Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Feisty Pants    19/10/2022    1 recensioni
Un possente muro di nebbia divide due regni completamente diversi. Da una parte Arendelle, governata dai sovrani Anna e Hans e dai loro figli, non crede nell'esistenza della magia della quale solo pochi cantastorie possono raccontare attraverso miti e leggende. Dall'altra il popolo dei Northuldri che vive in armonia con la natura, governata dalla guardiana Elsa, unica in grado di controllarla grazie ai propri poteri. La nebbia che li divide, però, sarà costretta a dissolversi per mettere così a conoscenza entrambi i regni dei profondi segreti che una volta li univano e a causa dei quali sono stati costretti a separarsi...dimenticando uno dell'esistenza dell'altro.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Fratelli di Hans, Hans, Kristoff
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 15
BRANDELLI DI RICORDI

La camminata che riconduce Anna ed Elsa al villaggio appare una delle più belle ed intense della loro vita. Passi lenti, leggeri, vissuti nei quali le due sorelle rivivono i ricordi riemersi. I giochi con la neve, le ninna-nanne di mamma, le fiabe di papà, gli abbracci notturni, le marachelle, la fiducia e quella meravigliosa convinzione che non si sarebbero mai separate. Anna era stato il regalo più bello che Elsa potesse mai desiderare e la maggiore riassaporava ora il ricordo degli strilli della sorellina neonata, intenta a divorare il mondo con quegli occhioni azzurri. Anna, invece, aveva sempre visto in Elsa la sua protettrice e la sua complice, capace di seguirla in ogni passo ma anche di bloccarla quando esagerava.

L’arrivo delle due al villaggio immobilizza tutti i Northuldri che, vedendole avanzare mano nella mano, avvertono un’aurea nuova e risanata. La piccola Leila, intenta a cucire uno scialle insieme a Honeymaren e Yelena, finisce per pungersi un dito a causa della sorpresa nel rivedere la sua mamma.

La piccina di cinque anni, guardandosi la piccola ferita da cui usciva un po’ di sangue, scoppia in un pianto liberatorio nel quale unisce anche la disperazione per essere stata lontana dalla madre per tante ore.

“Mamma, non andare più via senza dirmelo!” urla Leila comportandosi come una bambina degna della sua età, sbattendo i piedi sul terreno, con i lacrimoni che grondano dai suoi occhi.

Anna, addolorata dalla situazione, si allontana da Elsa per inginocchiarsi davanti alla figlia implorando il suo perdono. In effetti che cosa le era saltato in mente? Anna si era alzata e allontanata senza dire nulla a nessuno, divorata dai propri dubbi, non pensando a cosa avrebbe potuto vivere una piccina di quell’età costretta a fare un viaggio ignoto, lontana da casa e dal padre per andare a cercare il fratello.

“Scusami amore mio, ho sbagliato” apre il discorso Anna, aspettando a toccare la bambina consapevole di averla delusa e fatta arrabbiare.

“So come ti senti… ora sei confusa e non capisci che cosa stia succedendo. Siamo andati via da casa e ora da qualche tempo siamo ospitate da queste meravigliose persone. So che loro sono gentili e ci vogliono bene, ma io stamattina mi sentivo molto triste e mi sono allontanata senza pensare alla tua reazione” spiega Anna, ancora in ginocchio di fronte alla piccola che aveva iniziato a fissare il proprio dito pizzicato.

“Perché sei andata via? Vuoi abbandonarmi anche tu come ha fatto papà con Einar?” si esprime la bambina, liberandosi di un peso e di un dubbio che la attanaglia da vario tempo.

L’esortazione pugnala Anna in pieno petto e sconvolge tutti i presenti che, rispettosi del momento, si allontanano per lasciare alla coppia il proprio spazio. Tutti, tranne Elsa che, colpita dalla storia e dal dolore della sorella, avanza di un passo per dimostrare la propria vicinanza.

“Amore mio, come ti viene in mente una cosa simile?” chiede Anna facendosi seria in volto, sentendo il proprio cuore a mille a causa di quella bomba che non si sarebbe mai aspettata.

