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Autore: Severa Crouch    18/07/2022    4 recensioni
Poco prima della caduta del Signore Oscuro, Alexandra viene mandata in missione con il suo mentore, Rodolphus Lestrange, ma le cose non vanno come previsto. Feriti e senza bacchette si trovano bloccati in quel posto sperduto dell'Inghilterra del Nord, mentre di Bellatrix, Barty e Rabastan non riescono ad avere notizie. Braccati dagli Auror che danno la caccia ai Mangiamorte, saranno costretti a prolungare la loro permanenza in quel rifugio babbano.
Questa storia partecipa alla challenge “Bonbon esplosivi” organizzata dal gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”.
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rodolphus Lestrange
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Note: Il pacchetto prevedeva: Hurt/Comfort 2 6 e mi erano usciti Barty/Alex, ho sostituito Barty con Rodolphus, giocandomi il bonus sostituzione a disposizione. 

Il gioco è in modalità pro con il prompt n. 6 “A confessa a B la sua più grande fobia. B lo/la aiuta ad affrontarla” e il titolo è gentilmente offerto da Flofly nell’ambito di “Un’etichetta per il tuo Firewhisky”. Era un titolo perfetto per questa storia.

A differenza delle storie contenute nella raccolta “Universi paralleli”, per questa challenge non credo che riuscirò a sviluppare più pacchetti, perché sono abbastanza presa da altri progetti, ma ho questa storia in testa e chi sono io per non fillare un prompt?

Alcuni termini che usa Alexandra sono volutamente utilizzati in modo improprio (ad esempio lavatoio al posto di lavandino), per sottolineare quanto lei non conosca il mondo Babbano.


 

Capitolo 1

 

30 ottobre 1981

 

“Reparo!” 

Un flebile bagliore bianco uscì dalle dita tremanti di Alexandra.

“Oh, dannazione! Dannazione!” 

Un sospiro deluso. 

“Coraggio… Reparo!”

Dalla sua sinistra arrivavano i gemiti di dolore di Rodolphus che la indussero a mettere da parte il suo lavoro. Frugò nella borsetta alla ricerca di una fiala, ma le capitò un Distillato della Morte vivente. 

“Dannazione, almeno tu potresti collaborare…” Se nemmeno la sua borsa da viaggio si rivelava utile, Alexandra avrebbe presto iniziato a perdere la pazienza. 

“Non voglio morire… non voglio morire,” Rodolphus gemeva spaventato con lo sguardo fisso sulle mani immobilizzate, le dita sporche di sangue e fango. Non le restò altra scelta che procedere in modo pragmatico. Spostò la sua borsa da viaggio sul tappeto e capovolse l’apertura, l’agitò fino a far uscire, una dopo l'altra, tutte le scorte di filtri che si era portata dietro. Tra il caos di fiale, scatoline, ampolle e boccette che ne fuoriusì, riuscì a ritrovare la pozione Rimpolpasangue e un filtro Ricostituente. Tornò da Rodolphus che tremava sul tappeto.

“Domattina andrò nei boschi e raccoglierò altri ingredienti, ma per il momento cerchiamo di farcele bastare. Non sarebbe male riuscire a tornare a casa,” gli disse mentre si inginocchiava accanto al suo corpo steso. Sollevò dolcemente la testa di Rodolphus e l’appoggiò sulle sue gambe. Aprì la fiala direttamente nella bocca di Rodolphus e, mentre lui mandava giù la pozione, lei si guardò intorno per capire dove diavolo fossero finiti. Quel capanno nel bosco era stata la loro salvezza, un riparo dal temporale che ancora stava imperversando, ma non aveva proprio idea di quale parte del mondo fosse finita. Si era limitata a prendere la Passaporta con Rodolphus dopo aver salutato Barty. La missione, dopo tutto, era top secret e lei non aveva accesso a molte informazioni.

“Non lasciarmi, Alex, non voglio morire.” 

Alexandra afferrò la mano di Rodolphus e la strinse tra le sue mani. Allungò le dita fino a tastargli il polso su cui risaltava il Marchio Nero. Sentì il battito accelerato, sembrava che Rodolphus, grande e grosso com'era, fosse nel bel mezzo di un attacco di panico. “Non ti lascio, Rod, non morirai. Fidati di me.” Cercò di sorridergli incoraggiante, ma lui le rispose con uno sguardo terrorizzato.

“L-la bacchetta?” le domandò con la bocca ancora sporca di sangue.

