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Autore: Johnee    01/11/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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21 - Gale

 

Non poche teste si voltarono verso la pista da ballo del Palazzo d'Inverno quando l'Inquisizione venne annunciata, ma quando arrivò il momento in cui l'Inquisitrice si ritrovò ad attraversarla per prostrarsi all'Imperatrice, l'attenzione di tutti gravitò su di lei come una colata di olio bollente durante il più cruento degli assedi.
La corte aveva già espresso un parere negativo unanime ancora prima che Lavellan mettesse piede ad Halamshiral, ignorando i suoi successi nel Ferelden e i favori che aveva fatto all'Orlais nel liberare le Valli dalle pressioni di Corypheus. Piuttosto, erano state prese in considerazione in primis la sua razza, poi il radicalismo dell'organizzazione di cui si faceva portavoce.
Nonostante fosse accompagnata dalla Mano Sinistra e dalla Mano Destra della defunta Divina, nonché dalla precedente Incantatrice della Corte Imperiale, l'Inquisitrice restava un'eretica infedele che tutti sospettavano essere responsabile dell'esplosione del Conclave e della conseguente distruzione della sacra cattedrale in cui l'Eroe del Ferelden aveva assistito l'esimio fratello Genitivi nel ritrovamento del Tempio delle Sacre Ceneri.
Lavellan però era preparata a questo e a peggio, se possibile, e non vedeva l'ora di dare alla corte qualcosa di concreto per cui indignarsi.
Era calma in maniera preoccupante, mentre procedeva con grazia durante la presentazione, conscia che ogni sua mossa sarebbe stata pesata dalla corte e dai suoi burattinai.
Il brusio che caratterizzava il salone delle feste si placò, lasciando che solo la musica accompagnasse il suono deciso e cadenzato del tacco dei suoi stivali mentre il banditore di corte la presentava, assieme ai suoi colleghi e ai suoi compagni. 
Quando arrivò il momento di inchinarsi all'Imperatrice, Lavellan si prese i suoi tempi per guardarla bene negli occhi, e a molti parve quasi che le stesse pesando l'anima mentre lo faceva. Una volta che fu soddisfatta delle informazioni raccolte, eseguì una riverenza composta, con enorme sollievo da parte di Josephine, e ripercorse la pista da ballo, imperturbabile.
-Non siamo mica a un funerale!- sentì dire a una dama, una volta che il gruppo si fu riunito al seguito del Granduca.
-Si vede che non è avvezza a eventi di questo tipo. Un tacco del genere è consono solo in certi ambienti.-
-Molto sfacciata, si. Nemmeno l'Imperatrice si arrischierebbe a indossare un diadema durante una contrattazione.-
Nel sentire quell'ultimo sussurro, lo sguardo di Leliana si tinse di soddisfazione, dato che era stata una sua idea quella di far indossare all'Inquisitrice una corona. L'aveva fatta forgiare personalmente, seguendo la sua creazione fino dalla fase del progetto, in modo che niente venisse lasciato al caso. Si trattava di un semplice cerchio d'oro, borchiato sui punti cardinali, che si chiudeva sulla fronte della portatrice con il simbolo araldico dell'Inquisizione. Un simbolo di potenza e regalità, simile a quello che portavano gli Alti Comandanti dei Templari per distinguersi dai loro diretti sottoposti, ma anche un identificativo del suo ruolo. Era lei che dettava gli ordini, non le sue illustri colleghe e dato che una veterana del Gioco come Leliana era arrivata a suggerirle di indossarla, Lavellan aveva accettato quello sfoggio di prestigio senza protestare troppo.
-Lasci che glielo dica: ha un colore di capelli delizioso, Inquisitrice.- si complimentò una comtesse, parte di un capannello di curiosi che l'avevano accerchiata dopo averla vista conversare con le dame di compagnia dell'Imperatrice. La sua maschera bronzea raffigurava uno splendido cigno con le ali spiegate, aprendosi su una bocca sottile e sormontata da una ragnatela di rughe che la cipria, molto più chiara rispetto al suo tono di pelle, faticava a nascondere; piuttosto, le evidenziava.
-Già, non sono rovinati come quelli dei miei servi. Ha mai pensato di venderli al mercato di Val Royeaux? I capelli elfici sono molto richiesti per le parrucche.- intervenne un barone vestito di bianco, con tutta l'intenzione di metterla in difficoltà.
A dispetto delle aspettative, Lavellan rivolse a entrambi i suoi interlocutori un sorriso composto. -Immagino che una parrucca costituita dai miei capelli possa valere una fortuna, dato che molti credono che sia stata toccata dalla benedetta Andraste.- interloquì.
