare proprio  in quella tarda mattinata di un giorno caldo e noioso  di piena estate.

- Chiedo scusa del disturbo – aveva esordito l’uomo entrando – ma avrei bisogno dei dati commerciali dello scorso anno e mi hanno detto che devo rivolgermi a voi.

- Senz’altro, li conserviamo noi! – trillò Rossana, emozionata.

Di sicuro avrebbe gradito approfittare della situazione per approfondire la tanto ambita conoscenza con il seducente ispettore però doveva partire da Civitavecchia e non poteva permettersi di trattenersi nemmeno cinque minuti di più.

  - Purtroppo io devo scappare – aggiunse quindi -  ma c’è qui la mia collega Chiara che si metterà a sua disposizione.

Così dicendo afferrò la borsa e con un saluto della mano, imboccò l’uscio e sparì.

Con un mezzo sorriso l’ispettore la guardò uscire e poi, sempre sorridendo, rivolse i magnifici occhi su  Chiara aspettando che si mostrasse disposta a collaborare.

Veramente in quel momento la ragazza si stava chiedendo se fossero le famose farfalline o piuttosto un incontenibile senso di fastidio ad agitarsi nel suo stomaco. I dati commerciali dello scorso anno! Se tutto andava bene, erano nel ripiano più alto del polverosissimo armadio nell’assolatissimo corridoio!  Non poteva aspettare  dopodomani quel rompiscatole? Cosa  doveva farsene proprio oggi? Aveva paura che scappassero? Ma celando i suoi pensieri dietro un  sorriso ipocrita, si alzò e gli disse:

- Dobbiamo vedere se sono ancora qui. Sa, lo spazio è poco e le carte sono tonnellate.  Se siamo fortunati sono nell’armadio qui fuori. Ora vado a cercarli.

 

 

 

Caricandosi dell’impolverata scalétta appoggiata al muro e  respingendo sdegnosamente ogni offerta di aiuto da parte dello scocciatore, si diresse nel corridoio sperando di trovare un’anima buona che salisse per lei, ma il corridoio era deserto. Con un sospiro, si accinse ad arrampicarsi sul gradino più alto soffocando la paura di cadere ed  augurandosi di non sporcarsi il pantalone bianco che aveva indossato proprio quella mattina per la prima volta.

Purtroppo la lunga ricerca risultò infruttuosa: alla fine si era solo insudiciata, aveva sudato moltissimo  perché quel maledetto  corridoio aveva anche la temperatura del deserto ed ora tremava all’idea di  dover scendere da quel trampolo.

 - “Adesso cado!” – pensò  e come sempre le avveniva quando non riusciva a liberarsi dal timore di qualcosa,  il presentimento si avverò ed al penultimo gradino mise un piede in fallo. Sarebbe caduta davvero  se due mani poderose non l’avessero afferrata  per i fianchi. Per fortuna lui l’aveva seguita e le aveva evitato il peggio ma Chiara si vergognò lo stesso per la brutta  figura. Diventò di mille colori mentre Corona le chiedeva se si fosse fatta male e cercava di toglierle un po’ di polvere dal pantalone.

- Non si preoccupi, non è niente – lo scostò in maniera brusca  senza riuscire a nascondere una certa irritazione – Credo che i raccoglitori che stiamo cercando devono essere già stati inviati all’archivio centrale. Ora però, se permette, vado a lavarmi le mani.

- Ma certo! Questa intanto la metto a posto io – acconsentì l’altro prendendole la scaletta dalle mani.

Si era talmente sporcata che fu costretta a farsi una bella lavata ed a ravvivarsi i capelli, seppure solo con le mani. Quando rientrò in ufficio lo trovò a telefono.

- Chi sta chiamando? - gli domandò incuriosita.

- Sto cercando di mettermi in contatto con l’archivio  - le rispose serafico.

Povero illuso, alle ore 13 del 14 agosto!

Gli si avvicinò  con un sorrisino ironico e gli disse:

– Anche se riesce al parlare con  il collega dell’archivio, non pensa che avrà bisogno di fornirgli il numero e la data del carico del documento?

