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Autore: Moony3    07/09/2009    9 recensioni
Vent'anni dopo la Battaglia di Hogwarts il giovane Teddy, cresciuto nel Mondo Migliore che i suoi genitori avevano sognato e contribuito a conquistare per lui, decide di utilizzare un oggetto leggendario - donato decenni prima ad Andromeda dall'originale zio Alphard - per tentare di rendere quel mondo ancora migliore; per lui, per la nonna e... per i suoi genitori.
Una piccola storia dedicata a chi, come me, non ha proprio digerito una certa scelta di J.K. Rowling, ma è troppo legato al Canon per riuscire a ignorarla allegramente e a buttarsi in fantasiosi AU.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Quinto

La Fine e l'Inizio



«Abbiam vinto, viva viva Potter,
Vold è mort, con le ossa tutte rotte!» **


Tonks, svegliandosi di soprassalto, si guardò attorno smarrita, ancora avvolta nella nebbia di un sonno esausto. Poi la realtà la investì con violenza e, sciogliendosi precipitosamente dall'abbraccio del marito, scattò in piedi come una furia. 
Remus le fu subito accanto, rassicurandola con pacata dolcezza.
«Tranquilla Dora, è finita. Ascolta cosa sta cantilenando Pix. Abbiamo vinto. Harry ha sconfitto Voldemort».
La giovane donna lo guardò confusa. «Cosa? Senza di noi?»
Remus ridacchiò, scompigliandole con tenerezza i corti capelli scarmigliati.
«Così parrebbe, sì. Harry ha fatto a meno di questi due ruderi distrutti dalla luna piena. Ma ora andiamo da lui, voglio parlargli, assicurarmi che stia bene... e subito dopo correremo da Andromeda a riprenderci Teddy» scoccò un'occhiata al giovane che, ancora seduto sul grosso sasso, li osservava incuriosito e aggiunse: «Non vedo l'ora di coccolarmelo un po' e di dirgli quanto sono orgoglioso di lui».
Tonks lo scrutò stranita. «Quanto sei orgoglioso di... Teddy?»
«Sì».
«Perché non apprezza "Schianta la Manticora"
Remus sospirò affranto. «Magari! Vorrei tanto fosse così, ma temo la adorerà. No, Dora, sono orgoglioso per quello che farà. Sarà davvero un grande mago!» proclamò ammiccando complice al figlio, quindi si avvolse nel mantello e si incamminò spedito verso la radura.
Tonks afferrò Teddy per un braccio e, trascinandoselo appresso senza troppi complimenti, seguì perplessa il marito.
«Dorian, secondo te ha avuto un'altra visione del futuro dovuta dalla sfera di cristallo scagliatagli dalla Cooman?»
Teddy si strinse nelle spalle e Remus esclamò giocoso: «Già».
«Già» ripeté la strega, fissando esasperata la schiena del marito. «Quindi, Remus, ora sei convinto che Teddy avrà un futuro fantastico malgrado la tua presenza?»
«No, ora sono convinto che Teddy avrà un futuro fantastico e che potrebbe anche apprezzarla la mia presenza. Sì, sono sicuro che gli piacerò».
La donna si voltò spazientita verso Teddy. «E' da agosto che tento inutilmente di convincerlo di questa cosa, sai?»
Teddy sorrise filosofico. «Evidentemente venire colpiti in testa da una sfera di cristallo ha davvero strani effetti collaterali».
Tonks sbuffò, melodrammatica come una vera Black. «Ad averlo saputo prima gliela avrei tirata io una sfera di cristallo in testa! Anni fa...»
Ridendo di gusto, Teddy diede un colpetto comprensivo alla mano della madre, che ancora gli stringeva il  braccio e affrettò il passo, fermandosi poi accanto a Remus per ammirare la scena che li accolse appena sbucati dal folto degli alberi.

Il Castello di Hogwarts si stagliava superbo contro il cielo color inchiostro, incurante dei pinnacoli mutilati e dei doccioni divelti. Fiero come un vecchio guerriero ammaccato ma vittorioso.
Centinaia di torce incantate illuminavano i maghi che, abbracciandosi euforici e commentando a gran voce gli ultimi straordinari avvenimenti, sciamavano ai piedi della ripida scalinata di pietra che conduceva al portone d'ingresso.
Poco lontano, gli archi ancora stretti in pugno, alcuni centauri osservavano enigmatici la scena. Uno di loro, un esemplare dai capelli fulvi e dal manto color castagna, indicava solenne la volta stellata ad Ambrosius che annuiva interessato.
Gli altri licantropi scrutavano assorti l'orizzonte. All'improvviso quello apparso nella radura durante il combattimento con Greyback lasciò il gruppo e si avvicinò a Remus.
Vedendolo illuminato dalle torce, Teddy notò che i lunghi capelli del licantropo non erano neri come gli erano parsi alla luce della luna, ma di un caldo castano ramato. Conosceva quell'uomo, realizzò stupito scrutandone gli intensi occhi color muschio, era il cantastorie che incontrava spesso nelle vicinanze di casa Tonks. Da bambino si fermava sempre ad ascoltare le storie fantastiche narrate da quell'uomo scarno e gentile, affascinato dall'aura di mistero che lo circondava. Nonna Andromeda sosteneva che era solo un cantastorie un po' strambo, ma il piccolo Teddy non ne era affatto convinto; i cantastorie, per quanto strambi, non lo guardavano come se fosse qualcosa di raro e prezioso, di solito...
«Ti ho visto nella radura, Remus» affermò il licantropo, sorridendo ammirato. «Hai sconfitto Greyback. Hai versato il suo sangue e lo hai costretto a mostrarti la gola. Si è sottomesso a te, ora sei tu l'Alfa del branco e noi eseguiremo i tuoi ordini. Abbiamo già cominciato, in realtà, tu ci hai ripetuto per un anno intero che avremmo dovuto combattere contro il Signore Oscuro e questa notte lo abbiamo fatto. Con una certa soddisfazione, tra l'altro. Non è che amassimo alla follia quei tizi incappucciati» sogghignò compiaciuto.
Teddy notò sorpreso che anche gli altri licantropi si erano avvicinati e annuivano con convinzione.
«Oh, non che il Ministero ci abbia mai dato motivo di schierarci dalla sua parte» proseguì serio l'uomo dai capelli ramati. «Ma abbiamo deciso di fare noi il primo passo. Come ci hai chiesto tu» detto questo piegò con solennità il capo all'indietro e, scostando la veste logora, espose la gola a Remus che sussultò.

«Emrys, no... non devi. Nessuno di voi deve».
Emrys lo guardò turbato e Remus gli posò rassicurante la mano su una spalla. «Io vi aiuterò, naturalmente, Emrys, ma non come Alfa. Come amico. Siete esseri umani, non animali, non vi serve un capobranco. Parleremo, discuteremo e decideremo tutti insieme cosa è meglio fare».
Emrys annuì sistemandosi la tunica e sbirciò incuriosito Tonks che gli sorrideva con simpatia.
«Oh, giusto. Dora, lui è Emrys, il primo licantropo di Greyback. Il primo che è stato morso da lui ed è sopravvissuto. Emrys, lei è Ninf...» notando l'occhiata assassina della strega, Remus si corresse con invidiabile prontezza di riflessi. «Tonks. Lei è Tonks, mia moglie».
Emrys strinse titubante la mano che la ragazza gli porgeva e guardò Remus, incredulo. «Tua moglie? Allora è vero. Ti sei sposato. E... hai davvero avuto un figlio?»
Remus annuì, ma Tonks fu più lesta e mise nella mano di Emrys una foto un po' sgualcita. Teddy, scorgendovi un neonato dai capelli turchesi che agitava energico i minuscoli pugni, riconobbe la sua fotografia che Harry conservava gelosamente tra le cose più care.
Emrys la guardò meravigliato, sfiorando gentilmente l'immagine del bimbo. «Remus, sai cosa significa questo per noi? Questo bambino rappresenta per tutti noi la speranza di una vita normale. Il sogno di una futura accettazione» spostò i luminosi occhi verdi dalla foto a Tonks. «Chissà, forse anche qualcun altro di noi si imbatterà in una persona così speciale».
La strega sorrise lusingata. «Il primo licantropo di Greyback?» esitò un istante. «Posso chiederti quanti anni avevi quanto sei stato morso, Emrys?»
Il licantropo annuì. «Ne avevo appena compiuti undici. Ero pronto per venire qui, a Hogwarts, ma saputo della mia... disavventura non mi hanno più voluto» sbirciò mesto Remus e aggiunse con amarezza: «Silente non era ancora Preside, purtroppo. Così non ho avuto altra scelta che aggregarmi a Greyback, visto che non sapevo neppure usare una bacchetta» concluse un po' umiliato, poi guardò Tonks e sorrise sincero. «Ma sono felice che per Remus sia andata diversamente».
Consegnò la foto alla strega e si allontanò, riunendosi agli altri licantropi e intavolando con loro una vivace discussione.
Tonks lo osservò pensierosa, gli occhi scuri un po' più lucidi del normale.
«Aconito. Dovrò procurarmi una massiccia dose di aconito».
«Come, Dora?» chiese Remus, fissando sospettoso la foto che teneva in mano la moglie e frugandosi furiosamente nelle tasche.
«Preparerò la Pozione Antilupo anche per loro questo mese. Remus, è inutile che tenti di distruggerti la tunica, è la foto che avevi tu, questa. L'ho raccolta nella radura, deve esserti caduta mentre combattevi».

