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Autore: Evilcassy    09/09/2009    3 recensioni
Il 6° Torneo del Pugno d'Acciaio finisce con la morte dei Mishima e di Jin Kazama, e il crollo dell'impero della Mishima Zaibatsu e della G.Corp. Nina Williams è ora braccata da varie fazioni che cercano di ucciderla, ma inaspettatamente, il suo destino cambierà radicalmente. - EPILOGO E DOVUTI RINGRAZIAMENTI.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
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Two Pairs of Chilling Eyes

 

2 – La Gatta Ferita.

 

La svegliò il dolore alla gamba. Non aprì gli occhi prima di essersi accertata di non essere legata. Rendendosi conto che nulla impediva i suoi movimenti, Nina cercò di alzarsi, con l’intenzione di toccarsi la gamba ferita. Un violento capogiro la fece quasi desistere, e dovette lottare contro la sua debolezza per mettere a fuoco l’ambiente che la circondava e le sue condizioni fisiche.

La stanza in cui si trovava era avvolta nella penombra. Si trovava tra le lenzuola di un letto matrimoniale, dalla testata imbottita a cui si appoggiò, faticosamente, per riuscire a guardarsi intorno meglio. Appena i suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, notò che sul comodino più vicino a lei vi era appoggiata una scatola di primo soccorso, traboccante di garze e disinfettante. Il suo sguardo di ghiaccio vagò per la stanza, scoprendo un armadio a muro Laccato di bianco, un tavolino con un Pc portatile acceso, una televisione al plasma attaccata al muro e un puntino rosso nell’angolo più buio, di fianco alla porta finestra dalle imposte chiuse. Il puntino rosso pulsò ulteriormente, diffondendo un lieve alone del medesimo colore, e alle narici della donna arrivò l’acre odore di tabacco. Senza volerlo tossicchiò.

“Non l’avrei mai detto” la voce maschile dall’accento russo, proveniva da dietro al puntino, “che la infastidisse l’odore del fumo.” Il puntino scomparve.

Il cuore della donna fece un balzo: i russi erano una fazione a sé stante, indipendente da tutte le altre che avevano partecipato alla guerra causata da Jin Kazama. E di certo non era il massimo cadere nelle loro mani. Non avevano una buona reputazione con i prigionieri. Boskonovitch era uno di loro, anche se lavorava per la Mishima Zaibatsu, e il risultato dei suoi esperimenti l’aveva constatato sulla sua pelle. E sulla propria memoria.

Prima che potesse azzardare una parola, l’uomo accese la lampada al suo fianco, puntando i suoi occhi, di un azzurro dolorosamente gelido, nei suoi.

Sergei Dragunov.” Decretò la donna, con un accento sprezzante nella voce. La sua disgraziata fuga l’aveva condotta dritta verso un lupo siberiano affamato di distruzione. Non male come risultato. Cercò di mettersi sulla difensiva, ma una fitta alla gamba la distrasse.

“Stia ferma.” Ordinò l’uomo, alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi lentamente a Nina. Indossava la camicia bianca della divisa, con le maniche arrotolate sugli avambracci, i pantaloni militari e gli stivali. Tolse il lenzuolo che copriva la donna, con un gesto secco, senza che lei riuscisse a fermarlo, e le fissò la gamba. Lo sguardo di Nina seguì il suo.

La stoffa della tuta, tagliata appena sopra il ginocchio scopriva il polpaccio gonfio e violaceo, un cerotto sporco di sangue copriva la ferita. Imprecò mentalmente. Con quello non sarebbe riuscita di certo ad andare da nessuna parte.

“L’ho vista lanciarsi su questo palazzo, scivolare e colpire il cornicione. L’ho presa al volo. Ringrazi i miei riflessi, o sarebbe nelle mani degli americani. Le posso assicurare che ce l’hanno con lei e gradirebbero avere la sua testa su un piatto al posto del tacchino del Ringraziamento.”

“Fa anche del sarcarsmo? Come se fossi finita in mani migliori…” sibilò la donna con un moto di stizza. Gli occhi gelidi e i lineamenti duri del militare russo la trattennero dal tentare qualsiasi tipo di attacco.

 L’uomo prese dalla cassetta delle medicazioni un paio di guanti di lattice e se li infilò, senza dire una parola, prima di sedersi sul letto e di prendere in mano la gamba della donna, per esaminarla. Lei si morse il labbro, trattenendo una smorfia di dolore.

“Le ho tolto il proiettile, mentre era svenuta” la informò, togliendo il cerotto insanguinato. “Le si era conficcato nel muscolo, è stata fortunata, non ha leso né tendini né nervi, e non ha intaccato l’osso. Questione di millimetri.”

Un taglio lungo una spanna le attraversava il polpaccio, solcato dal filo nero di sutura. “Sta facendo infezione” notò la donna, volgendo lo sguardo altrove, disgustata. L’uomo asserì, poi si allungò di nuovo verso la cassetta e riempì una siringa con un siero lattiginoso, che iniettò direttamente nel taglio.