“Non ho buone notizie…” rispose con un sospiro che sapeva di sconfitta. “Entrambe le nostre bacchette si sono spezzate. Il nucleo è compromesso. Non riesco nemmeno ad usarne metà, ma non perdo le speranze di riuscire a ripararne almeno una. Devo pulirti le ferite prima di passare il Dittamo,” lo avvisò.

“Non mi lasciare, Alex, non voglio morire.”

“Non morirai, Rod. Non ti lascio, ma sono senza bacchetta e non posso Appellare niente. Vado a inumidire questo panno per pulirti le ferite, d’accordo?”

Rodolphus annuì. Alexandra gli sollevò delicatamente la testa e sostituì le sue gambe con un cuscino impolverato. Quel capanno sembrava essere stato attrezzato da qualche Babbano. 

Un brivido di paura le corse lungo la schiena al pensiero che potesse appartenere a qualcuno dei loro aggressori. Si avvicinò cauta al lavatoio, girò la manopola e l’acqua iniziò a sgorgare pulita. Nella sua borsa da viaggio c’erano anche garze e bende, doveva recuperare l’Essenza di Dittamo, ma prima di tutto, doveva sistemare Rodolphus e pulirgli le ferite.

Avevano appena incontrato un meraviglioso esemplare di Demiguise, lei era riuscita persino ad avvicinarlo e, se non fosse stato per quegli stupidi Babbani, lo avrebbero catturato. Erano arrivati all’improvviso con le loro motociclette rumorose e avevano spaventato la creatura.

Strizzò il panno dall’eccesso d’acqua. Trovò una bacinella e la riempì d’acqua per poter sciacquare il panno dai residui di fango e sangue che avrebbe tolto. Osservava l’acqua scorrere mentre si domandava cosa avesse visto quel Demiguise con la sua vista nel futuro per afferrare al volo le loro bacchette e spezzarle in due. Forse voleva impedire a Rodolphus di uccidere i Babbani?

Le conseguenze, tuttavia, erano state tremende. 

Indifesi, erano stati aggrediti. Alexandra tremò al ricordo dei loro occhi famelici quando si erano resi conto che lei e Rodolphus erano da soli. In quattro, avevano cercato di approfittare di lei. Si strinse i polsi per accertarsi che quelle mani non la afferrassero più. Rodolphus l’aveva difesa ed era riuscito a metterli in fuga. Se non era stata contaminata da quei mostri, era tutto merito suo. A Rodolphus doveva la vita e la sua integrità come Purosangue.

Prese la bacinella e il panno e tornò accanto a Rodolphus. Pulì il viso, sporco di terra, sudore, sangue, tra i capelli aveva qualche ago di pino. 

Si erano allontanati dai sentieri e avevano camminato a lungo in quella foresta. Non avevano smesso nemmeno quando aveva iniziato a diluviare così forte da far perdere loro il senso dell’orientamento. Quel capanno era spuntato dal nulla ed era stato la loro salvezza, aveva offerto accoglienza a due viandanti zuppi e feriti. Non aveva idea di cosa avrebbe detto ai Babbani proprietari del posto se, tornando nel capanno, li avessero sorpresi nella loro proprietà. Alexandra sperava solo che si rendessero conto che Rodolphus aveva bisogno di aiuto.

“Dovresti cambiarti, Alex, sei tutta zuppa, prenderai freddo.”

“Anche tu, Rod. Ti sta salendo la febbre.” 

Accanto a loro c’era un caminetto. Alexandra sistemò dei ceppi al suo interno e prese la bacchetta nella speranza che riuscisse a svolgere un semplice incantesimo come accendere una fiamma. Fu in grado di ottenere un fumo leggero che fuoriusciva dal legno. Ringraziò mentalmente di essersi applicata a Babbanologia e di essere fresca di M.A.G.O. in modo da riuscire ad accendere un fuoco, anche senza l’uso della magia. Trovò una scatola di fiammiferi e preparò un po’ di carta per creare una fiamma viva e dare modo ai legnetti e ai ceppi di iniziare a bruciare. Rodolphus la guardava interessato e sembrò che per qualche istante si dimenticò della paura che lo aveva divorato.

“Vado a vedere se ci sono dei vestiti asciutti,” gli disse avventurandosi nell’altra stanzetta dove c’era un letto, un armadio e una cassettiera. L’arredamento era in legno vecchio e sembrava che i mobili, di scarsa qualità, avessero visto giorni migliori, anche se, al di là dell’odore di muffa e polvere, non c’erano segni di tarme. Nei cassetti trovò dei pigiami di flanella che sembravano poter stare a Rodolphus. 