«Eccovi qui, voi due! Vi abbiamo cercati ovunque» esclamò una profonda voce molto sollevata e Teddy si ritrovò a osservare un giovane ed euforico Kingsley che, stritolando in un abbraccio fraterno Remus, sorrideva radioso a Tonks e afferrava la foto che la strega stringeva ancora tra le mani.
«Oh, ed ecco l'erede! Non vedo l'ora di conoscerlo di persona» il gigante nero mollò Remus e sogghignò. «Ho intenzione di viziarlo terribilmente, lo sapete, vero?»
Remus annaspò in cerca d'aria e Tonks ridacchiò divertita. «Il dubbio ci ha sfiorato quando il tuo povero gufo ci ha consegnato quell'enorme fenice di peluche, sì».
«Be', meglio abituarlo fin da piccolo, la fenice è nel suo destino. C'è l'ha nel sangue del resto. E a proposito di destino... Remus, faresti meglio ad andare da Harry. Ha sconfitto Voldemort, sai? Con un Expelliarmus!»
Remus sgranò gli occhi. «Cosa? Un... va bene, è ufficiale, dovrò davvero rivalutare quell'incantesimo».
Kingsley rese la foto a Tonks, facendosi di colpo serio.
«Va' da lui, Remus, è in Sala Grande. Ti sta cercando disperatamente tra i feriti... e tra i morti. Poco dopo il proclama di Voldemort mi ha fermato chiedendomi tue notizie e gli ho dovuto rispondere che nessuno ti aveva visto. E' schizzato via come un fulmine, stringendo tra le mani un'ampollina ricolma di quelli che parevano ricordi, affermando che nessun altro sarebbe morto al posto suo».
Remus annuì, accingendosi a raggiungere il Castello, quando la ragazza della radura si avvicinò allegra. Teddy notò che indossava l'uniforme di Tassorosso.
«Professor Lupin! Sta bene fortunatamente. Ero preoccupata».
Remus le sorrise, osservando incuriosito l'uomo che le stava accanto.
«Grazie per avere salvato mia figlia» disse lo sconosciuto, reggendosi con cautela il braccio destro, immobilizzato in una posizione decisamente innaturale.
«Di nulla, signor Bones. Solo dovere. Ma quel braccio sembra rotto, dovrebbe andare a farsi vedere da Madama Chips».
L'uomo scosse il capo, trattenendo un gemito di dolore. «Madama Chips ha feriti molto più gravi a cui pensare. Aspetterò il mio turno».
Remus scrutò pensoso il braccio dell'uomo, poi spostò lo sguardo sul gruppo di licantropi che attendeva poco lontano. Scorto Ambrosius, gli fece cenno di avvicinarsi, e il vecchio ubbidì, fermandosi a pochi passi dall'uomo ferito.
«Signor Bones, lui è Ambrosius. E'...»
«Un licantropo?» l'uomo arretrò istintivamente di qualche passo.
«Sì, un licantropo, come me del resto» confermò pacato Remus, mentre Kingsley, sbuffando insofferente, dedicava al ferito un'occhiata di pura irritazione.
Il signor Bones abbassò lo sguardo, combattuto, ma prima che avesse la possibilità di replicare, due ragazzi si avvicinarono ad Ambrosius. Quello più basso indossava l'uniforme di Corvonero e zoppicava, Teddy lo riconobbe immediatamente come Michael, lo studente che aveva combattuto con la Mangiamorte scomparsa tra le acque del lago. L'altro ragazzo aveva i capelli neri e arruffati, gli occhi brillanti dei licantropi e un sorriso sollevato stampato sulle labbra: era il giovane corso in aiuto di Michael nella radura.
«Finalmente ti ho trovato, Ambrosius. Potresti dare un'occhiata alla caviglia di Michael? Non credo sia rotta ma... l'esperto sei tu».
Senza scomporsi, Ambrosius fissò Michael negli occhi. «Sono un licantropo».
Il ragazzo annuì. «Sì, lo so, Dylan me lo ha detto. Anche lui lo è, ora».
«Non hai paura che ti contagi?»
Il ragazzo sbarrò gli occhi, allibito. «E come? Un licantropo può contagiare qualcuno soltanto mordendolo quando è completamente trasformato. Questa notte non c'è luna piena, quindi non corro nessun pericolo».
Il vecchio sorrise, borbottando qualcosa a proposito dei Corvonero, fece sedere il ragazzo su un muretto lì vicino e s'inginocchiò, studiando con occhio esperto la caviglia ferita.
«Ottima diagnosi, Dylan. Non male per un giocatore di Quidditch» approvò Ambrosius, ammiccando al giovane licantropo, quindi agitò con garbo la bacchetta e una luce bluastra avvolse la gamba di Michael che, sospirando sollevato, scattò in piedi e cominciò a camminare normalmente.
Ambrosius si alzò a sua volta e si rivolse all'uomo col braccio ferito.
«Ho lavorato per decenni al San Mungo, prima che Greyback pensasse che un Medimago gli sarebbe stato utile e decidesse che ero io quello che voleva. Ero a capo del reparto Ferite Magiche... ma fui sollevato dall'incarico subito dopo essere stato morso» guardò con simpatia il giovane Corvonero che aveva appena curato. «Evidentemente le persone che hanno deciso il mio futuro erano meno informate di questo ragazzo. La sua è una brutta frattura, Signor Bones, sarebbe meglio occuparsene subito. Se me lo permette lo farò volentieri» sorrise, i brillanti occhi chiari attraversati da un inaspettato lampo d'ironia. «Le assicuro che non mordo... quando la luna non è piena».
Il signor Bones arrossì vistosamente e si sedette imbarazzato sul muretto. Ambrosius gli sfiorò con gentilezza il braccio ferito, esaminando la frattura e riducendola con un sapiente colpo di bacchetta. Teddy lo osservò meravigliato: neppure madama Chips era così rapida nell'aggiustare arti umani...
«Ho fatto davvero molta pratica nella cura di ferite, magiche o meno, in questi ultimi anni» spiegò paziente il vecchio, sorridendo alle persone che si erano avvicinate incuriosite. «Ho avuto modo di potenziare alcuni incantesimi tradizionali, e di elaborarne di nuovi. Se qualcun altro dovesse avere bisogno di cure... io sono qui».
Una donna con una brutta bruciatura su uno zigomo si fece subito avanti, battendo sul tempo un attempato mago claudicante e, nel giro di qualche minuto, si era già radunata una piccola folla di maghi e di streghe che reclamava l'assistenza dell'esperto guaritore dagli occhi rilucenti.
Teddy stava osservando interessato Kingsley che, aiutato dal signor Bones, disciplinava con metodi assai convincenti i feriti più scalmanati, quando Dylan si avvicinò allegro a Remus.
«Non ci posso credere, professore, hai davvero ceduto? Malgrado tutte le tue nobili - e masochistiche - intenzioni ha avuto la meglio la donzella? La voglio proprio conoscere questa rara creatura dotata di una cocciutaggine più sviluppata della tua!» sogghignò il giovane e, assestando una pacca amichevole sulla spalla di Remus, sbirciò con curiosità la misteriosa signora Lupin; sgranando immediatamente gli occhi, allibito.
«Tonks? Per la scopa di Merlino, Remus, era Tonks la donna per cui ti struggevi tormentoso?»
«Io non mi struggevo tormentoso...» tentò di precisare Remus, totalmente ignorato dall'euforico Dylan.
«Dovevi dirmelo! Ti avrei risparmiato mesi di laceranti arrovellamenti, assicurandoti che non avevi scampo con lei» si bloccò un istante, scoccando un'occhiata birichina alla strega. «Tonks! La più grande rompipluffe che abbia mai varcato il cancello di Hogwarts!»
«Ehi! Ricordati che, non fosse stato per me, saresti annegato nel lago durante il tuo primo anno, ragazzino!» ribatté contrariata Tonks.
«Tonks, non fosse stato per te non avrei mai rischiato di annegare nel lago durante il mio primo anno, visto e considerato che sei stata proprio tu a farmici cadere dentro».
«Uff... sei davvero un metodico, pignolo Corvonero, Dylan!»
«Ti ha fatto cadere nel lago?» chiese Remus interessato.
«Oh, sì! E' così che ci siamo conosciuti. Una storia intrigante, se vuoi te la racconto. Non sono bravo come Emrys, ma...»
«Ma non avevi fretta di parlare con Harry, tu?» sbuffò la strega, afferrando il marito per una mano e trascinandolo con piglio deciso sulla ripida scalinata che saliva al Castello.
Teddy, notando divertito che i capelli della madre erano virati a un'affascinante - quanto minacciosa - tonalità rosso papavero, sorrise a Dylan, chiedendosi se sarebbe mai venuto a conoscenza di quella promettente storia lacustre e controllò la Chiave del Tempo: la fenice non aveva ancora cominciato a ricomparire e Teddy, rassicurato, si avviò a sua volta verso il Castello.

