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Autore: Johnee    09/08/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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13 - Aftercare


-Limoni in corso!-

Nello spiazzo di connessione tra i camminamenti della torre di guardia occidentale era in corso una partita a Grazia Malevola tra Varric, Leliana e Alistair. Se la giocavano ad acini d'uva e tappi di bottiglia per volere dell'unica signora del gruppo, che di tanto in tanto spiluccava il premio, certa della sua vittoria.

Avendo sentito l'intervento, senza che gli fosse fornita una delucidazione, Varric sollevò uno sguardo confuso verso Hawke. Quest'ultimo stava appollaiato nello spazio tra due merli, osservando un punto imprecisato del camminamento alla sua destra, mentre giocava a lanciare acini d'uva in aria per raccoglierli tra i denti.

-Limoni in corso?- ripeté Varric, posando una doppia coppia sul tavolo.

-Colore!- intervenne Leliana, schiacciando le carte vincenti sopra quelle del compagno di gioco. Alistair imprecò, gettando le sue carte ancora coperte sul mazzo degli scarti.

-C'è la lingua, quindi è un limone.- precisò Hawke, lanciando in aria un acino che mancò di molto la sua bocca aperta e colpì lo spallaccio dell'armatura da Custode di Alistair.

-Per le mutande del Creatore, Hawke!- sbottò Varric, mentre Leliana abbracciava il suo premio sul tavolo, per trascinarlo a sé. -Si può sapere di cosa stai parlando?-

-Se bevessi il latte al mattino, invece di fare i gargarismi con il grog, saresti abbastanza alto da scoprirlo da te.- rispose Hawke.

Varric roteò lo sguardo, poi prese a ridacchiare. -E se tu fossi meno scemo, mi risparmieresti un sacco di mal di testa.- replicò. -Guarda te se mi tocca passare le giornate a interpretare le sue cazzate!- borbottò, mentre Alistair rimescolava le carte.

Leliana, incuriosita, si alzò in piedi, salendo sul suo sgabello per osservare la situazione. -Confermo: è un limone.- dichiarò, tornando a sedere con un'espressione divertita.

-Chi è che limona?- domandò Alistair, con un mezzo sorriso.

-La Quisi e il bisteccone.- rispose immediatamente Hawke.

Alistair inarcò un sopracciglio. -Ci saranno almeno quindici bistecconi di nome e cognome a Skyhold. Di chi diavolo stai parlando?-

-Cullen.- specificò Leliana, spiluccando l'uva. Varric esibì un'espressione sorpresa. -Alla buon'ora! È da Haven che si fanno gli occhi dolci.- commentò. -Le ho detto che c'era di meglio, ma l'amore è come un Qunari che ti pesta un piede accidentalmente: inaspettato, vile e non puoi protestare perché è più grosso di te.-

Leliana raccolse le sue carte. -Non essere cattivo! Cullen è un brav'uomo.-

Ricevette un paio di occhiate scettiche, che la fecero ridacchiare. -Dico sul serio! Preferireste che uscisse con uno come voi che non sa distinguere un mattone da una saponetta e passa le giornate a lamentarsi di quanto la vita sia stata dura nei suoi confronti? A volte una donna ha bisogno di un cavaliere, non di un puzzone egocentrico.-

Hawke proseguì a fissarla con perplessità, indicando un punto dietro di sé con il pollice. -Un cavaliere? Quello?- schioccò la lingua sul palato. -C'è più cavalleria nel mio alluce destro!-

-Hawke, vorrei ricordarti che l'altr'anno hai portato Fenris alla Rosa Fiorita per festeggiare il vostro anniversario.- intervenne Varric, controllando le carte che gli erano appena state date.

-È un bordello.- spiegò Alistair, sporgendosi verso Leliana. -Lo so.- rispose lei, tranquillamente.

Hawke rivolse al suo migliore amico un'occhiata eloquente, allacciata a un sorriso malizioso. -I cinque pezzi d'oro meglio spesi della mia vita.- affermò.

-Già che sei un gentiluomo, risparmiaci i dettagli, grazie.- affermò Alistair, dando un'espressione schifata nel leggere le carte.

Hawke si strinse nelle spalle. -Contento te.-

-Contenti tutti .- lo corresse Varric, ridendo.

-Come sta andando laggiù, piuttosto?- domandò Leliana, mentre aggiungeva cinque tappi al premio.

Hawke tornò a concentrarsi sulla coppia. -La sta praticamente dipingendo sul muro.-

Alistair sorrise, poi esalò un sospiro sognante, rilanciando di due acini.

-Eravate carinissimi e insopportabili allo stesso tempo.- commentò Leliana, sorridendo a sua volta. -Ti solleva ancora quando vi baciate?-

-Grazie, Leliana. Aggiungiamo anche questo alla lista di cose private da spargere ai quattro venti. Giusto perché la mia mascolinità non è già stata messa abbastanza in discussione.-

Varric smezzò un'occhiata divertita su entrambi. -Sei solo che fortunato, cosetto. Nessuno oltre a te si può vantare di essere stato appeso dall'Eroe del Ferelden.-

-Non se sei di Altura Perenne.-

Leliana scoppiò a ridere.

-Ho un paio di teorie:- intervenne Hawke, con tutta l'aria di avere appena scoperto un complotto di portata nazionale. -o la Quisi ha degli standard oscenamente bassi, o gli sta dando corda per gentilezza.-

-Non è che magari il problema sei tu che non riesci a concepire un mondo in cui il Comandante sia un bravo amante?- lo punzecchiò Leliana.

Hawke le gettò una rapida occhiata. -Non ci credi nemmeno tu.- affermò.

-Ci credo benissimo, invece!-

Alistair appoggiò sopra il premio l'ultimo tappo che gli era rimasto. -Vedo.- annunciò.

-Sicuro?- domandò Varric, pizzicando i lembi superiori delle sue carte con aria soddisfatta.

-No, ma preferisco chiudere con una sconfitta schiacciante, piuttosto che arrendermi.- ammise Alistair. Spostò allora lo sguardo verso Hawke. -Smetti di impicciarti!- lo rimproverò.

-È come quando trovi una carcassa per strada. Sai che ti fa ribrezzo e non dovresti prestarci attenzione, ma non riesci a smettere di fissarla.- gemette il suo interlocutore.

Varric gracchiò una risata.

-Parli solo per invidia.- commentò Leliana.

-No, sono in astinenza da settimane, è ben diverso!- affermò Hawke, rigirandosi un acino d'uva tra le dita. -Mi basta vedere qualcosa di vagamente dritto e ossuto, come un ramo secco, e subito mi sale l'istinto di fare un bagno nel ghiaccio.-

-Troppe informazioni.- cantilenò Alistair. -Ora non mi toglierò più quest'immagine dalla testa.-

-Prego.- replicò Hawke, sollevando il pollice con aria soddisfatta.

-Vi siete già incrociati?- domandò Leliana, diretta ad Alistair. -Tu e il Comandante, intendo.-

Il suo interlocutore sollevò un sopracciglio. -No.- rispose. -E penso che non succederà molto presto.-

-Skyhold è come uno strano vicinato.- intervenne Varric. -È statisticamente impossibile fare passare una giornata senza aver visto uno dei pezzi grossi.-

-Non ho detto che non ci siamo resi conto della nostra reciproca presenza. Dicevo, tra le righe, che non faccio i salti di gioia all'idea di interagirci. Tutto qui.- disse Alistair.

Nel percepire una nota di fastidio nel tono di voce dell'amico, Hawke si voltò immediatamente nella sua direzione. -Avete dei trascorsi?- gli chiese, solleticato dall'idea di trovare un partner criminale.

Alistair, che aveva perso il sorriso, osservava la sua mano di carte con aria arcigna. -Suppongo che Leliana non ti abbia detto che eravamo assieme all'Eroe del Ferelden, alla fortezza di Kinloch, durante il Flagello.-

-Non ho avuto modo di dirglielo, no.- confermò Leliana.

-Non dev'essere stato un bello spettacolo.- soggiunse Varric.

-Se per spettacolo intendi il tavolo di un macellaio a fine giornata, sei sulla strada giusta.- replicò Alistair. Tirò su con il naso, nervosamente, poi appoggiò le carte sul tavolo. -Quando penso che noi siamo stati quelli fortunati, mi si rivolta lo stomaco.-

Leliana non batté ciglio, ma era ovvio che la sua memoria non volesse soffermarsi troppo a lungo su certi ricordi.

-Siamo caduti vittima di un demone della Pigrizia.- spiegò Alistair. -Si è intrattenuto con noi per ore, divorandoci l'anima lentamente. Se non fosse stato per Elanor, saremmo stati completamente consumati. Io per primo.-

-Datti tregua, Alistair. Ci siamo caduti tutti allo stesso modo.- affermò Leliana, lasciando che le carte cadessero sul tavolo.