Nuovamente, Nina si morse le labbra.

“Questo è un potente antibiotico, e anche un anestetico. Farà sparire l’infezione in un paio d’ore. E questo” prese in mano una bomboletta spray e la puntò sulla ferita. Il getto fresco diede un istante di sollievo alla gamba della donna.  “la farà cicatrizzare più velocemente.”

 

Una volta posto un nuovo cerotto, radunò gli oggetti nella cassetta e la chiuse. Poi buttò via i guanti e si risedette sulla poltroncina di pelle rossa a fianco della finestra, dopo aver aperto le imposte automatiche, senza smettere di fissarla, con le mani incrociate sul petto.

“Da quanto tempo sono qui?” domandò la donna, lo sguardo al di là dei vetri. Fuori continuava a piovere.

“Tre ore” rispose velocemente l’uomo. “E siamo all’Hotel Imperial” aggiunse, anticipando la sua risposta.

“E a quale motivo devo l’onore delle sue cure, Mr Dragunov?”

Lui si accese un’altra sigaretta, studiandola. Non mostrava alcuna espressione, nulla trapelava da quegli occhi quasi bianchi. “Perdoni la mia maleducazione, se non le offro una sigaretta, ma il tabacco interferisce con il medicinale che le ho somministrato. Temo dovrà attendere un paio di giorni, prima di fumare”

Sta cercando di farmi perdere la pazienza. Pensò Nina, appoggiandosi impassibile alla testiera del letto. Devo mantenere la calma. Rimase a fissarlo per alcuni minuti, senza dire nulla, attendendo una risposta o una sua mossa.

Era una preda, ma avrebbe lottato con tutte le sue forze prima di soccombere. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti, qualsiasi cosa fosse successa. E doveva farglielo capire.

Dragunov finì la sua sigaretta e la spense, poi aprì la finestra per cambiare l’aria ed accese la televisione, accomodandosi sempre sulla sua poltroncina.

Il telegiornale trasmetteva immagini di guerriglia urbana e di distruzione. La città era nel caos. I tumulti si mescolavano ai festeggiamenti degli oppositori del regime. Qualcuno sputava sulle macerie della Mishima Zaibatsu.

Un’immagine fugace mostrava una disperata Xiaoyu portata via in spalla da Paul Phoenix e seguita dal suo Panda.

Altri partecipanti al torneo si davano alla fuga, altri si univano ai festeggiamenti, come quella mocciosa monegasca che saltellava alzando la gonna e mandando in visibilio chi la circondava. Il rosso coreano se ne andava in sella alla sua moto, la ragazzina di Osaka dietro di sé, che gli cingeva la vita e sembrava singhiozzare, mentre le immagini si spostavano sul cadavere di Heihachi Mishima, primo recuperato dalle rovine, che veniva trascinato in un obitorio.

La giornalista diffuse poi la lista e le foto dei ricercati.

Prima su tutti lei, Nina Williams, riuscita a scappare ad un inseguimento delle forze statunitensi.

Poi  sua sorella Anna, scomparsa immediatamente dopo il torneo.

Lars Alexandersson, visto fuggire su una jeep.

Anche Lee Chaolan risultava disperso, ma non ricercato.

Dragunov spense improvvisamente la televisione. “Pare che non abbia scampo, Miss Williams”

“Non mi dice una cosa nuova.”

“Siete disposta a trattare sulla vostra vita?”

Nina sostenne di nuovo lo sguardo, dura. “Dipende da cosa proporrete.”

“Non ora.” Il militare si alzò, avvicinandosi al mobile bar. Si versò un bicchiere di liquore e lo degustò. “Evito di offrirvelo a causa di medicinale, non per maleducazione” aggiunse con un ghigno.

“Sono curiosa di sapere a cosa devo questo interesse sulla mia salute”

Posando il bicchiere vuoto, l’uomo si voltò nuovamente verso la donna e si avvicinò al letto. Posò un ginocchio sul materasso. “Le sue capacità sono uniche al mondo, Miss Williams. Se accetterà i termini dell’accordo che le proporremo, e se lavorerà per noi come richiesto, sono sicura che non avrà di che pentirsene.”

Appoggiò una mano e poi l’altra, avvicinandosi alla donna che lo fissava impassibile, cercando di nascondere il disagio e la rabbia che fremeva sotto la sua pelle. Dragunov le spostò una ciocca dal volto, studiandolo. “Con questi tratti non avremo difficoltà a farla passare per cittadina russa, se imparerà alla svelta la nostra lingua.” Le alzò il mento con le dita. “Un volto pressoché perfetto” dichiarò, senza comunquemostrare nessun tono di ammirazione, come se stesse guardando una macchina, o una casa ben costruita, e non una delle donne più letali al mondo.

Il profumo del suo dopobarba stuzzicò le narici di Nina. Era forte, molto maschile, ma, contrariamente all’uomo che lo indossava, non la infastidiva. Forse era al muschio bianco. Gli odori delle persone rimanevano sempre impressi nella sua memoria, come se al posto del suo nasino ci fosse un tartufo canino.