Salita la ripida scala di pietra, Teddy varcò il portone d'ingresso e si guardò attorno sbigottito, riconoscendo a stento quella che, per sette anni, era stata la sua seconda casa: l'imponente scalinata di marmo che troneggiava al centro dell'immenso atrio, vanto di innumerevoli generazioni di solerti Elfi Domestici, era opaca e macchiata in più punti.
Gli stendardi delle quattro Case pendevano sghembi e sfilacciati dalle loro postazioni, sovrastando malinconici le quattro grosse e malconce Clessidre Segnapunti. Le gemme colorate che queste contenevano si erano riversate sul pavimento, mescolandosi disordinatamente in un estremo, disperato appello all'unità delle Case.
Sfiorato dalla gelida carezza di un fantasma, Teddy alzò gli occhi, ammirando l'eterea Dama Grigia che, sorridendo dolente, spariva con inconsapevole grazia nel massiccio muro di pietra.
Muro che, notò il giovane con stupore, era diverso da come lo ricordava. Era più spoglio, come se mancasse qualcosa...
Mancava, ovviamente, la candida lapide di marmo su cui erano incisi, con lettere d'oro zecchino, i nomi dei 57 caduti della Battaglia di Hogwarts, dedusse, dandosi mentalmente dell'idiota, prima di scorgere i genitori che stavano entrando nella Sala Grande.

Teddy li seguì esitante, tentando disperatamente di ignorare l'acre odore di fumo che aleggiava nell'aria e si addentrò nella stanza fissando ostinato una grossa macchia color ruggine allargatasi sul pavimento, restio a confrontarsi con il lato più drammatico e doloroso della guerra.
Eccolo l'altro ricordo di Harry che non aveva voluto guardare nel Pensatoio. Non avrebbe potuto sopportare di vedere i corpi dei suoi genitori giacere nel luogo che, per lui, aveva sempre significato calore e allegria.
Richiamando ogni singola briciola del suo rinomato coraggio Grifondoro, Teddy si fece forza e sollevò con decisione lo sguardo: un girone infernale non doveva essere molto diverso.
Decine di corpi esanimi giacevano allineati sul pavimento, silenziosamente omaggiati dalle limpide stelle che costellavano lo scuro soffitto incantato.
Un giovane centauro dai lunghi capelli chiarissimi, sdraiato in un angolo, parlava con Hagrid mostrandogli sofferente la brutta ferita che gli squarciava il fianco.
Poco oltre, Neville e Oliver vegliavano mesti il corpo di Colin Canon.
Teddy distolse bruscamente lo sguardo, turbato da quanto piccolo sembrasse quel corpo, ritrovandosi così a fissare una versione molto giovane e molto addolorata della famiglia Weasley. Osservò sgomento il solare, irriverente George singhiozzare inconsolabile tra le braccia di Arthur e gli altri ragazzi fissare impietriti Molly che, inginocchiata accanto al corpo di Fred, tentava imperterrita di pulirgli il viso e di pettinargli la folta chioma rossa; solo Ron mancava all'appello e Teddy realizzò confusamente che doveva trovarsi nello Studio del Preside con Harry ed Hermione. Poi, il senso di colpa per avere salvato soltanto i suoi genitori lo colpì con la violenza di uno Stupeficium ben assestato.
«Fred...» il sussurro di Tonks riscosse il giovane Lupin dai suoi pensieri. «Oh, Remus, pensa a come ci potremmo sentire noi se Teddy...» non riuscì neppure a terminare la frase, strinse brevemente la mano del marito e si avvicinò a Molly, abbracciandola con dolce fermezza. Molly tentò di ribellarsi, ma cedette quasi subito, posando il viso sulla spalla della strega più giovane che cominciò a cullarla come avrebbe fatto con una bambina.
Remus si sfregò la fronte con una mano tremante. «Fred...»
Teddy annuì mesto. «Sì. Io non ho potuto...»
«No, certo Ted, lo so... è solo che Fred...» scosse il capo, indicando vago lo spazio attorno a sé. «E tutti questi ragazzi io li conoscevo. Sono... erano miei allievi. Tutti loro» si azzittì, guardando la moglie con ammirazione. «Lei è molto più forte di me».
«E' molto... materna. Non pensavo da come me ne hanno parlato».
«Non lo pensavo nemmeno io, Teddy. Ma mi sono ricreduto il giorno in cui sei nato e lei ti ha preso in braccio per la prima volta» sorrise, poi sospirò, fissando Ron che abbracciava George mentre Arthur si guardava attorno un po' smarrito. «Credo che tocchi a me...»
Teddy annuì, ma indicò qualcosa alle spalle del padre. «Lo credo anch'io, sì».