- Lo so – le rispose un po’ mortificato – ma visto che lei non tornava, ho pensato di guadagnare tempo. Mi dà la ricevuta per favore?

Tenace il tipo!

- Certo, gliela do immediatamente! – sbottò infastidita.

Si diresse ad un armadio, ne prese un raccoglitore e si avvicinò alla scrivania dove l’ispettore aspettava pazientemente che qualcuno rispondesse alla sua chiamata. Senza parlare, gli mise davanti la ricevuta intanto che il telefono continuava a squillare invano. Un po’ impietosita dal senso di sgomento che gli leggeva sul viso, alla fine gli chiese:

- Non rispondono, vero? Aspetti, ora proviamo con un numero non in elenco.

Lo compose su un altro apparecchio mettendo il vivavoce e dopo pochi squilli si udì un voce:

 “Archivio…”.

- Ciao Salvatore, sono Chiara Corradini.

- Chiaretta! Come stai? Credevo fossi in ferie…

-  No, le ho fatte a luglio. E tu sei da solo?

-  Sì, ma dopodomani torna Franco e vado io. Quest’anno…

Conoscendo la logorrea del collega ed intenzionata a non fare notte, la ragazza lo interruppe.

- Scusa, Salvatore, ho qui l’ispettore Corona che desidera visionare i dati commerciali  dello scorso anno. Ve li abbiamo mandati il 18 marzo scorso. Il numero della ricevuta è…

Questa volta fu il collega a fermarla e  si capiva  che era deciso a non rovinarsi gli ultimi minuti prima delle ferie.

-  Mi dispiace – le disse – non posso mandarteli così, devi farci avere una richiesta scritta firmata dal capo servizio.

- Ma non c’è, è in ferie.

- Falla firmare dal sostituto e poi mandacela. Però ti anticipo che ci vorrà qualche giorno perché Franco sarà da solo ed il servizio di corriere non funzionerà  appieno.

- D’accordo, ho capito. Ciao e buone ferie – concluse.

Posando la cornetta rivolse lo sguardo a Corona sperando che desistesse, almeno per quel giorno, invece questi le disse candidamente:

 - Bene, allora scriviamola questa benedetta richiesta. L’anticipiamo per fax e così quel suo collega, Franco, la troverà al rientro.

Sforzandosi di restare calma, la ragazza si sedette al computer e la preparò. Poi, benché a quell’ora non avesse più speranze di trovare ancora qualcuno, si diresse al secondo piano per farla firmare dal sostituto del suo capo. Dopo aver atteso per quasi cinque  minuti l’ascensore, come aveva previsto, non trovò nessuno e così se ne ritornò nel suo ufficio, questa volta salendo a piedi per le scale per non perdere altro tempo. Aveva fretta di  chiudere il computer e gli armadi per potersene  finalmente andare a casa.

Ma trovò una sorpresa: l’ispettore era ancora lì ad aspettarla.

- Niente da fare, non c’è nessuno – gli comunicò – bisogna aspettare  dopodomani.

- Va bene, aspetteremo. Nel frattempo potrebbe essere così gentile da prendermi i dati commerciali del primo semestre di quest’anno?

A questo punto Chiara non ne poté più e gli si rivolse con  decisione:

- Ascolti, sono circa le due e se è pur vero che domani è Ferragosto, giovedì mattina alle otto saremo di nuovo qui. È una cosa tanto urgente da non poter aspettare sino ad allora?

- Ha ragione. Avevo pensato di trascorrere il pomeriggio a studiare quei dati in tutta tranquillità visto che la mia unica alternativa è tornare in albergo a dormire, ma lei avrà senz’altro di meglio da fare ed io l’ho  trattenuta anche oltre l’orario di uscita. Mi scusi.

Sembrava sinceramente dispiaciuto e la ragazza si sentì in dovere di giustificarsi:

- Sa, l’aiuterei volentieri perché anch’io non ho nulla da fare oggi ma vorrei lo stesso tornare a casa perché c’è poca gente in città e temo che più si farà tardi e più mi sarà difficile trovare un autobus. A dire il vero non mi va di buttar soldi per prendere un taxi!

