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Autore: LilithGrace    23/03/2022    2 recensioni
[...] "Tra almeno una trentina di candidati, Kaori fu scelta personalmente dai tre fratelli del Deserto; vantava di un ottimo curriculum accademico, specializzata in tossicologia e cito-istologia forense; il suo modo di lavorare era scrupoloso, non tralasciava nulla, lavorava sempre in silenzio, non amava parlare se non con Kankuro; [...]
Genere: Avventura, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaara/Lee, Kankuro, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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Kaori Matsumoto, giovane kunoichi del villaggio della Sabbia, lavorava nei laboratori dell’ospedale di Suna per un progetto appoggiato dal capitano della divisione d’assalto della quarta guerra ninja, capitano della squadra antiterrorismo, stratega, braccio destro, guardia del corpo e fratello maggiore dell’attuale Kazekage.
L’idea era nata
quando Kankuro fu stato avvelenato da Sasori e, se non fosse stato per l’intervento repentino di Sakura Haruno, ninja medico del villaggio ella foglia, a quest’ora sarebbe parecchi, ma parecchi metro sottoterra.
Tra almeno una trentina di candidati, Kaori fu scelta personalmente dai tre fratelli del Deserto;
vantava di un ottimo curriculum accademico, specializzata in tossicologia e cito-istologia forense; il suo modo di lavorare era scrupoloso, non tralasciava nulla, lavorava sempre in silenzio, non amava parlare se non con Kankuro; lui, dal canto suo, amava formulare i suoi veleni per contro proprio, ma spesso chiedeva il suo parere essendo del mestiere, facendole continuamente domande su domande, su come potenziarli, come renderli più letali; spesso le richiedeva anche di formulare un antidoto per ognuno di loro, per non farsi cogliere impreparato come già era successo, ritrovandosi spesso a parlare fino a tarda notte.
Non era insolito, inoltre, che la ragazza si trovasse coinvolta nell’analisi di tessuti e sostanze di dubbia provenienza: aveva imparato a non porsi troppe domande ed assecondare ogni sua richiesta, tranne una.



Fin da piccola avevo coltivato la passione per la musica e, ad oggi, era l’unico passatempo che potevo concedermi nel mio unico giorno di riposo settimanale. Il koto riusciva a non farmi pensare al lavoro o a ciò che vedevo lì dentro che non sempre era piacevole.
Avevo un mio rito personale che facevo ogni volta prima di iniziare: indossai il mio kimono blu, scuro come la notte, con dei graziosi fiorellini color lilla e un obi color lavanda; presi il mio strumento e lo sistemai accuratamente nella piccola veranda, in modo tale da farmi rivolgere il viso verso il piccolo spazio interno e mi inginocchiai su di un cuscino sospirando alla ricerca di pace.
Lasciai scivolare le palpebre sui miei occhi, socchiusi le mie labbra e immaginai, desiderai, che la distesa di sabbia di fronte a me non fosse altro che un enorme giardino zen, con al centro un grande acero rosso: i colori autunnali erano i miei preferiti.
La musica riusciva a calmare ogni mia ansia e preoccupazione, mi aiutava a meditare; inspirai ed espirai pigramente almeno per un paio di volte prima di fissare delicatamente i tre plettri su pollice, indice e medio, iniziando a pizzicare le corde rimanendo in religioso silenzio.
Le note si libravano nell’aria, lasciandosi trasportare dal vento rovente del deserto a cui sostituivo, grazie alla mia immaginazione, una brezza marina del periodo autunnale: fresco, leggero e un po’ frizzante.
Le mie dita si muovevano leggere sulle corde, intonandosi perfettamente con il battito del mio cuore, ma le mie orecchie mi portarono ad udire un rumore di passi che mi fece distrarre, producendo un vibrato tutt’altro che piacevole.
“Kaori, ti richiedono al palazzo del Kazekage!”, esclamò mia madre con tono fin troppo calmo e pacato.
“Non ci sono, dici loro che sono scappata dalla finestra.. è il mio giorno libero, mamma”, ridacchiai furbamente.
“Eppure sei qui, ti vedo molto bene.”, una voce maschile si intromise nello scambio scherzoso di battute facendomi arrossire per l’imbarazzo; il tono di voce era inconfondibile e avevo capito chi fosse. Inspirai ed espirai lentamente e mi rialzai melliflua coprendomi il viso con le maniche del kimono, inchinandomi in segno di saluto e di scuse a Kankuro, venuto personalmente a chiamarmi: “Non era mia intenzione mancarle di rispetto, Signore… sono mortificata.”
“Non importa.” sospirò appena “Se non fosse stato importante, non sarei venuto a chiamarti personalmente…”
Per quanto potessimo definirci quasi colleghi, lui rimaneva il mio capo indiscusso e quando eravamo davanti ad altri, mi rivolgevo a lui con l’appellativo di Signore, in quanto shinobi di rango superiore e di famiglia nobile.
In occasioni informali, mi aveva chiesto esplicitamente di chiamarlo con il suo nome e di non venerarlo come facevano invece i suoi allievi. Anzi, cercava dialogo e confronto.