-Tutti tranne Elanor. E lui.- Alistair indicò un punto non specificato a sud. Si rivolse quindi a Hawke. -Ha subito torture ben peggiori di un viaggio nella fantasia. Ed era vigile, esposto in una teca come uno stupido intrattenimento, una gogna per chi rideva della sua disperazione.- fece una pausa. -Sappiamo entrambi cosa vuol dire subire le conseguenze di chi utilizza la Magia del Sangue per ferire, Hawke. È una cosa che ti cambia profondamente.-

Il suo interlocutore annuì, gravemente.

-Allora, immagina di essere costretto a guardare mentre il corpo e la mente delle persone con cui hai passato gli anni migliori della tua vita vengono dilaniati e privati della dignità, senza che tu possa fare niente per impedirlo.- Alistair si sporse nella sua direzione. -Io ho ceduto istantaneamente, lui ha resistito per settimane.- ribadì. -Non posso fare finta di niente, parlandogli come se niente fosse, quando in realtà mi vergogno come un ladro.-

Hawke scorse uno sguardo attento su di lui, poi aggrottò la fronte. -Non c'è niente di cui vergognarsi.-

-Vallo a dire ai Maghi e ai Templari che sono morti mentre io prendevo il tè coi pasticcini assieme a mia sorella.- sbottò Alistair.

Nel gruppo scese il silenzio, mentre gli sguardi di tutti si concentravano sull'espressione madida di rabbia e vergogna di Alistair, che non smetteva di guardare Hawke. -Questo risponde alla tua domanda?- gli chiese.

Hawke annuì piano. -Mi dispiace di averti riportato lì, Alistair.- disse.

Dopo essersi preso del tempo per calmarsi, l'altro si raddrizzò a sedere, schiarendosi la voce. -Tranquillo.- mormorò. -Allora, chi sta vincendo?- domandò, stancamente.

Leliana chinò lo sguardo sulle sue carte, aperte sul tavolo. -Non ne ho idea, scusa.- rispose, indicandole con un cenno sommario.

Varric si strinse nelle spalle. -Non importa, cosetto.- lo rassicurò. -Rimesta, dai, che facciamo un'altra mano.- lo incitò, appoggiando una manciata di acini e tappi di fronte a lui.

-Per fortuna che non stiamo scommettendo i vestiti.- borbottò Alistair, ancora scosso dai ricordi. -Aggiornamenti da picco voyeur?- domandò, per spezzare la tensione in maniera definitiva.

Hawke, che era immerso nei pensieri, si voltò distrattamente verso l'ufficio di Cullen. -Accidenti!- gemette, battendo una pacca sul merlo alla sua destra. -Sono spariti.-

Leliana arricciò gli angoli della bocca. -Se vuoi un intrattenimento alternativo, sto per vincere di nuovo.- suggerì.

Alistair schioccò la lingua sul palato, mentre separava con cura le sue carte. -Spiacente di deluderti ma...- le schiacciò sul tavolo, con enfasi. -Ho appena vinto.-

Varric sbuffò sonoramente, lanciando le mani in avanti. Leliana invece fece un applauso composto. -La tua prima vittoria! Complimenti!-

Alistair si alzò dallo sgabello, rivolgendo inchini a una platea inesistente. -Grazie, grazie, non servono i fiori. Firmerò le caviglie e tutte le vostre sottovesti dopo l'esibizione, nel retrobottega.-

Hawke mimò di togliersi il cappello, mentre Varric recuperava le carte dal tavolo con aria divertita. -Ultima?- propose.

-Io passo.- rispose Leliana, raddrizzando la veste nel rialzarsi. -Grazie per avermi accettata al tavolo, ragazzi. È stato bello tornare con la memoria ai vecchi tempi, anche se per poco.-

Alistair si sporse per abbracciarla. -Vediamo di non far passare altri novant'anni, prima di una rimpatriata. D'accordo?- fece, in tono di rimprovero.

Leliana ricambiò l'abbraccio, frizionandogli la schiena con decisione. -Promesso! Ma la prossima volta, vedi di portarmela, siamo intesi?-

-Ci provo, ma sai benissimo com'è fatta.- rispose Alistair, distanziandosi per tornare a sedere. -Sempre a cercare draghi da sconfiggere negli angoli più sperduti del Thedas.-

Leliana gli rivolse un sorriso triste, poi gli pizzicò una guancia con affetto e si allontanò.

-Draghi?- domandò Varric, infilandosi in bocca un acino d'uva. -Reali o metaforici?-

-Entrambi. Hawke, ci manca il terzo, alza il culo e vieni un po' qua!-

Hawke però era concentrato a esplorare Skyhold con lo sguardo, febbrilmente. Sentendosi preso in causa, scacciò quella richiesta con un cenno nervoso. -Sono impegnato!- disse. -Dove accidenti si è cacciato?-

-Cerchi qualcuno?-

I tre si voltarono verso il camminatoio che si sbrogliava sopra le loro teste, con aria curiosa. Cullen li osservava nello spazio tra due merli, proteso verso di loro a braccia conserte. Sembrava uno dei tanti gufi di pietra che popolavano Skyhold, altero e appollaiato placidamente su un trespolo impossibile. Più che un gufo, ad Alistair ricordò un gatto che controlla il suo territorio da una posizione rialzata, alla ricerca di un rivale a cui graffiare la pelliccia.

-Siete scappati sul più bello.- si lamentò Hawke, realmente seccato. -Volevo farvi come minimo un fischio di incoraggiamento a opera conclusa.-

Cullen lo guardò dall'alto in basso, poi sospirò. -Possiamo fare due parole in privato?- suggerì.

-Sto bene dove sto, grazie.- replicò Hawke.

Cullen si strinse nelle spalle. -Saró breve, allora.- disse, per poi schiarirsi la voce. -Fatti gli affari tuoi.- scandì, con enfasi.

Hawke inarcò un sopracciglio, in attesa del resto. -Tutto qui?- domandò infine, rivolgendo i palmi al cielo.

-No, ma sono un signore, quindi eviterò di infierire.-

-Signore dei miei stivali! Di quelli con cui ho pestato una cacca di cavallo, stamattina.-

Cullen lo ignorò, spostando lo sguardo verso Alistair, che stava fingendo di concentrarsi sul gioco mentre Varric se la rideva. -Ripartirai presto, immagino.- gli chiese, addolcendo il tono di voce.

Alistair, che pensava che restarsene buono avrebbe evitato che lo notasse, annuì, velocemente. -Domani, di primo mattino.-

-Da recepire come: "alle tre di notte del giorno dopo".- commentò Varric, lanciandogli un'occhiata eloquente.

-Uno ritarda un'unica volta ed è tacciato come inaffidabile per sempre.- borbottò Alistair.

Cullen rimase un istante in silenzio, prima di tornare a rivolgergli la parola. -Stamattina il Toro si è slogato una spalla durante l'allenamento e mi farebbe comodo un partner per qualche stoccata, più tardi. Se non hai altri impegni, fa' un salto in caserma dopo la lettura.- propose.

Alistair si soffermò a fissarlo, con incertezza crescente. -Ci penserò.- disse, senza metterci troppo entusiasmo.

-Perché lo chiedi a lui quando hai davanti questa tagliata di manzo?- protestò Hawke, indicandosi con un gesto ampio del braccio.

-Perché ti rivolterei come un calzino e passeresti tutto il tempo a vessarmi.-

-Questo è tutto da vedere!-

-Hawke, molla l'osso, o è la volta buona che ti fai male.- intervenne Varric, con aria di rassegnazione. L'amico lo mandò a quel paese con un gesto osceno.

Cullen passò uno sguardo di rimprovero su entrambi, poi abbandonò il suo trespolo, ritraendosi in maniera definitiva.

-Dovresti scrivere un nuovo libro: "Partner di stoccate".- scherzò Hawke, alzandosi per raggiungere il tavolo. -Una storia di muscoli e passione. Con tante spade, ovviamente.-

-Effettivamente, sembrava una proposta un po' fraintendibile.- commentò Varric, ridacchiando.

-No, la verità è che siete due bestie!- sbottò Alistair, con la voce rotta da una risata nervosa.

Hawke si sedette al posto di Leliana con un gemito di fatica, poi si sporse verso Alistair, per appoggiargli una mano sulla spalla. Strinse appena la presa, poi gli rivolse un sorriso gentile. -Tutto bene?- gli domandò.

Alistair si passò una mano sul capo. -Non so se sia una buona idea.- ammise.

-Tu vacci ugualmente.- gli suggerì Varric. -Certe cose è meglio evitare di tenersele dentro. Più a lungo le trascini, più rischiano di esplodere nel momento meno adatto.-

-Fidati dell'esperto.- scherzò Hawke, assicurandosi uno spintone in tutta risposta. -Sta a te, Alistair. Se vuoi posso accompagnarti, oppure possiamo lasciarlo lì come un idiota, a fare le sue flessioni sulla spada di qualcun altro mentre noi ci scoliamo una pinta con il Toro e Blackwall giù alle stalle.-

Varric gli scoccò un'occhiataccia. -Non so cosa sia peggio: l'allusione omoerotica, la prospettiva di passare la notte con un boscaiolo da romanzo rosa e una spia qunari, o il mio risentimento per non essere stato minimamente preso in considerazione.-

 

*

 

-I gladioli sono belli.- sussurrò Lavellan.

