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Autore: Octave    05/03/2022    12 recensioni
Ogni storia nasce, in qualche modo, per dar voce ad un personaggio. O magari a più di uno.
Spesso poi succede che una storia segua una strada che non avevamo previsto. E quando questo accade c’è poco da fare. Possiamo solo decidere se condividerla o meno. Questa storia ha deciso di raccontare un diverso punto di vista sull’episodio 25 e sui fatti successivi ( e consequenziali).
Un sincero ringraziamento a Settembre17 e ad OscarAndrè76 , che partendo da presupposti diversi, mi hanno convinto che valeva la pena di dare un seguito alla storia.
"Quella sera, ritirandosi nei suoi appartamenti, il Conte Hans Axel di Fersen non aveva le idee del tutto chiare su cosa fosse accaduto e su quale fosse stato il suo ruolo in tali accadimenti."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Graecia capta
 
Quella sera, ritirandosi nei suoi appartamenti, il Conte Hans Axel di Fersen non aveva le idee del tutto chiare su cosa fosse accaduto e su quale fosse stato il suo ruolo in tali accadimenti.
Essere sensibili alla bellezza muliebre non sarà un merito, ragionava tra sé, ma certo nemmeno una colpa. Ogni donna è bella a modo suo e quelle che non esibiscono sfacciatamente le loro grazie, ma lasciano che un occhio esperto del mondo le scopra a poco a poco, sono certamente le più affascinanti. Poi ci sono donne che ci lasciano senza parole perché stravolgono tutti i nostri  precedenti termini di paragone e non si possono confrontare con nessuna.
Così gli era apparsa quella creatura - ma dove l’aveva vista?- che aveva incontrato quella sera. Non era riuscito a toglierle gli occhi di dosso  neanche per un istante e  ancora non riusciva  a smettere di pensare a lei. Perché era come se la sua  bellezza perfetta  - ed era perfetta, sul serio!- fosse solo la promessa,  timidamente offerta,  di una terra inesplorata, di una felicità incognita.
Il suo modo di incedere, i suoi gesti, i suoi sguardi, stregavano perché erano pieni della meraviglia, cauta ed  intatta di chi assaggia per la prima volta, di chi guarda per la prima volta, e vuole riempirsi gli occhi e i sensi. Come resistere?
Questo stupore incontaminato si legava e si fondeva, tuttavia, allo struggimento di chi avverte che la prima volta  è anche l’ultima, e non ci saranno altre  occasioni. Da togliere il fiato.
Ogni più sublime piacere vive dell’attimo fuggevole in cui ci si dona, per sottrarsi a noi un momento dopo e il segreto è nell’assaporarlo fino all’ultima goccia. E non è  questo, dopotutto,  il motivo per cui gli dei, annoiati dalla loro esistenza, fatta di  momenti che si somigliano tutti e si confondono in un’eternità sempre uguale, invidiano i comuni mortali, che possono vivere l’ebbrezza di un istante unico ed irripetibile? Quegli occhi sgranati per non perdersi niente, quelle labbra dischiuse in un rapimento senza nome, erano esattamente questo: la perfezione di un momento.
E questo, che avrebbe costretto qualsiasi uomo alla resa senza condizioni,  non era ancora tutto. Era, infatti, come se quel candore inviolato, quel delizioso smarrimento, non fossero  tuttavia scissi,  nella profondità del suo sguardo, dal dolore della rinuncia, dal rigore di un severo autocontrollo, dall’esperienza, non recente e non effimera, ma antica e persistente ...dell’amore? Possibile?
E  dove e quando,  ne era certo ormai,  l’aveva vista?
Lo sapeva bene, lui cosa vuol dire nascondere un sentimento e reprimerlo fino ad illudersi di averlo cancellato, fino a fingere che non sia mai esistito. Ed era come guardarsi in uno specchio. Certo se non fosse stato impossibile avrebbe quasi giurato che quei capelli e quegli occhi e il suo profumo...ma no, forse si era sentito un po’ confuso, ma il suo ruolo, la sua intransigenza,  la sua specchiata lealtà...lei, il suo più caro e più prezioso  amico.
Ed era stato in quel preciso momento che lo sguardo di lei lo aveva attraversato da parte a parte e lui si era sentito come se non esistesse. E  lo sapeva bene, lui, cosa significa cercare negli occhi di una donna, nella sua bocca, sulla sua pelle, una traccia, un ricordo, un miraggio e non trovarlo. Ed era come guardarsi in uno specchio.
Si era sentito  improvvisamente fragile, vulnerabile. Si era sentito abbandonato, dopo essere stato sedotto. Questo, dunque, era il sentimento di una donna quando lui guardava oltre i suoi occhi ed oltre la sua bocca  ed oltre i suoi gesti, pur attraenti ed amabili?  
Gli fu chiaro improvvisamente, nella sua carne viva, cosa sente una donna quando cerca un chiarimento, una spiegazione. Che può assumere la forma di una pietosa bugia o di  una sgradevole constatazione dell’ovvio, ma insomma, è comunque una volontà, cieca ed ostinata, di farsi del male con la consapevolezza di farsi del male. Comprese il bisogno, perverso, di sentirsi schiaffeggiare da una verità crudele, la necessità, insana ed irrefrenabile di sapere, quando invece sarebbe stato infinitamente più semplice, più indolore, più saggio, più opportuno, lasciar perdere e conservare almeno la propria dignità. Comprese che veramente non è possibile, forse, a volte, resistere all’impulso di perdersi e di farsi del male,  perché  se non è possibile e non è concesso condividere l’amore, ci sia consentito almeno condividere il dolore e tentare di dare così sollievo all’anima.
A meno che non avesse interpretato male.  Che pensiero banale, constatò un po’ contrariato dal fatto che tante volte aveva letto in altri sguardi, persi nel suo, la speranza di aver frainteso e che ci fosse qualcos’altro da comprendere. Avrebbe avuto la forza sufficiente a lasciar perdere, senza cercare chiarimenti? Si sentì improvvisamente frustrato. Ma che pensieri erano quelli?  Provò una velata compassione per se stesso e subito dopo una fastidiosa indulgenza. Un chiarimento, ma non subito, naturalmente, non subito.
Si rabbuiò, poi si versò da bere, quindi provò a sorridere ma il sorriso si tramutò in una smorfia. Lo sapeva il Cielo se lui era nella posizione di poter esprimere giudizi. E alla fine, probabilmente se lo era meritato.
Diverse cose non erano chiare, quella sera al Conte Hans Axel di Fersen, e, tra queste, quali occhi oltre i suoi e quale bocca e quali gesti avesse cercato quella creatura così difficile da dimenticare.
Vuotò il bicchiere d’un fiato. Forse se l’era veramente meritato.
 
   
 
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