Two Pairs of Chilling Eyes
2 – La Gatta Ferita.
La svegliò il
dolore alla gamba. Non aprì gli occhi prima di essersi accertata di non essere
legata. Rendendosi conto che nulla impediva i suoi movimenti, Nina cercò di
alzarsi, con l’intenzione di toccarsi la gamba ferita. Un violento capogiro la
fece quasi desistere, e dovette lottare contro la sua debolezza per mettere a
fuoco l’ambiente che la circondava e le sue condizioni fisiche.
La stanza in cui
si trovava era avvolta nella penombra. Si trovava tra le lenzuola di un letto
matrimoniale, dalla testata imbottita a cui si appoggiò, faticosamente, per
riuscire a guardarsi intorno meglio. Appena i suoi occhi si furono abituati
alla semioscurità, notò che sul comodino più vicino a lei vi era appoggiata una
scatola di primo soccorso, traboccante di garze e disinfettante. Il suo sguardo
di ghiaccio vagò per la stanza, scoprendo un armadio a muro Laccato di bianco,
un tavolino con un Pc portatile acceso, una
televisione al plasma attaccata al muro e un puntino rosso nell’angolo più
buio, di fianco alla porta finestra dalle imposte chiuse. Il puntino rosso pulsò
ulteriormente, diffondendo un lieve alone del medesimo colore, e alle narici
della donna arrivò l’acre odore di tabacco. Senza volerlo tossicchiò.
“Non l’avrei mai
detto” la voce maschile dall’accento russo, proveniva da dietro al puntino, “che
la infastidisse l’odore del fumo.” Il puntino scomparve.
Il cuore della
donna fece un balzo: i russi erano una fazione a sé stante, indipendente da
tutte le altre che avevano partecipato alla guerra causata da Jin Kazama. E di certo non era il
massimo cadere nelle loro mani. Non avevano una buona reputazione con i
prigionieri. Boskonovitch era uno di loro, anche se
lavorava per la Mishima Zaibatsu,
e il risultato dei suoi esperimenti l’aveva constatato sulla sua pelle. E sulla
propria memoria.
Prima che potesse
azzardare una parola, l’uomo accese la lampada al suo fianco, puntando i suoi
occhi, di un azzurro dolorosamente gelido, nei suoi.
“Sergei Dragunov.” Decretò la
donna, con un accento sprezzante nella voce. La sua disgraziata fuga l’aveva
condotta dritta verso un lupo siberiano affamato di distruzione. Non male come
risultato. Cercò di mettersi sulla difensiva, ma una fitta alla gamba la
distrasse.
“Stia ferma.” Ordinò
l’uomo, alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi lentamente a Nina. Indossava la
camicia bianca della divisa, con le maniche arrotolate sugli avambracci, i
pantaloni militari e gli stivali. Tolse il lenzuolo che copriva la donna, con
un gesto secco, senza che lei riuscisse a fermarlo, e le fissò la gamba. Lo
sguardo di Nina seguì il suo.
La stoffa della
tuta, tagliata appena sopra il ginocchio scopriva il polpaccio gonfio e
violaceo, un cerotto sporco di sangue copriva la ferita. Imprecò mentalmente.
Con quello non sarebbe riuscita di certo ad andare da nessuna parte.
“L’ho vista
lanciarsi su questo palazzo, scivolare e colpire il cornicione. L’ho presa al
volo. Ringrazi i miei riflessi, o sarebbe nelle mani degli americani. Le posso
assicurare che ce l’hanno con lei e gradirebbero avere la sua testa su un
piatto al posto del tacchino del Ringraziamento.”
“Fa anche del sarcarsmo? Come se fossi finita in mani migliori…”
sibilò la donna con un moto di stizza. Gli occhi gelidi e i lineamenti duri del
militare russo la trattennero dal tentare qualsiasi tipo di attacco.
L’uomo prese dalla cassetta delle medicazioni
un paio di guanti di lattice e se li infilò, senza dire una parola, prima di
sedersi sul letto e di prendere in mano la gamba della donna, per esaminarla.
Lei si morse il labbro, trattenendo una smorfia di dolore.
“Le ho tolto il
proiettile, mentre era svenuta” la informò, togliendo il cerotto insanguinato.
“Le si era conficcato nel muscolo, è stata fortunata, non ha leso né tendini né
nervi, e non ha intaccato l’osso. Questione di millimetri.”
Un taglio lungo
una spanna le attraversava il polpaccio, solcato dal filo nero di sutura. “Sta
facendo infezione” notò la donna, volgendo lo sguardo altrove, disgustata.
L’uomo asserì, poi si allungò di nuovo verso la cassetta e riempì una siringa
con un siero lattiginoso, che iniettò direttamente nel taglio.
Nuovamente, Nina
si morse le labbra.
“Questo è un
potente antibiotico, e anche un anestetico. Farà sparire l’infezione in un paio
d’ore. E questo” prese in mano una bomboletta spray e la puntò sulla ferita. Il
getto fresco diede un istante di sollievo alla gamba della donna. “la farà cicatrizzare più velocemente.”
