In quel paesaggio che aveva rimirato
così tante volte
aleggiavano solo pensieri di rabbia. Carlisle correva sulla sua
Mercedes e
ignorò anche i segnali di fermarsi dei due poliziotti
all’entrata di La Push.
Li superò correndo, era troppo rischioso fermarsi e perdere
del tempo, anche se
ciò significava che certamente la tribù avrebbe
saputo dello scioglimento del
patto.
Aveva paura di sé stesso: infrangere i limiti di
velocità, non fermarsi ai
richiami delle forze dell’ordine, trasgredire ad un patto da
lui stesso
sigillato, ma soprattutto avere certi pensieri.
Dolorosi, forti e di morte.
Quante volte si era domandato se ogni sua scelta fosse dettata dalla
ragione e
non dall’egoismo: egoismo di avere un compagno con Edward,
egoismo del
desiderare una compagna, quella
compagna con Esme. Li aveva condannati ad un’esistenza che
lui stesso non aveva
chiesto, una colpa che credeva di aver espiato facendo del bene, ma
come
espiare quando in pericolo c’era quella compagna che aveva
condannato a
fuggire, alla quale non poteva dare la gioia della gravidanza che
avrebbe tanto
voluto, quella compagna che in silenzio lo guardava uscire quando
andava a
lavoro e con lo stesso silenzio si stringeva tra le sue braccia e gli
diceva
quanto lo amava. Non era il perdono di Esme che temeva… ma
il suo stesso di averla messa in
quel
pericolo, che non avrebbe mai dimenticato.
Se Carlisle avesse potuto leggere i suoi pensieri come faceva lui, Edward gli avrebbe urlato di non porsi neanche il problema. Era stato un compagno e poi un padre eccezionale, e sapeva per certo che Esme non aveva il minimo rimpianto per quella vita che gli aveva regalato, fatta di amore e sogni, come gli diceva sempre lei in “segreto”. Non poteva vederlo in volto, correvano fianco a fianco troppo velocemente, ma Edward era certo che quei pensieri gli logorassero le espressioni facciali molto spesso. Se tutti i pensieri che sentiva in quel momento fossero stati come quelli di Carlisle si sarebbe detto sollevato da ciò, ma purtroppo il più vicino che sentiva erano parole di disperazione e dolore, e provenivano dalla mente di sua madre. Erano vicini. Ebbe come un sussulto quando percepì un pensiero molto più intenso dei precedenti Lei è mia. Lo sentì netto, come una saetta che colpì i suoi occhi arrivando ai nervi: Edward si fece strada tra gli alberi con una singolare ed agile velocità, il suo unico obiettivo era massacrare il vampiro che stava violentando Esme. Ogni cosa di buono che poteva dire di avere, erano frutto dell’amore che gli aveva dato, come una madre devota. Per quanto loro fossero i freddi, Esme gli aveva saputo donare solo calore con la sua presenza nella sua nuova vita nella famiglia Cullen.
“Vicino la
scogliera…” Alice dava indicazioni ad Edward
perché corresse nella giusta direzione ma si
bloccò di colpo quando vide le
intenzioni di Harold
“Cosa?” le urlò Rosalie.
Alice si riprese dalla trance e la
guardò con occhi di dispiacere “Le ha strappato il
corpetto del vestito” le
disse. Rosalie ebbe un sussulto e ruppe il vetro del finestrino della
gip,
proprio accanto ad Alice. Jasper accelerò il moto
dell’auto e Emmett con un
ruggito saltò dall’auto in corsa, correndo
appresso ad Edward e saltando su
qualche albero proprio come lo chiamava Rose, uno scimmione.
La rabbia si presentava sotto varie
forme, ma in ognuno dei
Cullen era forte e urlava. Ma non solo nei loro animi ribolliva. Una
piccola
umana se ne stava seduta ad osservare il suo piatto senza fingere
neanche di
prenderne un boccone. Bella Swan faceva girare i cavoli nel suo piatto,
e
faceva un rumore con la forchetta che in quel silenzio suonò
assordante.
“Bells…” Charlie cercò di
attirare la sua attenzione “Bells
cos’hai?”
“Eh?”
“E’ tutto il giorno che non sei nel nostro mondo.
Hai litigato con Edward?”
“Per favore Charlie”
“Bella sono tuo padre, almeno potresti chiamarmi
papà”
“Ok, per favore Papà!”
“Mangia qualcosa Bella!”
“Non ho fame!” si alzò portando via il
suo piatto
“Bella, dimmi cos’hai, non ti lascerò
uscire dalla stanza!” per la prima volta
si fece autoritario. Bella esitò per qualche istante
“Una persona alla quale
tengo è nei guai!”
Charlie scattò dalla sedia e questa volta le
parlò più in veste ufficiale che
come padre “Qualche tua compagna di scuola?”
“No!”
“E’ Edward? Bella… ti ha fatto
qualcosa?” le strinse le braccia
“No, no smettila. Non è Edward sta
bene… Papà… non posso dirti nulla
ho…
promesso…”
“Bella se scopro cosa succede sarai nei
guai…”
“Ho promesso a Carlisle che non avrei detto nulla
io…” si pentì subito dopo
delle sue parole. Si era tradita e aveva tradito la fiducia dei Cullen.
“Esme… è successo qualcosa ad Esme,
Bella parla!” questa volta lo urlò. Bella
fu costretta a dire la verità e anche di questo si
pentì perché non solo stava
mettendo a rischio il segreto dei Cullen, ma anche la vita di suo
padre, che
prese il suo fucile e si precipitò fuori della porta quando
sentirono un
ruggito risuonare nel bosco. Bella sapeva a chi apparteneva.