“A casa vi ho visti litigare e so che è stato papà a mandare Einar alla scuola militare. Einar aveva male alla schiena una sera… mi ha detto che non era felice nel posto in cui lo mandava papà, ma non voleva dirglielo. Perché papà non ci vuole bene? Perché ha mandato Einar in un posto che lo rende triste? Perché anche noi siamo scappate?” afferma la bambina continuando a piangere per poi aggiungere “Ti ho vista andare via e ho pensato che anche tu volevi fare la stessa cosa! Lasciarmi qui per sempre e scappare via e…”

Anna non dà il tempo alla bambina di continuare perché, distrutta da quel peso, la tira a sé stringendosela forte al petto, legandola in un abbraccio che la ingloba a tal punto da toglierle il respiro.

“Non voglio mai più sentirti dire una cosa del genere Leila! Io non ti lascerò mai e nemmeno papà. Non siamo andate via di casa per scappare da papà ma perché, come dici tu, non è giusto che Einar stia in un posto che non lo rende felice. Oggi mi sentivo triste perché a volte mi sento debole, stanca e non abbastanza coraggiosa. Sono andata a fare una passeggiata in un posto dove riesco a rilassarmi e pensare un po’ anche alla mia mamma e al mio papà… che mi mancano davvero tanto” spiega Anna, con una forza tale da far venire la pelle d’oca a Elsa.

La giovane che aveva di fronte era una piccola donna costretta a farsi carico di problemi troppo grossi, con un trauma affettivo notevole che non sapeva più come risolvere. Ora a quel dolore voleva prendervi parte anche lei, tramite la vicinanza e la comprensione.

“Leila… io che ho perso i miei genitori so cosa vuol dire vivere sentendosi soli e ti assicuro che mai e poi mai ti lascerò sola” conclude Anna, stringendo la bambina al proprio seno dal quale non l’aveva mai potuta allattare, ma che ora le doleva per colpa di una sofferenza che condivideva con il sangue del suo sangue.

Elsa, commossa dal momento, sente di potersi avvicinare. La maggiore avanza verso le due e con delicatezza accarezza la guancia di Anna, asciugandole una lacrima. Quel contatto riempie di amore la giovane mamma che, sollevata nell’avere finalmente una spalla, riceve quel gesto godendoselo a pieno.

“Perché accarezzi la mia mamma?” chiede Leila notando il momento inusuale.

Le due sorelle si guardano negli occhi e, annuendo, capiscono di poter agire per riunire una famiglia rimasta separata già a lungo.

È così che le tre, sedutesi accanto a un fuoco acceso, condividono la nuova scoperta e ripercorrono anni di ricordi e storie, arrivando perfino a ridere e divertirsi. Leila non aveva capito molto di quel mistero ma, sicuramente, gioiva nell’avere una parente che percepiva vicina più di chiunque altro.

“Sei mia zia! Questo è il giorno più bello della mia vita!” sussurra la piccina, sedendosi sulle ginocchia della consanguinea e appoggiando la propria fronte al suo mento. Il contatto con la bambina riscalda il cuore di Elsa che, emozionata, sente di appartenere a una realtà che era stata offuscata fino a quel momento.

“Piccina, ti andrebbe di chiedere a Honeymaren di metterti un unguento su quel ditino?” si intromette Yelena, intenzionata a parlare con le due sorelle.

Leila abbozza un sorriso e, dopo aver dato un bacio sulla guancia alla dolce mamma, si allontana con la giovane dalla treccia castana.

“Yelena, sappiamo tutto” rompe il ghiaccio Elsa con austerità, non sapendo se potersi fidare a pieno della donna che l’aveva cresciuta nascondendo la propria identità.

“Perché non mi hai detto di avere una sorella?” chiede subito la regina della foresta, non riuscendo a superare la faccenda. Anna, comprendendo il dolore della maggiore, si appresta a stringerle immediatamente la mano vista la presenza di alcuni fiocchi di neve attorno a loro. Le due sorelle erano riunite da poche ore, eppure sentivano di conoscersi pienamente come si conoscono due gemelli. Anna, infatti, aveva già capito che, di fronte a un forte stress, Elsa rispondeva con la magia.

“Bambine mie…” prende parola Yelena, sedendosi in mezzo alle due con fare calmo e tranquillo.

