Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Vallyrock87    04/06/2022    2 recensioni
Può succedere nel corso della vita di incontrare qualcuno che è il nostro esatto opposto, eppure, sin da qundo si posa lo sguardo su quella persona, diventa inevitabile riuscire a staccarsi da lei e da quel sentimento che, poi diventa talmente forte da non riuscire più a farne a meno. Ci deve essere, in fondo, una ragione che ci spinge ad affrontare la vita di tutti i giorni.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Farlan Church, Isabel Magnolia, Kenny Ackerman, Levi Ackerman
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saint Valentine's Day'
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Crediti fanart: maino_merry
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Come sempre i ringraziamenti vanno alla mia beta Moonsuckerlove
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Durante i giorni dei preparativi, Erwin, mentre era chiuso nel suo ufficio, volle fare qualche ricerca sul conto di Levi; non era una vera e propria indagine, soltanto voleva capire che cosa fosse ciò che affliggeva il ragazzo dagli occhi in tempesta e che tanto tormentava i suoi pensieri. Non scoprì molto, ma almeno riuscì a sapere che non era schedato tra i loro archivi come un criminale, e ciò lo rese più sollevato. Però ci fu un particolare che gli saltò all’occhio; Erwin non capiva perché Levi si trovasse comunque nel loro database nonostante non avesse precedenti e, scavando più a fondo, scoprì che un suo parente era stato indagato a causa di alcuni traffici illeciti in cui pareva essere coinvolto: un certo Kenny Ackerman, che a quanto pareva risultava essere suo zio. A causa di Kenny, anche Levi era stato tenuto sotto controllo per un certo periodo, ma poiché la polizia alla fine non aveva scoperto niente sul conto di Levi e neanche di Kenny, il caso venne archiviato per insufficienza di prove.

Erwin seppe che Kenny aveva aperto un locale non molto distante da dove abitava Levi. E non chiudeva fino a tarda sera, così uno di quei giorni dopo essere andato a prendere un caffè alla caffetteria, prima di tornare a casa, Erwin fece una piccola deviazione per dirigersi al locale dello zio di Levi. Alla fine, il suo lato investigativo aveva preso il sopravvento e soprattutto voleva capire che tipo fosse questo Kenny di cui aveva letto soltanto nei fascicoli.

Il locale da fuori sembrava molto grande; aveva un piccolo portico davanti all’entrata, e una scritta luminosa sulla facciata che recitava: Kenny’s – grill & Bar. Erwin pensò che la scarsa fantasia fosse il punto debole di Kenny, tuttavia, quel posto gli ricordò un bar in stile texano che aveva visto in un famoso telefilm. Non appena varcò la soglia, dopo aver sorpassato la passatoia in legno del portico, si rese conto che richiamava proprio lo stesso bar, con il medesimo stile country, e Erwin si chiese se per caso lì facessero anche lo stesso chili piccante di C-D in Walker Texas Ranger. Il locale era avvolto in una semi oscurità, illuminato soltanto da luci basse che richiamavano molto l’atmosfera texana, all’interno era ancora più grande di come sembrava all’esterno, le pareti erano adornate di varie stampe incorniciate di indiani e ranger. Alcuni oggetti come pistole, sicuramente finte, erano appese accanto alle stampe, vicino al bancone vi erano alcune selle al posto degli sgabelli e qualche tavolo somigliava a delle carrozze. Dalle casse sparse per la sala usciva musica country, bassa al punto giusto in modo da creare l’atmosfera, l’odore di legno impregnava l’aria, mista a quella di alcool e caffè, il pavimento era fatto di un materiale che poteva sembrare pietra.

Erwin notò che al bancone vi era un uomo, che portava sulla testa un cappello da cowboy non molto grande e aveva un accenno di barba che gli contornava il viso rugoso; stava parlando animatamente con uno dei clienti mentre puliva i bicchieri con un panno, che sicuramente aveva appena tolto dalla lavastoviglie, la sua risata sguaiata risuonava per tutto il locale. Erwin non sapeva chi fosse quell’uomo ma il suo intuito da detective gli fece supporre che fosse lui il Kenny che cercava, così si avvicinò al bancone.