Lo ritrovò intento a fissare la sua veste da mago senza riuscire a muovere le mani. Quei maledetti gli avevano rotto le dita di entrambe le mani.

“Non preoccuparti, ti aiuto io,” gli disse. “Sei fortunato ad essere finito in missione con la migliore Guaritrice che i Mangiamorte possano permettersi,” scherzò. “Posso spogliarti?”

“Di solito sono io a chiederlo alle ragazze.”

Alexandra alzò gli occhi al cielo. “Questa battuta è così… da Rabastan… Non è proprio da te.”

“Solo perché non sai quanto il mio corteggiamento possa essere… imbarazzante.”

“Siamo entrambi sposati, Rod, suvvia. E soprattutto, in questo momento non saresti in grado di fare molto. Spero tu non voglia finire insieme ad Avery tra chi promette molto e realizza nulla.”

“Non mi provocare, Alex.” 

Scherzavano mentre Alexandra gli sbottonava la veste da mago di lana nera, spessa e pesante, che si era impregnata di umidità. Eliminò anche la camicia che necessitava di un lavaggio e sbottonò i pantaloni. Tolse i lunghi stivali di cuoio nero che usavano per i viaggi, eliminò i pantaloni e la sua concentrazione esitò un attimo davanti il corpo seminudo di Rodolphus. Si disse che doveva rimanere concentrata. Era solo un paziente che aveva bisogno delle sue cure.

“Allora?” le domandò Rodolphus. “Quanto mi resta da vivere?”

“Non saprei dirlo. So che sopravviverai a questa notte, ma se dovessi continuare a comportarti come Rabastan, beh, forse potresti finire male.” Si scambiarono un sorriso e la mano di Alexandra tremò leggermente prima di medicare il taglio alla spalla. L’addome era pieno di lividi, così lo tastò per accertarsi che non ci fossero emorragie interne. Aprì il palmo della mano e chiuse gli occhi nel tentativo di concentrarsi. Inspirò profondamente. La magia era dentro di lei, la bacchetta era solo un catalizzatore. Il Signore Oscuro era in grado di compiere grandi incantesimi anche senza la bacchetta e suo padre curava i pazienti al San Mungo utilizzando le dita come se fossero delle bacchette. Poteva riuscirci. Doveva concentrarsi.

“Vulnera Sanentur.” Dalle sue dita fuoriuscì un bagliore fioco che tuttavia riuscì a migliorare, seppur di poco, la situazione. Sospirò. Concentrati, Alex, si disse. Pensò allo sguardo attento di Barty, come quando si esercitavano insieme in sala comune. Ripensò al modo in cui lui le infondeva fiducia. Avrebbe voluto avere Barty accanto a sé. “Vulnera Sanentur.” Questa volta le sue dita non produssero proprio niente.

“Non puoi chiedere troppo alla tua magia, Alex,” le sussurrò Rodolphus avvicinando la sua mano tremante. “Sei stremata. Domani andrà meglio.”

“M-mi dispiace… Deve essere frustrante essere bloccato qui con una recluta. Se fossi stato con Bellatrix, le cose sarebbero andate diversamente.”

“Bellatrix non sarebbe mai riuscita ad avvicinare il Demiguise,” le spiegò. “Se il Signore Oscuro ha mandato noi due in missione, c’è un motivo.”

Alexandra lo aiutò a indossare il pigiama e a trasferirsi sul letto. “Ma la missione è stata un completo disastro! Siamo dispersi, senza bacchette, feriti e nemmeno abbiamo portato a termine la missione!” Era sul punto di scoppiare a piangere. Si sentiva un vero e proprio fallimento come Mangiamorte. Era come se quello che aveva sempre temuto, che lei non doveva essere reclutata, si fosse avverato. Barty l’avrebbe voluta ancora come moglie una volta che avesse scoperto quanto era una pessima Mangiamorte?

“La missione non è finita. Gli intoppi capitano. Nella mia prima missione ho quasi rischiato di morire per un ritorno di fiamma della bacchetta. Se non fosse stato per i riflessi di Dolohov, non sarei qui a raccontartelo.”

“Lo dici solo per risollevarmi il morale.”