Harry era fermo sulla soglia della Sala Grande, lo sguardo fisso sui corpi allineati e la mano destra serrata attorno alla bacchetta magica.
Eccolo, il Prescelto. L'uccisore di Voldemort. Teddy realizzò sconcertato che non assomigliava affatto all'eroe glorioso e risplendente che aveva immaginato ascoltando i racconti dei sopravvissuti.
Questo Harry era soltanto un ragazzo stremato che tentava coraggiosamente di tenere a bada un dolore immenso, aggrappandosi caparbio alla sua vecchia bacchetta risanata.
Ed era infinitamente più eroico del guerriero invincibile e luminoso che popolava le sue fantasie infantili, rifletté Teddy con orgoglio, mentre Remus, scorto Harry, lo chiamava con dolcezza.
Il ragazzo si voltò di scatto e Teddy vide un lampo di sollievo squarciare per un istante il velo di dolore che gli ammantava gli occhi.
«Remus».
I due si studiarono titubanti, o forse solo increduli, per un lungo istante. Poi, Harry si avvicinò cauto e Remus lo avvolse in un abbraccio serrato.
«Pensavo... non ti vedevo da nessuna parte, Remus, ho temuto di avere perso anche te» mormorò Harry, rispondendo all'abbraccio con forza disperata, quasi a volersi accertare che Remus fosse davvero lì, vivo e reale.
«Ma dalla Pietra tu non sei uscito, così ho sperato...»
«Sto bene, Harry. Starò bene. Grazie a te. Kingsley mi ha detto che hai sconfitto Voldemort».
Harry si sciolse dall'abbraccio e annuì, senza ombra della gioia che Teddy si sarebbe aspettato. Remus non ne parve sorpreso, però.
«Harry, loro sarebbero orgogliosi di te. Sono orgogliosi di te. Almeno quanto lo sono io».
Harry annuì di nuovo. «Lo so. Me lo hanno detto quando sono usciti dalla Pietra».
«Usciti dalla Pietra?»
«Sì, loro...» si bloccò improvvisamente, turbato. «Tonks! Lei è qui, Remus. E' venuta a cercarti. Lei...»
Remus gli indicò la moglie, rassicurandolo con dolcezza. «Sta bene, Harry, tranquillo, sta bene anche lei».
Harry si calmò, guardando con sollievo la giovane strega che abbracciava Molly. Sollievo che si dissolse non appena i suoi occhi si posarono sul corpo di Fred.
«Remus...» mormorò, lasciandosi stancamente cadere su quella che a Teddy parve la statua di Sigfrid lo svagato. «Non è come avevo immaginato, sai? Non provo... gioia».
«Lo so, Harry. Chi combatte difficilmente prova gioia alla fine della guerra. In genere la vittoria ha un prezzo molto alto».
«Troppo alto. Io sono vivo, ma Fred, Colin... Lavanda...» tacque un istante, meditabondo, poi sussurrò: «Tu come hai fatto a sopravvivere a quella notte, Remus? Come si fa a superare tutto questo e a tornare a vivere normalmente?»
Remus sospirò, sedendosi accanto al ragazzo. «Ho fatto questa stessa domanda a Silente dopo quella notte, sai, Harry? Mi ha risposto di lasciare andare i morti e...»
«Di pensare ai vivi» concluse mesto Harry.
«Già».
«Lo ha detto anche a me. Questa notte».
Remus lo guardò interdetto. «Questa notte?»
«Sì. Questa notte. Per un certo periodo di tempo sono stato molto vicino ai morti, Remus. E ho davvero temuto che tu fossi tra di loro».
Remus annuì serio, gli occhi fissi su Teddy, che osservava la scena da poco lontano.
«Ma» proseguì Harry cocciuto, senza distogliere lo sguardo da Fred. «Come hai fatto a lasciare andare i morti?»
Remus sorrise malinconico. «Mi sono aggrappato ai vivi, Harry. A Silente... e a te, soprattutto».
Harry si voltò, fissandolo a occhi sgranati. «A me?»
«Sì, a te. Eri tutto ciò che restava di quella che consideravo la mia famiglia. Ed eri vivo. Non ho potuto starti vicino come avrei voluto, ma mi hai aiutato molto» esitò, pensieroso. «Capirei se tu volessi restare qui questa notte, Harry, ma... mi farebbe un immenso piacere se tu venissi con me».
«Con te? A casa tua?»
«Be', sì».
Harry spostò lo sguardo su Hermione che, stringendo la mano di Ron, stava parlando sommessamente con Molly e titubò, visibilmente tentato dalla proposta di Remus. «Piacerebbe anche a me, ma Tonks? Pensi che approverebbe?»
«Totalmente, Harry. La porta della nostra casa sarà sempre aperta per te» il ragazzo sussultò al suono dell'inaspettata voce femminile e, voltandosi di scatto, si trovò a fissare il viso a forma di cuore di Tonks.
«Quando ho sposato Remus, sapevo perfettamente che tu eri compreso nel pacchetto. E la cosa mi sta benissimo» sorrise impertinente la strega. «In fondo, Remus ha dovuto accettare Andromeda Black, gli è andata decisamente peggio. Inoltre non hai ancora conosciuto il tuo figlioccio, Harry e penso che questa sarebbe l'occasione perfetta» assicurò, ficcandogli in mano la foto del bambino.
Teddy aggrottò la fronte un po' contrariato; cominciava a turbarlo questa mania della madre di mostrarlo orgogliosa a chiunque incrociasse la sua strada...

«A proposito di Teddy» disse la strega, sfiorando i capelli di Remus con una carezza distratta. «Io comincerei ad andare a recuperarlo, mia madre sarà...» scoccò un'occhiata a Molly e trasalì. «Merlino! Mia madre! Sarà preoccupatissima» estrasse veloce la bacchetta ed evocò un vivido Patronus che sfrecciò fulmineo oltre la porta della Sala Grande.
«Questo la tranquillizzerà, ma sarà comunque meglio che vada anch'io» sbirciò l'orologio del marito e sorrise. «Tra poco scoccherà l'ora della poppata di Teddy... e nessun Patronus al mondo sarà in grado di proteggere mamma da quel famelico lupacchiotto».
«Non chiamarlo così, Dora, per favore» mormorò Remus, turbato.
La strega lo guardò intenerita, gli baciò con dolcezza una tempia, sussurrandogli qualcosa che lo fece sogghignare e, dopo avere rivolto un sorriso radioso a Harry, si avviò verso l'uscita.

Teddy, distratto dall'elegante lupo d'argento evocato dalla madre, così simile a quello che compariva quando lui eseguiva un Incanto Patronus, si ritrovò improvvisamente avvolto in un morbido abbraccio profumato di mughetto.
«Arrivederci, Dorian. Grazie ancora per avere aiutato Remus. Con un po' di fortuna ci incontreremo da qualche parte» esclamò Tonks lasciandolo andare.
Teddy la fissò ammutolito e, concentrandosi disperatamente per tenere a bada capelli e lineamenti, fece la cosa più stupida che potesse fare: annuì trasognato fissando sua madre dritta negli occhi .
Tonks scrutò sorpresa quelle iridi tanto familiari e inarcò incuriosita un sopracciglio. «I tuoi...»
Un grido acuto lacerò improvvisamente l'aria e la strega sobbalzò, girando istintivamente il capo verso la fonte di quel rumore: una donna pallida che, lasciandosi cadere accanto al corpo di una ragazza, le sistemava con dolcezza la lunga treccia bruna.
«Va' da tua madre, è la cosa più importante in questo momento» mormorò Teddy, fissando a sua volta la donna inginocchiata.
Tonks lo squadrò indecisa. «Il Patronus la tranquillizzerà. I tuoi occhi sembrano...»
«I miei occhi possono aspettare. Andromeda no» Teddy indicò Remus con un cenno del capo. «Lui potrà spiegarti tutto quanto. Più tardi».
Annuendo pensosa, Tonks dedicò un ultimo sguardo impietosito alla donna, che ora piangeva disperata e corse verso l'uscita, evitando per un soffio di travolgere tre tizi pallidi e biondi che se ne stavano fermi e silenziosi sulla soglia. L'uomo e il ragazzo continuarono a tenere lo sguardo fisso verso l'atrio, indifferenti a ogni cosa, mentre la donna seguì con gli occhi Tonks, un'espressione indecifrabile sul volto.
Teddy sospirò e riportò la sua attenzione sul padre che, probabilmente, avrebbe sentito parlare molto presto degli occhi ambrati di Dorian Johnson.