“Questa divisione tra mondo magico e mondo profano è talmente vincolante da avermi costretta a rispettare diverse regole. Sono stata obbligata a tenere Elsa qui con me giurando di non raccontarle la sua vera storia per non distruggere l’equilibrio” inizia a raccontare Yelena, stringendo con forza le mani delle ragazze.

“Ma… tu… sei veramente nostra nonna?” chiede Anna con titubanza, smossa dalla sete di verità.

“Sì… ed è questa la cosa più difficile” si rattrista Yelena, consapevole di dover spiegare alle nipoti la propria storia.

“Vostra madre era la mia unica figlia. Ora che i ricordi vi sono stati ripristinati, conoscete la storia di questa foresta e dell’unione matrimoniale che legò vostra madre a vostro padre. Il mondo non conosceva il loro segreto, in quanto li considerava una normalissima coppia distante dal mondo magico, finché non nascesti tu Elsa. I tuoi genitori avevano paura ma, per vivere serenamente decisero di non celare del tutto i tuoi poteri magici. Nel castello potevi essere te stessa ma, quando uscivi, dovevi indossare…”

“I guanti” la completa Elsa, ricordando quei momenti senza preoccupazione, visto il tatto con cui i suoi genitori l’avevano sempre informata sulla verità.

“Esatto. Sta di fatto che all’improvviso tutto cambiò. Iniziò la caccia alla magia per colpa dell’odio umano e dello stretto rispetto delle regole. In molti regni cominciò una vera e propria persecuzione a carico di ribelli ignoti, giunti da ogni dove per prendere le persone magiche e farle letteralmente sparire. Questo è ciò che successe, per esempio, al fratello di Kristoff” continua sicura la guardiana, scossa da quei brutti ricordi.

“Kristoff, è magico?” domanda Anna, accendendosi al solo sentire pronunciare il nome dell’amico.

“Nello stesso modo in cui sei magica tu, piccola mia. Magica perché nella magia ci credi!” risponde ambiguamente l’anziana, per poi continuare nel racconto.

“Le persecuzioni diventarono difficili da gestire e iniziò a girare voce sulla magia della principessa Elsa. I tuoi genitori intrapresero la scelta più complicata: dirti addio per salvarti la vita. Arrivarono da me una sera e, grazie all’aiuto dei trolls, riuscirono a creare un incantesimo che permettesse a tutti, loro inclusi, di dimenticarsi per sempre di te” afferma Yelena, prendendo fiato e stringendo maggiormente la mano di Elsa distrutta da tali considerazioni.

“Tua mamma però… la mia dolce Iduna… non riuscì ad accettare l’idea di cancellare il ricordo della sua primogenita, motivo per cui Granpapà fece una magia al suo scialle: qualvolta indossato Iduna avrebbe ricordato la figlia, vivendo anche il dolore per la sua separazione. Iduna, però, aggiunse inconsapevolmente una clausola all’incantesimo” sussurra Yelena, tenendo sulle spine le nipoti.

“Mentre salutava per sempre la piccola Elsa addormentata, la invitò a trovare sua sorella e ristabilire con lei le memorie perdute. Il suo desiderio, così profondo e sentito, si tramutò in profezia e, probabilmente, si impresse nello scialle che Anna e Leila hanno portato qui…” delucida Yelena, rivolgendo lo sguardo alle due ragazze che ora comprendono finalmente la propria storia.

“Finché non vi riconoscevate a vicenda io non potevo dirvi nulla. Ora che la realtà è stata rivelata, possiamo muoverci e aggiustare tutto. Non sarà facile, ma ora siamo insieme” continua la donna, seppure le orecchie di Elsa avessero smesso di ascoltare.

“Quindi la mamma… viveva qui” afferma Elsa con le lacrime agli occhi, sentendosi lontana dalla figura materna che aveva dovuto salutare da piccola. Il pensiero di Elsa induce Anna a riflettere sul dolore della maggiore. Nonostante tutte le sofferenze Anna aveva potuto vivere con sua madre fino ai sedici anni, mentre Elsa l’aveva salutata in tenera età. Quanto doveva essere stato difficile per lei, crescere lontana dai propri genitori per poi saperli morti?

