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Autore: Lady Warleggan    17/02/2022    3 recensioni
Fanfiction ambientata dopo la fine della 4° stagione (allerta spoiler!)
Isla ha ventisette anni quando accetta un impiego come istitutrice in Cornovaglia presso la tenuta di Trenwith. George invece, ormai sulla soglia dei quaranta, si è letteralmente catapultato nel lavoro e nella politica per mettere al tacere il dolore che lo tormenta dalla morte di Elizabeth.
Isla rappresenta per lui la più fresca delle novità: è intraprendente, dolce e amorevole col piccolo Valentine, di cui è diventata la sua migliore istitutrice. Tra i due c’è un semplice rapporto di educazione e rispetto, ma il destino ha in serbo per entrambi qualcosa di completamente diverso, e forse per George riserva ancora l’opportunità di amare di nuovo.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, George Warleggan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Piccolo angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction su Poldark (che è il mio period drama preferito) e come potrete già immaginare dal mio nome utente, George è il personaggio che maggiormente preferisco di tutta la serie. Non ne apprezzo affatto alcune scelte, in quanto spesso sono piuttosto discutibili, ma come personaggio ha lentamente catturato la mia attenzione per le sue infinite sfumature: è complesso, crudele, talvolta vulnerabile. L’altro giorno mi è capitato di sentire nostalgia della serie rivedendo alcuni spezzoni, e ho sentito l’esigenza di iniziare a mettere nero su bianco questa fanfiction. Metto anche le mani avanti per eventuali inesattezze storiche o proprio sulla stessa serie di Poldark, scrivo solo di getto e cerco di far rientrare tutto quello che mi viene in mente su questa storia.
Non so quanti capitoli prevederà questa ff, proprio perché all’inizio era nata come OS, solo che poi mi sono resa conto che sarebbe diventata troppo lunga. Vedrò semplicemente dove vorrà condurmi.
Ho preferito ambientarla alla fine della 4° stagione (quindi saranno ovviamente presenti spoiler), perché l’ultima non mi ha veramente convinto (non ne seguirò l’andamento, infatti), nonostante ci abbia dato modo di assistere a tutto l’incredibile talento di Jack Farthing alle prese con la mente di George e il suo dolore per la scomparsa dell’adorata Elizabeth.
Ho introdotto un nuovo personaggio, Isla, che avrà un ruolo importante nella vita di George. Me la sono immaginata con il volto della splendida Jenna Coleman.
Scusate se vi ho annoiato con questa premessa, vi lascio ora alla lettura. Aspetto i vostri pareri.


 
 
Uno.
 
L'arrivo a Trenwith si verificò durante lo scroscio di un rabbioso temporale. Isla rifletté che non avrebbe potuto aspettarsi un'accoglienza diversa da una residenza che, al suo interno, sembrava rispecchiare perfettamente il pungente e cupo clima temporalesco dell'esterno. Una domestica venne ad aprirle all'ingresso, e l'aiutò a togliersi di dosso l'elegante soprabito grigio che aveva fatto confezionare dalla sarta poco prima dell'inizio dell'inverno e che si era leggermente bagnato a causa della pioggia.
Benché fosse ancora pomeriggio, il temporale era talmente scuro e intenso che aveva costretto la servitù a riempire gli ambienti della casa di candele luminose per rischiarare le pareti. Il che, a detta di Isla, aveva reso Trenwith ancora più spettrale di quanto già non fosse. Era come se, mentre attraversava la troneggiante sala da pranzo che si apriva quasi subito, dopo l'entrata, si avesse la percezione di essere osservati non solo da uno, ma da tre o quattro fantasmi contemporaneamente. Come se stesse calpestando il suolo di una vita passata.
