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Autore: LilithGrace    31/03/2022    2 recensioni
[...] "Tra almeno una trentina di candidati, Kaori fu scelta personalmente dai tre fratelli del Deserto; vantava di un ottimo curriculum accademico, specializzata in tossicologia e cito-istologia forense; il suo modo di lavorare era scrupoloso, non tralasciava nulla, lavorava sempre in silenzio, non amava parlare se non con Kankuro; [...]
Genere: Avventura, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaara/Lee, Kankuro, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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Da circa un mese avevo trovato posto in una piccola okiya.
Un’okiya era una casa di geisha, gestita da una madre, una okasan, che ne era la direttrice e si premurava di addestrare ed ospitare le future geisha.
Ero ormai troppo grande per potermi affacciare a quel mondo, ma avendo chiesto asilo e sapendo suonare il koto, trovarono comunque utile la mia presenza, assegnandomi come accompagnatrice all’unica maiko di quella casa, Aoi.

Aoi era una ragazza meravigliosa con dei capelli neri che le sfioravano i fianchi.
Aveva dei rari occhi color del ghiaccio, trasparenti, che la rendevano una delle ragazze più richieste della zona e dintorni.

I kimono che indossava alle feste dove li aveva ereditati dalla sua okasan: erano fatti della seta di gelso, la seta più pregiata dell’Oriente; erano finemente decorati dalle più raffinati pittori e intarsiati con fili d’oro e d’argento dalle più abili ricamatrici; i colori variavano, dal rosa pastello, al rosso, fino al viola, quelli più costosi, sebbene quelli che preferiva indossare, erano quelli i cui colori ricordava il mare, il cielo e le nuvole, quelle sfumature che facevano risaltare i suoi occhi dando loro ogni volta una connotazione differente facendoli sembrare ogni volta diversi. Più i suoi occhi sembravano diversi, più era richiesta: volevano sapere sempre di più di lei e la loro sete di conoscenza non finiva mai.
Io, invece, indossavo sempre un kimono di seta nero, semplice; in tal modo si permetteva al pubblico di ammirare la danza apprezzando la musica con il solo uso dell’udito senza interferire con la danza.

Io ed Aoi eravamo diventate amiche fin da subito.
Mi aveva raccontato la sua storia e di come fosse finita lì: veniva dal Villaggio della Pioggia, da una famiglia povera finendo per essere costretta dai genitori a rubare per poter sopravvivere. Fin quando, nel suo villaggio, non incontrò una distinta signora sulla cinquantina, elegante, gentile e si perse nell’osservare la leggiadria con cui si muoveva, dai modi garbati e mai altezzosi.
La piccola non passò inosservata facendosi notare per la sua bellezza; sarebbe stato un peccato lasciarla lì e la gentile signora con una breve trattativa e un bel po’ di soldi acquistò Aoi.
Già, come un oggetto.
L’intento era quello di toglierla dalla strada e darle una casa, un’istruzione, renderla una vera opera d’arte in movimento.
Ichimaru, quello era il nome della sua salvatrice, era stata una celebre geisha ormai in pensione: si era ritirata da qualche anno, ma nei suoi anni d’oro era capace di incantare chiunque con la sua grazia e la sua arte, e decise di passare il suo sapere a quella bambina sventurata che sarebbe poi diventata la sua unica apprendista. Aoi si fece presto un nome, richiamando l’attenzione e la concorrenza non solo dai paesi limitrofi, ma anche da terre più lontane.

Quella sera era previsto un incontro con alcune personalità di spicco di paesi confinanti, ma non ci fu specificato chi: ci aveva detto solo di dare il meglio di noi.
Il fatto che non ci fosse stato detto chi ci aveva richieste, mi fece balenare l’idea che ci potessero essere anche loro. Sentii l’ansia salire e travolgermi così feci un bel respiro e decisi di ignorare qusti pensieri e di andare avanti.
Iniziammo i nostri preparativi nel primo pomeriggio: una maiko ci metteva ore per vestirsi, truccarsi e pettinarsi ed io, da brava amica e assistente, avevo iniziato a prepararmi con lei, tenendole compagnia con qualche chiacchiera.
«Sei nervosa?», era una domanda di routine, ormai per noi.
«Un po’…» e, come consueto, mi rispose come faceva di solito.
«E tu?» mi chiese mentre con maestria si dipingeva le labbra di un color rosso scarlatto vivo.
«Come sempre…» ormai il nostro era un copione scritto e ripetuto innumerevoli volte.
Mi sorrise dallo specchio capendo che fossi preoccupata: “Non hai nulla da temere, ci sono io.»