Nel momento in cui Kenny vide quel tizio avvicinarsi, il suo sesto senso sembrò suggerirgli che quello con molte probabilità fosse uno sbirro, e per poco non sentì le gambe cedere; era pulito da diversi anni, ormai, eppure per un istante credé che quel poliziotto fosse lì per lui, pensò che il suo passato che lo tormentava ormai da diverso tempo fosse venuto a galla e che alla fine gli avrebbe presentato il conto, ed era ciò che aveva sempre temuto; smise improvvisamente di ridere e si fece più serio. Si avvicinò al biondino; Kenny era teso, peggio di una corda di violino, ma cercò di far finta di niente e sperò che non trasparisse nessuno stato d’animo dal suo volto, in grado di tradirlo.

- Salve, il mio intuito mi dice che voi siete un poliziotto, o sbaglio?– esordì Kenny sporgendosi verso lo sconosciuto con un braccio piegato sul bancone, e un sorriso sghembo dipinto sul volto. Erwin dal canto suo non si scompose, di certo non era andato lì sotto copertura e sicuramente non avrebbe dovuto nascondersi, e poi era abituato a non essere il benvenuto.

- Salve. Più precisamente sono un ispettore di polizia. Avete un buon intuito signor Ackerman. – Disse Erwin rispondendo al saluto, senza preoccuparsi di lasciar trasparire il fatto che conoscesse il cognome di Kenny. Quel sorriso sghembo sparì dal volto di Kenny, che si rizzò in piedi e fece qualche passo indietro, come se uno schiaffo lo avesse colpito in pieno volto, sicuro che se erano arrivati sino a lui, le sue paure erano fondate.

- Che cosa vuoi da me, sbirro? - disse Kenny accantonando il tono cordiale che aveva avuto fino un attimo prima.

- Assolutamente nulla. Ho soltanto un certo interesse per vostro nipote Levi e volevo capire quali fossero le preoccupazioni che lo affliggono. Ho fatto delle ricerche ed è saltato fuori che siete stato indagato qualche tempo fa per una certa questione, così volevo sapere chi foste e se avessi potuto saperne di più sul conto di Levi. – disse Erwin, parlando con un tono pacato, senza lasciare trasparire alcuna minaccia, e rendendosi conto in quel momento che gli occhi di Kenny richiamavano molto quelli del nipote. Kenny dal canto suo rimase allerta; i poliziotti di solito non gli ispiravano nulla di buono, forse il suo era soltanto istinto di conservazione, però non si fidava di nessuno di quei maiali.

- Senti, razza di damerino, lascia stare mio nipote! Non permetterò che uno come te gli faccia del male, ha già provato abbastanza sofferenza, non ne merita dell’altra. – lo minacciò Kenny puntandogli un dito sotto il naso. Istintivamente Erwin alzò le mani come se Kenny lo tenesse sotto tiro con una pistola, in realtà Erwin voleva soltanto fargli capire che era andato lì con intenzioni pacifiche.

- Non ho alcuna intenzione di fargli del male, voglio soltanto capire se anche lui è un poco di buono quanto lo siete voi. In realtà spero che forse questo possa togliermi un peso dal cuore. – si confessò sinceramente Erwin. Kenny a quel punto sembrò confuso, che cosa voleva realmente quell’uomo, forse soltanto fare conversazione?

Così chiamò l’unico ragazzo che lavorava per lui durante la settimana, che in quel momento stava servendo ai tavoli, e gli chiese se poteva sostituirlo per qualche minuto. Poi indicò a Erwin di seguirlo nel retro, dove avrebbero potuto parlare più tranquillamente. Kenny aprì la porta in legno dell’ufficio scostandosi di lato per permettere a Erwin di entrare nella stanza, ed entrò dopo di lui chiudendosi la porta alle spalle. Kenny fece cenno a Erwin di sedersi a un tavolo che era posto al centro della stanza, lui lo seguì subito dopo.