- Posso tentare di farmi perdonare? Ho l’auto nel garage qui vicino. Posso darle un passaggio fin casa?

L’ispettore esibiva un sorriso talmente accattivante e d’altronde la prospettiva di una lunga attesa nella strada assolata e deserta  era così poco allettante che, in barba alla sua abituale riservatezza, Chiara gli rispose:

- Oh, grazie! Accetto volentieri anche perché ci sarà poco traffico e non le farò perdere molto tempo.

- Gliel’ho detto, ho tutto il tempo che voglio. Facciamo così, ci vediamo fra dieci minuti all’angolo del garage. Ho una BMW blu. È dell’azienda – specificò vedendola sgranare gli occhi stupita e subito dopo uscì.

 

Chiara si godeva il fresco nel potente macchinone ed ogni tanto lanciava un’occhiata di sottecchi al guidatore che si era tolto la giacca e la cravatta ed aveva rimboccato le maniche della camicia. Il  buon umore le era tornato e non esitò neanche un momento ad invitarlo a pranzo quando, parlando del più e del meno, lui le confidò che dopo averla riaccompagnata sarebbe andato alla ricerca di un ristorante aperto prima di tornarsene in albergo.

- No, per carità. Non voglio disturbare la sua famiglia. Oramai sono abituato a questo genere di vita da girovago – si schernì Corona all’invito.

- Non ho famiglia, vivo da sola – gli spiegò senza pensarci su, ma subito si pentì di averlo detto perché poteva sembrare una squallida avance mentre l’aveva invitato solo per un moto di solidarietà. Anche se le piaceva, e non poteva essere altrimenti perché era davvero un gran bel ragazzo, non aveva nessuna intenzione di provarci. Quel tipo doveva essere consapevole del suo sex-appeal e forse si  aspettava che tutte le donne dovessero cadergli ai piedi. Sembrare interessata ad attirare la sua attenzione le avrebbe dato assai fastidio.

Si affrettò a chiarire a costo di apparire scortese.

- Sabato scorso è stato il mio onomastico ed ho invitato a cena alcuni amici. Uno di loro mi ha portato della mozzarella DOC. Ne ho ancora tantissima e mi farebbe piacere se qualcuno mi aiutasse a mangiarla. Ma se non vuole venire non si preoccupi, non voglio insistere.

- A dire il vero la vostra mozzarella è la mia passione e non sempre se ne trova di veramente buona nei ristoranti… - sembrò esitare un poco – Ma sì, vengo volentieri – accettò infine -  a patto però di essere invitato come un amico…

- Certo, e come se no? – lo interruppe lei – Ah, ho capito, sta pensando ad un tentativo di corruzione per evitare ulteriori richieste di dati  “scottanti”!

Lui sorrise divertito e chiarì:

 - Lo dicevo perché tra amici ci si dà del tu. Io mi chiamo Massimo e ti assicuro che quando non sono in veste ispettiva sono molto meno  rompiballe.

- Speriamo – osservò la ragazza – perché come ispettore sei davvero un rompiscatole!

Un po’ pentita della gaffe, aggiunse imbarazzata:

- Oh-oh, qui finisce che mi gioco il posto!

- No, non ti preoccupare, non sono così perfido, al massimo ti farò risalire sulla scala a prendermi qualche altro raccoglitore! – continuò il giovane con un sorriso allegro.

- E meno male che non saresti perfido! Ma tanto è inutile meravigliarsi, gli ispettori sono davvero una brutta razza!

Oramai lontani mille miglia dal lavoro che fino a poco prima li aveva così assorbiti, giunsero al  quartiere in collina dove abitava Chiara e parcheggiarono l’auto in una bella strada alberata. Entrarono in un portone di un elegante palazzo d’epoca ed appena in casa, la ragazza si diresse verso la stanza da letto dicendogli che doveva cambiarsi il pantalone bianco che aveva avuto la malaugurata idea di indossare la mattina non prevedendo di dover incontrare quello scocciatore dell’ispettor Corona.