«Secondo te ti assomiglia?» stava intanto chiedendo Harry, scrutando un po' perplesso la foto che teneva in mano.
«Dora sostiene di sì. E anche Andromeda... ho deciso di fidarmi».
«Sarà... devono essere i capelli turchesi a confondermi. Li ha sempre così?»
«No, è molto... volubile. Suppongo li cambi a seconda dell'umore, come Dora. Penso che il turchese indichi soddisfazione. Se è contrariato li ha di un fantastico rosso fenice, invece, e se ha qualcosa che non va gli diventano di un inquietante verde Avvincino» sorrise compiaciuto. «Quando dorme li ha dello stesso colore dei miei, però, e secondo Andromeda quello è il colore naturale».
Harry annuì pensoso. «In un certo senso abbiamo molto in comune, io e lui... colore dei capelli a parte, certo».
Remus lo guardò incuriosito e Harry continuò: «Tanto per cominciare siamo tutti e due figli di un Malandrino. E siamo nati entrambi in un periodo molto cupo».
Remus sbirciò in tralice il ragazzo, un po' imbarazzato. «E' vero. Anche se devo ammettere che James ha preso la cosa molto meglio di me».
Harry alzò di scatto la testa, scrutando l'uomo accanto a sé. «Suppongo che lui avesse meno problemi di quanti ne hai tu, Remus» esitò. «A proposito, non ho ancora avuto l'occasione di dirtelo, ma... non ho mai pensato che tu sia un codardo, mai. Davvero, Remus, non le pensavo le parole che ti ho riversato addosso a Grimmauld Place».
Remus scosse il capo. «Non preoccuparti, Harry, lo so. Ma in quell'occasione me le meritavo quelle parole, non ti ringrazierò mai abbastanza. Sei stato fantastico, mi hai dato la scossa che mi serviva. James avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Sirius, d'altro canto, avrebbe fatto decisamente di peggio».
Lo spettro di un sorriso lambì il volto di Harry prima che il ragazzo riportasse lo sguardo sulla foto. «Sai Remus, ora ho capito in che modo ti ho aiutato sedici anni anni fa, perché Teddy mi sta aiutando nella stessa maniera. Guardando lui il prezzo pagato oggi mi sembra meno assurdo. Meno inutile. Perché lui potrà vivere in un mondo migliore».
Remus annuì. «James e Lily pensavano proprio a questo quando hanno deciso di continuare a combattere Voldemort anche dopo la tua nascita, Harry. E lo stesso pensiero ha portato qui me questa sera. Non sono venuto malgrado Teddy, sono venuto per Teddy. E per te».
Un fugace lampo di gioia attraversò gli occhi di Harry. «Lui sarà più fortunato di me, però. Crescerà con i suoi genitori».
«E con il suo padrino».
Harry annuì, sfiorando la fronte liscia del neonato che si agitava nella fotografia. «E nessuna cicatrice maledetta lo segnerà mai».
«Farò di tutto perché sia così» mormorò Remus, massaggiandosi assorto la spalla sinistra.
Harry lo fissò serio, coprendogli la mano che indugiava sulla spalla con la sua. «Faremo di tutto perché sia così, Remus. Faremo. Ho intenzione di essere un padrino molto presente. E di proteggere Teddy, proprio come Sirius ha fatto con me ogni volta che ha potuto... come tu hai fatto con me ogni volta che hai potuto».
Remus trasalì, fissando intensamente il figlio, poi guardò Harry e mormorò commosso: «Sì, Harry, lo so. Sarai un padrino meraviglioso».
«Ne ho tutte le intenzioni. Sarò per Teddy quello che Sirius avrebbe voluto essere per me» con grande gioia di Teddy un vero sorriso illuminò il volto di Harry. «Tanto per cominciare sappi che per il suo primo compleanno gli regalerò una scopa giocattolo. Una Firebolt, naturalmente».
Remus sospirò. «Sì, lo sospettavo. Va bene, Dora è un'esperta nel curare bernoccoli e io sono passabile con gli Incantesimi di Riparazione. Sopravviveremo».
Harry sorrise più apertamente. «E gli insegnerò ad usarla, naturalmente. Sarà bravissimo, visto che sia il padre che la madre se la cavano decisamente bene in quel campo. E poi, naturalmente, ti costringerò a parlargli - a parlarci - di Lunastorta, Ramoso, Felpato e Codaliscia e, quando verrà a Hogwarts, gli farò un regalo molto speciale» frugò nella piccola borsa di pelle che portava al collo ed estrasse una vecchia pergamena ingiallita che Remus guardò con rassegnazione.
«Se proprio devi».
«Certo che devo! La Mappa del Malandrino è sua di diritto. Per eredità. Senza contare che se tuo figlio non ne entrasse in possesso mio padre e Sirius ne sarebbero molto delusi e troverebbero il modo di tornare a perseguitarmi per l'eternità».
Remus rise. «Suppongo tu abbia ragione. Ti svelo un segreto, Harry... ma sappi che davanti a terzi negherò fino alla morte: anch'io sarei molto deluso se Teddy non entrasse in possesso di quella Mappa» sogghignò sbirciando il figlio, poi spostò lo sguardo su Harry e si fece serio. «Ma c'è una cosa che vorrei davvero tu gli insegnassi, Harry».
Harry lo guardò incuriosito.
«Insegnagli a eseguire un buon Expelliarmus. Pare che debba davvero rivalutare quell'incantesimo».
Harry sorrise lusingato e annuì. «Glielo insegnerò sicuramente, Remus, stanne certo. Potrebbe tornargli molto utile già a Hogwarts. Metti che si imbatta in un clone di Draco Malfoy o di... Piton...»
«Oh, con Piton non sarebbe servito a molto un Expelliarmus, con lui bisognava essere molto più creativi».
«No!» Esclamò Harry scattando in piedi e guardandosi attorno agitato. «Piton... lui non ha mai tradito Silente, Remus. Lui era d'accordo con Silente e ha solo eseguito gli ordini che ha ricevuto».
Remus si alzò a sua volta e, cercando lo sguardo del ragazzo, gli posò rassicurante una mano sulla spalla. «Ho capito, Harry. Ti credo ma... era
«Sì, era. Voldemort lo ha... gli ha aizzato contro Nagini. Per via della Bacchetta di Sambuco...»
Remus lo guardò sinceramente sconcertato.
«La Bacchetta di Sambuco?»
«Sì... è una lunga storia. Te la racconterò volentieri, Remus, ma non ora, dobbiamo portare qui Piton. Non possiamo lasciarlo nella Stamberga Strillante».
«Va bene, Harry, aspettami qui» disse Remus, facendo risedere con dolcezza Harry sulla statua. «Se è nella Stamberga Strillante farò prima ad andarci di persona che a spiegare a qualcun altro come arrivarci».
 Harry si rialzò di scatto. «Vengo anch'io».
«Harry...»
«Glielo devo, Remus».
L'uomo scrutò intensamente il ragazzo e annuì. «Va bene, Harry, andiamo a occuparci di Severus, così poi potremo andarcene da qui».
Harry rimise la Mappa nella borsa da cui l'aveva tolta, poi diede un'ultima occhiata alla fotografia e la riconsegnò a Remus che scosse il capo sorridendo.
«Tienila pure, se vuoi, ne abbiamo a decine a casa» arrossì leggermente, imbarazzato. «Teddy è... be'... davvero irresistibile come fotomodello».
«Hai perso completamente la testa per lui, vero Remus? Lo avevo sospettato dopo avere assistito alla tua irruzione a Villa Conchiglia» affermò divertito Harry, infilando con attenzione la foto nella borsa di pelle. «Sono davvero impaziente di vederti alle prese con pannolini e ninnananne, sai?»
«Oh, ma tu mi hai già visto alle prese con pannolini e ninnananne, Harry» assicurò Remus, passando davanti a Teddy e lanciando uno sguardo preoccupato alla Chiave del Tempo, rilassandosi visibilmente al sorriso rassicurante del figlio.
«Davvero?» chiese Harry scoccando un'occhiata incuriosita a Teddy.
«Sì, davvero. Mi sono allenato molto con te. Lily sosteneva che ero bravo con pannolini e ninnananne. Molto più bravo di James e di Sirius. Sospetto che la sua entusiastica opinione fosse dovuta solo al fatto che io non ho mai tentato di farti levitare, però».
Harry rise, sinceramente divertito e Teddy, guardando i due maghi uscire dalla Sala Grande chiacchierando sereni, sentì il senso di colpa allentare la morsa: la sua decisione di salvare i genitori aveva reso il mondo un po' migliore anche per il padrino e per nonna Andromeda, in fondo.
Rinfrancato dalla constatazione, Teddy si sedette sulla statua precedentemente utilizzata dal padre e da Harry, osservandone interessato il mantello finemente scolpito nel marmo e caratterizzato da un paio di occhietti crudeli: sì, era proprio la statua di Sigfrid lo svagato, il mago rinascimentale noto per la sua ineffabile distrazione, passato alla leggenda - e a miglior vita - per avere confuso un Lethifold con il proprio mantello. Come fosse arrivata fin lì, dal quinto piano, Teddy non sapeva davvero spiegarselo.
Sbadigliando esausto, sbirciò la Chiave del Tempo. Notando che un pallido, informe alone rossastro aveva cominciato a comparire, si alzò e uscì dalla Sala Grande, guardando incuriosito i tre tizi biondi che se ne stavano ancora impalati sulla soglia.