Cullen le sfiorò il labbro inferiore con la punta del pollice. -Non ho idea di come siano fatti.- ammise, per poi cedere la parola a un bacio intenso.

-Non ha importanza, con me le piante muoiono.- mormorò Lavellan, mentre riprendeva fiato.

-Sei la sciagura della tua gente.- scherzò lui, percorrendo la sua schiena con una carezza.

-Copro già metà archetipo, vhenas. Basta e avanza.- disse lei, per poi mordergli delicatamente le labbra.

Andavano avanti così da un solido quarto d'ora, nascosti dietro a una rastrelliera carica di armi nel cortile interno della caserma, alternando domande futili a baci appassionati. Non avevano avuto il tempo necessario di parlare, durante una giornata topica come quella, quindi lei era sgattaiolata via dalla fucina per andarlo a trovare, sapendo benissimo di avere i minuti contati prima che il suo segretario la raggiungesse con la scaletta degli impegni che avrebbe dovuto smaltire in serata.

-Ricevuto. Niente fiori.- fece Cullen, spostandole una ciocca di capelli dal viso. -Dolci, allora.-

Lavellan, che si reggeva ai suoi fianchi, si alzò sulle punte per recuperare in altezza. -E a te che fiori piacciono?- domandò.

Lui le rivolse un'occhiata divertita. -Ti sembro uno da fiori?-

-Mi sembri uno da spade.- ammise lei, per poi scoccargli un bacio sulla guancia. -Lo sapevi che tanti giocatori di carte chiamano "fiori" il seme delle spade?- sussurrò al suo orecchio.

Cullen ritrasse appena la testa, per raggiungere nuovamente la sua bocca. -È un modo per dirmi che, idealmente, sono uno da fiori?-

Lavellan mormorò una risata tra le sue labbra, socchiudendo gli occhi quando lui gliela sottrasse.

-La domanda persiste, però.- disse lui, sentendo l'urgenza di fare un'altra pausa. -Non vuoi fiori, non vuoi regali, probabilmente sei pure allergica al cioccolato... come diamine ti corteggio?-

Lavellan lo guardò con un misto di divertimento e rassegnazione. -Credo che, a questo punto, tu non ne abbia troppo bisogno.- gli suggerì.

Cullen scorse lo sguardo sui suoi occhi, perdendosi dentro di essi per un istante, prima di esalare un sospiro sommesso. -D'accordo, mi inventerò qualcosa io.- decretò, posandole un bacio leggero sulla fronte.

Lavellan ridacchiò. -Ci sarai per cena?- gli chiese, ricordandosi improvvisamente dell'ora.

-Ho del lavoro da sbrigare, Lav.- rispose lui, con una punta di delusione nel tono di voce. Le appoggiò una mano sul viso, passando un pollice sulla sua guancia. -Temo di non avere il tempo nemmeno per pensarti.-

Lei si strinse nelle spalle, rassicurandolo con un sorriso. -Fa niente, lo troveremo nei prossimi giorni. Tu non strafare solo per compiacermi.-

-Vale lo stesso per te. Lo so che quella del decotto è una scusa per vedermi prima di dormire.-

-Una scusa a metà. Ci tengo che tu stia bene.- disse Lavellan, poi inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo altrove. -Perché riesco a sentire distintamente un rantolo di disapprovazione nella distanza?-

Cullen si distanziò, permettendole di ricomporsi. -Perché passi troppo tempo con Cassandra.- rispose, ridendo. -Lo sa, a proposito?-

Lavellan, che si stava sistemando il fazzoletto sul collo, gli lanciò un'occhiata eloquente. -Lo sa tutta Skyhold.- dichiarò, faticando a trattenere un sorrisetto. Lui si coprì gli occhi con una mano, mentre il suo viso si contraeva su una smorfia di disappunto.

Lavellan ridacchiò, raggiungendolo per rubargli l'ultimo bacio prima di ritornare ai suoi doveri. Cullen ricambiò, stringendola brevemente tra le braccia, poi si allontanarono l'uno dall'altra, lentamente, perché soffrivano già della nostalgia da contatto delle relazioni neonate.

Prima che potessero salutarsi, però, Cullen ebbe un ripensamento. -Lav?- la chiamò, a mezza voce.

Lei, che già stava aumentando le distanze, si fermò per prestargli attenzione.

-Grazie di essere passata, anche se non te l'ho chiesto.- disse lui, raggiungendo la sua mano per sfiorarla.

Lavellan allacciò le dita sulle sue, rivolgendogli un sorriso gentile. -E perdermi l'occasione di attaccarmi a te come carta da parati?- scherzò, per togliergli una preoccupazione.

Cullen infatti liberò un sorriso. -Grazie anche per quello.- mormorò. Indugiò con il pollice sul palmo della sua mano per un po', prima di riprendere coscienza del mondo circostante. Una volta assorbita abbastanza determinazione, la liberò dalla stretta, delicatamente. -Inquisitrice.- la salutò, senza riuscire a nascondere un sorriso malizioso.

-Comandante.- rispose lei, scorrendo lo sguardo su di lui con aria divertita, prima di dirigersi verso l'uscita.

Cullen si morse il labbro inferiore, osservandola allontanarsi con lo sguardo carico di tenerezza. Una volta che fu troppo distante per essere ammirata, si fece coraggio e procedette a spogliarsi dell'armatura, per infilarsi in abiti più adeguati per l'allenamento.

Terminata l'opera, si diresse verso un angolo riparato, il cui perimetro contava cinque manichini dall'aria vissuta. Recuperò i guanti dalla cintura e provvedette a infilarseli, mentre esplorava il cortile con lo sguardo.

Erano presenti pochi soldati all'appello e la maggior parte di essi erano ufficiali che si scambiavano informazioni, pettegolezzi e duellavano di scherma per sfogare la tensione accumulata durante la giornata. Non potendo allenarsi con le reclute, per molti (Cullen compreso) l'ora che intercorreva tra l'ultima lettura del Canto e la cena era l'unico momento in cui ci si poteva scrollare la sedentarietà che arrivava con le responsabilità legate al comando.

Dopo aver controllato che l'equipaggiamento fosse in ordine, Cullen notò con la coda dell'occhio l'arrivo di Alistair, che teneva l'armatura da Custode sottobraccio e si guardava attorno con aria interessata. I suoi muscoli entrarono in uno stato di tensione istantaneamente.

-Bel posticino.- commentò il nuovo arrivato, appoggiando il fagotto ben piegato dietro a un manichino. -Mi ricorda la sagrestia della chiesa in cui ci addestravano. Stessa atmosfera umile e noiosa, meno l’istruttore con la bacchetta e il sacchetto di ceci.-

Cullen recuperò due spade d'allenamento, poi si affiancò a lui. -Per niente l'ho scelta come caserma e non come salone delle feste.- replicò.

Alistair si sfilò la camicia dai pantaloni sbrigativamente, poi gli rivolse un sorrisetto. -Perché non un bagno pubblico? Con tutte le comodità che avete qui, mi sorprende che non abbiate ancora installato delle terme.-

-Per avere delle terme c'è bisogno di una fonte d'acqua termale e qui...- Cullen fermò la frase a metà. -Capito. Mi devo aspettare molte battute.- aggiustò il tiro, porgendogli una spada che l’altro raccolse con un po’ troppo zelo.

Alistair si strinse nelle spalle, fingendo noncuranza. -Sono uno che quando è nervoso dà aria alla bocca. Per la cronaca, lo faccio anche quando non sono nervoso.- aggrottò la fronte. -O quando ho un calo di zuccheri. Lo faccio spesso, insomma.-

-Spero che siano divertenti, almeno.-

Alistair inclinò la testa di lato, nell'assumere un'espressione contrita. Inspirò l'aria tra i denti rumorosamente. -Ecco, a tal proposito... temo di avere una brutta notizia da darti.- disse.

Cullen appoggiò la lama di piatto sulla spalla, alzando gli occhi al cielo. -Sei amico di Hawke, avrei dovuto aspettarmelo.-

Alistair sorrise, saggiando la sua spada per capire peso e mobilità. -Al contrario mio, Hawke sa anche essere serio, quando serve.- disse, facendo roteare l'impugnatura con un gesto secco del polso, mimando una cavazione.

-Come vi siete conosciuti?- domandò Cullen, mettendosi in posizione di guardia.

Alistair fece lo stesso. -Ci ha presentati suo fratello che, ironicamente, è la persona più seria che conosco. Ed è tutto dire, dato che io vivo tra i Custodi Grigi. La solennità è nelle clausole del contratto quando ti sottopongono all'Unione.- detto ciò, partì all'attacco, usando una mano singola per evitare di metterci troppa forza.