Non avevo avuto neanche il tempo di cambiarmi d’abito e raggiungemmo in pochissimi minuti il palazzo dove trovai la sua squadra quasi al completo, tra cui il suo allievo migliore: Amagi.
Con un cenno, il Jonin mi chiese di avvicinarmi e di prelevare campioni direttamente dalla sua marionetta: quello era un degli spettacoli più rivoltanti che avessi mai visto. Un corpo totalmente fatto a pezzi, gli occhi spalancati di chi ha avuto paura di morire...quella visione mi aveva fatto contorcere lo stomaco provocandomi dei conati. Alzai lo sguardo sofferente verso di lui: “Chi era?”

Kankuro non rispose, lo fece al suo posto Amagi: “Probabilmente una spia che passava le informazioni del villaggio all’ennesimo gruppo di esaltati mitomani di Kajura.”
Kajura fu un terrorista arrestato dalla loro squadra in precedenza, non troppo tempo fa.
“Cosa volete che faccia?”, chiesi distogliendo lo sguardo dal quel corpo martoriato.
“Voleva farsi esplodere, ma non siamo riusciti a capire dove avesse l’esplosivo e neanche così si riesce a capire. Potresti analizzarlo?”
Potresti analizzarlo, non potevo credere alle mie orecchie.
I battiti del mio cuore accelerarono per l’agitazione e chiesi a Kankuro di parlargli gentilmente in privato. Ci discostammo dal gruppo per evitare occhi e orecchie indiscrete: “Tu lo sai che ti darò dei guanti e preleverai tu stesso ciò che occorre, vero?”, chiesi con una punta di acidità nei suoi confronti.
Il marionettista si mise sulla difensiva, mettendo le braccia conserte al petto: “Se ti ho chiamata, significa che mi serve il tuo aiuto.”
“Ok, ma è il mio unico giorno libero.”
“I ninja non hanno giorni liberi”, incalzò lasciandomi per qualche secondo nel più totale silenzio.
“Hai interrotto la mia meditazione, il suono del mio koto, non mi hai fatto neanche cambiare e mi hai fatto venire qui per cosa? Non mi sporgo nella tua marionetta, non mi fido.”
“Non si muove se non sono io a farlo, non ti pare?”
“Appunto.” sospirai: “Tu prendi ciò che ti serve, io analizzerò fino a notte fonda tutto quello che vorrai, ma ti prego di non farmi vedere ancora quella cosa perché non reggo quella vista”, la mia supplica non sembrava funzionare, ma alla fine aveva acconsentito e tirai un sospiro di sollievo.
Richiese comunque la mia presenza, volendo delle indicazioni su come muoversi con i diversi tipi di tessuto. Aprii il mio ventaglio nella speranza di coprire il mio viso provato da quello scenario e sventolandolo speravo di disperdere l’odore pungente del sangue fresco.
Non potendo più reggere a quella vista, sentenziai che avrei aspettato all’interno della struttura, facendomi guadagnare un’occhiataccia da parte di Kankuro.
Mi inchinai rispettosamente e mi dileguai sempre con il viso coperto.

Una volta nelle quattro mura del laboratorio, mi recai nel bagno: sciacquai il viso con acqua fresca asciugandolo con un panno di cotone; legai i miei lunghi capelli scuri con un elastico e tornai al mio bancone. Disinfettai tutto, preparai tutto ciò che poteva servirmi e attesi nervosamente il rientro del capo che non mi fece aspettare.
“Ecco a te”, Amagi mi porse svariati sacchetti con diversi campioni.
“Grazie e scusami per non essere stata presente, ma ho lo stomaco delicato.”, accennai un sorriso imbarazzato cercando di smorzare la tensione.
Non ricevendo alcuna risposta, decisi di mettermi subito a lavoro: vetrini, reagenti e sostanze capaci di scatenare reazioni di combustione… feci quei test più e più volte, fino a tarda notte, ma ognuno di essi portava allo stesso medesimo risultato: ma non c’era alcuna anomalia.
Quella persona aveva bluffato e ci erano cascati tutti, anche il Jonin più esperto del villaggio.