- Perché vuoi sapere se mio nipote è un delinquente o meno? Come ti sentiresti sapendolo? – gli chiese Kenny, questa volta con un tono più calmo rispetto a poco prima, nonostante avesse i sensi in allerta, la sua sfiducia nei confronti di quell’uomo non era scemata del tutto.

- Non lo so di preciso, forse perché in un certo senso non posso credere che lui lo sia stato un tempo, Levi non sembra il tipo da commettere qualche cosa di sporco come… - Erwin vene interrotto bruscamente da Kenny.

- Come me? – gli chiese Kenny finendo la frase per lui. Poi prese un lungo respiro; il biondino era un ottimo ispettore a quanto pareva. Kenny prima di continuare a parlare emise una risatina nervosa. – Nella mia vita ho commesso una miriade di stronzate e una di queste fu quando coinvolsi un ragazzino, con ancora i denti da latte, nei miei casini. Me ne pento ogni giorno della mia vita. Io minacciai Levi, la prima sera in cui lo portai con me. Avevo una paura fottuta che quel ragazzino, nonostante fosse mio nipote, potesse mettermi nella merda denunciandomi alle autorità. Ora mi rendo conto che a Levi non importava un cazzo di ciò che facevo e di certo non mi avrebbe consegnato alla polizia, semplicemente se ne sarebbe fregato. Quando presero la banda con la quale ero invischiato, me ne andai, temevo che sicuramente sarebbero risaliti anche a me; ancora mi chiedo per quale strano disegno del destino, né io né Levi eravamo al magazzino quella sera. Non fu facile cancellare le mie tracce e sparire per un po’, ma in qualche modo me la cavai e riuscii a sopravvivere. Aspettai finché le acque non si furono calmate e poi feci l’ennesima stronzata della mia vita: tornai senza preavviso, ancora mi maledico per non essere sparito definitivamente dalla circolazione, e non scorderò mai lo sguardo di Levi quando mi vide davanti alla porta di casa sua. Gli dissi che avevo messo la testa a posto, che ero cambiato, ma lui non mi credé. Come biasimarlo, sicuramente io se fossi stato al posto suo avrei fatto la stessa cosa. – Kenny si stupì perfino di sé stesso, a nessuno aveva mai detto ciò che si teneva dentro da tanto, forse troppo tempo, eppure quel biondino dagli occhi del colore del cielo lo aveva convinto a confessarsi, mandando al diavolo ogni suo senso di allerta visto chi si ritrovava davanti. Erwin lo aveva ascoltato con attenzione, quasi rincuorato dal fatto che Levi fosse stato forzato a commettere i crimini per cui era stato tenuto d’occhio.

- Per ciò che mi avete confessato potrei tranquillamente mettervi le manette ai polsi e rinchiudervi in galera a vita, ma credo che non lo farò, inoltre non ho nemmeno uno straccio di prova, sarebbe la vostra parola contro la mia. - gli disse Erwin. Kenny per un attimo ebbe un fremito, ma poi guardò negli occhi l’altro e si sporse verso di lui.
- Se davvero avete intenzione di rendere felice mio nipote, datemi retta, lasciate la polizia. Levi non ha bisogno di pensare che da un momento all’altro potrebbe non tornare più a casa, ha già troppi pensieri per la testa, non ne diventate uno in più da sopportare. Se Levi tiene davvero a voi, non vi dirà mai che sta soffrendo, perché Levi è fatto così. – gli consigliò Kenny che per qualche motivo sentì il bisogno di suggerirgli quelle parole, ma Erwin sapeva che se anche Levi non glielo avesse mai detto, lui avrebbe percepito la sua sofferenza perché glielo avrebbe letto negli occhi, non sapeva di preciso da dove gli uscisse questa sua certezza, sapeva semplicemente che era così.

- In un certo senso sono stanco della mia vita da poliziotto, sento che ho dato tutto a questo lavoro. E se fare il bene di Levi significa lasciare ogni cosa per ricominciare una nuova vita, è quello che ho intenzione di fare. – disse Erwin risoluto, senza nemmeno una punta di dispiacere nello sguardo. Kenny annuì comprensivo e soprattutto soddisfatto dalle parole che aveva appena udito.