-Non è forse quello che sostiene l'Inquisizione, quando parla a suo nome?- tornò alla carica l'uomo, accorciando di poco le distanze per osservarla con aria curiosa.
La comtesse emise una risata di scherno, invitando i presenti a fare altrettanto con un gioco di sguardi. -Suvvia, Albert, se Andraste in persona fosse davvero ritornata dal mondo dei morti, credi davvero che avrebbe affidato la sua benedizione a un coniglio?-
Lavellan scorse uno sguardo divertito sul capannello, che sembrava concordare con quell'affermazione.
-Dama Pentaghast e Sorella Leliana la pensano diversamente.- intervenne un'ereditiera ricoperta di tulle verde mare dal collo alle caviglie.
-Dama Pentaghast e Sorella Leliana avevano bisogno di un fantoccio per legittimare la loro impresa eroica.- intervenne nuovamente il barone Albert, recuperando un pasticcino dal vassoio che gli era appena passato di fianco. -Se è un'eretica a comandare, loro possono sentirsi legittimate a prendere decisioni controverse senza soffrire delle responsabilità che ne conseguono.-
Lavellan non si scompose, piuttosto, assunse un'espressione dubbiosa, indicandolo con un cenno grazioso. -Monsieur Albert, lei aveva una bella tenuta nelle Valli, se non sbaglio.- suggerì.
-Un vigneto di uve bianche.- rispose lui, gonfiando il petto. -Si intende anche di vino per caso?- domandò, con un'espressione a mezza via tra il divertito e lo scettico, a cui si associarono diversi membri del capannello.
-Le cantine di Skyhold vantano un'ampia collezione di vini da dessert, tra cui una selezione di amari proveniente dalle mescite più pregiate di Seleny.- rispose lei. -Niente a che vedere con i passiti che produceva la sua casata, intendiamoci, ma ci difendiamo parecchio bene.-
La comtesse voltò uno sguardo interessato verso il barone. -Hai smesso la produzione?- gli domandò, recuperando un ventaglio dalla manica del vestito per aprirlo con uno scatto secco.
-Non ho idea a cosa si riferisca.- si affrettò a replicare lui, fingendo di interessarsi unicamente al pasticcino.
Lavellan inarcò un sopracciglio. -Ma come? Gli Uomini Liberi non avevano distrutto il suo vigneto in maniera irreversibile, quando hanno dato fuoco alle sue proprietà?- ritrasse appena il capo. -Ricordo perfettamente i suoi contadini offrirci l'ultimo grappolo d'uva del raccolto, in segno di ringraziamento per averli tratti in salvo.- spostò uno sguardo accigliato altrove. -Può essere che mi sia confusa con un altro Albert Petit-Bernard, la cui tenuta si affaccia su un bel giardino di cipressi.-
La comtesse si appoggiò una mano sul petto, con aria teatralmente desolata, mentre si faceva aria vistosamente.
Monsieur Albert strinse le labbra su una smorfia di frustrazione, rigirandosi il pasticcino tra le dita. -La sua memoria non è così perfetta come crede.- affermò, mentre chiunque prendeva a guardarlo con aria poco convinta. -Vogliate scusarmi.- borbottò, muovendosi verso la pista da ballo con una certa fretta.
-Non si è confusa.- soggiunse una dama di compagnia vestita di rosa salmone, alla destra della comtesse. -Io e mia figlia siamo state alla sua tenuta, la scorsa estate. Dà realmente su un giardino di cipressi.-
-Dalla qualità della sua reazione, pensavo fosse una cosa scontata.- replicò la comtesse, con un accenno di divertimento nello sguardo. -Ciò che è sorprendente, invece, è che il coniglio in realtà sia una volpe.-
Il sorriso di Lavellan si mantenne saldo sul suo viso. -Le volpi non sono così furbe come si pensa.- disse. -Una volta imparati i percorsi che seguono nel sottobosco, è abbastanza facile prevedere il loro passaggio per sorprenderle con una trappola ben piazzata.-
La comtesse passò uno sguardo interessato su di lei, senza smettere di agitare il ventaglio. -Quindi anche lei ha dei punti deboli, non è così imperturbabile come appare.-
-Beh, lei che è più ferrata di me sullo scopo ultimo del Gioco, sa che i punti deboli di solito sono ciò che una persona è più incline a proteggere. A meno che non sia possibile sfruttare il loro valore.-
-E lei appartiene alla prima o alla seconda categoria di giocatore?-
Lavellan rimase in silenzio giusto un istante. -Come ogni cosa, c'è bisogno di equilibrio, ma come dicevo prima a sua moglie, l'astuzia è una prerogativa di chi è dotato di discernimento e io ho poca pazienza per spiegare concetti basilari a chi non riesce ad abbinare ciò che sta sotto alla parrucca con ciò che nasconde il rossetto.- disse.