La domestica le fece strada verso un salottino che, a porte spalancate, affacciava sulla splendida sala da pranzo che stava attraversando. Isla fu colpita da un grosso ritratto appeso ad una delle pareti. Era stato coperto, ma qualcosa, forse chissà, uno di quegli spettri, aveva fatto cadere metà del panno che lo nascondeva ad occhi inopportuni come suoi. Nella metà lasciata scoperta e che in un qualche modo catturava il suo sguardo, si celava il ritratto di quella che, sembrava essere una giovane ed incantevole donna. Ne vedeva solo un occhio e metà volto, ma era certa che, se fosse caduta la restante parte di quel panno, non avrebbe mutato la sua opinione sul soggetto di quel ritratto.
La domestica chinò il capo di fronte all'uomo che attendeva, seduto comodamente su uno dei divanetti del salottino, il suo arrivo. Era lui la persona con cui doveva aver intrattenuto la corrispondenza di lettere: francamente immaginava George Warleggan con un aspetto del tutto differente. Aveva cercato informazioni su di lui e sapeva che aveva dodici anni più di lei, che era di umili origini, ma che, col tempo, aveva fatto fortuna come banchiere e che ora la maggior parte dei creditori, forse quelli di tutta la Cornovaglia, facevano ora capo al suo nome.
Ma l'uomo che le era di fronte sembrava decisamente più vecchio, era calvo, con solchi rugosi sotto agli occhi, una bocca sottile ed arcigna che sembrava conoscere il fatto suo. Isla non si lasciò intimorire, non era mica la prima persona di quel genere con la quale aveva a che fare.
"Signorina Wood" salutò monotono. "Sono Cary Warleggan. Mio nipote George è fuori città per affari, sono stato incaricato di farle io il colloquio. Sono suo zio."
Isla fu sollevata che non si trattasse di George Warleggan, per qualche strano motivo. Anche se, dalla bruttezza dello sguardo di quell'individuo, non era certa che dal nipote potesse aspettarsi di meglio, nonostante non l'avesse mai visto. Fu un colloquio di breve durata, in cui lui si limitò a ricapitolare le sue referenze come istitutrice: aveva ventisette anni, ma un curriculum di tutto rispetto per una ragazza della sua età. Si era fatta una certa reputazione in Scozia, sua terra d’origine, e poi per un anno aveva lavorato saltuariamente presso diverse case londinesi, ma non aveva mai ottenuto un impiego stabile che le consentisse di fermarsi permanentemente in una città.
L'inserzione di George Warleggan sul giornale le era parsa l'occasione che aspettava, non aveva mai avuto problemi a spostarsi da una città all'altra, nonostante sua madre la volesse stabile e sistemata in Scozia. Ma quella era una cosa che non le apparteneva.
George Warleggan cercava un'istitutrice per suo figlio ed era pronto ad offrire anche vitto e alloggio, purché si curasse del bambino non solo durante l'orario di studio, ma anche nelle ore successive. In pratica cercava sia un'istitutrice che una bambinaia.
Il colloquio poté ritenersi abbastanza tranquillo se non fosse che Cary Warleggan si interessò a quello a cui si interessavano tutti quando venivano a scoprire la sua età e si rendevano conto che non era ancora sposata.
"Siete ancora nubile, vedo."
"Sì."
"Come mai non vi siete ancora sposata?"
"Non credo che le ragioni per cui io non abbia mai contratto matrimonio sia qualcosa che concerne il mio lavoro come istitutrice."
Cary Warleggan fece un ghigno mentre fuori si sentì lontano il rumore di un tuono. Osservò quasi divertito quella ragazza minuta coi capelli castani tirati all’indietro che sembrava ostentare una sicurezza che difficilmente aveva visto sul volto di altre donne. Isla poteva essersi anche bruciata l'occasione del secolo, ma su quella parte della propria vita privata non transigeva affatto. Subiva già abbastanza pressioni dalla famiglia che insisteva che si accasasse e mettesse da parte le grandi aspirazioni di indipendenza che aveva maturato sin da piccola, ma Isla aveva assistito al matrimonio pietoso dei suoi genitori (due persone estranee che non avevano niente in comune se non i figli e un'unione combinata) e si era convinta che non sarebbe mai convolata a nozze.