- Ci conto. – disse soltanto Kenny, prima di alzarsi e lasciare solo Erwin in quella stanza, che dopo qualche minuto uscì da quell’ufficio e si accomodò nuovamente al bancone, per ordinare un bicchiere di Whiskey e poi tornarsene a casa.

 
***

Dopo l’incontro con Kenny, Erwin si preparò alla serata con Levi, aiutato da Furlan che sembrava convinto nella riuscita della cena, mentre lui non ci sperava proprio per niente. Non credeva che Levi sarebbe stato così accomodante da sedersi al tavolo con calma senza dire niente, accettando quel forzato invito a cena; anzi, pensava che lo avrebbe mandato a fare in culo senza troppe cerimonie. Ma in fondo se avesse saputo che era andato a trovare suo zio senza permesso, pensò che se lo sarebbe meritato eccome. Tuttavia, dopo l’incontro con Kenny, Erwin si sentiva molto più leggero di prima, non poteva sopportare l’idea che Levi in passato avesse fatto qualcosa di losco, e sapeva che non avrebbe accettato facendo finta di niente, che quel passato scomodo non fosse mai esistito. Non poteva, il suo istinto da poliziotto gli diceva che non avrebbe potuto rinunciare al suo lavoro, anni e anni di fatiche, per qualcuno che avrebbe meritato di stare dietro le sbarre, non avrebbe mai potuto vivere con questo peso sullo stomaco e sulla sua anima.

Erwin sapeva di provare qualcosa per Levi, e che quel qualcosa lo aveva spinto a voler cercare un lavoro diverso da quello che, sicuramente, lo avrebbe portato a morte certa. Non avrebbe potuto buttare tutto alle ortiche così. In ogni caso, sapeva di avere sbagliato, che fare una cosa del genere a Levi era come una pugnalata alle spalle. Ma, in qualche modo, aveva dovuto a tutti i costi sapere la verità, perché quel dubbio lo avrebbe tormentato per il resto dei suoi giorni.

Arrestare Levi sarebbe stato un duro colpo per lui e ne avrebbe sofferto. Forse Levi lo avrebbe odiato a vita, ma lo stesso Erwin lo avrebbe fatto; si sarebbe odiato. Tuttavia, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad avere il coraggio di rinchiudere Levi in cella, il suo cuore sembrava avere il dominio sul suo spirito di poliziotto. Quel traguardo che si era posto da quando aveva incontrato quegli occhi in tempesta così profondi e sofferenti lo spingevano a desiderare qualcosa di più, di meglio per sé, di scoprire che cosa volesse dire amare veramente qualcuno. Gli incontri occasionali che aveva avuto gli sembravano talmente sporchi da farsi ribrezzo da solo. Si disse che se non avesse mai incontrato Eren, molto probabilmente, non si sarebbe mai trovato a domandarsi che cosa stesse facendo della sua vita, e se non avesse mai incontrato Levi, con ogni probabilità, non si sarebbe mai ritrovato a domandarsi se avesse potuto avere la chance di sognare una nuova vita, più tranquilla di quella che aveva avuto fino a quel momento.

Levi era stato una ventata d’aria fresca, gli aveva riempito i polmoni, gli aveva fatto assaporare qualcosa di meglio, qualcosa che lui ancora non conosceva bene ma che avrebbe voluto conoscere, saggiare, scoprire. Levi nemmeno sapeva tutto ciò che gli stava facendo provare, eppure Erwin era determinato a conquistarlo, a provare ad avere almeno una possibilità con lui.

Attendendo la sera di San Valentino, si sentì agitato come mai lo era stato prima di allora. Molti pensieri vorticavano nella sua mente; domande che forse durante la sua intera vita non aveva mai avuto modo di porsi: E se Levi mi rifiutasse? E se mi mandasse davvero a quel paese, che cosa succederebbe? Che cosa ne sarebbe di me?

Erwin si rese conto che, per la prima volta in vita sua, si sentiva legato indissolubilmente a qualcuno e, per la prima volta sentiva un senso di vuoto dentro di sé al solo pensiero di doversi separare da quella persona. Capì che quel suo desiderio di cambiamento era dovuto a qualcosa più forte di qualsiasi altro sentimento avesse mai provato.