Gli occhi di tutti conversero sulla comtesse, che smise di sventagliarsi per assumere un'espressione infastidita, eccezionalmente visibile, nonostante la maschera. Lavellan allora chinò brevemente la testa in segno di saluto e si dileguò, oltrepassando il capannello per dirigersi verso Leliana, che la osservava con una punta di orgoglio nello sguardo.
Si presero sottobraccio, muovendosi con calma attraverso il matroneo.
-Affrontare madame Louise è stato un buon allenamento, ma è solo un antipasto. I veri giocatori sono quelli che ascoltano e osservano.- disse Leliana.
-A proposito di osservare, penso che al marito della comtesse non farà piacere sapere che la moglie si è trattenuta nelle cucine per mezz'ora assieme alla duchesse Bellefois, prima dell'inizio del ballo.-
-Mi sembra molto strano, Inquisitrice. A lei non piacciono le donne, è risaputo.-
-Infatti, hanno conversato. La dama di compagnia del comte de Chambrais mi ha riferito che la sua famiglia è a corto di liquidità e il marito non è più intenzionato a sovvenzionarla. Gran parte dei beni che si è portata dietro sono stati pagati dalla duchesse.-
Leliana ci rifletté giusto il tempo di raggiungere un tavolino. -Se ce la giochiamo bene, potremmo siglare un contratto d'affitto per la sua tenuta estiva. Abbiamo bisogno di più spazio per conservare le provviste e quella casa è gigantesca.-
Lavellan le rivolse un sorriso malizioso. -Non male per una principiante, eh?-
Leliana ricambiò il sorriso, mentre entrambe scioglievano la stretta. -Non sei una principiante, sei l'Inquisitrice.- precisò. -E se c'è una cosa in cui sei brava, oltre a impicciarti degli affari di tutti, è la tua abilità di usare la logica trasversalmente.-
-L'hai detto tu che ho un atteggiamento da spia.-
-L'ho detto, ma adesso la penso molto diversamente sul tuo conto.-
-Io non la penso diversamente sul tuo.-
Leliana perse gradualmente il sorriso. -Dopo tutto questo tempo, pensavo che avessimo chiarito.-
-Intendevo dire che ti ho sempre ritenuta un'alleata, nonostante quello che è successo tra di noi.- specificò Lavellan. -Ho scelto di prestare aiuto ai Maghi perché sei stata tu a suggerirlo e sono d'accordo con te che la Chiesa abbia bisogno di un cambiamento radicale per rompere il cerchio.- abbassò il tono di voce. -E capisco perché Justinia abbia affidato a te il suo lascito. Se fossi stata al suo posto, avrei fatto lo stesso.-
Si scambiarono un'occhiata intensa, poi un breve sorriso.
-Ha scelto la soluzione logica, insomma.- scherzò Leliana.
-Forse, le ha scelte tutte e tre, o nessuna.- ipotizzò Lavellan, posandole una mano sul braccio, prima di congedarsi.
Leliana la osservò allontanarsi, con una replica chiusa ermeticamente tra le pareti della gola. Non era il momento adatto per lasciarsi andare ai sentimentalismi. Purtroppo, l'idea che Lavellan ne fosse altrettanto consapevole non l'aiutò a mandare giù ciò che quella conversazione aveva risvegliato.

-Mi riesce strano immaginarla scapolo, Comandante.-
-A me riesce strano che voialtri non abbiate altro di meglio da fare che tormentarmi.-
Dal ventaglio di curiosi che minacciavano lo spazio vitale di Cullen proruppe un coro di risatine piccionesche. A lui quella platea sembrava uno stormo di anatre che litigano per l'ultimo pezzo di pane, o un gruppo di gabbiani che assediano una lisca di pesce nei giorni di mercato. Il fatto che i nasi adunchi delle loro maschere somigliassero a becchi affilati non aiutava la sua testa a costruire paragoni slegati dall'ornitologia.
-Ah, se non fosse già impegnato con l'Inquisizione, la prenderei subito come cicisbeo!- intervenne una petite comtesse, allacciando le mani in grembo mentre inclinava la testa con aria intenerita.