“Sì tesoro… Iduna viveva qui e io ho fatto in modo che tu adoperassi tutto ciò che era suo. I vestiti, la tenda, i giocattoli, ogni cosa! Anche il lago ho voluto che diventasse il tuo luogo preferito perché, oltre a ricordarti il saluto con i tuoi genitori, era anche il posto preferito di Iduna” rimembra l’anziana con gli occhi lucidi.

Il legame che unisce Iduna al fiume-lago magico, porta le ragazze a ragionare su quanto espresso. Entrambe, infatti, ricordavano qualcosa inerente la madre e un fiume magico di cui lei spesso parlava nelle sue canzoni ma nessuna delle due ne riconosceva la melodia.

Il discorso sarebbe continuato ma, improvvisamente, Hans e Sven fanno capolino dalla nebbia accolti dai saluti dei Northuldri.

La visione del giovane dai capelli biondi che rincasa sano e salvo crea una piacevole sensazione in Anna che, istintivamente, scatta in piedi per l’emozione. Comportamento insolito che le stesse Elsa e Yelena notano, per poi farsi un simpatico occhiolino e scambiarsi un sorriso compiaciuto.

“Kristoff, cosa hai scoperto? Stai bene?” domanda Yelena tornando seria e accogliendo il giovane che considerava nipote.

Kristoff, ancora scosso per la notizia appresa da Hans, scuote la testa per recuperare lucidità e, con voce ferma annuncia:

“Ho sentito dove tengono rinchiuso il ragazzo. Conosco il nome del campo di addestramento, ma dovremo agire con cautela perché ci vogliono tendere una trappola per far partire una guerra e…”

Kristoff non fa a tempo a rispondere che Anna gli balza al collo baciandolo sulla guancia in segno di riconoscenza. Il gesto imbarazza Kristoff a tal punto da tingergli le guance di un rosso rovente seppur emozionato e felice di quel comportamento inatteso.

“Anna?” chiede lui titubante, rimanendo fermo come una statua.

“Hai rischiato la vita per me e la mia famiglia anche solo per conoscere il luogo dove tengono rinchiuso il mio bambino. Qualsiasi cosa succeda ora l’affronteremo insieme ma almeno sappiamo dove si trovi! Grazie” spiega Anna, motivando il comportamento compiuto per poi tornare seria e ascoltare il da farsi.

“Cosa hai sentito Kristoff?” domanda Yelena corrugando la fronte, non comprendendo la parola guerra.

“Hanno detto che non libereranno il ragazzo e nemmeno rinforzeranno la sicurezza. Sanno che Anna e la bambina sono ormai da noi e, se saremo noi a liberare il bambino, loro avranno il pretesto per farci guerra; la medesima guerra che da tempo si sta cercando di combattere tra mondi oltre la nebbia” delucida Kristoff, deglutendo per la pericolosità della notizia che sconvolge i presenti.

“Perché mio figlio dovrebbe essere il pretesto per una guerra?! Che idea disumana è?! Sono sicura che non sia scaturita da Hans, ma da suo fratello Vincent! Hans non penserebbe mai una cosa del genere!” parte alla difesa la giovane Anna, sconvolta da tali dichiarazioni espresse da quella che reputava famiglia.

Kristoff, ancora scosso dal bacio sulla guancia, decide ulteriormente di non comunicare ad Anna della morte dei genitori e, a maggior ragione, della posizione precaria e subdola di Hans.

“Tuo figlio è un pretesto perché, essendo l’erede al trono di Arendelle, non può permettersi di venire strappato dai suoi doveri. La guerra è l’unico modo per riaverlo visto il crimine commesso secondo le leggi e le norme di corte” spiega Yelena, pensando a un piano d’azione.

“Ho sempre odiato i protocolli e a quanto pare avevo ragione: mi stanno togliendo tutto quello che ho” aggiunge Anna amareggiata, abbassando il volto in segno di aggiuntiva delusione.

“Troveremo il modo per liberare Einar senza far nascere uno stupido conflitto” si intromette Elsa propositiva, non intenzionata a lasciar cadere la vicenda.

“Sì, possiamo studiare una soluzione sicuramente! Il bambino, però, è parte di noi e deve tornare a casa al più presto” aggiunge Honeymaren alludendo alla consapevolezza di un legame di sangue.