Mentre era intento nei preparativi, Erwin ordinò alcune composizioni di fiori, su consiglio di Furlan, certo la loro forse sarebbe stata una cena semplice, anzi forse la più semplice e la meno romantica di tutte, ma almeno ci sarebbero stati lui e Levi, questo sarebbe bastato. Al diavolo le cene in un ristorante di lusso a mangiare qualcosa di forse troppo sofisticato per uno come lui, o come Levi. Nel suo cuore, non vedeva l’ora che arrivasse quel giorno, era talmente agitato che temeva che Levi si sarebbe accorto che stava tramando qualcosa alle sue spalle, con la complicità di Furlan.

Finalmente, il tanto desiderato giorno di San Valentino arrivò, e Erwin come suo solito da un po’ di tempo a questa parte, si recò alla caffetteria. Nel momento in cui varcò la soglia, vide soltanto Furlan intento a decorare il locale per l’evento, come avevano concordato; il ragazzo aveva mandato Levi a comprare qualcosa al minimarket lì vicino, con una scusa. Levi di malavoglia e sbuffando si era tolto il grembiule ed era uscito.

- Erwin dammi una mano, Levi non ci metterà molto a tornare. Non sapevo che scusa inventarmi e l’ho mandato al minimarket qui vicino a prendere due sciocchezze. – gli disse Furlan, che sembrava più agitato di lui.

- Certo, sta tranquillo riusciremo a sistemare tutto prima che ritorni. – gli disse Erwin prendendolo per il polso e cercando di calmarlo, trovando la scena quasi comica, visto che lui non era messo meglio di Furlan.

Le varie composizioni floreali che Erwin aveva comprato, e che Furlan aveva nascosto nel magazzino in modo che Levi non le vedesse, vennero posizionate sul bancone e sparse qua e là per la stanza insieme anche ad alcune candele. Uno dei tavoli della sala da caffè venne imbandito e al centro venne posizionata un’altra composizione floreale, insieme a un paio di candele. Un nastro rosso a cui erano appesi alcuni cuori decorativi, adornava il bancone. Erwin si guardò intorno e si sentì le mani sudate e la gola secca, era tremendamente nervoso, per la prima volta in vita sua.

- Ora credo che sia meglio se ti vai a cambiare, Levi tornerà da un momento all’altro. - Furlan lo ridestò dai suoi pensieri; qualche giorno prima Erwin aveva lasciato nella caffetteria uno smoking che avrebbe indossato per l’evento. Limitandosi solamente ad annuire, Erwin scomparve dietro la porta del piccolo magazzino della caffetteria. Afferrando una catenella, accese la luce della piccola stanza, non illuminava molto, ma tanto gli bastava almeno per vestirsi. Una volta che si fu cambiato e sistemato come poteva uscì dalla stanza tornando nella caffetteria, Furlan lo guardò e gli andò vicino sistemandogli il farfallino bianco che era storto.

- Direi che sei perfetto, magari sistemati un po’ i capelli. – gli fece notare Furlan e Erwin si passò una mano tra la chioma bionda cercando di guardarsi nello specchio dello scaffale dietro al bancone, dove erano posizionate le bottiglie.

Nel retro della cucina, Furlan sentì la porta aprirsi e capì che Levi era tornato con la spesa. Fece segno a Erwin di prepararsi e poi lui sparì dietro la porta. Levi era appena rientrato e stava posando le borse sul tavolo, quando vide entrare Furlan con una strana espressione.

- Che cosa sta succedendo? – chiese Levi piuttosto sospettoso. Sentiva che c’era qualcosa di strano nell’aria, che quella richiesta di uscita per andare al minimarket fosse stata soltanto una scusa. Assottigliò gli occhi, come se volesse scrutare nella mente di Furlan.

- Oh! nulla. Perché fai questa domanda? – chiese Furlan con voce tremante. Aveva cercato di contenere il nervosismo ma alla fine non ci era riuscito; anche lui come Erwin sembrava piuttosto agitato. Levi non credé alle parole dell’amico e aggrottò la fronte; c’era qualcosa che gli stava sfuggendo. Però, si limitò a mettere a posto la spesa prima di rivolgersi nuovamente a Furlan.