-Ma che dici Georgette? Il tuo promesso sposo non si fiderebbe mai a farti accompagnare da uno come lui alle feste!- la rimproverò una dama con il doppio dei suoi anni.
-Hai mai sentito parlare di condivisione dei beni?- scherzò suddetto promesso sposo, che si stava consumando lo sguardo sulla vittima delle loro parole.
Cullen esalò un sospiro seccato, allontanandosi di un passo da un signore elegante che si era fatto davvero troppo vicino. -Per l'ultima volta... oh!- sobbalzò, in risposta a un pizzicotto sul braccio. -Andraste benedetta, signorina te le taglio queste mani!- gemette, massaggiandosi la parte lesa.
La colpevole, piccina e paffuta come un pettirosso, nascose una risatina dietro alle falde di un ventaglio di pizzo.
Distratto, Cullen non realizzò che il signore si era avvicinato maggiormente. Si rese conto del pericolo troppo tardi, sentendo la presa di una mano ossuta sul suo fondoschiena.
Fortunatamente, la personale benedizione che gli aveva mandato Andraste non tardò troppo ad arrivare.
Lavellan sollevò la mano dell'uomo prima che potesse defilarsi, mostrandola ai presenti. -Ho trovato questa sul culo del mio Comandante.- annunciò. -Se trovate il proprietario, ditegli che se ce la ritrovo, la imbalsamo e la uso come fermacarte.-
Il proprietario si riprese ciò che gli era stato sottratto con aria arcigna, massaggiandosi il polso con fermezza. -Stavamo scherzando, Inquisitrice, non serve ricorrere alle minacce.- la rimproverò.
-Non la stavo minacciando, la stavo mettendo al corrente che ogni azione ha una sua diretta conseguenza.- lo corresse lei, in tono deciso. -E non è di me che dovreste preoccuparvi.- aggiunse, dando un cenno con il capo in direzione di un punto alle spalle del gruppetto.
Gli sguardi di tutti si posarono su Leliana, che sorrideva loro amabilmente, con la schiena addossata a una colonna e un'espressione stucchevole dipinta in viso. Poco da dire, quella visione bastò a calmarli.
Lavellan ne approfittò per prendere per un braccio Cullen, realmente furioso per quello scambio e lo condusse in salvo, nei pressi di una balconata straboccante di piante e fiori esotici.
Si trattava di un luogo ameno e rinfrancante, su cui erano disposti diversi tavolini ricoperti di cibo dolce distribuito su dei supporti a strati. La foresta artificiale, oltre alle ringhiere che costituivano il perimetro del balcone, era ben curata e la disposizione della flora era talmente razionale che simulava alla perfezione la caoticità di un paesaggio naturale.
Era un posto adatto per riprendere fiato.
Una volta lontani dall’indiscrezione ossessiva dei partecipanti al ballo, riparati dalle fronde di un acero rosso, Cullen liberò un sospiro stanco, appoggiando una mano sulla ringhiera del terrazzo per stringerla con forza. -Non ne posso più, Lav.- si lamentò.
Lei gli rivolse un sorriso comprensivo, poi gli passò una mano sul braccio. Lui, istintivamente, si irrigidì al tocco.
Lavellan ritrasse la mano senza fare troppe storie, poi si strinse nelle spalle, ampliando il sorriso per rassicurarlo.
Cullen rimase in silenzio a fissarla, indeciso su come elaborare la sua frustrazione, poi si ricordò di qualcosa e decise di concentrarsi su quello. -Ah!- disse, raggiungendo con le dita il borsello che teneva allacciato alla cintura. -Mentre cercavo di fuggire da quei maledetti avvoltoi, ne ho approfittato per fare un po' di scorta.- recuperò un involto di piccole dimensioni e lo esibì con un certo imbarazzo.
Lavellan si avvicinò di un passo, incuriosita, e lo aprì con cura, scoprendo un mucchietto di fragole a listelle. Per la prima volta da quando aveva messo piede nel Palazzo d'Inverno, il suo sorriso divenne sincero.
-Le ho, uh, tolte dalle tortine.- elaborò lui, abbassando il tono di voce. -Ho fatto di tutto per proteggerle, ma sono comunque un po' schiacciate. Mi dispiace.-
Lavellan ne raccolse una e la mangiò al volo, facendo di tutto per evitare che il suo sguardo si posasse sul vassoio luculliano di fragole intatte e luminose che stava giusto sul tavolino alle loro spalle. -Salvatore della patria!- disse, mentre prendevano a dividersele.