Cullen parò il colpo e lo respinse. -Blackwall non vuole descrivermi il rituale, ma un mio contatto a Kirkwall mi ha parlato di sangue di Prole Oscura.- disse, schivando un altro attacco e allontanando con un colpo secco la spada dell'avversario.

-Non te lo vuole descrivere perché se venissi a saperlo e la notizia si diffondesse…- Alistair eseguì una cavazione magistrale, deviando un affondo pericoloso -...non riusciremmo più a coscrivere nessuno.-

Si studiarono, descrivendo un unico circolo, poi Alistair attaccò di nuovo. Cullen schivò un fendente, ne parò un secondo e approfittò di una falla nella guardia avversaria per colpire sul fianco. Alistair fu rapido a correggere l'errore, schivando intelligentemente, quindi si abbassò di scatto, afferrò il braccio dominante di Cullen e lo proiettò a terra.

Cullen attutì la caduta con una mezza capriola, ritornando in piedi istantaneamente. -Non me l'aspettavo.- ammise, con un sorriso accennato di curiosità.

Alistair, che si era rimesso in guardia, ricambiò il sorriso. -Sono uno che improvvisa.-

-Possiamo fare sul serio, adesso, o vuoi fare un altro giro?- domandò Cullen, guardandolo di sottecchi.

Alistair si strinse nelle spalle. -Pensavo ti piacesse passeggiare.- lo provocò, per poi partire di nuovo alla carica.

Concatenarono fendenti ben misurati, cavazioni agili, affondi rischiosi e parate dell'ultimo secondo. Entrambi misuravano perfettamente la forza e la destrezza, facendo scontrare le lame con un ritmo sostenuto, tenendosi testa con fierezza.

Più che un allenamento, sembrava un duello in piena regola, ma a loro andava fin troppo bene, perché ciascuno aveva un'opinione da esprimere nei riguardi del proprio avversario.

Nelle prime battute, Alistair giocò d'attacco, conducendo il ritmo, mentre Cullen alternava una solida difesa. Quando fu sicuro di averlo stancato, Cullen rubò improvvisamente la posizione offensiva, aumentando la cadenza dei colpi in modo da non dare occasione all'avversario di pensare. Sarebbe stata una tattica più che efficace, se eseguita su qualcuno con meno esperienza di Alistair, ma quello era abituato a gestire combattimenti con avversari che non sentivano la fatica e gestì brillantemente quel bersagliamento incessante, ritornando i colpi con criterio.

-Passiamo allo scudo, o impugniamo a due mani per alzare il tiro?- propose Cullen, una volta che ebbero messo qualche metro di distanza l'uno dall'altro per riprendere fiato.

Alistair approfittò della pausa per sgranchirsi le spalle, saltellando sul posto per scaricare l'energia in eccesso. Cullen sorrise appena, nel riconoscere Lavellan in quell'azione.

-Vado sul sicuro: scudo.- rispose Alistair, dopo averci riflettuto. -Tu pesi di più, ma io ho più forza nelle braccia.- dichiarò. -Senza offesa, eh.- si affrettò ad aggiungere.

-Nessuna offesa.- replicò Cullen, divertito dal fatto che il suo avversario si facesse premure su un commento dopo averlo letteralmente preso a legnate. Recuperò due scudi dalla rastrelliera e gliene consegnò uno. -Ricordi che ero un Templare, no?-

-Lo ricordo bene e mi è stato fatto notare. Più volte.- rispose Alistair, inarcando un sopracciglio sopra uno sguardo sornione. -Non ho paura di un assalto frontale. Quelli come te me li mangio a colazione.-

-Perfetto. Allora non avrai problemi a mangiare minestra per il resto dei tuoi giorni.-

Alistair ridacchiò. -Siamo competitivi, allora!- commentò, battendo la spada sullo scudo, dopo aver indietreggiato abbastanza per consentirgli un assalto regolare.

Cullen si assicurò lo scudo sull'avambraccio, osservandolo di sottecchi, altrettanto divertito. -Da quello che vedo, sono in buona compagnia.-

Ci volle poco affinché lo sfrigolare del metallo iniziasse a sovrastare i suoni del campo d'addestramento, deconcentrando diversi ufficiali e attirando l'attenzione dei soldati di passaggio.

Alistair possedeva una forza e una resistenza eccezionali. Lo scudo sembrava appartenere al suo braccio così come la spada ne era il suo prolungamento. Ma Cullen non era da meno, anzi, sembrava non provare fatica nel parare assalti possenti, resistendo egregiamente.

Cassandra, che era stata convocata da un ufficiale preoccupato, si ritrovò a osservare lo scontro da bordo campo con aria interessata. Sapendo perfettamente per chi fare il tifo, esultava mentalmente tutte le volte che Cullen usciva vittorioso in uno scambio particolarmente aggressivo e, con pari entusiasmo, imprecava nei casi in cui Alistair riusciva a metterlo in difficoltà.

I minuti scorsero a manciate finché i due iniziarono finalmente a risentire della fatica tipica di uno scontro alla pari. Dato che nessuno stava tenendo i punteggi, il vincitore non era ancora ben chiaro, ma dall'espressione profondamente seria e a tratti agguerrita di Cullen, mentre compiva l'ennesimo circolo attorno al proprio avversario, era ovvio che non si sarebbe accontentato di un secondo posto.

Alistair lo provocò un'ultima volta, battendo l'elsa sullo scudo, ma Cullen non cadde nel tranello, con somma approvazione di Cassandra, che sembrava morire dalla voglia di partecipare allo scontro. -Fa' uscire il leone, Comandante!- lo incitò.

A quelle parole, Alistair ripropose nuovamente la sfida. Stavolta, ottenne una risposta dirompente, che lo spinse a puntare il tallone destro a terra, in modo da buttarsi di peso sullo scudo per contrastare l'assalto. Fu una vera e propria contesa, un atto di forza, che li impegnò per diversi minuti.

Scudo contro scudo, a guardarsi in cagnesco. Le spade che venivano regolarmente intercettate e rispedite al mittente. Le gocce di fatica che scivolavano come lacrime sul metallo. Il contesto si era trasformato in una cruda voglia di prevalere.

-Hai un terzo della forza dell'Eroe del Ferelden.- provocò Alistair, spingendo il suo avversario indietro di qualche centimetro. -Questa per me è robetta.-

-Anche per me. Io mi alleno con l'Eroe dell'Orlais.- rilanciò Cullen, usando il suo peso per rendere solida la presa sul suo scudo e frenare l'avanzata della sua controparte. -Questo non è un assalto, è un soffio di vento!-

Alistair esalò a fatica una risata. -Stiamo davvero tirando in ballo le ragazze in una gara per chi ce l'ha più lungo?-

-La risposta è l'Inquisizione. Sempre.-

-La tua Inquisizione non ha sconfitto l'Arcidemone.-

-No, ma per come stiamo andando, saremmo capacissimi di fare questo e meglio.-

Alistair perse la concentrazione per un istante, con la conseguenza che fece guadagnare terreno a Cullen. Si riprese all'ultimo, chinandosi quanto bastava per distribuire meglio il peso corporeo. -Eravamo in due.- precisò, perdendo definitivamente la voglia di scherzare. -Iniziati da pochi giorni, con il peso del Ferelden sulle spalle. Siamo stati braccati, umiliati. Se non fosse stato per noi, voi non esistereste. Tu non esisteresti.-

Cullen resse il colpo. -C'è un solo Eroe del Ferelden e non sei tu.- lo pungolò, imprimendo tutta la forza che aveva nelle gambe per mantenere la posizione.

Alistair fece altrettanto, osservandolo con occhi carichi di rabbia. -Sai cosa mi direbbe, se fosse qui?-

-Di smettere di parlare e finire il lavoro?-

Alistair scosse la testa, brevemente. -Mi direbbe che non è stato l'Eroe del Ferelden a uccidere l'Arcidemone.- affermò, per poi respingere l'avversario con una furia tale da sbilanciarlo. Cullen trascinò i piedi, si puntellò, provò a reggere il colpo inginocchiandosi, ma fu inutile. Alistair gli era superiore in forza. Allora, provò una ritirata strategica e abbandonò lo scudo, muovendosi di lato e lasciando che si schiantasse a terra. Si portò alle spalle di Alistair, ma lui aveva già previsto cosa sarebbe successo e lo colpì in piena faccia con il pomolo della spada, disarmandolo definitivamente.

-Ehi!- berciò Cassandra, da bordo campo.

Cullen sollevò una mano nella sua direzione, impedendole di intervenire.

Alistair, che si era fermato a metà assalto nel rendersi conto della situazione, rivolse a terra la punta della spada. Regolarizzò il fiato, poi si avvicinò a Cullen, che si tastava il setto nasale con una smorfia di disgusto, come se scottasse. Una volta di fronte a lui, lo osservò prendere il naso tra il pollice e l'indice, fare un respiro profondo e poi raddrizzarlo con un gesto secco.