Una volta posto un
nuovo cerotto, radunò gli oggetti nella cassetta e la chiuse. Poi buttò via i
guanti e si risedette sulla poltroncina di pelle rossa a fianco della finestra,
dopo aver aperto le imposte automatiche, senza smettere di fissarla, con le
mani incrociate sul petto.
“Da quanto tempo
sono qui?” domandò la donna, lo sguardo al di là dei vetri. Fuori continuava a
piovere.
“Tre ore” rispose
velocemente l’uomo. “E siamo all’Hotel Imperial”
aggiunse, anticipando la sua risposta.
“E a quale motivo
devo l’onore delle sue cure, Mr Dragunov?”
Lui si accese
un’altra sigaretta, studiandola. Non mostrava alcuna espressione, nulla
trapelava da quegli occhi quasi bianchi. “Perdoni la mia maleducazione, se non le
offro una sigaretta, ma il tabacco interferisce con il medicinale che le ho
somministrato. Temo dovrà attendere un paio di giorni, prima di fumare”
Sta
cercando di farmi perdere la pazienza.
Pensò Nina, appoggiandosi impassibile alla testiera del letto. Devo mantenere la calma. Rimase a
fissarlo per alcuni minuti, senza dire nulla, attendendo una risposta o una sua
mossa.
Era una preda, ma
avrebbe lottato con tutte le sue forze prima di soccombere. Avrebbe lottato con
le unghie e con i denti, qualsiasi cosa fosse successa. E doveva farglielo
capire.
Dragunov finì la sua sigaretta e la
spense, poi aprì la finestra per cambiare l’aria ed accese la televisione,
accomodandosi sempre sulla sua poltroncina.
Il telegiornale
trasmetteva immagini di guerriglia urbana e di distruzione. La città era nel
caos. I tumulti si mescolavano ai festeggiamenti degli oppositori del regime.
Qualcuno sputava sulle macerie della Mishima Zaibatsu.
Un’immagine fugace
mostrava una disperata Xiaoyu portata via in spalla
da Paul Phoenix e seguita dal suo Panda.
Altri partecipanti
al torneo si davano alla fuga, altri si univano ai festeggiamenti, come quella
mocciosa monegasca che saltellava alzando la gonna e mandando in visibilio chi
la circondava. Il rosso coreano se ne andava in sella alla sua moto, la
ragazzina di Osaka dietro di sé, che gli cingeva la vita e sembrava
singhiozzare, mentre le immagini si spostavano sul cadavere di Heihachi Mishima, primo
recuperato dalle rovine, che veniva trascinato in un obitorio.
La giornalista
diffuse poi la lista e le foto dei ricercati.
Prima su tutti
lei, Nina Williams, riuscita a scappare ad un inseguimento delle forze
statunitensi.
Poi sua sorella Anna, scomparsa immediatamente
dopo il torneo.
Lars Alexandersson,
visto fuggire su una jeep.
Anche Lee Chaolan risultava disperso, ma non ricercato.
Dragunov spense improvvisamente la
televisione. “Pare che non abbia scampo, Miss Williams”
“Non mi dice una
cosa nuova.”
“Siete disposta a
trattare sulla vostra vita?”
Nina sostenne di
nuovo lo sguardo, dura. “Dipende da cosa proporrete.”
“Non ora.” Il
militare si alzò, avvicinandosi al mobile bar. Si versò un bicchiere di liquore
e lo degustò. “Evito di offrirvelo a causa di medicinale, non per
maleducazione” aggiunse con un ghigno.
“Sono curiosa di
sapere a cosa devo questo interesse sulla mia salute”
Posando il
bicchiere vuoto, l’uomo si voltò nuovamente verso la donna e si avvicinò al
letto. Posò un ginocchio sul materasso. “Le sue capacità sono uniche al mondo,
Miss Williams. Se accetterà i termini dell’accordo che le proporremo, e se
lavorerà per noi come richiesto, sono sicura che non avrà di che pentirsene.”
Appoggiò una mano
e poi l’altra, avvicinandosi alla donna che lo fissava impassibile, cercando di
nascondere il disagio e la rabbia che fremeva sotto la sua pelle. Dragunov le spostò una ciocca dal volto, studiandolo. “Con questi
tratti non avremo difficoltà a farla passare per cittadina russa, se imparerà
alla svelta la nostra lingua.” Le alzò il mento con le dita. “Un volto
pressoché perfetto” dichiarò, senza comunquemostrare
nessun tono di ammirazione, come se stesse guardando una macchina, o una casa
ben costruita, e non una delle donne più letali al mondo.
Il profumo del suo
dopobarba stuzzicò le narici di Nina. Era forte, molto maschile, ma,
contrariamente all’uomo che lo indossava, non la infastidiva. Forse era al muschio
bianco. Gli odori delle persone rimanevano sempre impressi nella sua memoria,
come se al posto del suo nasino ci fosse un tartufo canino.