“No, Alex, è la verità. E poi, come dici tu, sei la migliore Guaritrice e, se permetti, preferisco farmi spogliare e medicare da te che da Piton.”

Il brontolio dello stomaco le ricordò che erano digiuni dalla colazione mangiata velocemente prima di prendere la Passaporta quel mattino. Si guardò intorno nel tentativo di rendersi utile e di non sembrare una patetica ragazzina piagnucolona. Forse in cucina avrebbe trovato qualcosa da mettere sotto i denti. 

Riuscì a trovare una patata che presto avrebbe iniziato ad essere troppo vecchia, delle scatole di legumi e una pentola. Improvvisò una zuppa recuperando un po’ di cipolla, del sale e del pepe. Osservò la cucina. Non era poi tanto diversa dalla cucina della sua Tocky o di quella in cui armeggiava Kreacher. Certo, i Babbani avevano quelle cose di gas che le facevano paura e lei era troppo scossa e spaventata per poter compiere un simile azzardo e rischiare di far saltare in aria il loro capanno come il calderone di Lucien Dolohov durante le lezioni di Lumacorno.

“Gli esperimenti di Babbanologia li rinviamo,” sospirò. Infilò i suoi ingredienti nella pentola e riuscì a fissarla a un gancio sopra il fuoco del camino. Forse non era il modo migliore in cui un Babbano avrebbe cucinato una zuppa, ma sicuramente era il modo più sicuro per una strega. 

L’intero ambiente venne presto invaso dal profumo dei legumi che sobbollivano. Riuscì a recuperare un mestolo e controllare l’andamento della cottura. Cucinare senza magia era complicatissimo, c’era il costante rischio di scottarsi o di versare la cena nel camino e non era possibile distrarsi perché non ci sarebbe stato alcun rimedio a un suo qualsiasi errore. 

Accanto alla cucina babbana c’era una credenza di legno, Alexandra aprì le ante per recuperare un paio di piatti. Sospirò nel vedere un orribile servizio di piatti, pesante e dalle decorazioni dozzinali, ma dopo tutto non poteva certo attendersi della porcellana fine in quei boschi. Occorreva adattarsi. Trovò un tagliere e riuscì a improvvisare un’apparecchiatura su un vassoio da servire a Rodolphus che non era certo in grado di alzarsi dal letto su cui era riuscita a sistemarlo.

Fu lei a dover imboccare Rodolphus che, con le dita fasciate e doloranti, non era in grado di reggere una posata. Sedette sul bordo del letto e lo aiutò a cenare.

“Sono desolato, Alex.”

“Non dirlo nemmeno, Rod, mi hai salvata da quei balordi,” gli disse mentre lo imboccava. 

“Questo è uno dei momenti in cui sono felice di non essere in missione con Bellatrix,” le confidò Rodolphus mentre finiva il suo piatto. “Complimenti, è deliziosa! Il miglior pasto mangiato in missione!”

“Troppo buono.”

“Affatto, è la verità. Tu non hai idea di quanto sia terribile la cucina di Bellatrix. Sarebbe andata sotto la pioggia alla ricerca di qualche animale, avrebbe provato ad arrostirlo e l’avrebbe bruciato. Fidati. Dieci anni di missioni mi hanno dato una certa esperienza.”

“Cucinare senza magia è veramente complicato. Mi fa piacere che tu abbia gradito la zuppa.”

“E il servizio.”

“No, Rod, non mi prendere in giro. Il servizio è un disastro: una cena su un tagliere, questo piatto mezzo sbeccato… è un orrore.”

“Quanti Mangiamorte servirebbero una zuppa con tanta cura?” le domandò con un sorrisetto divertito sul volto. 

“Sicuramente Bellatrix. Insomma, lei è una lady!”

Rodolphus scoppiò a ridere, il materasso oscillò e quel movimento distrasse Alexandra che per poco non fece scivolare il piatto dal tagliere. Riuscì ad afferrarlo al volo quando era giunto all’angolo del tagliere e si decise ad alzarsi per andare in cucina a riempire il proprio piatto. Cenò velocemente, mentre era intenta a pensare dove sistemarsi per la notte. Avrebbe recuperato uno di quei pigiami di flanella e magari sarebbe riuscita a trovare delle coperte. Lanciò uno sguardo ai mantelli da viaggio e notò che il calore del caminetto li aveva asciugati. Alla peggio, ci sarebbero stati i mantelli da viaggio a ripararla dal freddo.