Cassandra si avvicinò, porgendo al compagno d'arme un fazzoletto che Cullen prese al volo per evitare di macchiarsi ulteriormente il viso e la camicia.

-Siete due cretini.- li rimproverò, guardando esclusivamente Alistair.

-La stai facendo più grande di quanto non sia.- provò a minimizzare Cullen, premendo il fazzoletto sulle narici. -Due secondi che mi rimetto in sesto e possiamo andare avanti.-

-No.- decretò Cassandra, incrociando le braccia sul petto. -Hai abbandonato lo scudo a terra, ora ce lo lasci! Se osi riprenderlo, ti faccio volare da qui a Crestwood.-

-Voglio proprio vederti provare.- replicò Cullen, seccato. A Cassandra bastò inarcare un sopracciglio per zittirlo.

-In mia difesa, non reagisco proprio benissimo alle provocazioni su...- intervenne Alistair, adagiando spada e scudo a terra. -Ci siamo capiti.-

-No, non ci siamo capiti.- dichiarò Cassandra, che era entrata in modalità rimprovero. Piantò uno sguardo severo su Cullen. -Ce l'avevi in tasca, non ti serviva alzare la posta. Cosa accidenti ti è saltato in testa di lasciare lo scudo?-

-Se non avessi mollato lo scudo, mi avrebbe rotto il braccio.- si giustificò Cullen, sollevando la testa e premendo il fazzoletto sulle narici per limitare la fuoriuscita di sangue. -Era calcolato.-

Cassandra si colpì il viso con il palmo della mano, poi prese un respiro profondo. -C'è differenza tra essere competitivo e antagonizzare un avversario. Te lo meriti tutto quel naso rotto e lo sai benissimo.-

-È troppo tardi per dire che mi dispiace?- chiese Alistair, timidamente.

-Non ti dispiace.- rispose Cullen, anticipando Cassandra di un millesimo di secondo. -Così come a me non dispiace di averti spinto a farlo.-

-Se non l'avessi capito, a lui non gliene importa un accidente di vincere. Soprattutto quando sa che il suo avversario sta cedendo, nonostante abbia le forze per ribaltare il risultato.- disse Cassandra, con aria di rassegnazione. -Sennò non pensa di meritarselo.-

Alistair, che stava raccogliendo le armi per riporle nella rastrelliera, diede un sorriso imbarazzato. -Allora ho frainteso completamente le tue intenzioni, Comandante.- ammise, per poi tornare dal duo. -Pensavo avessimo un conto in sospeso.-

Colpevole di avere ancora un alto tasso di adrenalina in circolo, Cullen strinse lo sguardo sopra un'espressione perplessa. Quando realizzò a cosa si stesse riferendo, si voltò verso Cassandra. -Possiamo rimandare di cinque minuti la lavata di capo?- le domandò. Al che, lei esalò un sospiro di insoddisfazione. -Anche dieci.- fece, per poi passargli energicamente una mano sul braccio, confermandogli che fosse più preoccupata che arrabbiata. -Ti aspetto nel tuo ufficio.-

Cullen le rivolse un mezzo sorriso, poi un lieve cenno del capo, per quanto la sua condizione glielo permettesse.

Una volta che se ne fu andata, Cullen indicò ad Alistair di seguirlo. -L'Inquisitrice mi ha riferito la vostra conversazione a Crestwood, in sede di consiglio.- gli disse, raggiungendo il punto in cui aveva lasciato l'armatura. Si chinò su una bacinella d'acqua che gli era stata preparata in precedenza, per lavarsi il viso. -Pensavo che, tenendoti impegnato, il Richiamo ti avrebbe dato un po' di tregua.-

Alistair ci mise un po' a elaborare una risposta, dando l’idea che quell’ammissione l’avesse preso alla sprovvista. -È come una ferita aperta. Ti dimentichi del dolore per qualche ora, perché ti fai distrarre da qualcosa di impegnativo, ma una volta che ritorna il silenzio...- recuperò l'asciugamano che gli stava porgendo Cullen e si asciugò il viso dal sudore. -Ti rendi conto che il tuo corpo non ha mai smesso di soffrire.-

-Questo spiega la reticenza di Blackwall nel discutere della questione.-

Alistair, che nel frattempo aveva recuperato la sua armatura per cambiarsi, gli gettò un'occhiata eloquente. -Avrei evitato anch'io, se non fosse che la Quisi sembra disposta a tutto pur di aiutarci.- ammise, procedendo quindi a sfilarsi la camicia. -A quanto pare, c'è ancora qualcuno al mondo che si fida dei Custodi. O se non di loro, di quello che rappresentano.-

Cullen sorrise appena. -Quisi?-

-L’Inquisitrice.-

-L’avevo capito. È grazioso, le si addice.-

-Già, uhm, congratulazioni, a proposito.-

-Per co… oh.- Cullen deglutì, spostando lo sguardo altrove. -Sai, una volta, mi ha detto che gli Umani hanno una memoria storica inesistente.- replicò, per sviare la conversazione.

Alistair sbuffò una risata secca. -Anche la memoria a breve termine, a quanto sembra.- disse, scorrendo lo sguardo sul viso arrossato di Cullen, mentre si infilava una camicia nuova dopo essersi lavato. -A tal proposito. Quello che hai detto su di me, prima... la devo prendere come una provocazione sul momento, o c'è un fondo di verità?-

Cullen si bagnò le mani e le fece scorrere tra i capelli, per evitare che gli infastidissero il viso. -C'eri anche tu a Kinloch.- disse, sporgendosi per recuperare il pettorale dell'armatura. -Io so quello che avete fatto.-

-Risparmiare i Maghi, ignorando le tue suppliche.- soggiunse Alistair, aiutandolo a indossarlo.

Una volta che ebbe terminato, Cullen si affrettò a ricambiare il favore. -Non ero lucido.- ammise, abbassando il tono di voce. -Ma è una delle tante scuse che mi ripeto da anni, per dare un senso a quello che è successo.-

Alistair chinò lo sguardo, mentre si allacciava le componenti frontali dell’armatura. -Vorrei poterti dire il contrario, ma… il senso c’era, purtroppo. Era una strategia, e non so te, ma quest’idea mi tiene ancora sveglio la notte.-

-No, non…- Cullen sentì il respiro bloccarsi in gola, per cui si prese qualche istante per riprendere la calma. -Non era solo una strategia. Dare la colpa unicamente a Teyrn Loghain, o alla depravazione dei Maghi, è troppo semplice. La Chiesa è la prima responsabile di quello che è successo e noi gliel’abbiamo lasciato fare, perché è più facile odiare qualcosa che non si capisce, piuttosto che affrontare le cose con uno spirito critico.-

Alistair gli rivolse un'occhiata scettica. -Cos'è che ti ha fatto cambiare idea così drasticamente?-

-Hawke.-

-Hawke?- gli fece eco Alistair, sorpreso.

-"Un contrabbandiere fereldiano che non sa stare zitto nemmeno a bocca chiusa e che gira con un bastone da mago dicendo a tutti che è una spada"- recitò Cullen, monocorde, come se stesse leggendo un rapporto. -Il primo Mago che non sono mai riuscito a considerare come un abominio sotto mentite spoglie. In qualche modo, le sue azioni erano più efficaci dei dogmi a cui mi ero imposto di credere. Nonostante sia un cretino certificato, sono arrivato a rispettarlo, anche perché mi ha introdotto senza volerlo a un percorso interiore di autocritica.- indugiò sulla chiusura dei parabracci, assorto. -Quando l'Alto… Meredith mi ha ordinato di ucciderlo, ogni dubbio che nutrivo sull'Ordine è diventato certezza e tutto l'odio che provavo nei confronti dei Maghi ha smesso di avere un senso. L'unica persona che stava cercando veramente di proteggere qualcuno, durante la rivolta, era Hawke, un Mago, e se Meredith avesse vinto avrebbe spinto l'Ordine a uccidere tante brave persone come lui.-

-Meredith era pazza.-

-Meredith non era pazza. Ha sfruttato volontariamente situazioni di degrado reale per fomentare la nostra, la mia paura nei confronti dei Maghi. La stessa che ci impone la Chiesa da secoli. Magari, all'inizio il suo scopo era quello di proteggere le persone, così come lo era il mio, ma la paranoia nei confronti dei Maghi del sangue e l'influsso del lyrium le hanno fatto perdere la prospettiva.- Cullen si soffermò a riflettere. -Se c'è qualcosa che ho imparato, in questo tempo all'interno dell'Inquisizione è che non possiamo dare sempre la colpa alla pazzia, quando le azioni di qualcuno che reputavamo onesto e ispirato si dimostrano inutilmente crudeli. I mostri molto spesso sono solo esseri umani e questo è un concetto tanto vero quanto orribile.-

Alistair, che aveva finito di vestirsi, aprì una mano nella sua direzione. -Quindi, in un certo senso, Hawke ti ha salvato.-

Cullen scosse la testa. -Non ho detto questo. Ho detto che mi ha messo nella posizione di assumermi le mie responsabilità, il resto l'ho fatto io. Sono tornato al me stesso di dodici anni e mi sono chiesto perché volessi così strenuamente diventare un Templare. Dopodiché, ho smesso l'armatura, mi sono rifiutato di continuare ad assumere il lyrium e ho accettato al volo l'offerta di Cassandra.-

-Lo dici come se fosse una cosa da niente. Come se si trattasse di...- Alistair si ritrovò a chinare il capo, voltandosi altrove. -Prendere il tè coi pasticcini.-

Cullen, si allacciò la cintura della spada con un gesto secco, poi esalò un sospiro stanco. -Non è una cosa da niente.- ammise.