"Mio nipote George tornerà domani mattina. Aveva già deciso di assumervi vedendo che siete di buona famiglia e che avete delle ottime referenze nonostante siate molto giovane" disse alla fine. "Domani avrete l'opportunità di conoscere sia lui, che il bambino. Se tutto filerà liscio, l'incontro con lui sarà una pura formalità."
Isla annuì. Per quella notte sarebbe stata ospite a Trenwith, com'era già stato deciso in una delle lettere che George le aveva scritto, ma francamente, se avesse potuto, avrebbe preferito dormire in una bettola. Quando arrivò l'ora di cena, la domestica di prima venne a servirgliela in camera: non poteva lamentarsi della propria stanza, era splendida e forse un po' antiquata per i propri gusti, ma aveva a propria disposizione un letto a baldacchino, un ampio guardaroba, una specchiera e una scrivania. Il signor Cary Warleggan si era ritirato nella propria stanza per affari e aveva dato ordine di servirle la cena in camera.
La cameriera posò il vassoio sulla scrivania e disse che sarebbe passata a riprenderlo più tardi. Isla non lo guardò nemmeno e congedò educatamente la domestica: fissò piuttosto il giardino scuro dei Warleggan dalle vetrate della propria finestra, mentre la notte calava e lei si sentiva ancora spiata dai fantasmi di quella casa.
* * *
I Warleggan erano stati generosi in termini di cena: aveva poi mangiato a sazietà la carne e i legumi che le erano stati serviti la sera precedente, ma il suo datore di lavoro non si risparmiò affatto anche per la colazione. La tavola era stata imbandita di un tripudio di piatti dolci e salati, probabilmente per soddisfare i gusti di ogni membro della casa.
Fu proprio al mattino che conobbe finalmente George Warleggan, dopo essersi osservata attentamente allo specchio ed aver scelto un abito verde che rientrava tra i suoi preferiti.
Comandava dal posto a capotavola, impettito in un completo di colore grigio che lo faceva sembrare ancora più rigido di quanto già non fosse. Per un attimo Isla si soffermò ad osservarlo dalle spalle della stessa cameriera che l'aveva accolta all'ingresso e che le aveva portato la cena in camera.
George non era brutto, anzi, era di bell'aspetto. Ma aveva qualcosa dello zio nel suo sguardo, qualcosa di vile e sospettoso, e anche qualcosa di tormentato che niente aveva a che vedere con lo zio anziano e che non riusciva a decifrare. Al tavolo, accanto a lui, rispettivamente sulla sinistra e sulla destra, c'erano Cary Warleggan e quello che doveva essere sicuramente Valentine, il bambino di cui avrebbe dovuto occuparsi.
Più lo guardava, e più Isla sentiva di non riconoscere alcuna somiglianza col padre. George era biondo, con occhi chiari e una mascella piuttosto dura e geometrica; i colori di Valentine erano totalmente opposti ai suoi: aveva i capelli ricci e scuri, così come gli occhi che sembravano molto dolci, stanchi e un po' tristi. Le venne da pensare che dovesse aver preso per forza quelle caratteristiche dalla madre che in una delle lettere di George, aveva scoperto fosse scomparsa alla nascita della secondogenita.
Quando George la vide per la prima volta, ammise che fu colpito dalla sua bellezza. Isla dimostrava anche meno dei suoi anni, e forse, se avesse usato questa caratteristica a suo favore, probabilmente non avrebbe trovato difficoltà a incontrare finalmente qualcuno. Era di statura minuta, sembrava graziosa nei modi, ma pure una persona piuttosto sicura di sé: il suo sguardo non la tradiva. Gli rivolse un sorriso mentre si presentava, uno vero, non uno di quelli di circostanza. Fu una cosa che apprezzò molto.