Massimo rise alle sue parole  e si accomodò sul divano ad aspettarla. Si guardò intorno osservando la grande stanza che comprendeva un angolo cottura arredato con mobili bianchi ed acciaio; un tavolo ad isola lo divideva dal resto del salotto. C’erano inoltre  una parete attrezzata ed una parete-finestra completamente coperta da un tendaggio. Era un ambiente molto accogliente non tanto per i mobili in se stessi quanto  per il gusto con cui erano stati distribuiti soprammobili, piante, lampade e cuscini, in un insieme un po’ di stile orientale, personalissimo e caldo. E poi tutto era in perfetto ordine. Sembrava una di quelle case fotografate sulle riviste di architettura e lui non ne aveva mai viste di così  nella realtà.

Dopo poco Chiara lo raggiunse e si affrettò a fare una cosa che le piaceva un mondo: mostrare ai nuovi visitatori il terrazzo e quindi spiarne la reazione. Aprì la tenda e la porta finestra e lo invitò ad uscire.

Lì fuori piante fiorite di  ogni tipo erano distribuite con uno studiato effetto cromatico e sotto un pergolato di bougainvillea e di glicine, c’era un grande  tavolo di bambù con le sedie e tanti cuscini colorati. 

Anche stavolta la ragazza vide con piacere lo stupore dipingersi sul viso del suo ospite che dopo essersi guardato in giro, ora osservava  il panorama. 

Nella luce vivida del pomeriggio, appariva il porticciolo di Mergellina ed in lontananza la collina di Posillipo che dolcemente degradava in un tripudio di verde e di colori su un meraviglioso  mare turchino punteggiato di vele  bianche.

 - Ci credo che volevi tornare a casa, sembra di essere entrati in una cartolina di Napoli! Abitare in un posto come questo deve essere il colmo della felicità.

Nella voce di Massimo si avvertiva una sincera ammirazione e l’orgoglio fece aumentare il buon umore di Chiara. Incominciò a parlare di getto:

- Sono stata molto fortunata a trovare questa casa. È stata ricavata da un appartamento più grande di proprietà di una mia amica che ora abita a  Roma. Visto che c’erano due ingressi indipendenti,  ho cercato di  farmi vendere solo due stanze ed il terrazzo. Lei non voleva dividerla perché in effetti questa  è la parte più bella; di là della mia camera da letto sono rimaste ancora altre tre stanze ed un balcone, ma niente di così spettacolare come questo terrazzo. Finalmente a gennaio sono riuscita  a convincerla. La casa mi è costata un occhio della testa, senza contare quello che ho dovuto spendere per arredarla e ristrutturarla, però ne è valsa la pena. Sai, alla mia età le donne devono soddisfare due bisogni: quello della maternità e quello di avere una abitazione tutta per sé. Io perlomeno ho soddisfatto il secondo.

Si fermò di colpo perché non le era mai capitato di aprirsi così con un perfetto sconosciuto ed ebbe paura di essersi mostrata ridicola.

- Alla tua età? Ma se sei giovanissima! – osservò invece l’altro senza mostrarsi stupito da quello sproloquio.

- Non credere, a settembre compio 34 anni e ti assicuro che incomincio a sentirli tutti. Dai, adesso però pensiamo a mangiare. Se vuoi rinfrescarti un po’, il bagno è accanto alla stanza da letto. Nel mobile sotto il lavello ci sono delle asciugamani pulite. Non metterci molto, è tutto pronto e devo solo apparecchiare.

Massimo si affrettò ad ubbidire. Andò nel bagno dove gli asciugamani, morbidi e candidi, erano ordinatamente impilati dove lei gli aveva indicato. Si  lavò in fretta e  mentre si rimetteva la camicia, si attardò un poco sulla soglia della stanza da letto notando il letto matrimoniale bello grande. Quando raggiunse Chiara la vide che stava apparecchiando sul terrazzo. Guardandola, si disse che se è vero che il carattere di una persona si manifesta nell’arredamento della propria casa, lei doveva avere un grande buon gusto, anche se  forse doveva essere un po’ troppo maniaca della pulizia e dell’ordine. Il classico tipo di donna che se ti vede fumare in casa è capace di piantarti una grana, per intendersi.