Sua sorella usava Chanel 5. Le piaceva lasciare una scia al suo passaggio.

Jin Kazama non aveva odore. Nessuno. Forse era la sua natura demoniaca a privarlo anche di questa caratteristica umana.

Kuma, l’orso di Heihachi Mishima, profumava curiosamente di sapone di Marsiglia, come se lo lavassero insieme al bucato.

E Steve… beh, le era stato vicino solo per una frazione di secondi. Eppure Nina aveva ben impresso dentro di sé il profumo fresco di deodorante maschile, quello per giovani ragazzi che vogliono dimostrarsi sensuali e grandi.

 

Il volto dell’uomo si avvicinò al suo, e non si fermò nemmeno quando la donna si voltò appena dall’altra parte. La furia le montava in petto, quell’uomo doveva ringraziare solamente la sua gamba infortunata se non si era già trovato all’altro mondo.

Sentì il fiato caldo di Dragunov solleticarle il collo. Cercò di rimanere impassibile, stringendo le lenzuola tra le dita. Se solo avesse allungato le mani quel maledetto russo si sarebbe ritrovato con qualche dito in meno.

Quel bastardo se ne stava approfittando troppo, come osava…

“E’ il caso che lei faccia un bagno.” Disse improvvisamente, facendola trasalire dalla meraviglia. Si scostò da lei e la prese rudemente in braccio, strappandole un’imprecazione di protesta mista a dolore. La portò in bagno, facendola sedere al bordo vasca, mentre con una mano armeggiava con i rubinetti, l’altra le teneva saldamente un polso.

“Non ho di certo intenzione di fare il bagno con lei” sibilò inviperita, cercando di prendere di nascosto un rasoio che aveva adocchiato sul lavandino.

Lui non si scompose, mentre l’acqua bollente scrosciava nella vasca. “Questa vasca sarebbe troppo stretta per entrambi” L’anticipò sul rasoio e se lo infilò in tasca. Si allontanò dalla vasca e sistemò un paio d’asciugamani puliti vicino alla vasca. “Le sconsiglio di bagnare la ferita, o di forzare la gamba. Quando avrà finito mi chiami.”

Uscì dalla stanza da bagno ignorando la richiesta di Nina di lasciarle la chiave per chiudere la porta.

La donna ringhiò dallo sconforto, non trovando altro da sfogarsi che gettare un boccetto di bagnoschiuma nella vasca.

Aveva indubbiamente bisogno di lavarsi. I capelli erano ancora umidi dalla pioggia, così come i vestiti, e si sentiva infreddolita. Gli avvenimenti delle ultime ore l’avevano spossata più di quanto potesse ammettere a sé stessa, e forse il fatto di trovarsi in una stanza con un uomo che non pareva intenzionato ad ucciderla o torturarla a morte non era la cosa peggiore che potesse capitarle. Ammesso e non concesso che non cambiasse idea.

Vinse la sua riluttanza a spogliarsi. Se il russo fosse entrato in quel momento non avrebbe fatto fatica ad avere la meglio su di lei, nelle condizioni in cui si trovava. Ma anche restare vestita sul bordo della vasca non era di certo una soluzione al problema. Se Dragunov l’avesse voluta, avrebbe potuto approfittare di lei nel suo stato di incoscienza,(chi poteva dirlo che non l’aveva fatto? Pensò con un brivido di ribrezzo) o più tardi, aveva tutto il tempo a sua disposizione per giocare con la sua preda. Si lasciò scivolare nell’acqua, facendo ben attenzione a lasciar fuori la gamba ferita.

Quell’uomo aveva il coltello dalla parte del manico, al momento. Forse non era il caso di opporre troppa resistenza. A tempo debito si sarebbe vendicata.

Eccome.

Avrebbe trovato il tempo e il modo per farlo.

Si passò le mani tra i capelli biondi, prima di riempirli di shampoo.

Nina Williams era una gatta dalle nove vite, e se la sarebbe cavata a costo di giocarsi tutte quelle che le erano rimaste.

 

 

 

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Subito al secondo capitolo, ero in vena!

Ecco l’entrata del nostro gelido Sergei, come promesso! Tra l’altro…. Non sono riuscita a farlo parlare meno di così… si sta rifacendo dopo il silenzio di Tekken 5 DR (chissà se nel 6 lo faranno parlare, poraccio)

Desiderate altro? Ah, si… quello! Beh, vedremo... diamo tempo al tempo….

Grazie mille per le recensioni!

X Miss Trent: ho letto le tue fic su di loro ieri, le ho trovate troppo belle, prima di sedermi al tavolo e scrivere la mia. Pensavo inizialmente di essere l’unica pazza che accoppiava Nina a Dragunov (ti dirò, mi era quasi balenata l’idea di Nina – Raven), ma per fortuna non soffro di solitudine! Non vedo l’ora che tu continui la tua storia…

A la prochaine!|

EC

 

 

 

   
 
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