La invitò a sedersi al tavolo e lei scivolò immediatamente nel posto accanto a quello di suo figlio, e benché George cercasse la sua attenzione, si rese immediatamente conto che non vi sarebbe stato verso di attrarre totalmente su di sé gli occhi azzurri della nuova istitutrice. Erano tutti per Valentine: Isla cercava di conoscerlo con domande dolci e delicate, chiedendogli quanti anni avesse, quali fossero le sue materie preferite e quale invece, fossero gli argomenti in cui trovava più difficoltà. George fu sorpreso dalla facilità con cui a tavola si conquistò la parola di Valentine, la leggerezza che sembrava aleggiare sul volto del figlio mentre le rispondeva. Lanciò per un attimo un'occhiata allo zio, che sorrideva compiaciuto mentre mangiava un altro boccone della sua torta.
Forse si sarebbe aspettato un altro tipo di colloquio, ma poteva andare bene così, anche se detestava in generale essere ignorato. Tuttavia aveva un'altra bambina piccola di cui occuparsi, Valentine aveva ora un'istitutrice apparentemente meravigliosa a cui fare affidamento. Isla sembrava totalmente differente dagli istitutori che invece aveva conosciuto lui da ragazzo, quando suo padre aveva iniziato a farsi un certo nome tra i ranghi più alti e aveva perciò deciso di farlo studiare privatamente: i suoi vecchi istitutori erano sempre severi, rigidi, non esitavano nemmeno ad usare le maniere forti se necessario. Ma Isla sembrava voler adottare un metodo completamente differente, fatto di dolcezza e pazienza, gli bastò un unico sguardo per capire di aver assolutamente preso la decisione giusta, anche solo scrivendole quelle lettere.
Cary Warleggan aveva ragione: il "colloquio" fu una pura formalità.
* * *
Passò il primo mese e l'inverno in Cornovaglia si fece ancora più gelido di quanto Isla si aspettasse. Si era già conquistata la fiducia di Valentine, come se quel bambino dalla folta chioma riccia e scura avesse trovato in lei qualcosa che in quella casa gli mancava da troppo tempo. Anche se era lì da poco, la nuova istitutrice sapeva osservare molto: il distacco di George da Valentine non poteva essere soltanto giustificato con la sua attività lavorativa, che si divideva tra la sua professione di banchiere e l’impegno politico. Sembrava nutrire un sincero affetto per il bambino, ma pure un tormento quando gli era accanto, come se un'ombra gli impedisse di vedere lucidamente. Valentine stravedeva per il padre, Isla lo capiva da quanto fosse fiero di lui per come ne parlava, ma comprendeva anche la gelosia che sembrava dimostrare per la sorellina minore, Ursula, verso la quale il padre non rivolgeva affatto lo stesso atteggiamento: era attento e affettuoso, cosa che con Valentine faceva piuttosto di rado.
Così Isla aveva fatto di tutto per rendere le sue giornate di studio più piacevoli possibili: se l'aria non era troppo fredda cercava di farlo studiare all'aperto, oppure, quando erano costretti a stare rintanati in casa, cercava in tutti i modi di trovare un metodo che gli consentisse di apprezzare lo studio in maniera giocosa. Nel pomeriggio però nessuno dei due cercava di rinunciare ad una passeggiata lungo la scogliera o sulla spiaggia: vivere in un posto incantato come quello, che affacciava sul mare, era troppo bello per restarsene all'interno.
Isla aveva un giorno libero a settimana e ne approfittava sempre per conoscere meglio i dintorni, scendeva al villaggio e nel giro di quel primo mese dai Warleggan imparò quasi a memoria le strade del centro e i negozi principali in cui fare acquisti. Di solito era molto parsimoniosa, era una cosa che aveva appreso dal padre e poi da sola, quando per un periodo, con la propria attività di istitutrice, aveva dovuto aiutare economicamente la sua famiglia. Ma, passando di fronte alla boutique del sarto, si era resa conto che un vestito in più per l'inverno, magari per Natale, dato che era certa di non poter rientrare in Scozia quell'anno, poteva anche concederselo come un piccolo regalo personale.