La osservò meglio per la prima volta notando che era abbastanza carina. Era piuttosto bassina ma la sua figurina proporzionata era assai gradevole. Aveva delle belle gambe, il seno procace ed il viso molto dolce e delicato, incorniciato da riccioli bruni forse un po’ troppo crespi e ribelli. Gli piacevano però i suoi  occhi. Erano scuri, vellutati, pieni di espressione. Prima, in ufficio, non li aveva notati perché evidentemente per lavorare portava gli occhiali.

-“Tutto perfetto!” – pensò guardando il delizioso servizio all’americana e le stoviglie in tinta nonché l’appetitoso piatto di pasta all’insalata che lo attendeva.

Lui era un tipo di buon appetito e mangiò davvero di gusto, mentre Chiara, che ne sembrava compiaciuta, si serviva solo di piccolissime porzioni. Quando gliene chiese il motivo gli confidò:

- Devo stare attenta, ho la tendenza ad ingrassare.

- Beh, quella ce l’ho anch’io – la consolò – ma ho sempre fatto molta palestra sin da quando avevo sedici anni e questo mi ha permesso di tenere il peso sotto controllo. Però da quando ho cominciato il lavoro da ispettore, circa due anni e mezzo fa, ho dovuto smettere. A questo punto non so per quanto tempo ancora riuscirò a mantenere la linea visto che mi piace tanto la buona cucina. Quella napoletana poi è assolutamente divina!

- Credo che tra poco diventerai come Oliver Hardy – lo prese in giro lei. Gonfiando le guance e mimando con le mani un grosso pancione, lo guardò sorridendo servirsi di altra pasta ed altra mozzarella.

Rimasero parecchio tempo a tavola, continuando a chiacchierare dei reciproci gusti culinari. Massimo si dimostrò un vero buongustaio, mentre Chiara si vantò di essere una discreta cuoca.

Quando il giovane finì anche l’ultimo pezzetto di mozzarella, ebbe un dubbio.

- Dimmi una cosa – le chiese -  va bene che la mozzarella te l’avevano regalata, ma com’è che per te sola avevi preparato tutta quella pasta? Aspettavi qualcuno?

- No, l’avevo preparata anche per domani. Ho intenzione di andare al Museo Archeologico e voglio scendere di casa presto senza perdere tempo in cucina.

- Accidenti, allora ho fatto piazza pulita di tutte le tue provviste! Che ne dici, per farmi perdonare la mia ingordigia domani posso portarti a mangiare fuori?

Le aveva rivolto quell’invito con un sorriso molto accattivante ed un luccichio degli affascinanti occhi azzurri. Chiara si mise subito sulle difensive: quel pranzetto improvvisato era stato davvero piacevole, ma accettare di uscire con lui anche il giorno dopo avrebbe comportato un approfondimento del loro rapporto che non desiderava affatto, forse proprio perché quell’uomo le piaceva. Facendo finta di non aver capito, gli rispose calma:

 - Non preoccuparti, uno spaghetto veloce faccio sempre in tempo a cucinarmelo quanto torno dal Museo.

Massimo non insistette e dopo averla aiutata a sparecchiare, si offrì anche di lavare i piatti.

- Non ce n’è bisogno –  rifiutò la ragazza aprendo una piccola lavastoviglie posta sotto il forno dove sistemò i piatti ed i bicchieri sporchi – Questa casa è ad alta tecnologia. Anzi, sul terrazzo c’è il sole, ora accendo l’aria condizionata così ce ne restiamo qui dentro al fresco. Ti va?

Accogliendo l’invito, Massimo si andò a sedere sul divano.

– Che sia una casa speciale l’avevo notato già, ma come hai fatto a metterla su così e soprattutto, come fai a tenerla così efficiente ed in ordine? – le domandò.