Uscii dalla stanza dopo ore di lavoro e mi avvicinai a Kankuro e la sua squadra. Mi inchinai scusandomi per l’attesa: “Mio Signore, la vittima non aveva nulla di esplosivo, né sui vestiti né sul corpo, nella pelle... Ha mentito, era innocente.”
Il gruppo si ammutolì.
“Rifai i test, rifalli da capo!”, mi ordinò Amagi preso dall’impeto della sua fallibilità.
Non mi scomposi aspettando un ordine, un’opinione, dal capo.
“Cosa ne pensi?”, mi chiese a bruciapelo.
“Non ho sufficiente esperienza e conoscenza per poter esprimere la mia opinione.” tentai di astenermi.
“Non importa l’esperienza, vorrei sapere cosa ne pensa qualcuno che non è coinvolto in prima persona”.
Acconsentii e mi schiarii la voce: “Secondo me era effetivamente la talpa. Sapeva che sarebbe dovuto morire, per questo ha avuto paura, ma allo stesso tempo non essendo esplicitamente un traditore, potrebbe sembrare quasi che l’abbia giustiziato ingiustamente. Credo gli fosse stato ordinato di distrarvi da un altro attacco, uno più grande...”, il mio ragionamento filava e Kankuro ascoltò ogni mia parola con attenzione, cercando di intuire dalla mia voce qualsiasi traccia di esitazione, vacillamento. Amagi mi guardò come fossi colpevole, come se sapessi troppo per essere una semplice chunin.

Era notte fonda ed io ero tra i pochi fortunati che aveva avuto il permesso di rientrare a casa a riposare un po’: da lì a poche ore ci saremmo dovuti recare nuovamente
Mi congedai, ma fui fermata da Amagi: “Kankuro-san mi ha chiesto di riaccompagnarti a casa”, mi disse inchinandosi leggermente verso di me. Sorrisi e mi coprii il volto con il mio ventaglio: “Non preoccuparti, Amagi. Abito a pochi mentre da qui, posso tornare a casa da sola.” lo rassicurai benché si insinuò in me una sensazione spiacevole. Perché aveva ordinato ad Amagi di seguirmi? Perché quello gli aveva ordinato... Amagi non sembrava provare una gran simpatia per me; mi aveva studiata fin dal primo giorno e credo che mi trovasse sospetta e Kankuro, avendo ascoltato impassibile le mie parole senza esprimersi aveva come confermato l’opinione del suo sottoposto. Brutto segno.
Un moto di sconforto mi assalì: perché sospettavano di me? Avevo giurato fedeltà alla Sabbia, al Kazekage, non avevo mai voltato le spalle al mio villaggio, neanche nei momenti più bui.

Mia mamma mi diceva sempre che mai mi sarei dovuta esporre con le mie opinioni, soprattutto ai piani alti. Mi ero messa nei guai per obbedire ad un ordine.
Il pensiero che l’indomani mattina mi sarei potuta trovare un plotone d’esecuzione fuori la porta di casa e mettere in pericolo tutta la mia famiglia... non l’avrei permesso.
Salii silenziosamente nella mia stanza prendendo lo stretto necessario per il viaggio; mi cambiai d’abito indossandone di scuri, adatti agli spostamenti al buio, presi dei soldi e mi misi alla mia scrivania, scrivendo una lettera ai miei genitori, specificando di non cercarmi e di mostrare questa mia lettera in caso le guardie del kazekage fossero venuti a cercarmi.
Scesi al piano di sotto e poggiai il rotolo con le mie parole sul tavolo, lasciando accanto ad esso il mio coprifronte, segno di appartenenza e lealtà.









 


Nota dell'autrice:
Ciao a tutti!
Era da un po' di tempo che non pubblicavo su EFP e ho deciso di tornare su nuovo fandom, con una storia incentrata sul mio OC Kaori Matsumoto e Kankuro (pg prefe della vita) del manga "Naruto": ho voluto inserire una storia d'amore, sebbene sia consapevole che Kankuro è il tipico personaggio che sta bene da solo, indipendente e ligio al proprio lavoro, ma ho voluto comunque azzardare.
Ammetto di essere un po' arrugginita, ma spero sia comunque di vostro gradimento. 
Premessa doverosa: la storia è ambientata dopo la Grande Guerra Ninja, quindi alla fine del manga; sono inseriti anche riferimenti al libro incentrato su Gaara, ovvero "Gaara Hiden: miraggio in una tempesta di Sabbia". 

Un abbraccio,
Grace 

  
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