Dal sarto c'erano già due donne in attesa al bancone. Il negozio era abbastanza piccolo e Isla, dopo aver educatamente salutato all'ingresso, si mise in fila. Non aveva fretta, dopotutto. Aveva l'intera giornata libera, e Trenwith era quasi vuota perché George aveva un pranzo con un cliente abbastanza prestigioso e aveva portato con sé Valentine, probabilmente nella speranza che il bambino facesse amicizia con i figli del gentiluomo presso cui si stava recando. La piccola Ursula era assieme alla sua bambinaia e in casa doveva essere rimasta solo la servitù.
Le due donne davanti a lei erano molto eleganti: una aveva una folta chioma bionda, quasi nascosta sotto ad un elegante capello a visiera larga; indossava un abito molto colorato, di un ciliegia piuttosto acceso. L'altra invece, con dei lunghi capelli rossi, indossava un abito più modesto, di un celeste quasi sporco e un cappello con un nastro dello stesso colore. Non per questo, pur essendo più semplice, sfigurava accanto all'amica con la quale chiacchierava sorridente.
Il sarto rientrò dal retrobottega in cui si era allontanato per un attimo, e accanto a lui figurò una donna, probabilmente la moglie, che fece cenno a Isla di raggiungerla dall'altra parte libera del bancone. Chiacchierò un po' con lei, ignorando la conversazione tra le due amiche, e le spiegò di avere bisogno di un nuovo abito per l'inverno. Dopo averle descritto più o meno il tipo di vestito che stava cercando, la sarta le chiese che tipo di colore desiderasse, e di fronte all'indecisione della ragazza, le rispose che aveva tutto il tempo che voleva per pensarci.
"Di solito acquisto sempre abiti verdi, perché è il mio colore preferito, ma mi piacerebbe provare qualcosa di diverso."
La sarta le propose allora un rosso, o un arancione, ma Isla non parve del tutto convinta.
"Cosa ne dice di un abito di colore rosa?"
Isla si rese conto che non era stata la moglie del sarto a parlare. Si voltò e alla sua sinistra riconobbe la donna con i capelli biondi che era ancora lì al bancone assieme all'amica dalla chioma rossa.
"Rosa?"
"Mi scusi se mi sono permessa. L'ho sentita parlare con la sarta e dato che è indecisa sul colore, ho pensato che un rosa le sarebbe stato molto bene."
"La signora Enys è una nostra cliente affezionata" aggiunse la sarta. "Ha un ottimo gusto."
Isla rifletté, in effetti non aveva alcun abito di quel colore e poteva essere una bella novità indossarne uno. Dopo aver passato un'altra decina di minuti a chiacchierare con la signora Enys delle tonalità che più potessero adattarsi al suo incarnato, Isla decise di seguire il suo consiglio e di ordinare un abito di colore rosa. La sarta annotò su un foglio le sue misure e le disse di ripassare la settimana successiva.
"Sono Caroline Enys, comunque. E lei è la mia amica, la signora Demelza Poldark."
Isla pensò che fosse buon educazione presentarsi anche lei, dato che la signora con i capelli biondi era stata molto gentile quella mattina: non le aveva dato quel consiglio con alcuna malizia, ma solo nell'interesse di farla apparire veramente al meglio.
Si presentò educatamente alle due amiche.
"Se ha del tempo, gradisce una tazza di tè con noi?" le domandò ancora la signora Enys.
Isla non aveva niente di meglio da fare e accettò di buon grado. Fare delle amicizie in quella zona poteva essere una buona cosa, dato che a parte Trenwith e i suoi inquilini, non conosceva nessun altro in Cornovaglia.