Lei conosceva la mia storia, sapeva chi ero, da dove venivo e cosa facevo prima di arrivare lì.
Le avevo raccontato di Kankuro, di quanto lo ammirassi e quanto fosse stato per me un onore essere scelta tra tanti per lavorare con lui e di quanto tutto mi crollò addosso nel momento in cui avevo notato che semplicemente mi ero data la zappa sui piedi.
“Quando sarà il momento di scappare, fammi un cenno, ok?”, scherzò lasciandosi scappare una risata cristallina.


Arrivammo alla locanda a bordo di una tipica carrozza e fummo presentate agli invitati come Mai e Teruha; scrutai velocemente la folla e, a primo impatto, non notai alcun viso noto e tirai un sospiro di sollievo.
«Signori, a voi l’esibizione della meravigliosa Mai sulle note della sua suonatrice», fummo accolte da applausi composti degni delle figure che rappresentavano: il mio koto era già posizionato di lato al palchetto dove si sarebbe esibita Aoi. Mi accomodai garbatamente inginocchiandomi sul cuscino di seta e iniziai a pizzicare le corde, guardandomi di tanto in tanto intorno;
Nella folla notai un ragazzo che somigliava terribilmente ad Amagi: il mio cuore accelerò suscitandomi uno stato d’ansia; sentii il mio corpo irrigidirsi, le mie dita non rispondevano più ai miei comandi confusi, erano così tese da farmi sbagliare almeno tre note di fila, ma per fortuna nessuno dei presenti aveva notato i miei errori.
Con uno sguardo fugace fui rassicurata da Aoi e continuai senza mai fermami fino alla fine della sua performance;
A fine danza, mi invitò accanto a lei con un cenno della mano e la raggiunsi inchinandomi al pubblico e no, non mi ero sbagliata. Tra loro c’era effettivamente Amagi, non mi ero sbagliata, accompagnato dalla sua squadra.
«Sei pronta a scappare?», chiesi sottovoce alla mia amica che rispose con una risatina composta e coprendosi il viso con il ventaglio variopinto.
«Come sempre.»

Cercammo riparo nel retro del locale, chiedendo di richiamare la nostra carrozza che non tardò ad arrivare.
Una mano con un guanto nero con le dita tagliate ci aiutò a salire all’interno dell’abitacolo.
Quella mano la conoscevo fin troppo bene, mi stavo dando mentalmente della stupida: non potevo opporre resistenza, non potevo scappare, non potevo fare mosse azzardate perché ci sarebbe andata di mezzo anche Aoi.
«Fanno servizio completo qui, anche le guardie del corpo», cercò di sdrammatizzare la mia compagna, riconoscendo il coprifronte.
La sua affermazione fu ignorata.
«Hai anche cambiato identità?», mi chiese Kankuro.
Aoi si intromise, cercando dispratamente un modo per distogliere la sua attenzione da me: «Una maiko usa un nome d’arte.» asserì.
Piombò di nuovo un silenzio imbarazzante.
La ragazza cercò di darmi manforte: «Il musico non parla se non è la maiko ad ordinarlo. Le sue domande sono rivolte a lei? La prego di identificarsi, prima, o non le farò proferir parola.» affermò aprendo violentemente il suo ventaglio nascondendo il viso.
Questa regola non esisteva, l’aveva inventata di sana pianta per proteggermi, ma stava giocando con la persona sbagliata.
Kankuro, seduto davanti a noi, stava perdendo la pazienza, ma seguì le regole imposte dalla giovane.
«Sono Kankuro del villaggio della Sabbia, guardia del corpo del kazekage e sì, sto rivolgendo le mie domande alla sua accompagnatrice.»
Aoi trovava divertente l’idea di giocare con lo shinobi, la sua posizione era effettivamente di vantaggio e in più ci trovavamo in territorio neutrale.
«Teruha, puoi rispondere al signore truccato da teatro kabuki.»
Spalancai gli occhi e la guardai “Ma come le è venuto in mente?”, pensai.
«La ringrazio, mia Signora.», la canzonai.
Mi schiarii la voce: «Non puoi farmi nulla, né qui dentro, né in questo villaggio.»
Rimase in silenzio, come se aspettasse che rispondessi alle domande fatte da lui in precedenza. Sospirai e presi coraggio: «Anche i musici, come le maiko, hanno un nome d’arte. Altro da chiedere?»
«Sei ricercata, lo sai?»
«Per cosa, esattamente?»
«Perché sei scappata dal villaggio. Amagi dice che sei sospetta.»
«Ho giurato fedeltà al mio paese, al kazekage e a te. Ho solo risposto ad una tua domanda e Amagi...» risi amara «Lui non mi ha mai vista di buon occhio. Tu, piuttosto, perché hai voluto che mi accompagnasse a casa? Hai sospettato di me?»
Rimase in silenzio.
Aoi notò a tensione e decise di intervenire: «Fai silenzio, Kaori. Questa conversazione finisce qui.»
«Non ho mai ordinato ad Amagi di riaccompagnarti.»
Non risposi.
«Cosa ti ha detto?»
Non risposi di nuovo.
« Se vuole colloquiare con la mia» e sottolineò mia «suonatrice, dovrà richiedere un appuntamento alla mia okiya e sa, costerà dei soldi.»
Detto questo, fece scendere lo shinobi e fece ripartire la carrozza.
Mi abbracciò, mi abbracciò forte.