Improperi coloriti, snocciolati da una voce maschile piuttosto isterica, raggiunsero Teddy appena ebbe messo piede nell'atrio. Atrio che, nel tempo da lui trascorso in Sala Grande, si era notevolmente affollato: numerosi feriti incappucciati erano sistemati un po' ovunque e, in un angolo vicino alla scala, giacevano allineati diversi corpi avvolti in mantelli scuri. Seguendo lo sguardo dei tre tizi biondi, Teddy vide che anche il corpo di Bellatrix si trovava lì. Evidentemente il destino di Molly aveva seguito il proprio corso.
Un giovane uomo, fonte dei fantasiosi improperi, era adagiato sugli scalini di marmo, il mantello nero provvisto di cappuccio, lacerato in più punti, lasciava intravedere i profondi squarci che gli dilaniavano fino all'osso braccio e gamba destri.
Madama Chips, pallida e visibilmente esausta, era al suo fianco e scuoteva la testa impotente, mentre un distinto mago dai capelli brizzolati tentava di convincere il giovane di qualcosa. Ambrosius aspettava poco distante, sfidando con fiera dignità gli sguardi disgustati che si posavano con insistenza su di lui.
«E' uno sporco ibrido!» sbraitò rabbioso il giovane incappucciato. «Non gli permetterò mai di toccarmi con quelle sudice zampe!»
«Potrebbe curarla, però, Ha una grande esperienza» affermò suadente il mago brizzolato indicandosi l'elegante tunica verde, strappata e macchiata all'altezza del ginocchio sinistro. «Mi ha curato un brutto taglio alla gamba in un istante. E' davvero molto bravo».
«Oh, certo, come no. Molto bravo, sì... a sbranare la gente! Queste ferite mi sono state fatte da bestie immonde come lui!»
«Durante un combattimento» puntualizzò Ambrosius con voce pacata. «Pochi di noi possiedono una bacchetta... ma abbiamo altri interessanti talenti a cui ricorrere per difenderci. Certo, capisco che un Crucio o un Avada Kedavra, magari scagliato alle spalle del nemico, sia molto più nobile e raffinato, ma... si fa quel che si può».
Teddy vide con chiarezza Madama Chips reprimere un sorriso molto poco opportuno, ma il giovane Mangiamorte rispose ancora più alterato: «Mi curerà Madama Chips. Non vedo come uno sporco ibrido possa farlo meglio di lei».
Il mago brizzolato sospirò con rassegnazione e Madama Chips si fece avanti, sfoderando decisa la bacchetta.
«Come desidera, Signor Addams... ma io non posso fare altro che amputare braccio e gamba. Non ci sono incantesimi, a me conosciuti, abbastanza potenti da curare simili ferite».
Signor Addams? Teddy guardò meglio il mago ferito, approfittando del fatto che il cappuccio del mantello gli era scivolato sulle spalle, lo immaginò quindici anni più vecchio e con due arti in meno e non ebbe più dubbi: era il padre di Kyle. Non sapeva fosse stato un Mangiamorte, però...
L'uomo sbarrò gli occhi, terrorizzato. «Amputare?» sussurrò con voce tremante. «Ma così non potrò mai insegnare al mio bambino a volare con una scopa» guardò disperato Ambrosius, deglutendo penosamente a vuoto. «Tu davvero potresti...»
Il vecchio annuì con sicurezza. «Sono solo ferite inferte da un licantropo in forma umana. Sono molto profonde, sì... ma ne ho curate a decine in vita mia. Anche più brutte».
Il Mangiamorte lo guardò combattuto, poi chinò il capo in chiaro cenno d'assenso, gli occhi colmi di paura e di raccapriccio. Ambrosius si avvicinò lentamente, ignorando l'istintivo gesto di ribrezzo del giovane mago, sorrise rassicurante e, impugnata la bacchetta, cominciò a declamare complessi incantesimi sotto lo sguardo interessato di Madama Chips.
La Chiave del Tempo si mise improvvisamente a lampeggiare e Teddy uscì di corsa dal massiccio portone di quercia, scese di volata la ripida scala che conduceva al Parco finendo, letteralmente, tra le braccia di un centauro che scrutava pensoso la volta stellata.
Era l'esemplare dal manto color castagna che aveva intrattenuto Ambrosius, notò Teddy scusandosi per la collusione. Il centauro puntò i suoi misteriosi occhi scuri sul giovane, guardandolo con distaccata curiosità. Notata la Chiave lampeggiante scosse la folta coda fulva e sorrise enigmatico.
«Le stelle non mentono mai» disse con la sua voce ipnotica e profonda. «Sirio indicava chiaramente un'anomalia temporale. E quell'anomalia sei tu» concluse tranquillo, come se dialogare con un'anomalia temporale fosse la cosa più normale del mondo.
Teddy annuì interdetto.
Il centauro tornò a scrutare il cielo. «La tua venuta avrà conseguenze che tu non hai previsto. Ma hai agito con saggezza... hai compiuto le scelte giuste. Ora faresti meglio a tornare da dove sei venuto, però. L'anomalia sta per riassorbirsi».
Teddy annuì di nuovo, sempre più confuso e ricominciò a correre a perdifiato verso il cancello.
Notato Kingsley che, ai piedi di un folto Cespuglio Farfallino, discuteva animatamente con il Signor Bones e con due altri maghi, si fermò ansimante, tentando di riprendere fiato.
«Sono d'accordo, Shacklebolt. Bisognerà davvero pensare a una politica contro la discriminazione dei licantropi» affermò convinto un mago dai capelli chiari.
«Io voterò sicuramente a favore, Corner» proclamò sicuro il signor Bones, scoccando un'occhiata adorante alla figlia che, qualche metro più in là, chiacchierava amichevolmente con Michael e Dylan. «Oggi mi sono decisamente ricreduto su di loro. Non solo Ambrosius mi ha guarito il braccio in un istante, ma Lupin ha salvato la vita di mia figlia».
Il mago dai capelli chiari annuì, lo sguardo fisso su Michael. «Anche mio figlio è vivo grazie ai licantropi. E, per inciso, Lupin è stato di gran lunga il miglior professore di Difesa che Michael abbia avuto in sette anni di scuola. E uno dei meno pericolosi, tutto sommato. Vogliamo parlare della Umbridge, per esempio? O dei Carrow? Solo per citare quelli scelti con il benestare del Ministero».
«Sì, voi tre avete ragione, ma non sarà facile convincere il Primo Ministro a imbarcarsi in una simile, impopolare crociata» constatò realista un'anziana strega un po' segaligna.
Kingsley sbuffò insofferente. «Il Primo Ministro al momento non c'è, giusto? Basterà accertarsi che colui che lo diventerà abbia simpatia per i licantropi e abbia la forza e il coraggio di battersi per loro. Voi tre siete molto stimati e considerati al Ministero, se lo appoggerete verrete seguiti da molti altri. Sono sicuro che troverete il tipo giusto» affermò convinto, sbirciando l'orologio. «Ora scusatemi, ma devo proprio andare. Vorrei organizzare subito una squadra di Auror per evitare che qualche Mangiamorte si dia alla macchia anche questa volta. Quelli sì che sono pericolosi, altro che i licantropi» concluse deciso prima di Smaterializzarsi con un sonoro schiocco.
I tre maghi si guardarono in faccia allibiti e poi sorrisero soddisfatti.
Teddy, realizzando che il divieto di Materializzazione a Hogwarts doveva essere stato momentaneamente sospeso, si Smaterializzò a sua volta, mentre la strega segaligna esclamava euforica: «Oh, sì, certo che troveremo il tipo giusto, Shacklebolt, anzi, lo abbiamo già trovato! In questo momento sta andando a organizzare una squadra di Auror».