Raggiunsero a piedi, pochi metri più avanti, un piccolo locale molto rustico, ma decisamente delizioso. Un posto dove era ovvio che fosse frequentato da gente di un certo tipo e livello, anche per l'atmosfera molto tranquilla ed appartata. La signora Enys fu accolta immediatamente come la più fastosa delle regine e le offrirono un tavolo accanto alle vetrate, che i camerieri sapevano evidentemente essere il suo posto preferito all'interno del locale.
"Deve sapere che tutti stravedono per la signora Enys, qui dentro" spiegò la signora Poldark, mentre prendeva posto su una delle sedie al tavolo. Ora che la guardava meglio, Isla si accorse che non solo aveva un aspetto fresco e giovane, ma pur essendo molto elegante, nei suoi occhi chiari riconosceva qualcosa di selvaggio e di libero che all'amica, purché elegante e fine allo stesso modo, non avrebbe attribuito affatto.
"La mia amica esagera" tagliò corto la signora Enys, mentre anche loro due prendevano posto.
Poco dopo, un cameriere si presentò frettolosamente al tavolo e cinque minuti più tardi fu servito il tè più buono che Isla avesse mai bevuto. Sapeva che quel locale sarebbe diventato uno dei suoi posti preferiti.
"Raccontatemi, signorina Wood, non mi è mai capitato di incontrarvi da queste parti!" esclamò Caroline. "Siete arrivata da poco, per caso?"
In effetti, il posto in cui vivevano, era piuttosto piccolo. La signora Enys le dava l'impressione di conoscerlo per benino e che tutti, al contempo, sapessero esattamente chi fosse.
"Sì, sono scozzese. Ho vissuto per qualche tempo a Londra, ma ora mi sono stabilita qui per lavorare."
"Che lavoro fate?" chiese con genuina curiosità la signora Poldark, mentre girava il suo cucchiaino nella tazza di tè.
"Sono un'istitutrice" spiegò Isla.
Caroline si fece ancora più curiosa.
"Dove lavorate? Sono certa che potrei venire a farvi visita qualche volta, dato che qui conosco quasi tutte le famiglie ben in vista."
Isla non era certa che il signor Warleggan lo consentisse, nonostante avesse già trascorso poco tempo con loro e si fosse sempre comportata bene. Ma dirgli dove lavorava non era certo un male.
"Sono l'istitutrice del figlio del signor George Warleggan."
Per un attimo le due donne trasalirono. Demelza stava quasi per strozzarsi con il suo tè e Caroline si era bloccata con la tazza a mezz'aria, mentre faceva il gesto di portarsela alla bocca.
"Accidenti" borbottò Demelza sottovoce, come a non voler far sentire quell'imprecazione a Isla. "Mi sono scottata."
"Conoscete... sir George?"
Caroline e Demelza fecero un sorrisetto in contemporanea.
"Ci sarebbe da chiedersi chi non conosca sir George, in Cornovaglia" rispose alla fine la signora Enys.
In effetti, Isla rifletté che era stata una domanda piuttosto stupida. Facoltoso com'era, e potete uomo d'affari, George Warleggan doveva essere per forza ben in vista nell'alta società.
"Siete clienti della sua banca?" azzardò allora a chiedere.
La signora Poldark sembrava stesse nuovamente per strozzarsi col suo tè.
"Per l'amor del cielo, neanche morta!"
Ed ecco cosa le rimandavano gli occhi di Demelza Poldark: all'apparenza era fine, tenue e delicata, ma a riguardarla con attenzione si capiva immediatamente che non poteva essere solo quello. Demelza Poldark non poteva stare zitta, era diretta, e tagliente.
"Demelza!" la rimproverò duramente l'amica, lanciandole un'occhiataccia. "Quello che la signora Poldark vuole dire è che, purtroppo, le nostre famiglie non sono in buoni rapporti con sir George."