-Non esagerare, adesso.- borbottò lui, che non riusciva a celare il proprio sollievo per quella reazione.
-Non esagero. Ci voleva proprio!- ammise lei, coprendosi la bocca piena con la mano. -Vedi che c'è sempre un lato positivo?-
Cullen aggrottò la fronte. -Non penso che esista un lato positivo in questo posto.- disse. -A partire dall'odore. Veli su veli di profumo adagiati sulla pelle sporca, coperta da strati infiniti di trucco per celarne le piaghe. Trovare un paragone per questa puzza è...- si dovette fermare, stomacato dal suo naso, ancora reduce dall'ambiente interno. -Sembrano carcasse vestite a festa.-
Lavellan, che non era facilmente impressionabile, continuò a masticare e ad ascoltarlo mentre si sfogava, senza scomporsi.
-E poi c'è l'invadenza, la totale mancanza di rispetto per lo spazio altrui...- proseguì Cullen, accigliato. -Non sanno proprio dove fermarsi, nemmeno quando glielo comunichi. Un "no" è un "provaci ancora", per loro.-
-Hai finito?-
Cullen ritrasse appena il capo, sorpreso.
Lavellan mantenne lo sguardo fisso sul suo, in attesa.
Rimasero in silenzio a guardarsi per istanti che sembrarono durare minuti, poi lui si costrinse a giustificarsi. -Non sono preparato ad affrontare una situazione del genere, Lav. Non sono bravo quanto te a destreggiarmi con...- indicò con un cenno l'ambiente interno.
-Scuse.- affermò lei, dopo aver deglutito un'altra fragola.
-Non ho i mezzi per contrastarli.- ribatté lui, intenzionato a convincerla. -Dammi un Revenant e lo affronto senza fare storie, ma questo va ben oltre alle mie competenze.-
-Scuse, di nuovo.-
-Non sono scuse!-
Lavellan assunse immediatamente un'espressione severa. -A me sembra tanto che tu ti sia dimenticato chi sei e cosa porti al tavolo di guerra durante ogni dannata sessione del consiglio.- lo rimproverò. -Stai permettendo a questi incapaci di calpestarti, come se davvero non avessi i mezzi per metterli al loro posto.- alzò l'indice, con eloquenza. -Tu ce li hai i mezzi, gli stessi che hai usato per arrivare qui e adesso: onestà e abnegazione. Sono virtù, non debolezze, usale a tuo vantaggio e smetti di comportarti come una lucertola accerchiata da bambini che vogliono tagliarle la coda.-
Cullen, che nel frattempo aveva preso una posa marziale, in risposta a quella che il suo subconscio percepiva come la ramanzina di un suo diretto superiore, aprì una mano verso il salone. -Non sono pregi compatibili con quelli che ostentano loro. Lo sai.-
Lavellan si avvicinò di un passo. -Lo so, ma questo non deve fermarti.- affermò. -Queste persone affrontano il Gioco con lo stesso accanimento che avrebbe un disperato nei riguardi di una crosta di pane. Per loro, è un tentativo disperato di sopravvivere a una giostra che è stata progettata con l'unico scopo di non ammettere vincitori.- fece una pausa. -Il nostro vantaggio è che noi riusciamo a vedere oltre al muro di illusioni che si sono costruiti attorno. Sentiamo il tanfo di morte sotto al profumo, vediamo le piaghe sotto al trucco e riconosciamo la fragilità delle maschere che indossano.-
-Una fragilità che noi quattro non abbiamo.- aggiunse lui, accigliato.
Lavellan annuì. -L'Inquisizione, possiede la concretezza che a loro manca. E lo trovano divertente, senza rendersi conto che è proprio questo ciò che li salverà dalla crisi.-
Cullen ci rifletté lungamente, indugiando sui Vallaslin di Lavellan con lo sguardo alla ricerca di un uso pratico per quel discorso. -Non credo che dopo stasera il loro atteggiamento cambierà.- ipotizzò, scontento.
-Assolutamente no.- confermò Lavellan.
-Non ti fanno rabbia?-
-Mi fanno pena, vhenas.-
Quella risposta aiutò Cullen a rilassarsi. Si prese i suoi tempi per permettere all'orgoglio di filtrare le vere intenzioni di quel discorso, poi si concesse un sorriso. -"Ho trovato questa sul culo del mio comandante".- la scimmiottò. -Possibile che tu riesca ad aiutarmi a sdrammatizzare persino situazioni del genere?-
Lavellan esalò una risata soffusa. -Non ci vuole poi così tanto per smettere di prenderli sul serio.-
-Giusto una lavata di capo.- chiosò lui, rubando l'ultima fragola dalle sue mani per mangiarla.