Ringraziando il buon senso che gli aveva suggerito di togliere gli incantesimi di protezione dalla casa dei genitori, Teddy si Materializzò proprio al centro della sua cameretta.
Un po' barcollante, si appoggiò esausto alla cassettiera bianca e, aspettando che il mondo si degnasse di fermarsi, sfiorò divertito l'immensa fenice di peluche appollaiata sul mobile: Kingsley non si era davvero risparmiato.
Ripresosi, controllò l'altra fenice, quella disegnata sul lucido pavimento di legno, osservandone affascinato i bagliori di corallo illuminati dai raggi della tonda luna appena calante che si scorgeva dalla finestra. Sulla parete di fronte, una luna gemella vegliava placida la ninfa e il lupo che, in quel momento, dormivano serenamente abbracciati nella radura dipinta.
Uno schianto improvviso lo distrasse. Qualcuno aveva rovesciato qualcosa di grosso, fragile e vicino, pensò Teddy trattenendo il respiro e ascoltando turbato quello che sembrava il vagito di un neonato. Anzi, quello che era senza ombra di dubbio il vagito rabbioso di un neonato svegliatosi di soprassalto. Teddy non poteva sbagliarsi, conosceva benissimo quel particolare suono... i figli di Harry erano stati dei veri campioni in quel campo. Tutti e tre.
«Oh, scusa piccolo» implorò una voce femminile, mentre il bimbo, non meno talentuoso dei tre piccoli Potter, aumentava di qualche decibel il volume degli strilli. «No, calmati tesoro, non è successo niente. La mamma si era dimenticata che c'era questa raffinata lampada in corridoio, ma papà sarà felicissimo di sistemarla, vedrai, in fondo ormai ci è abituato e nonna non se ne accorgerà neppure questa volta. Su, da bravo, Teddy, non vorrai farti vedere da Harry in questo stato, vero? Lo spaventeresti a morte. Anche se questi incantevoli capelli rosso Grifondoro potrebbero piacergli, suppongo...»
Il Teddy adulto sorrise, immaginandosi la scena e ridacchiò quando sentì la voce della madre intonare con entusiasmo il ritornello di "Schianta la Manticora" e il pianto placarsi. Poi, temendo che i due fossero in procinto di entrare nella stanza, balzò con decisione nel cerchio, dove la fenice era sempre meno nitida. La Chiave divenne improvvisamente calda e cominciò a vibrare velocemente, emettendo un suono dolcissimo, simile a un canto. Teddy stava ascoltandolo rapito, quando venne sorpreso da un violento strappo e sommerso dalla spiacevole sensazione provocata dall'attraversamento di un Portale del Tempo.

Quando tutto finì, Teddy, disteso bocconi su quello che pareva un pavimento, socchiuse gli occhi e provò a sollevare il capo, ma desistette quasi subito. Raramente si era sentito tanto esausto in vita sua. Forse mai.
Si sentiva leggero ed euforico, ma ricordare il perché sembrava davvero troppo faticoso. Come il tentare di raggiungere il letto, del resto. Teddy non si era mai reso conto di quanto comodo e invitante potesse essere un pavimento. Certo, se avesse smesso di lampeggiare come un'intera colonia di Clabbert in preda al terrore lo sarebbe stato anche di più...
Chiuse gli occhi per qualche istante e, quando li riaprì, notò che il suo desiderio era stato esaudito: il pavimento era fermo e spento come doveva essere ogni buon pavimento di questo mondo.
Sospirò soddisfatto e richiuse gli occhi, pronto ad abbandonarsi al sonno, quando la porta gigolò e un leggero rumore di passi rimbombò sul pavimento. Teddy pensò di aprire gli occhi, ma ci rinunciò subito; nemmeno Victoire fasciata da quel fantastico bikini turchese lo avrebbe convinto a farlo. Figuriamoci dei banali passi.
«Lo ha fatto davvero!» esclamò una voce squillante, che ricordava vagamente il suono allegro di un campanellino d'argento.
«Sì, certo che lo ha fatto davvero, amore. Ed è tornato sano e salvo... ma non ne dubitavo, io» bisbigliò una voce roca, sollevata e ironica al tempo stesso.
«Uhmf... Dorian Johnson, eh?»
«Un vero colpo di genio, ammettilo».
«Oh, sì... quasi come la faccenda degli effetti collaterali di una botta in testa dovuta a una sfera di cristallo».
«Sono sempre stato piuttosto bravo ad inventarmi spiegazioni per le cose più assurde. E sette anni a Hogwarts con tuo cugino hanno ulteriormente affinato questo mio talento naturale».
La voce squillante ridacchiò. «Sì, immagino».
Quando Teddy, in cerca di una posizione più confortevole, mosse leggermente il capo, una mano fresca e profumata di mughetto gli accarezzò gentilmente i capelli e due braccia forti lo sollevarono di peso.
«Coraggio, figliolo, so che il pavimento ti sembra invitante, ma il tuo letto lo è di più, fidati» sussurrò con gentilezza la voce roca, mentre le due braccia forti lo trascinavano per un po', adagiandolo poi su qualcosa di paradisiacamente morbido.
Qualcuno gli tolse il giubbetto di jeans, qualcosa gli venne sfilato dal collo e le sue scarpe da ginnastica sparirono misteriosamente.
«Ha ripreso il suo aspetto naturale» constatò la voce squillante. «Peccato, mi sarebbe piaciuto rivederlo come era quella notte. Aveva il naso identico a quello del signor Peabody!»
«Già» la voce roca sembrava un po' abbacchiata. «Non ho gradito molto».
«Ti sei preoccupato, eh?» la voce squillante suonava molto maliziosa, Teddy, nel suo stato di semi-incoscienza non capiva perché, ma decise che non era poi così importante. «Scommetto che ti è venuta in mente la mia passione per le torte alla cannella».
«Più che altro mi è venuta in mente la tua passione per gli uomini attempati, a essere sincero».
La voce squillante ridacchiò. «Ah, ecco. Ma ti sei preoccupato per il signor Peabody e non ti preoccupi per quell'irresistibile dispensatore di fascino attempato che è Ambrosius? Tu, d'altro canto, non mi dai nessuna soddisfazione in tal senso. Guardati, nemmeno l'ombra di una deliziosa stempiatura».
«Neppure Ambrosius è stempiato!»
«Giusto. Draco Malfoy da solo è molto più stempiato di voi due messi assieme».
«Draco Malfoy non è attempato, quindi posso stare tranquillo. L'unico rivale serio resta il signor Peabody».
La voce squillante scoppiò a ridere e la voce roca gemette di dolore, sibilando: «I pizzicotti non valgono, però».
Teddy si agitò, davvero incuriosito da quelle due voci che, invece di dormire, insistevano nel parlare di solo Merlino sapeva cosa...
«Shh. Non lo disturbiamo, Dora, è esausto e ci aspetta una giornata pesante» mormorò la voce roca.
Una mano calda e un po' ruvida gli scostò gentilmente i capelli dalla fronte, mentre qualcosa di morbido, liscio e profumato gli sfiorava una guancia. Teddy, sentendosi più completo di quanto si fosse mai sentito in vita sua, socchiuse faticosamente un occhio, scorgendo la limpida, sottile falce di luna incorniciata dalla finestra, quindi scivolò nell'incoscienza, cullato da una carezza profumata di mughetto e da una voce roca che canticchiava una dolce ninnananna. Che non parlava di Manticore.
 
* * “Harry Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 685 Salani Editore 2008


Ed ecco il quinto capitolo (eh sì, la storia si avvia alla sua conclusione, manca solo l'Epilogo, ormai).
Mi rendo conto che è lunghissimo, ho anche preso seriamente in considerazione l'idea di dividerlo in due parti... ma non ci sono proprio riuscita. E' nato così, in fondo, e non mi sembrava giusto "mutilarlo" . E poi si può sempre leggere a pezzi, no?
Ho adorato scrivere questo capitolo, perché mi ha permesso di immaginare le cose che avrei tanto voluto leggere nei libri e che non ho trovato.  Mi sono divertita, per esempio, a scrivere una chiacchierata tra Remus e Harry - i due ne avevano un gran bisogno, secondo me - e a  indagare sul loro rapporto. La Rowling non ce lo ha mostrato platealmente ma lo ha scritto tra le righe: quella richiesta di diventare il padrino di Teddy racconta moltissime cose, a mio parere.
E ho dato molto spazio ai licantropi. Spazio che nel libro non hanno affatto, lo so. Ma forse è stato proprio questo a convincermi a parlare di loro.
Hanno rubato un po' la scena ai personaggi della Rowling, me ne rendo conto... ma mi piaceva l'idea di mostrare uno spaccato della società magica che, sotto molti punti di vista, non è poi così diversa dalla nostra.
Ambrosius, Emrys e Dylan - i tre licantropi ispirati a cui ho accennato nella premessa al Prologo - sono frutto del mio personale tentativo di capire cosa poteva spingere un licantropo a votarsi alla causa di Greyback. 