“Alex!” Rodolphus la chiamò dalla stanza. “Aiutami ad alzarmi, ti lascio il letto per riposare.”

“Non se ne parla proprio. Tu sei ferito e a te tocca il letto,” obiettò con la fermezza che il suo ruolo di Guaritrice le imponeva.

“Ma non sarei un gentiluomo,” osservò Rodolphus che cercava invano di sollevarsi da quel vecchio materasso. Alexandra aveva cambiato le lenzuola e recuperato alcune coperte di lana dall’armadio con le ante cigolanti. 

“Apprezzo il gesto, ma la salute viene prima della cavalleria. Io mi sistemerò sul divano in salone,” concluse rimboccandogli le coperte.

“Non posso consentirlo.”

“Suvvia, farò da guardia e preparerò le pozioni per la notte. Devo mettere in ordine gli ingredienti e preparare le dosi per le prossime somministrazioni.”

“Alex, devi riposare. Non puoi passare la notte sveglia a lavorare. Abbiamo bisogno di rimetterci in viaggio quanto prima e portare a termine la missione.”

“Rod, sei ferito e siamo senza bacchette. Al momento non possiamo andare proprio da nessuna parte.”

“Capisco che tu non voglia che io mi alzi. Questo letto è grande per entrambi. Che ne dici se ti stendi qui accanto? Riesco a malapena a muovermi.”

Alexandra sembrò soppesare la proposta di Rodolphus. Il divano del soggiorno era sporco di polvere ed era così scomodo che aveva preferito sedersi sulla sedia di legno della zona cucina piuttosto che rimanere ancora su quel divano. Rodolphus la osservava con i suoi occhi neri, in attesa di una risposta. Insistette: “Pensa che se dovessi star male, mi sentiresti subito.” 

Non seppe dire di no a quella proposta, così sospirò. “E va bene, ma tutto ciò è decisamente inappropriato.”

“In missione dovremo adattarci un po’.” 

Alexandra andò in bagno a cambiarsi. Sfilò la sua veste da strega e mentre si lavava il viso scoprì che in quel capanno doveva esserci anche dell’acqua calda. Così, si infilò velocemente sotto la doccia per togliere il freddo della pioggia che aveva indurito i suoi abiti. Infilò un altro pigiama di flanella dalle stampe che richiamavano il tartan scozzese (blu quello di Rodolphus, verde e rosso il suo) e raggiunse il suo compagno di viaggio in camera da letto. Entrò titubante sotto le coperte, ma la sua schiena gioì nel sentire la morbidezza del materasso, mentre il corpo si rilassava sotto il calore delle coperte di lana. Alzò lo sguardo verso il soffitto. Era strano non avere Barty al suo fianco. Si domandò se anche lui durante le missioni aveva condiviso il letto con qualcun altro. 

“Dopo Regulus, sei la sola persona con cui abbia condiviso un letto oltre a Barty,” gli confidò.

“Quando sei riuscita a dormire con Regulus?”

“Durante i giorni del matrimonio di Narcissa. Fu Bellatrix a metterci in stanze adiacenti e comunicanti.”

Rodolphus ridacchiò: “Ricordo, era il periodo in cui tramava per farvi fidanzare. Mi sono sempre domandato se avresti preferito sposare Regulus.” 

La domanda aprì una ferita che non le si era mai rimarginata del tutto. 

“Stai esitando. Non sei felice con Barty?”

“Eh? Sì, lo sono. Non è la scelta tra Barty e Regulus che mi fa esitare. Avevamo un accordo, noi tre, chiunque dei due avrei sposato, l’altro avrebbe fatto parte della nostra vita. La mia esitazione è dovuta ad altro, alle famiglie. Ho sposato Barty in segreto, i miei non mi parlano quasi e i signori Crouch, beh, non sono come Walburga e Orion.” 

Sospirò. 

Aveva quasi rimosso che erano due anni che Regulus e Orion Black erano morti. “Pensa come sarebbe stata felice Walburga se a quest’ora Regulus fosse vivo e sul punto di sposarmi!” Si voltò verso Rodolphus e sorrise: “Noi due saremmo praticamente cugini!”

“Saresti stata una perfetta lady Black. I Crouch sono stati molto fortunati.”

Tra loro cadde il silenzio. Alexandra pensava a Barty, a quanto avrebbe voluto averlo al suo fianco in quel momento. Si domandò come stesse andando la sua missione e si augurò di rivederlo presto.

 
   
 
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