«Grazie» le sussurrai.
Alloggiavamo nella stessa stanza, ma il mio futon si trovava su un soppalco.
«Non si fermerà e devi ringraziare che sia un gentiluomo e che sia anche paziente»
«E’ stato divertente però» ammise ridacchiando sottovoce.
«Ho notato, ma non giocare troppo. È una persona rispettabile.»
«Lui ti affascina, non è così?»
«Già, ma non solo dal punto di vista militare… È premuroso, leale. Si capisce quando qualcosa non gli quadra, assume un’espressione particolare… non so descrivertela, ma si capisce.»
«Devi averla fatta grossa se è venuto a prenderti personalmente.», scherzò «Domattina credo verrà qui e l’okasan ci butterà giù dal letto sbraitando.»
«Per me c’è Amagi già qui fuori ad ascoltare quello che stiamo dicendo.»
«Ligio al dovere e davvero molto annoiato per interessarsi a quello che diciamo»
«Mi dispiace coinvolgerti… ti assicuro che non ho fatto nulla e che non sono una criminale... Amagi ha trovato sospetto che io mi sia pietrificata davanti al cadavere di una spia, ha trovato sospetto anche che io abbia azzardato un’ipotesi di diversivo… per lui sapevo troppe cose giuste, pur non avendo esperienza quando per me era logico, semplicemente.» mi affacciai per vedere il viso di Aoi: «Sono scappata perché ho avuto paura, per me e per la mia famiglia…»
«Lo so…» sbadigliò «Ne riparliamo domani. Tanto sai che richiederà udienza alla somma madre. Immagina la sua faccia quando sentirà del teatrino che abbiamo messo su» rise sottovoce per non farsi sentire.
«Hai ragione… a domani e ti prego, dammi l’ordine di parlare, mi raccomando.»



 

Nota dell'autrice:
Alcune caratteristiche del personaggio di Aoi sono ispirate a Chiyo/Sayuri del romanzo "Memorie di una Geisha".
I nomi Teruha, Ichimaru e Mai sono nomi di geisha molto famose e realmente esistite in Giappone a cavallo tra Ottocento e Noveceneto, dello scorso Millennio. 
Kaori indossa un kimono di seta nero come i secondi e terzi marionettisti del teatro bunraku che sono, appunto, vestiti completamente di nero, da capo a piedi, per potersi mimetizzare con lo sfondo dello scenario, permettendo così a chi guarda lo spettacolo di non distogliere l'attenzione dalla marionetta; questa è anche la ragione per cui Kankuro, nel manga e nell'anime, viene rappresentato vestito di nero, mentre il trucco è ispirato alle maschere kabuki. Utilizza il colore viola perché il viola è, in Giappone, un colore utilizzato dalle caste nobili.

  
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