- Una volta alla settimana viene ad aiutarmi una cameriera polacca che lavora da una signora al piano di sotto, e poi… – esitò un attimo prima di continuare – sai, avere una casa è una cosa che desideravo da tanto! Non ho i genitori e vivevo con mia sorella maggiore che è sposata. Non è che mi trattassero male lei ed il marito però non ero padrona di niente, solo un po’ della mia stanza. Avevo quasi la sensazione di essere un ospite  e per non pesare su di loro, stavo molto fuori casa con il risultato che mio cognato mi faceva continuamente notare che vivevo come se stessi in un albergo. È stata molto dura tirare avanti tanto tempo.

- Ma scusa, eri indipendente economicamente, perché non te ne andasti via prima?

Massimo si pentì subito di averle fatto quella domanda perché la vide cambiare espressione. Non si meravigliò quando con una voce gentile ma fredda gli rispose:

- Ho avuto i miei buoni motivi!

Subito dopo scappò in bagno dicendo che era abituata a lavarsi i denti appena dopo mangiato e lo lasciò solo seduto sul divano.

Il giovane era piuttosto perplesso perché c’era qualcosa in quella ragazza che non riusciva a capire. Appariva cordiale e simpatica, ma all’improvviso dava l’idea che erigesse una specie di muro tra sé e gli altri. Quando tornò a sederglisi accanto però, era di nuovo allegra ed affabile.

Rimasero a lungo a parlare di tante cose: musica,  politica,  libri. Lui le raccontò della famiglia che viveva in Emilia, del suo splendido rapporto con i genitori, soprattutto con la madre  e mentre ne parlava notò un velo di tristezza passare ad offuscarle gli occhi.

Massimo era davvero una persona vivace e spiritosa e Chiara si mostrava all’altezza così risero spesso alle reciproche battute. Inoltre, avendo quasi la stessa età, si trovarono ad  avere molti  ricordi uguali del periodo dell’infanzia e dell’adolescenza.

Verso le sei si  prepararono un caffè ed il tempo trascorse simpaticamente senza che se ne accorgessero. Erano quasi le otto di sera   quando la ragazza guardò l’orologio da polso.

Lui, interpretandolo come un segno di congedo, si rabbuiò un poco.

- Scusa, si è fatto tardi. Ora tolgo il disturbo. Grazie di tutto – le disse alzandosi per andarsene.

- No, aspetta, - lo fermò accompagnando le parole con il gesto delle mani, molto mortificata per essere sembrata scortese – stavo guardando l’orologio perché stasera danno un bellissimo film all’arena estiva su al Castello Sant’Elmo. Ti andrebbe di andarci? Sempre se non hai di meglio da fare, s’intende.

- È una splendida idea – si rallegrò lui – vengo molto volentieri.

 

Dopo un po’ uscirono. Chiara si era cambiata d’abito indossando un vestito a fiori rossi che le metteva splendidamente in risalto l’abbronzatura ed il bel corpicino.

Massimo si sentiva contento mentre si dirigevano a piedi verso il Castello che, come gli aveva spiegato lei, era a quattro passi. Purtroppo i quattro passi erano tutti in salita ed anche dopo aver acquistato i biglietti, per andare su alla Piazza d’Armi dove proiettavano il film, c’era da farsi una bella arrampicata.

Ma non se ne accorsero quasi perché, chiacchierando piacevolmente, si godevano lo stupendo panorama che si vedeva dai finestroni del Castello. Dopo la calda giornata estiva, la sera era fresca e profumata. La città, come un gioiello lucente, era ai loro piedi mentre il mare splendeva sotto i raggi di una splendida luna piena.

- Certo qui è davvero un incanto, dalle mie parti un panorama così te lo sogni! – commentò Massimo, ammirato.