Lei rimase zitta per molto tempo, percorrendo gli alamari della sua giacca con sguardo pensoso. Quando si decise a parlare, il suo tono aveva perso del tutto la severità che aveva ostentato in precedenza. -Non è piacevole assistere al modo in cui ti trattano.- ammise.
-Non è diverso dal modo in cui trattano te, eppure sei qui ad asciugare le mie lacrime.-
-Perché ti amo. Le tue lacrime sono anche le mie.-
Cullen fece per replicare, ma le parole si dissolsero sul suo palato. Quella dichiarazione d'amore, neanche troppo sorprendente, aveva svalutato qualsiasi cosa avesse una parvenza di importanza per lui. Erano il posto sbagliato e il momento sbagliato, proprio come un ago nascosto in un tappeto di pelliccia.
Lavellan si rese conto della sua inappropriatezza un po' troppo tardi per rimediare, per quello afferrò la prima scusa che trovò e gliela lanciò addosso, in modo che quel "ti amo" clandestino perdesse un po' del suo potere. -Devo finire di esplorare l'ala settentrionale.- disse, muovendosi per rientrare. -Dobbiamo sventare un assassinio, d'altronde.-
Cullen si aggrappò all'urgenza della situazione, immediatamente. -Ci faremo trovare pronti, tu fa' quello che devi fare.- la rassicurò, con decisione. Attese che fosse abbastanza distante, prima di arrischiarsi a seguirla, sollevato di poter posticipare quella conversazione, anziché sentirsi costretto a ricambiare una cosa così preziosa in un ambiente così marcio.
Mentre se ne andava, fece cadere lo sguardo sul tavolino, perché sicuro che avrebbe trovato qualcosa da bere, in modo da aiutarsi a sopportare ciò che sarebbe successo una volta rientrato. Sbarrò le palpebre, notando che al fianco di una caraffa di tè freddo c'era il vassoio straripante di fragole che Lavellan si era sforzata di ignorare durante la loro conversazione. Erano rosse, lucide di zucchero e salsa di limone, impilate in modo da creare un cono perfetto. Niente a che vedere con quelle che le aveva offerto.
-Inquisitrice.- chiamò, istintivamente.
Lavellan, che era già con un piede all'interno, si voltò nella sua direzione, appoggiando una mano sui cardini dell'ampia porta-finestra che divideva gli ambienti.
Cullen guardò il vassoio, poi lei, che non osava distogliere gli occhi dal suo viso.
Dopo un attimo di smarrimento, Lavellan gli rivolse un sorriso per allentare la tensione. -Andrà bene.- lo incoraggiò, per poi lasciare definitivamente il balcone.
Vederla allontanarsi, già accerchiata da persone che non avevano niente a che fare con lei, provocò a Cullen un gran senso di angoscia.
Si prese un istante per fare un respiro profondo e rientrò, sapendo che la situazione non era così tragica come gliela stava proponendo la sua testa. Convincersi di quell'idea, però, sembrava un'impresa di proporzioni gigantesche.
-Ah, Comandante, la stavamo giusto cercando!- lo accolse un nobile minore, porgendogli un bicchiere di champagne. Cullen sentì chiaramente un senso di noia ammorbante affaticargli i muscoli. -E per cosa, di grazia?- domandò, ignorando l’offerta mentre un paio di dame scivolavano al suo fianco.
-Per cosa, mi chiede.- disse il nobile, coprendo una risata di scherno con il dorso della mano. -Ci conosciamo tutti, qua dentro, è più che lecito voler approfondire la conoscenza di un viso nuovo.- gli spiegò, con una condiscendenza stucchevole.
-Soprattutto se è un viso come il suo.- intervenne una signora che si era appena unita al trio. -Attaccato a un corpo come il suo.-
A quel commento, la noia gli scivolò tra le caviglie, lasciando campo libero alla determinazione che gli aveva instillato Lavellan pochi istanti prima. -E cosa vi fa pensare che io sia interessato ad approfondire la vostra conoscenza?- domandò.
-Non è importante che lei conosca noi, siamo noi a voler conoscere lei.- rispose il nobile.
-A me basta che stia fermo così, a dirla tutta.- aggiunse la signora.