-Però anche questa volta hai resistito.-

Cullen inarcò un sopracciglio, rivolgendo ad Alistair uno sguardo confuso. Il suo interlocutore si portò più vicino, per evitare che la loro conversazione fosse ascoltata da altri, poi lo guardò dritto negli occhi. -Le cronache non rispecchiano la realtà dei fatti. Parlano del coraggio e dell'astuzia dell'Eroe del Ferelden, che con la sola forza della sua mente è riuscita a sconfiggere il più temibile dei demoni assieme ai suoi compagni.- mormorò. -Non dicono però che noi tutti abbiamo ceduto istantaneamente alle sue lusinghe, sottoscritto incluso.-

Cullen si voltò interamente nella sua direzione, per appoggiargli una mano sulla spalla. -Ci vogliono anni e anni di meditazione ed esercizi mentali per poter contrastare un demone vero e proprio.-

-Sono diventato un Custode prima che potessi prendere i voti, ma se Duncan non fosse venuto a coscrivermi, adesso sarei un Templare. Pensavo di essere preparato a una situazione del genere e invece ho fallito, come un idiota.-

Cullen strinse la presa. -Ho visto veterani cadere sotto l'influenza della Magia del Sangue. La maggior parte delle volte, la preparazione non è abbastanza.-

Alistair si passò una mano sulla fronte, nervosamente. -Lo so.- ammise. -Eppure è stata una cosa talmente sciocca...- deglutì, spostando di nuovo lo sguardo altrove.

Cullen studiò il suo viso, riconoscendo il rammarico nei suoi lineamenti. -Evidentemente, non era così sciocca.-

Alistair esitò un singolo istante, poi gli rivolse un’occhiata che trasudava imbarazzo.

 

Tra tutti gli stereotipi che si hanno sui fereldiani, quello meno esagerato riguarda l’azione di affrontare i traumi a mente annebbiata.

A notte fonda, con un boccale di birra a testa, Alistair e Cullen avevano deciso di aprire il vaso di vermi per bene, sedendosi su una delle belle panche di pietra che decoravano i giardini. Nessuno moriva dalla voglia di farlo, ma entrambi sapevano di aver bisogno di una chiusura, o quantomeno di una birra ghiacciata.

Iniziò Alistair, che raccontò per filo e per segno la sua fantasia.

Cullen lasciò che si confidasse con lui, senza osare interromperlo. Quando ebbe concluso la narrazione, prese una buona sorsata, per rilassare le corde vocali. -Posso capire perché te ne vergogni.- affermò, tranquillamente.

-Non è che me ne vergogno.- si affrettò a dire Alistair, per poi assumere un'espressione colpevole. -Solo un pochino.- precisò. -Il punto è che voi l'avete avuta peggio. Elanor ha visto la sua casa bruciare e i suoi genitori morire, poi è stata coinvolta in qualcosa di molto più grande di lei e io, per insicurezza, ho fatto in modo che si accollasse le responsabilità del caso, lavandomene le mani.- elaborò. -E quando è arrivato il momento di dimostrarle che poteva contare su di me che cos'ho fatto? Tè e pasticcini.- si batté una mano sulla coscia, per liberare la frustrazione. -Lo stesso vale per te. Hai resistito non so quanti giorni, senza cedere nemmeno un istante a fantasie e orrori ben più gravosi di un universo alternativo dove tutti si tengono per mano e ballano una giga fereldiana.-

-Meno male che quello non me l’hanno presentato.- cercò di minimizzare Cullen, appoggiando il boccale freddo sul naso, per provare un po' di sollievo dal dolore. -Ma posso… rivedermi in questa fantasia. Ho dato tutto alla Chiesa e ho sempre fatto quello che chiedevano i miei superiori. Ho persino accettato la rieducazione, dopo gli eventi di Kinloch, dato che volevo dimostrare di saper mettere in pratica tutto l'odio che mi avevano trasmesso e che ha acquisito legittimità quando…- fece una pausa, non riuscendo a definire a parole l’evento in questione. -Gli sono servito finché è bastato, poi mi hanno buttato via quando non gli conveniva più tenermi. Sai cosa vuol dire vivere in un costante stato di inadeguatezza? Per la Chiesa non è mai abbastanza, anche se ti comporti esattamente come vogliono. Risucchia ciò che ti rende umano, per renderti un guscio privo di pensiero, ti ossessiona e ti tiene al guinzaglio con i dogmi e con il lyrium.-

Alistair sospirò. -Sfondo una porta aperta, insomma.-

-Un portone.-

-Questa… cosa. “Cosa” va bene, no? Sembra più neutro.-

-“Cosa” va fin troppo bene.-

Alistair diede un sorriso accennato. -Questa cosa, questo senso di inadeguatezza… so benissimo come ci si sente. Non so quanto ti abbia riferito di me Leliana, ma diciamo che…- ci pensò su. -Uhm, come te la posso mettere senza intimidirti?-

-Dicendolo e basta. Non stai per cagare un drago.-

-Forse un uovo. Un uovo con tante spine e aculei, magari con una forma strana e…-

-Ser Alistair.-

-Si?-

Cullen lo guardò con tutta l’aria di essere sul punto di strozzarlo.

Alistair, che stava chiaramente cercando di deflettere, racchiuse le labbra tra i denti per diversi istanti, poi deglutì. -So bene come ci si sente a essere respinti per tutta la vita da chi porti su un palmo di mano. Al contrario tuo, io sono stato venduto alla Chiesa perché la mia presenza era un inconveniente.- abbassò il tono di voce. -E quando finalmente ho sentito di essere parte di qualcosa, di avere qualcuno che potesse finalmente prendersi cura di me… Duncan è morto, assieme ai miei confratelli, e lì mi sono detto che forse non ero degno di appartenere.-

Cullen inclinò la testa in avanti, sentendo la pesantezza di quei concetti fin nelle ossa. C’erano ovvie differenze nella sua storia, ma il sentimento puro, scevro di contesto, li univa così strettamente da lasciarlo senza fiato. Dal canto suo, Alistair pareva percorrere la stessa linea di pensieri, dato che sembrava che provasse un imbarazzo viscerale nel mantenere troppo a lungo il contatto visivo, conscio che si stesse affacciando nella stessa materia urlante che tormentava Cullen ogni volta che provava a fare dell’introspezione.

-Non mi intimidisce.- disse Cullen, dopo un lungo istante di silenzio. -Anzi, credo che la tua resilienza ti faccia onore.- e dirlo gli tolse un grosso peso dalle spalle, perché era come se stesse tranquillizzando se stesso, in una di quelle rare volte in cui riusciva ad apprezzarsi.

-Aspetta che ti dica perché ero un inconveniente, poi non dirmi che non ti avevo avvisato.- scherzò Alistair, riuscendo finalmente a distendere i lineamenti.

Cullen sbuffò una risata, scuotendo la testa. -L'hai trovata, poi?-

-Che cosa?-

-La fantasia di felicità che ti ha mostrato il demone della Pigrizia.-

Alistair prese un bel sorso di birra, mentre rifletteva, poi si ritrovò a sorridere. Non si trattava di un sorriso malinconico, tutt’altro. Aveva delle caratteristiche che denotavano una profonda soddisfazione. -Non è esattamente la stessa visione, se conti che il business di famiglia è quello di uccidere i Prole Oscura.- disse, guardando negli occhi il suo interlocutore, finalmente scevro dall’imbarazzo. -Ma sì, l'ho trovata. Una gran bella famiglia disfunzionale, con un po' di segreti macabri, l'aspettativa di vita di un cavallo zoppo e tanta gente realmente troppo seria.- fece una pausa. -Questa volta non ho scuse.-

Cullen scontrò il boccale sul suo ed entrambi bevvero, per poi accettare di restare in silenzio, a godersi la santità delle corrispettive risoluzioni che si erano imposti. Dopo un tempo interminabile, Cullen prese a ridacchiare, attirando l'attenzione su di sé. -Erano anni che non vedevo qualcuno andare in berserk.- ammise. -Chi te l'ha insegnato?-

Alistair rise a sua volta. -Un Nano molto ubriaco.- replicò. -E una compagna che tra tutte le sfighe che potevano capitarle, si è andata a mettere con il più fesso dei fessi.-

-Non credevo che avessimo così tante cose in comune.- scherzò Cullen.