La ragazza gli sorrise e gli spiegò che sì, era vero, il panorama ed il clima erano stupendi, ma la sua città aveva tanti di quei problemi  come il traffico, la delinquenza, la disoccupazione, i rifiuti. Non doveva lasciarsi incantare da quella visione paradisiaca perché spesso vivere lì era come stare all’inferno. A volte lei stessa avrebbe preferito essere nata in un altro posto anche meno bello ma dove la vita potesse  essere più facile.

- La vita può essere bella o brutta in ogni posto – la corresse lui prendendola sottobraccio per sorreggerla in quanto il passo le si era fatto  malfermo sull’acciottolato irregolare – molto dipende da te, da come stai con te stesso.

- “Già – pensò Chiara mentre un nodo le saliva alla gola – è facile a dirsi ma non a farsi  quando con te stessa ti senti maledettamente sola! Forse  sarebbe un'altra cosa avere un braccio a cui appoggiarsi come sto facendo ora con te” .

Ma non avrebbe potuto mai dirgli una cosa del genere,  perciò, con un sorriso spavaldo, replicò:

 -  Certo, è così,  la cosa migliore è l’autosufficienza ed anche  tenere tutto sotto controllo.

- A dire il vero non intendevo questo – precisò Massimo rivolgendole uno sguardo un po’ interdetto però non ebbero tempo di continuare il discorso perché erano arrivati e dovettero darsi da fare a trovare dei posti perché c’era già parecchia folla.

Il film fu bello e trascorsero buona parte della strada del ritorno a commentarlo ed a parlare un po’ di cinema che,  a quanto pareva, piaceva moltissimo ad entrambi. Ai piedi del Castello c’era un pub da dove proveniva un buon profumo ed il giovane le disse di voler mangiare un panino perché aveva fame.

- Non è possibile! Con tutto quello che ti sei spazzolato oggi!– rise la ragazza, ma lo accompagnò di buon grado anche se si limitò a prendere una birra piccola  mentre lui si abbuffava di gusto.

Parlarono ancora tanto mentre tornavano a casa e pareva che avessero mille cose da dirsi. Forse era solo perché non si conoscevano ancora  ma stranamente insieme si sentivano già a proprio agio.

Era quasi mezzanotte quando arrivarono alla macchina di Massimo.

- Ti dispiace se domani vengo con te al  Museo Archeologico? – le domandò mentre apriva lo sportello – Mi ripromettevo da tempo di visitarlo però mi scoccia  andarci da solo.

- Preferisci le visite guidate? In effetti ti conviene, come guida sono piuttosto brava – scherzò Chiara –  Se proprio ci tieni, fatti trovare all’ingresso alle otto e trenta in punto.

- Non si può fare un po’ più tardi? Domani è Ferragosto e volevo farmi una bella dormita – le chiese con una smorfia patetica -  Va bene, come non detto – aggiunse subito dopo allo sguardo scherzosamente torvo di lei – Buonanotte.

Fece per darle un bacetto sulla guancia, ma Chiara si ritrasse con uno scatto anche se per scusarsi gli rivolse un sorriso dolcissimo e gli sussurrò:

-  Buonanotte a te, ispettore!

 

Mentre saliva a casa, un mare di emozioni le si agitava dentro. Chissà se aveva fatto bene ad accettare di rivederlo l’indomani. Di solito quando prendeva una decisione non cambiava idea così facilmente, ma questa volta si era lasciata trasportare dal fatto che con lui era stata davvero bene come da tempo non le capitava più di stare con nessuno. Per una volta… al diavolo! Non le andava di trascorrere il Ferragosto da sola! Tutto sommato  non si trattava di fare altro che gli onori di casa accompagnando un  collega di un'altra città a vedere un museo. Non ci potevano essere pericoli di sorta. Forse anche Massimo non aveva altre intenzioni che quella di trascorrere in compagnia una giornata festiva e non nutriva il minimo interesse per la sua persona. A questo pensiero quasi si vergognò di essersi sottratta al bacio sulla guancia. Forse non si salutava così anche con gli amici? Aveva dato l’impressione di fare apposta la ritrosa? Aveva mancato di naturalezza?

– “Uffa, speriamo di dormire stanotte!” – pensò, conoscendosi  bene.

   
 
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