Cullen inarcò un sopracciglio. -Ah si?- fece, allacciando le mani dietro la schiena nel raddrizzarla. -Allora lasciate che vi confidi due cose su di me. La prima è che sono un uomo che soffre di impazienza di fronte alle perdite di tempo. La seconda è che ho ancora meno tolleranza per le prese in giro.- passò lo sguardo sui suoi spettatori, per niente intimoriti dal suo atteggiamento. -E vorrei ricordarvi che in un palazzo i soldati parlano più dei servi, soprattutto quelli che offrono la loro spada a degli imbecilli che li considerano come l'ultima ruota del carro. Secondo voi, da chi vanno quando soffrono d'insoddisfazione: dal loro datore di lavoro che si rifiuta di trattarli come esseri viventi, o da qualcuno che ha davvero a cuore la loro dignità?- si indicò. -Mi raccomando, continuate a trattarmi come un pezzo di carne. Io, per contrappasso, manderò ogni singolo reclutatore dell'Inquisizione a parlare con le vostre scorte.-
Mentre Cullen parlava, il nobile stringeva le labbra e quando ebbe finito erano ridotte a un segmento d'indignazione. -Lei è proprio la perfetta rappresentazione della sua gente, Comandante. Un bullo che non sa stare alle regole e quando le cose non vanno come vuole rovina il gioco a tutti gli altri.- chiosò.
Cullen sollevò l'indice, per fornire una precisazione. -Però sono bello da vedere.- disse, rubandogli il bicchiere di champagne con un mezzo sorriso.
La signora appena arrivata e una delle due dame si scambiarono un'occhiata divertita, l'altra invece fece spallucce. -Andiamo a tormentare la nuova dama di compagnia della Tourbette?- propose.
Da solo a fare i conti con l’offesa, il nobile esalò un sospiro seccato. -Mi ricorderò della sua maleducazione, Comandante. E sappia che ho un'ottima memoria.-
Cullen scorse velocemente lo sguardo su di lui. -Ma sparisca.- disse, allontanandosi con calma mentre si godeva il suo meritato champagne.

Josephine fu l'ultima a raggiungere il corridoio in cui Lavellan aveva dato appuntamento ai suoi colleghi.
Nonostante il brusio degli invitati e il richiamo della musica che provenivano dall'anticamera del salone, si trattava di un'area piuttosto quieta, ottima per discutere sul da farsi.
-Dov'è l'Inquisitrice?- chiese la nuova arrivata a Leliana, che si rigirava lo stelo di un flute vuoto tra le dita con aria pensosa.
-Lei e Cassandra dovrebbero essere qui a momenti.- le rispose Cullen, con aria esausta.
Josephine si portò di fronte a lui per raddrizzargli il bavero della giacca. -Dite che ha trovato qualcosa?-
-Di sicuro, sennò non avrebbe mandato lui.- disse Leliana, alludendo a un Nano vestito elegantemente, lo stesso che sfoggiava mille vestaglie eccentriche per i corridoi di Skyhold. Quello ignorò di essere stato preso in considerazione, preferendo riordinarsi con un pettine la barba rigogliosa, mentre osservava il suo riflesso su un sottile pilastro di marmo azzurro.
Cullen si soffermò a guardarlo bene, dato che era la prima volta che gli capitava di farlo, nonostante lo avesse visto spesso nelle ultime settimane. Era di poco più alto di Varric e il suo fisico era atletico e asciutto. I capelli, castano chiaro, erano acconciati in una coda di cavallo e divisi a ciocche da fermagli in osso dipinti d'oro. La barba, di una tonalità più scura rispetto ai capelli, era liscia e morbida come la criniera di un purosangue dalish. Il suo viso era giovane e poco espressivo, ma i suoi tratti gentili erano puliti e radiosi, segno che dedicasse molto tempo durante la settimana per curarlo, analogamente a barba e capelli. Chi fosse o cosa facesse lì in quel momento era una domanda lecita, ma Cullen non osò aprire bocca. Per qualche oscuro motivo, era certo che fosse esattamente dove doveva essere e chiedergli di giustificare la sua presenza avrebbe rotto il contratto di fiducia incondizionata che aveva con Lavellan.
Tutto d'un tratto, una delle porte che costellavano il corridoio si aprì, interrompendo i suoi pensieri e da essa sbucò fuori Adra, con aria impaziente. -Beh, è arrivata?- domandò, rivolgendosi a Josephine.
Quest'ultima scosse la testa. -Non ancora.-
Adra sbuffò, alzando gli occhi al cielo. -Non potete sollecitarla, voi che potete?- brontolò.
-Se potessimo, non saremmo qui a perdere tempo.- rispose il Nano, con un tono di voce basso e suadente.