"Oh" sospirò Isla.
"Ma non dovete preoccuparvi! Può capitare. Non bisogna per forza andare d'amore e d'accordo! Voi non centrate nulla."
Isla passò perciò l'ora successiva a studiare le due amiche, a capire se quella sarebbe stata l'ultima volta che le avrebbe riviste, se si intrattenessero con lei soltanto per cortesia, o se avessero un genuino piacere a restare con lei nonostante le divergenze tra le loro famiglie e quella del signor Warleggan. Non riuscì a capire di che tipo di attrito si trattasse, ma probabilmente doveva andare al di là della semplice antipatia. Tuttavia, per educazione, non indagò oltre.
Anche perché, nonostante le rimostranze verso il suo datore di lavoro, Demelza Poldark e Caroline Enys sembravano davvero gradire la sua compagnia e anche a lei iniziavano a piacerle. Poteva semplicemente occultare quella loro simpatia a sir George, in fondo prendere un tè non era mica un reato; e poteva anche fare la finta tonta se lui le avesse chiesto come mai le conosceva.
Capì che per le due amiche l'inimicizia con sir George non era importante quando Caroline la invitò a pranzo il sabato successivo. La residenza in cui viveva la sua nuova amica era a dir poco mastodontica, non aveva nulla da invidiare a Trenwith, anzi, a dire il vero, si ritrovò a pensare che per i suoi colori, per l’umore ciarliero della sua padrona, quella splendida dimora era piena di una vita che Trenwith non avrebbe visto nemmeno tra mille anni.
A pranzo con Caroline, venne a conoscenza del fatto che in realtà la vera faida scorreva tra i Warleggan e i Poldark. Lei, come amica di Demelza, si era solo ritrovata nel mezzo. E pure suo marito: a quanto pare Dwight Enys, il marito di Caroline, era uno stimato e giovane medico della zona che, dopo qualche iniziale diffidenza, si era guadagnato un certo rispetto anche presso i Warleggan, nonostante fosse l’amico più caro di Ross Poldark, il marito di Demelza. La vera guerra esisteva tra loro due.
George non era uno stinco di santo e aveva mandato sul lastrico una quantità di persone che per poco Isla non inorridì.
Per quale uomo stava prestando servizio?
Caroline si rese conto di aver detto troppo, probabilmente avrebbe riservato qualcosa per le altre visite di cortesia che sicuramente sarebbe venuta a porgerle. Quel sabato, di ritorno da uno dei suoi pazienti, si unì al loro pranzo anche Dwight Enys. Isla non poteva fare a meno di pensare che Caroline avesse scelto proprio bene: suo marito era bello, gentile, biondo, con occhi limpidi e cristallini; veniva voglia di fidarsi ciecamente a primo impatto e più, e più volte, si vide costretta a spostare lo sguardo su Caroline e sulle portate del pranzo perché Dwight era così avvenente che a starlo a fissare troppo si correva non solo il rischio di risultare inopportune, ma pure di diventare rosse come una ciliegia.
Al termine di un ricco pasto e di uno splendido pomeriggio, Isla rincasò in sella al proprio cavallo, riflettendo su quel pranzo dalla sua amica, iniziando a pensare se non fosse il caso di licenziarsi. Caroline non le sembrava una che mentiva e francamente, dopo quanto aveva preso coscienza di George, non era certa di voler continuare a servirlo. Tuttavia le dispiaceva per Valentine e inventare una scusa su due piedi sarebbe stato un po’ assurdo, senza contare che George era stato preciso con la sua prima paga, cospicua come indicato nell’inserzione. Quei soldi le facevano comodo: sarebbero stati tutti per il suo futuro.
Si disse che poteva resistere mentre scorgeva la sagoma di Trenwith in lontananza. In fondo sir George non era quasi mai in casa, incrociarlo soltanto all’ora dei pasti poteva sopportarlo.
   
 
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