Levi gli andò vicino con fare minaccioso, Furlan indietreggiò fino a sbattere le natiche contro il piano d’acciaio di una delle dispense posizionate vicino a una delle pareti. Furlan deglutì rumorosamente; Levi quando voleva sapeva incutere parecchio timore. Levi, nonostante la sua altezza, riuscì ad afferrare per il colletto della camicia il suo migliore amico e avvicinare il viso a quello di Furlan.

- Non prendermi per il culo, sai che non ti conviene. Dimmi che cosa sta succedendo, altrimenti non mi vedrai più per parecchio tempo. – lo minacciò Levi. In realtà non lo avrebbe fatto sul serio, ma era un modo come un altro per scoprire che cosa l’amico gli stesse nascondendo. A quel punto, però, Furlan si rilassò e gli rivolse un sorriso gentile.

- Perché non vai a vedere con i tuoi stessi occhi? – gli propose Furlan indicandogli la porta che dava sulla caffetteria. Levi guardò l’amico perplesso: Che cosa c’era di strano nella caffetteria? Così mollò la presa sul colletto di Furlan e si diresse verso la porta che portava nell’altra sala.

Quando Levi la aprì si trovò davanti una scena che lo lasciò di stucco; Erwin lo accolse vestito nel suo smoking nero che calzava perfettamente su quel corpo possente, accentuando ancora di più la sua eleganza. Levi si ritrovò a pensare che fosse bellissimo, ma un attimo dopo si diede dell’idiota per aver formulato un pensiero simile. Dopo tanto tempo di insistenza quel biondino aveva trovato lo stratagemma per portarlo fuori a cena. Levi si voltò a guardare Furlan, che gli rivolse uno sguardo colpevole; maledetto lo aveva incastrato.

- Se fossi in te non lo rifiuterei ancora. – gli sussurrò all’orecchio il suo amico. Levi in quell’istante avrebbe voluto trovarsi in tutt’altro luogo, non di certo lì davanti a Erwin, ed era piuttosto sicuro di essere arrossito, nonostante non avesse uno specchio in cui potersi guardare.

Levi osservò il locale intorno a sé e notò che era stato allestito di tutto punto, capendo che, decisamente, il suo allontanamento non era stato un caso… Da quanto tempo quei due stavano architettando tutto questo? … eppure, avrebbe dovuto capirlo che qualcosa stava bollendo in pentola. Cercò di tornare indietro con la mente, per capire se gli fosse sfuggito qualche particolare che avrebbe potuto indicargli che loro stavano tramando alle sue spalle, ma non ricordò nulla nei loro atteggiamenti che potesse sembrare anche minimamente sospetto.

-Almeno dagli una possibilità. – lo incalzò ancora Furlan, vedendo che non aveva ancora mosso un passo. Levi sembrò ascoltare quelle parole, e si avvicinò a Erwin, che sembrava ancora più agitato di prima.

- Tsk. Alla fine, ci sei riuscito, eh biondino!?- disse Levi, che intanto cercava di mascherare la sua felicità, perché alla fine non poteva di certo dire che quella sorpresa non gli facesse piacere, ma di sicuro non lo avrebbe detto a Erwin, era delizioso tenerlo sulle spine.

- Beh, sai com’è, ho la testa dura. Sono un poliziotto: fino a quando non risolvo un caso non mi posso dire soddisfatto. – gli disse Erwin scherzosamente. I due in quel momento si guardarono intensamente, ma dopo poco, però Levi distolse lo sguardo.

- Io direi che potete sedervi no!? Questa sera sarò io il vostro cuoco e il vostro cameriere. – disse Furlan interrompendoli e cercando di stemperare la tensione che si stava creando.