-Aspettati fin troppe battute sul fatto che ti piace avere una donna sopra di te.-

Cullen esalò un rantolo di fastidio. -Questa ha gli anni di mio nonno.- commentò.

-Lo so, ma la gente non ha fantasia, al giorno d’oggi.- Alistair fece una pausa. -Almeno la tua ragazza non dice “come se gli dispiacesse” ogni volta che ne ha l’occasione.- aggiunse, fingendo indignazione.

-Come se ti dispiacesse.-

E scontrarono i boccali, scambiandosi un’occhiata divertita.

 

*

 

La mattina successiva alla chiacchierata, i sintomi di cui soffriva Cullen non furono abbastanza pressanti da togliergli di dosso una certa energicità. Per una volta, si sentiva al posto giusto al momento giusto e avrebbe cavalcato quella sensazione il più possibile.

Essendo una delle poche persone a Skyhold a cui avrebbe affidato un borsello di monete senza pensarci troppo, Josephine gli aveva chiesto una mano a sistemare la nuova tesoreria, quindi ci si stava dirigendo a passo spedito, nel momento di pausa che intercorreva tra una riunione all'altra. Anche se avrebbe preferito passare ogni istante di libertà che possedeva tra le braccia di Lavellan, perché presto sarebbe ripartita, l'idea di lasciare Josephine da sola a spostare tavoli ingombranti e librerie pesantissime lo metteva fisicamente a disagio. Era stata una richiesta fatta in amicizia e lui non voleva mancare all'appello.

Mentre si stava approcciando alla salita che dalla piazza antistante alle stalle portava alle cucine, e di conseguenza ai sotterranei di Skyhold, la Grande Incantatrice Fiona richiamò la sua attenzione con un cenno.

Cullen si fermò al terzo gradino, osservandola con aria circospetta mentre lei aumentava il passo, con tutte le intenzioni di raggiungerlo il prima possibile.

Una volta che fu a portata d'orecchio, Fiona gli rivolse un saluto affrettato, poi gli indicò il viso, sconvolto dalle conseguenze del naso rotto. -Lasci che glielo curi.- disse, con tutta l'aria di non voler accettare un rifiuto.

Cullen indietreggiò di un passo, istintivamente. -La ringrazio, ma non è necessario. Sono abituato a gestire queste cose.- replicò, alzando una mano tra di loro.

Fiona strinse le labbra su un'espressione categorica. -Mi ci vorrà meno di un minuto, Comandante. Non intendo farle perdere tempo.- insistette.

Cullen percepì il suo corpo entrare in uno stato di tensione, come se fosse di fronte a una scelta dovuta a una pressione sociale, più che a una necessità pratica. -Mia signora, non è una questione di tempo, ma di preferenze.- spiegò, ricambiando la categoricità che gli stava venendo imposta. -Sono abituato a lasciare che sia il mio corpo a gestire le ferite, senza l'aiuto della magia.-

-I miei incantesimi di guarigione sono molto poco invasivi, Comandante.- tornò alla carica Fiona, accorciando le distanze. -E lei potrebbe tornare a gestire i suoi impegni senza doversi occupare anche di questo problema.-

Cullen indietreggiò di nuovo. -Come le ho detto, non è una questione di comodità.- ribatté.

Nel viso di Fiona apparve una distinta sfumatura di fastidio. -Insisto.- dichiarò.

-Siamo in due.- si aggiunse Cullen, altrettanto infastidito. -Ora, se volesse scusarmi...-

-Comandante, la prego, mi lasci rimediare.- disse lei, allungando uno sguardo urgente nella sua direzione.

Cullen non era percettivo quanto Lavellan, ma si accorse subito che c'era qualcosa di strano nell'atteggiamento della Grande Incantatrice. Nonostante fosse decisa a farsi valere, possedeva i tratti di qualcuno che non sa rimediare a un torto, come se fosse stata lei ad avergli causato la ferita. -A questo punto, sono io che la prego. Rispetti la mia decisione, per favore.- disse, imponendosi di non essere maleducato nei suoi riguardi. -Le posso assicurare che non è una scelta derivata dalla sfiducia.-

Fiona lo osservò a lungo, con la classica smorfia di chi non ha ancora finito di esprimersi, poi deglutì, rilassando la fronte. -Il pensiero non mi ha nemmeno sfiorato, non si preoccupi.- disse, chiaramente delusa. -Semmai dovesse cambiare idea, sa dove trovarmi.- disse, scindendo il contatto visivo per andarsene.

Cullen la guardò allontanarsi, stranito, prendendosi i suoi tempi per processare la situazione prima di dirigersi in tesoreria. Durante il tragitto, però, non riuscì a scrollarsi di dosso la stranezza degli eventi, trascinandoseli dietro anche dopo aver varcato la soglia della stanza.

Fortunatamente, trovò subito una distrazione che gli permise di distendere anche i nervi più ostici.

In un dedalo di mobili, scatole e quadri da appendere, Lavellan stava trascinando la cassaforte a cui aveva lavorato per diversi giorni, finalmente ultimata. Cullen accorse a darle una mano, facendosi colpire dritto nei sentimenti da un sorriso grato.

Grazie alle loro forze combinate, riuscirono a sollevarla ed appoggiarla su un ripiano, poi si scambiarono un'occhiata soddisfatta.

Lavellan allora si soffermò a osservare il naso di Cullen, arricciando appena le labbra. -Pensavo peggio. Da come me l'avevano messa, credevo che ti avesse spaccato la faccia.- ammise, mentre incrociava le braccia sulla superficie della cassaforte.

-È tutta scena, davvero.- la rassicurò lui, avvicinandosi per passare una mano sulla sua schiena. Lavellan gli sorrise brevemente. -Avresti dovuto dire: "dovresti vedere l'altro".- lo imitò, per stemperare.

Cullen le lanciò un'occhiata macchiata di indisposizione. -L'altro le avrebbe prese, se non fosse stato per l'intervento di Cassandra.-

-Lo so.-

Cullen inarcò un sopracciglio. -Mi stai prendendo in giro?-

Lavellan ridacchiò. -No, Cassandra mi ha fatto un resoconto della situazione. Era molto colorito, ma altrettanto dettagliato. Se lei dice che ce l'avevi in pugno, allora non mi servono troppe conferme.-

Lui però non sembrava troppo convinto. La aiutò a spostare una scrivania, in modo da liberare l'ingresso, tenendosi comunque addosso un certo grado di insicurezza. Insicurezza che lei gli lavò via di dosso istantaneamente.

-Sai, è buffo che tu ti sia andato a rompere il naso subito dopo che ci siamo messi insieme.- disse Lavellan, battendo più volte le mani per disperdere i residui di polvere. -Come faccio a baciarti adesso, con una cannuccia?- scherzò.

Cullen rise, sentendo il suo viso rispondere a quella reazione improvvisa con una fitta di dolore. Inspirò l'aria tra i denti, impedendosi di toccare la parte lesa, che era ciò che l'istinto gli stava suggerendo di fare.

Lavellan lo aiutò a tenere ferme le mani, impegnandole con uno scatolone. -Ho capito, basta battute.- dichiarò.

Cullen esalò un respiro lungo, una volta ripresosi. -Sarà più difficile del previsto.- borbottò, cercando con lo sguardo un punto in cui appoggiare l'ingombro.

-Dillo a me! Se non si fosse capito, sono appena stata privata della mia nuova attività preferita.- si lamentò Lavellan, raddrizzando una libreria per permettergli di sistemarci dentro i vari oggetti contenuti nello scatolone. Aspettò che le fosse vicino, per sfiorargli il viso con un'occhiata tinta di falsa innocenza. -Sai, mi dispiace un po' per lui.- mormorò. -Svegliarsi con una colonia di bachi sotto il cuscino non dev'essere stato piacevole.-

Cullen la guardò con aria di rimprovero, in maniera neanche troppo convincente.

-Ti ricordi del discorso su causa ed effetto che ti feci qualche giorno fa?- domandò lei, fingendo nonchalance. -Rompi il naso a qualcuno, ti becchi le ripercussioni. Non è colpa mia se l'universo gli ha messo la ghiaia negli stivali, dipinto la sella d'inchiostro e...-

Cullen le appoggiò delicatamente una mano sul fianco, chinandosi per baciarla. I loro corpi reagirono a quel contatto rilassandosi, tanto da dover per forza appoggiarsi a qualcosa per continuare senza rischiare di cadere. Era l'effetto di mesi passati a impedirsi di andare oltre, quando in realtà quel gesto per loro era tanto facile quanto bere un bicchiere d'acqua.

