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Autore: Giulss_    08/06/2022    3 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
Di nuovo. Di nuovo. L’aveva fatto di nuovo.
Mamma mia, se la sarebbe tagliata quella lingua, si sarebbe cucita le labbra, avesse potuto.
E il mondo avrebbe ringraziato, tra l’altro.
Mannaggia a te, Immacolata, si disse, con l’ultimo barlume di lucidità.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
 

Credo. Io credo di essermi innamorato di te.
Credo? Eh, magari. Sarebbe tutto più facile, se non ne fossi sicuro. Però lo sono.
Sono sicuro.
Quante volte avrei voluto dirtelo in questi mesi.
Quante volte ti ho vista soffrire e avrei voluto prendermi io tutto il dolore. Quante volte ho sperato che ti aprissi piuttosto che allontanarmi sempre un po’ di più. Quante volte ho incassato tutto quello che avevi da tirare fuori. Quante volte avrei voluto curare tutto con una carezza, con un bacio.
Quanto tempo è passato? Mesi. Quasi un anno.
È quasi un anno da quel giorno.
Vorrei dire “maledetto” — per te sicuramente lo è, ma io pagherei per tornare a quel momento.
Non ne abbiamo mai più parlato. Certo, non era il caso, ma la verità è che io e te non abbiamo mai parlato di niente che riguardasse noi.
Perché io lo so che c’è, un noi. È lì, qui, da qualche parte in mezzo a tutto questo casino, e aspetta solo che qualcuno lo liberi.
Era lì, quella sera.
Una volta, va bene, può essere un errore, ma due? No, due no. E poi tu sei la dottoressa Tataranni e non sbagli mai, figuriamoci per due volte. No, quella sera c’era qualcosa nell’aria. Dovevamo baciarci. Non poteva andare altrimenti.
Forse è egoista pensarlo, da parte mia, ma non ho dubbi.
Non era più successo nulla tra noi, avevo fatto come mi avevi chiesto, ero stato al gioco dei tuoi tira e molla, e poi mi hai baciato proprio quella sera?
Non so se credo in Dio, credo poco nel destino, però credo fermamente che non poteva succedere che quel giorno.
Chissà. Per qualche piano malefico di qualche entità che ci guarda e ride.
Che mi guarda e ride.
Ce lo vedo, o forse ce la vedo, a dire ai suoi amici: “guardate, quello sfigato di Ippazio si bacia la sua dottoressa senza sapere che masso enorme sta per cadere in testa a tutti loro”; e ancora: “ma pensa te che scemo, questo Calogiuri, dopo tutto questo tempo ancora perde tempo a pensare alla Tataranni”. E io lo capisco. Riderei anche io, temo.
Quella notte si dev’essere divertito particolarmente.
Dal paradiso all’inferno in pochi secondi, senza darci il tempo di passare per il purgatorio.
Un momento ti stringevo fra le braccia, mentre poco tempo dopo mi arrivava la chiamata.
Sapevo che non ti avrei mai strappata a quel dolore. Sapevo che niente sarebbe più stato lo stesso.
E adesso temo che non riuscirò più a dirtelo che ti amo. 

 

  
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