I due si ridestarono dal loro momento e rivolsero uno sguardo a Furlan, mentre Erwin fece un cenno di assenso col capo, dandogli il via libera per preparare la loro cena. Non era niente di speciale, ma Furlan aveva pensato di cucinare degli hamburger con patatine. Erwin e Levi mentre aspettavano si erano accomodati al tavolo che poco prima, Erwin e Furlan avevano preparato.

Si guardarono negli occhi senza parlare, Erwin, non sapeva cosa dire, ma fu Levi a prendere parola per primo questa volta, ed Erwin si stupì di quell’iniziativa, presa così d’improvviso da parte di Levi.

- Kenny mi ha detto che sei andato nel suo locale una di queste sere. – esordì Levi. Erwin sgranò gli occhi a quella rivelazione. Credeva che Kenny non avrebbe mai detto del loro incontro al nipote, invece si era sbagliato di grosso.

- Che cosa ti ha detto? – gli chiese Erwin. Aveva pensato che, di certo, se Levi fosse venuto a conoscenza di ciò che aveva chiesto a Kenny, non avrebbe più avuto nessuna possibilità con lui e forse la sua vita sarebbe tornata a essere un buco nero, senza nessun tipo di avvenire.

- Questo conferma che ci sei andato sul serio, nemmeno mi hai chiesto come facessi a sapere che eri tu. – gli disse Levi, e a Erwin venne il sospetto che l’altro lo stesse mettendo alla prova. Ma capì di essersi tradito nel momento in cui Levi glielo aveva fatto notare. Un particolare, però, fece in qualche modo mettere tutti i sensi di Erwin sull’attenti; Levi sembrava stranamente calmo, avrebbe potuto pensare che si sarebbe arrabbiato, che non avrebbe mai più voluto vederlo, invece quella calma lo disorientava.

Erwin però non sapeva che Levi aveva parlato con Kenny e che lo zio gli aveva detto che avrebbe dovuto almeno tentare un approccio con quell’uomo, di lasciarsi andare, perché anche lui si meritava di stare bene e di essere felice, un po’ come tutti. Erano state parole che avevano spiazzato Levi in un primo momento: non si sarebbe mai aspettato che colui che avrebbe dovuto considerare come uno zio e, che in passato gli aveva fatto del male, potesse formulare tali affermazioni facendogli credere di volere il suo bene. Ma Levi aveva visto negli occhi dello zio molta sincerità, allora si era deciso a dare un’ opportunità a Erwin, per questo non sembrava minimamente turbato o arrabbiato.

- Ora conosci la mia storia, o almeno una parte. Era ciò che volevi no!? – Aggiunse alla fine Levi vedendo l’altro in evidente difficoltà.

In quel momento dalla porta della cucina apparve Furlan con un paio di piatti con gli Hamburger, li servì ai due e poi gli portò un paio di birre ghiacciate, per poi lasciarli soli e tornarsene a casa, dove lo aspettava Isabel, lasciando a Levi il compito di chiudere il locale. La porta d’ingresso lo era già, aveva chiuso anticipatamente perché non voleva che qualche cliente potesse rovinare la sorpresa.

Erwin e Levi rimasero soli, la serata prosegui tranquillamente i due non parlarono molto, l’aria sembrava tesa o forse ancora più in imbarazzo ora che erano rimasti solo loro due. Finché Erwin, che si sentiva un po’ in colpa per come aveva indagato sul conto di Levi, si inginocchiò davanti a lui. Levi aggrottò la fronte davanti a quel gesto. Erwin gli prese una delle mani tra le sue e poi fissò quei suoi zaffiri in quelli tempestosi di Levi, che avvertì uno strano calore invadergli il petto a quel contatto fin troppo ravvicinato per i suoi gusti.