-Mi togli il respiro.- mormorò lui, sorridendo a fatica. -Letteralmente.-

Lavellan rise di cuore, poi lo chiuse in un abbraccio, stringendosi nelle spalle nel sentirsi avvolgere a sua volta. Rimasero in silenzio a lungo, godendosi quella pausa immeritata, ma necessaria.

-Ti sei appena fatto male, vero?-

-Malissimo.-

Lavellan si distanziò per permettergli di riprendere fiato, senza smettere di sorridere. -Risalirà a me sicuramente, ma in mia difesa vorrei dire che è stato uno sforzo combinato.- disse, riprendendo a riordinare. Fece una lunga pausa, per lasciare che il divertimento si allontanasse, permettendo all'empatia di prendere il suo posto. -Avete parlato tanto. Come stai?- domandò, abbassando il tono di voce.

Cullen non rispose subito, preferendo soffermarsi a raccogliere le idee. -Sto bene, amore mio.- rispose, tornando a sua volta al lavoro, per darsi qualcosa da fare mentre abbassava le difese. -Siamo stati feriti dalla stessa mano. Venirne a patti ha aiutato entrambi.- fece una pausa. -Al di là di questo, sembra una persona su cui contare. Mi piacerebbe...- e non concluse la frase, sentendosi ridicolo a voler esprimere un desiderio che la sua testa bollava come puerile.

Lavellan, che sapeva da dove proveniva quell'imbarazzo, si affrettò a contrastare quell'istinto, dando importanza all'esigenza. -Penso che piacerebbe anche a lui avere una persona in più su cui contare.- disse, con naturalezza. -Ne guadagnerebbe, dato che conoscerti è stata una delle cose più belle che mi siano capitate.-

Cullen la guardò come si guarderebbe uno Spirito della Bellezza, sentendosi grato e indegno allo stesso tempo. Come avesse fatto a meritarsi una gioia simile dopo tutto il male che aveva riversato nel prossimo per lui era un gran mistero. Si chiese perché Andraste non gliel'avesse fatta incontrare prima, evitandogli di soffrire e far soffrire per così tanto tempo, ma si rispose dicendosi che quello era il momento giusto, perché nessuno aveva il potere di guarirlo se non se stesso.

Prese un respiro profondo, sforzandosi di uscire dalla sua testa, poi le rivolse un sorrisetto che avrebbe voluto essere sornione, ma su cui c'era un visibile velo di imbarazzo. -Avresti dovuto dire: "sei la cosa più bella che mi sia mai capitata".-

-Una volta ho visto un non-morto con un cappellino.-

Cullen liberò una risata genuina, sentendo il suo cuore alleggerirsi, nonostante la faccia gli facesse un male incredibile. -Dovevi davvero coinvolgere Sera nella tua ritorsione?- le domandò, rigirandosi un soprammobile tra le mani. -Lo sai che me la farà pagare a vita, no?-

Lavellan si zittì per un po', mentre assumeva un’aria divertita. -In realtà, penso che la farà pagare a me per non averla coinvolta.- gli suggerì.

Cullen inclinò la testa, dando dapprima un'espressione confusa, poi basita. -No!- esclamò.

Lavellan sghignazzò. -Eh, si, invece.- lo contraddisse, per poi dargli un buffetto leggero sul braccio. -E lei è decisamente una da fiori, quindi ti conviene provvedere.-

-Come hai... insomma...- Cullen era senza parole. Fissava un punto non specificato di fronte a sé, mentre il suo cervello cercava di processare adeguatamente quell'atteggiamento totalmente fuori dal personaggio.

-Rose, o qualcosa di molto femminile.- lo interruppe Lavellan, riportandolo al presente.

-Ricevuto.- disse lui, chiudendo definitivamente quella parentesi.

Adorando quella delicata inconsistenza nei suoi modi, Lavellan carezzò il suo viso con un'occhiata carica di dolcezza, poi con i polpastrelli, attenta a non fargli del male. -Anche tu mi togli il respiro.- mormorò, avvicinandosi di un passo mentre i loro sguardi si allacciavano. Gli appoggiò un bacio leggero sulla guancia, poi gli rivolse un gran sorriso.

Altrettanto in adorazione, Cullen raggiunse la sua mano, stringendola appena. -Per me sei davvero la cosa più...-

-Cosa ti è successo?-

I due si voltarono verso l'ingresso, dove Josephine era appena apparsa. Aveva gli occhi sgranati e la bocca schiusa su un'espressione allibita.

Cullen ci mise qualche secondo per realizzare che si stesse rivolgendo a lui. Lasciò la presa sulla mano di Lavellan, per poi tentare di elaborare una risposta. -Un piccolo incidente durante l'allenamento.- provò a minimizzare, fallendo miseramente.

Josephine, difatti, si era portata di fronte a lui di gran carriera. -Piccolo?! A me sembra tutto fuorché piccolo! Leliana mi aveva premesso che ti fossi fatto male, ma questo è davvero troppo! Ti ha sfregiato!- esclamò, studiando la ferita per capirne l'entità. -Ti fa tanto male? Hai bisogno di acqua? Una coperta calda? Un teino? Vuoi che lo minacci di mandargli i Corvi sotto casa?-

-Josephine.-

-Gli farò pervenire una lettera di richiamo con i sigilli ufficiali, non importa se è amico di Leliana. Come si permette di alzare le mani su di te?-

-Josephine.-

-Quello è un bruto! Uno screanzato che sputa sull'ospitalità dell'Inquisizione! Non posso...-

Cullen la interruppe appoggiandole una mano sul braccio, per poi guardarla dritta negli occhi. Rimase in silenzio un solo istante, poi le rivolse un mezzo sorriso. -Grazie, ma non ho bisogno di niente.- fece una pausa. -Sto bene, davvero.-

Josephine lo guardò con aria sorpresa. -Lo so che stai bene, Comandante. È lui che starà molto meno bene quando gli avrò girato la testa dall'altra parte!- sbottò. -Che non si azzardi a venire a un metro di distanza da te, o giuro che gli scateno addosso...- ci pensò. -...così tanti burocrati da farlo rimanere in mutande!-

-Ecco perché cerco di non farla mai arrabbiare.- intervenne Leliana, entrando nella stanza con un pacco di libri contabili tra le braccia. Si accostò a Lavellan, che approfittava dell'exploit di Josephine per continuare a lavorare indisturbata. -Cassandra dice che l'hai antagonizzato.-

-Non l'ho...- Cullen strinse le labbra su una replica brusca. -Abbiamo risolto, davvero, va tutto bene.- si corresse.

Leliana gli rivolse un sorrisetto. -Ah, si? Con i bachi sotto al cuscino e i sassolini negli stivali?- lo punzecchiò.

-Non dimenticare l'inchiostro.- intervenne Lavellan. -E il miele nel borsello.-

Josephine diede un cenno d'assenso, complimentandosi con lei nell'esibire un'espressione soddisfatta. -Ben gli sta! Ma guarda te, 'sto scimmione.-

Cullen guardò le sue colleghe una a una, percependo un calore nel petto che non sentiva da anni. Il suo primo istinto fu quello di rifiutarlo, cosa che sicuramente avrebbe fatto a parole, ma in testa sua sapeva che se erano arrivate a preoccuparsi per lui a causa un'inezia, si sarebbero schierate al suo fianco nel caso di un'evenienza più grave. E lui, in cambio, le avrebbe protette con tutta la forza che aveva in corpo perché gli avevano regalato qualcosa di inestimabile.

-Rendiamo operativa questa tesoreria, dai!- li incitò Lavellan. -Se volete vi canto una canzoncina per facilitare il...-

-No.- risposero i tre, in coro.

Lavellan assunse un'espressione infastidita. -Neanche una barzelletta "toc-toc"? Una freddura sui pesci? Una descrizione dettagliata di come si estrae il cervello da un cadavere?- propose.

Leliana le ficcò una valigetta carica di monete tra le mani, le fece fare un giro su se stessa e la spinse delicatamente verso una scrivania. -Dopo che le hai contate tutte.-

Josephine esalò un sospiro di sollievo, facendo sorridere Cullen. La fitta di dolore che lo sconvolse fu lancinante, ma ancora una volta ne era valsa la pena.




-Nota-

Più lo rileggo, più mi sembra un capitolo oscenamente espositivo. Spero che non sia super noioso.
La lezione che abbiamo imparato a fine Origins è che Arle Eamon si merita gli schiaffoni, perché da piccino non gliene hanno dati abbastanza <3
Josie quando i nobili la trattano a pesci in faccia vs Josie quando le tocchi i suoi colleghi
Pubblico in anticipo perché tra domani e la settimana prossima mi è quasi impossibile stare davanti a un computer. Ah e gli aggiornamenti salteranno per una settimana, quindi è probabile che il capitolo 14 appaia tra il 22 e il 24. I’m sorry!!
Grazie per essere arrivati fin qui, un abbraccio
<3

   
 
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