Sua sorella usava
Chanel 5. Le piaceva lasciare una scia al suo passaggio.
Jin Kazama
non aveva odore. Nessuno. Forse era la sua natura demoniaca a privarlo anche di
questa caratteristica umana.
Kuma, l’orso di Heihachi
Mishima, profumava curiosamente di sapone di
Marsiglia, come se lo lavassero insieme al bucato.
E Steve… beh, le era stato vicino solo per una frazione di
secondi. Eppure Nina aveva ben impresso dentro di sé il profumo fresco di
deodorante maschile, quello per giovani ragazzi che vogliono dimostrarsi
sensuali e grandi.
Il volto dell’uomo
si avvicinò al suo, e non si fermò nemmeno quando la donna si voltò appena dall’altra
parte. La furia le montava in petto, quell’uomo doveva ringraziare solamente la
sua gamba infortunata se non si era già trovato all’altro mondo.
Sentì il fiato
caldo di Dragunov solleticarle il collo. Cercò di
rimanere impassibile, stringendo le lenzuola tra le dita. Se solo avesse
allungato le mani quel maledetto russo si sarebbe ritrovato con qualche dito in
meno.
Quel bastardo se
ne stava approfittando troppo, come osava…
“E’ il caso che lei
faccia un bagno.” Disse improvvisamente, facendola trasalire dalla meraviglia.
Si scostò da lei e la prese rudemente in braccio, strappandole un’imprecazione
di protesta mista a dolore. La portò in bagno, facendola sedere al bordo vasca,
mentre con una mano armeggiava con i rubinetti, l’altra le teneva saldamente un
polso.
“Non ho di certo
intenzione di fare il bagno con lei” sibilò inviperita, cercando di prendere di
nascosto un rasoio che aveva adocchiato sul lavandino.
Lui non si
scompose, mentre l’acqua bollente scrosciava nella vasca. “Questa vasca sarebbe
troppo stretta per entrambi” L’anticipò sul rasoio e se lo infilò in tasca. Si
allontanò dalla vasca e sistemò un paio d’asciugamani puliti vicino alla vasca.
“Le sconsiglio di bagnare la ferita, o di forzare la gamba. Quando avrà finito mi
chiami.”
Uscì dalla stanza
da bagno ignorando la richiesta di Nina di lasciarle la chiave per chiudere la porta.
La donna ringhiò
dallo sconforto, non trovando altro da sfogarsi che gettare un boccetto di bagnoschiuma nella vasca.
Aveva
indubbiamente bisogno di lavarsi. I capelli erano ancora umidi dalla pioggia,
così come i vestiti, e si sentiva infreddolita. Gli avvenimenti delle ultime
ore l’avevano spossata più di quanto potesse ammettere a sé stessa, e forse il
fatto di trovarsi in una stanza con un uomo che non pareva intenzionato ad
ucciderla o torturarla a morte non era la cosa peggiore che potesse capitarle. Ammesso
e non concesso che non cambiasse idea.
Vinse la sua
riluttanza a spogliarsi. Se il russo fosse entrato in quel momento non avrebbe
fatto fatica ad avere la meglio su di lei, nelle condizioni in cui si trovava.
Ma anche restare vestita sul bordo della vasca non era di certo una soluzione
al problema. Se Dragunov l’avesse voluta, avrebbe
potuto approfittare di lei nel suo stato di incoscienza,(chi poteva dirlo che
non l’aveva fatto? Pensò con un brivido di ribrezzo) o più tardi, aveva tutto
il tempo a sua disposizione per giocare con la sua preda. Si lasciò scivolare
nell’acqua, facendo ben attenzione a lasciar fuori la gamba ferita.
Quell’uomo aveva
il coltello dalla parte del manico, al momento. Forse non era il caso di
opporre troppa resistenza. A tempo debito si sarebbe vendicata.
Eccome.
Avrebbe trovato il
tempo e il modo per farlo.
Si passò le mani
tra i capelli biondi, prima di riempirli di shampoo.
Nina Williams era
una gatta dalle nove vite, e se la sarebbe cavata a costo di giocarsi tutte
quelle che le erano rimaste.
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Subito
al secondo capitolo, ero in vena!
Ecco
l’entrata del nostro gelido Sergei, come promesso! Tra
l’altro…. Non sono riuscita a farlo parlare meno di così… si sta rifacendo dopo il silenzio di Tekken 5 DR (chissà se nel 6 lo faranno parlare, poraccio)
Desiderate
altro? Ah, si… quello! Beh, vedremo... diamo tempo al
tempo….
Grazie
mille per le recensioni!
X
Miss Trent: ho letto le tue fic
su di loro ieri, le ho trovate troppo belle, prima di sedermi al tavolo e
scrivere la mia. Pensavo inizialmente di essere l’unica pazza che accoppiava
Nina a Dragunov (ti dirò, mi era quasi balenata
l’idea di Nina – Raven), ma per fortuna non soffro di
solitudine! Non vedo l’ora che tu continui la tua storia…
A
la prochaine!|
EC