- Levi, mi dispiace di avere ficcato il naso nella tua vita, ma io ho guardato nei tuoi occhi e ho visto la tua sofferenza, volevo scoprire che cosa ti turbasse. Così sono andato a cercare tra i file del nostro archivio, ma di te e tua madre avevamo soltanto i dati anagrafici, poi scavando più a fondo, ho scoperto che eri stato sospettato insieme a Kenny di aver fatto cose poco pulite: quando l’ho saputo ho creduto di morire. Non volevo pensare che tu fossi un delinquente, c’era qualcosa che mi diceva che non era da te, così mi sono presentato da Kenny e ciò che mi ha detto mi ha fatto stare meglio. Per qualche strana ragione non volevo perderti. E mi dispiace di non aver rispettato la tua privacy, mi rendo conto che ciò che ho fatto è sbagliato e spero che tu vorrai perdonarmi. – Gli disse Erwin tutto d’un fiato, quasi non prese nemmeno una pausa. Levi si sentì strano, nonostante sapesse che ciò che aveva fatto Erwin era sbagliato e si fosse arrabbiato quando Kenny glielo aveva detto, ma in quel momento, davanti a Erwin non si sentiva per niente adirato. La ragione era che per la prima volta si sentiva importante per qualcuno, nessuno si era mai interessato a lui in quel modo.

Levi si guardò intorno, per osservare le decorazioni del locale e la tavola imbandita davanti a lui. Nessuno aveva mai fatto niente per lui che si potesse anche solo considerare romantico, certo la sua freddezza e la sua indifferenza nei confronti degli altri non poteva attirare molte persone. Ma Erwin, per qualche strano scherzo del destino si era avvicinato a lui e Levi gli aveva dato il permesso di entrare in un primo momento, nella sua vita, anche se poi, forse per paura o perché era qualcosa di nuovo per lui, lo aveva allontanato. Gli occhi di Levi infine si posarono di nuovo su Erwin, non disse nulla ma si protrasse verso di lui e lo baciò, le mani di Levi erano posate sul viso di Erwin, mentre le braccia di Erwin erano posate attorno alla vita di Levi. Il bacio si era fatto più intenso e le loro lingue si erano unite abbracciandosi. Entrambi vennero pervasi da sensazioni diverse e ancora più nuove del solito, a Levi parve di sentirsi più leggero e Erwin desiderò che quel momento non finisse mai. Nell’istante in cui si staccarono, entrambi si guardarono con occhi lucidi, le mani di Levi erano ancora sul viso di Erwin e i pollici gli carezzavano delicatamente gli zigomi.

- Questo vuol dire che sono stato perdonato? – chiese Erwin, sapendo di stare ponendo una domanda retorica.

- Sei un cazzo di stupido biondino, non credo di avercela mai realmente avuta con te. – disse Levi prima di impossessarsi nuovamente delle sue labbra. Erwin sorrise sulla bocca di Levi prima di rispondere nuovamente a quel bacio.

Più tardi Erwin confessò a Levi che avrebbe lasciato la polizia per vivere una vita più tranquilla, e nonostante le proteste di Levi, Erwin lo avrebbe fatto lo stesso, gli disse che lo stava facendo per il suo bene, che non voleva vederlo stare male per lui. E fu precisamente ciò che fece qualche mese più tardi. Mentre Levi continuò a lavorare alla caffetteria. Quella stessa sera di San Valentino sentì il bisogno di confessare una cosa che Erwin nelle sue ricerche non aveva scoperto. Levi si stava prendendo cura anche di sua madre malata ed ecco spiegato il motivo per cui una sera al mese Erwin non lo trovava alla caffetteria. Dopo ciò che aveva scoperto Erwin si sentì in dovere di esternare a Levi il suo dispiacere, anche se l’altro non voleva la sua commiserazione. Fu così che di tanto in tanto anche Erwin aiutava Furlan e Levi nella caffetteria.

Qualcosa di nuovo per entrambi era cominciato, una nuova vita che sicuramente li avrebbe portati lontano, questa volta insieme. Levi nonostante mantenesse sempre la sua aria di indifferenza, dopo aver conosciuto Erwin si sentiva più vivo che mai, e il suo viso sembrava decisamente più rilassato di prima. Quella nuova vita che si prospettava per entrambi non gli sarebbe poi sembrata così male come si era sempre immaginato prima di conoscerlo.
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Angolo Autrice
Bene siamo arrivati alla conclusione di questa breve storia. Spero che chi la letta, la leggerà in futuro ecc... la possa apprezzare.
Grazie mille a tutti.
Ci sentiamo nella prossima storia che scriverò =)
   
 
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