“Casa?” chiede Anna con il cuore in gola, emozionata da quel riferimento.

“Questa è casa vostra. L’abbiamo capito dal primo istante! Ora che abbiamo la certezza del legame fraterno tra te ed Elsa non possiamo che accogliervi in famiglia” continua Honeymaren, tenendo stretta la manina della piccola Leila che ormai considera una nipotina acquisita.

“Aspetta che?! Elsa e Anna sono sorelle?!” domanda Kristoff allibito, seguito anche da una smorfia di Sven colpito dalla notizia.

“Direi che tutti abbiamo bisogno di riposo e di tempo per elaborare tutte queste informazioni. Domani ragioneremo a un piano per salvare il bambino evitando la guerra” conclude Yelena facendo così sciogliere l’assemblea. È mentre il popolo si dilegua che Anna, ancora grata per il gesto compiuto, rivolge un sorriso a Kristoff per poi invitarlo ad ascoltare la rivelazione inerente la sua famiglia.

 
In mezzo ad un bosco lontano, in cima a una torre in pietra, il piccolo Einar cercava di riposare nella propria cella. La giornata era stata particolarmente stressante e il bambino, colmo di ematomi a causa di un addestramento militare in una palude adiacente, si stringe forte le gambe come a voler simulare un abbraccio inesistente. Quei giorni di lontananza da casa lo logoravano e, per la prima volta dopo tanto tempo, il bambino di soli sette anni cede e sente il bisogno di piangere.

Stretto a sé stesso, accovacciato sul letto e ciondolante, il piccolo dà vita ad un pianto liberatorio colmo di quei singhiozzi senza respiro che caratterizzano le disperazioni più forti dei bambini.

“Mamma, mamma, mamma!” urla il piccino a bassa voce, nascondendo il volto nelle ginocchia per non farsi udire all’esterno. Piangere, infatti, non era consentito in quanto comportamento infantile e non adatto a un futuro sovrano.

Einar, però, prima dell’essere un principe, era un semplice bambino che stava vivendo il trauma di un’ingiusta separazione dalla madre.

Il rumore di una chiave nella serratura fa sobbalzare il piccolo che, timoroso di essere scoperto, si asciuga velocemente le lacrime per poi ficcarsi sotto il lenzuolo fingendo di dormire. Einar teme di ricevere un rimprovero e, invece, una persona si siede accanto a lui accarezzandogli la testa dai capelli rossi.

“Non vergognarti… piangi piccolo, piangi” sussurra la voce dello sconosciuto. Una voce dolce e sincera che porta Einar a destarsi dal finto sonno per guardare in volto l’interlocutore.

“Ma, tu sei la guardia gentile!” afferma Einar stupito, riconoscendo davanti a sé un giovane uomo che tra bambini avevano etichettato così.

“Mi fa piacere ricevere questo bel complimento” ringrazia il giovane sorridendo e porgendo un pezzo di cioccolato al bambino.

“Perché stai facendo questo? Chi sei tu?” chiede Einar accettando immediatamente il dolce da parte della guardia gentile, unica bella presenza in quel posto di cattiveria.

“Einar, non ho molto tempo come sai. Sono stato incaricato di controllare le camere questa sera, quindi devo subito andare via. Ascoltami bene piccolo” dice la guardia, guardandosi spesso le spalle nella speranza di non ricevere visite inaspettate.

“Non permettere a queste persone di cancellare ciò che sei! Tu non sei un sovrano, tu sei un bambino con una mamma, un papà e una sorella. Tu sei questo Einar e sei molto altro ancora, devi solo scoprirlo! Sappi che sei più forte di ciò che credi, ricordati che queste sbarre non ti bloccheranno per sempre… solo tu puoi decidere quando uscire” conclude il giovane, per poi baciare sulla fronte il bambino e dirigersi fuori.

“Aspetta, dimmi almeno… come ti chiami!” lo ferma istantaneamente Einar che, seppur dubbioso per ciò che gli è stato riferito, non può non ringraziare il suo prezioso sorvegliante.

“Olsen… mi chiamo Olsen” risponde la guardia con un largo sorriso, per poi chiudere a chiave la cella e controllare gli altri bambini.
  
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