Questo capitolo è anche quello che, per ovvi motivi, rischia maggiormente di essere funestato dall'OOC... spero di avere limitato i danni. E a tal proposito un paio di precisazioni.
A un certo punto Tonks afferma che preparerà la Pozione Antilupo per tutti i licantropi del branco. Lo so che quella particolare pozione è molto complessa e che non tutti sono in grado di distillarla, ma Tonks è diventata Auror, quindi deve avere seguito Pozioni anche negli ultimi due anni. E per poterlo fare, essendo stata allieva di Severus, deve avere passato i G.U.F.O. con un Eccezionale. Ne ho dedotto che Tonks deve essere una pozionista coi fiocchi.
In un altro punto Harry accetta la proposta di Remus di lasciare il Castello e di andare a casa con lui. Questa scelta è stata parecchio sofferta, ma alla fine ho deciso che sarebbe anche potuta andare così. Harry avrebbe potuto benissimo passare quella notte con Remus e Teddy, tentando di armonizzare Passato (Remus è, almeno nella mia versione dei fatti, l'unico legame col passato rimasto a Harry) e Futuro (Teddy, naturalmente) per potere accettare il Presente.

Come indicato dalla dicitura in rosso qui sopra la canzoncina di Pix è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della Morte" di J.k. Rowling.
Il "Lethifold" è un'inquietante bestiola tropicale che assomiglia a un mantello nero è che ha abitudini alimentari quanto meno singolari. I "Clabbert" sono invece vispi animali che sembrano un incrocio tra una scimmia e una rana e sono caratterizzati da una grossa pustola posta al centro della fronte che diventa rossa e lampeggiante quando si sentono in pericolo.
Entrambe le simpatiche creature sono descritte in : "Gli animali fantastici: dove trovarli".
Sigfrid lo svagato, invece, non esiste nel mondo della Rowling. Di conseguenza non esiste neppure la sua statua. E' solo una mia colpevole invenzione. Ma trovo che ci stia benissimo accanto a Boris il basito! ^^

dirkfelpy89: Ciao,  grazie per la recensione e complimenti per la resistenza! Leggere tutta la storia in una volta sola deve richiederne parecchia! Sono contenta che l'idea della Chiave del Tempo ti sembri originale, ci speravo davvero, sai? Avendo basato tutta la storia proprio su quel particolare oggetto.
Kamen: Tranquillo, ripetiti pure finché vuoi, la cosa non mi dà proprio nessun fastidio, sai? ^^ Spero che anche le chiacchierate di questo capitolo ti abbiano divertito. Oh, come avrai potuto constatare, anche Tonks trova geniale il gioco di parole per Dorian Johnson. Sei in buona compagnia, pare... ;-)
Jadis96: Ciao!  E grazie per la simpatica recensione! Tu non avresti avuto la mia idea, dici? E chi può saperlo, magari ti ho solo preceduta. ;-) P.s. Tranquilla che non confonderò le mie due Jadis. Ho molta cura di coloro che lasciano le fila dell'Esercito dei Silenti per farmi sapere cosa pensano della storia, sai? E poi tu sei la Jadis con il numerino! ^^
fri rapace: Ehilà,
meno male che il rischio di rappresaglie coniugali si è allontanato! Recensione con domanda! Mi piace, è intrigante come cosa...^^ 
Allora: perché Harry ha mostrato a Teddy il ricordo della scena a Grimmauld Place? Be', ti sei già risposta da sola, sai? Lo ha fatto proprio perché avrebbe preferito di gran lunga fosse stato Remus (o Sirius) a metterlo al corrente di quel particolare episodio della vita di James. Ne avrebbe sicuramente sofferto molto meno perché Remus (o Sirius) lo avrebbe contestualizzato quell'episodio, spiegandone i retroscena e le cause e bilanciandolo con altri lati, sicuramente più positivi, del carattere di James. Quindi Harry, sapendo che Teddy sarebbe potuto venire ugualmente a conoscienza di quel fatto (era presente anche Ron, ricordi? E Ron non è esattamente un fulgido esempio di discrezione. E poi esistono i Pensatoi, Teddy avrebbe potuto sbirciare in uno contenente, chessò, ricordi di Hermione o di Harry stesso) ha semplicemente scelto di essere lui a parlargliene, con la delicatezza e il tatto necessari, ovviamente, e bilanciando poi (o prima) mostrando a Teddy il Remus euforico che piomba a Villa Conchiglia per annunciare la sua recente paternità, o il Remus tenerissimo che se ne va in giro con la foto del suo bimbo nella tasca.^^  Ecco, anche questa volta ti ho risposto con un (cito lyrapotter) Trattato. Spero ti sia piaciuto quanto il primo. ^^
lyrapotter: Grazie, grazie, grazie!  Sono lusingata che tu abbia apprezzato i dialoghi. Mi sono divertita molto a scriverli, adoro fare interagire quei tre! Certo che Teddy, pur essendo l'innegabile versione bonsai di Remus, ha preso moltissimo anche da mamma. E' un miscuglio interessante, in effetti. In molti, mi pare di capire, vedono meglio Teddy a Tassorosso... ma io propendo per Grifondoro, che ci possiamo fare?  L'ho già detto che non sono particolarmente originale,vero? ;-)  Ah, la Battaglia. Sì, io l'immagino proprio "corale" la Battaglia di Hogwarts. Un vero Guazzabuglio Magico: Maridi, Centauri, Licantropi, Schiopodi, Calamari Giganti... Puffole Pigmee... e chi più ne ha più ne metta! Seriamente, ci tenevo molto all'inserimento dei Licantropi (credo che da questo capitolo si sia anche capito, eh) perché trovo davvero terribile il trattamento che riserva loro la società magica che tende a trattare le vittime (perché ogni Licantropo è prima di tutto una vittima) come i carnefici (e non tutti i Licantropi lo sono, Remus ne è l'esempio più lampante). No, certo che non tutti i Licantropi "selvaggi" sono belve come Greyback, secondo me. Anche se Ambrosius non fa molto testo, non essendo esattamente un licantropo "selvaggio". Ambrosius è molto civilizzato, in effetti...
Ah, non preoccuparti se scrivi romanzi facendo la telecronaca del capitolo: mi piacciono i romanzi, e tu hai un singolare talento per le telecronache: Luna ti fa un baffo!  P.s. per quanto riguarda il "Lato Divertente" ti svelerò un segreto: una ventina di giorni fa, obnubilata dal caldo e dai fumi di cloro della piscina in cui sono andata, ho messo per iscritto la scenetta che mi ero immaginata scrivendo quel particolare punto della ff. Chissà che, prima o poi, trovi il coraggio di sistemarla e di pubblicarla... ;-)
KELLINA: Grazie per la splendida recensione! Non so davvero come risponderti, sai? Mi hai lasciato letteralmente senza parole, impresa non facile, te l'assicuro. La sola cosa che posso fare è augurarmi che la storia continui a piacerti fino al suo - ormai prossimo - Epilogo, e non deluda troppo né te né le persone a cui intendi amabilmente segnalarla.
Piccola Vero: Grazie, oh mia fedelissima recensitrice (si dirà? Mah)! Sì, hai ragione, Teddy continua imperterrito a mostrare un fascino non indifferente. Del resto: il sangue non è acqua! ;-)

Sentiti ringraziamenti anche alla sempre più nutrita schiera dell'Esercito dei Silenti! Ragazzi, siete un vero drappello ormai! Alla prossima Battaglia di Hogwarts parteciperemo anche noi!

  
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