Adra ammiccò, rivolgendogli un'occhiata perplessa. -Sei sempre in mezzo alle scatole, tu?-
Quello osservò il suo riflesso per qualche istante in più, poi spostò uno sguardo verde e penetrante in direzione della sua interlocutrice. -Potrei farti la stessa domanda.-
-Io lavoro per lei.-
-Loro.- la corresse Leliana.
-Anch'io, ma almeno non disturbo nessuno con i postumi della mia vecchiaia.- replicò il Nano, tornando a concentrarsi sulla sua immagine.
-Sbaglio, o il suo seguito si sta ingrandendo sempre di più?- domandò Cullen, rivolto a Josephine. -È persino più grande del tuo.-
Quella finì di raddrizzargli la fascia, poi gli rivolse un'occhiata eloquente. -Tra tutti, tu sei l'ultimo che dovrebbe giudicarci.-
Cullen inarcò un sopracciglio, confuso da quella replica. -Pensi che gli ufficiali siano il mio seguito? Sul serio?-
-E cosa dovrebbero essere, sennò?- si intromise Adra. -Le stanno appresso come carta moschicida, le ripetono ogni due minuti quanto è bravo e competente e fanno tutto quello che dice loro.-
-Ma qualcuno qui dentro sa come funziona un esercito?- gemette Cullen, sconvolto.
-Oh, eccola!- esclamò Leliana, interrompendo la conversazione per indicare un punto dall'altro capo del corridoio.
Lavellan, Cassandra, Vivienne e Dorian si muovevano verso di loro con passo deciso e le armi in pugno. Cassandra, in maniche di camicia, teneva la giacca del completo sulla spalla e dallo stato del suo viso e dei suoi capelli sembrava l'unica a essere reduce da una colluttazione. Gli altri, invece, portavano le conseguenze di quello che era successo poco prima unicamente nello sguardo. Quello di Lavellan, infatti, era particolarmente preoccupato.
-Venatori. Bello.- riassunse Leliana, asciutta, una volta che Lavellan ebbe spiegato ai suoi colleghi la situazione. Gli altri, che erano entrati nella stanza occupata da Adra per sistemarsi, ne uscirono giusto nel momento in cui Josephine si lasciò sfuggire un'imprecazione piuttosto colorita nel suo dialetto.
-Ci baci tua madre con quella bocca?- la rimproverò Dorian, scherzosamente, prima di dileguarsi, sottobraccio a Vivienne.
-No, ci denigro quelle di chi ha architettato questa situazione incresciosa.- replicò lei, realmente arrabbiata. Si rivolse a Lavellan. -Tu stai bene?-
La sua interlocutrice le rivolse un sorriso tirato. -Meglio di così si muore.- scherzò. -Voi? Avete scoperto qualcosa?-
-Niente di rilevante, per quanto mi riguarda.- disse Cullen, incrociando le braccia sul petto. -Il Granduca è rimasto nel salone per tutto il tempo, attorniato dai suoi fedelissimi.-
-Già, non c'è stata la minima interazione con la cugina, o con le sue dame di compagnia, se non tramite convenevoli.- intervenne Leliana. -Stanno temporeggiando.-
-Meglio per noi.- dichiarò Lavellan, sfregandosi le mani lentamente. -Quanto tempo abbiamo?-
Josephine fece un calcolo mentale rapido. -Il giusto per permetterti di ripulirti.- disse, indicandole Adra, in attesa.
-Per cambiarmi, vorrai dire.- replicò Lavellan, facendo cenno al trio di seguirla.
-Ritornerò nel salone, di sicuro la tua assenza avrà suscitato qualche domanda.- disse Josephine, facendo per andarsene.
Lavellan recuperò la sua mano giusto in tempo per evitare che fuggisse e la condusse personalmente all'interno della stanza. -Possono aspettare qualche minuto in più.- fece, con aria stranamente divertita. Leliana e Cullen si scambiarono un'occhiata scettica, poi si mossero in coda alle due senza discutere.
Adra condivise una smorfia truce con il Nano, portatosi di fronte all'ingresso con tutta l'aria che l'avrebbe protetto con la sua stessa vita, poi sigillò l'ambiente, assicurandosi di sbattergli la porta in faccia con tutta la forza che aveva.
Si trattava di una stanza mediamente ampia, tanto da non rientrare di poco nella definizione di sgabuzzino, ma il soffitto era molto basso ed era chiaro che non venisse fatta manutenzione da anni; sintomatiche dell'incuria erano le piastrelle del pavimento scheggiate e la carta da parati che spellava come un geco in tempo di muta. In realtà, come grandezza era simile al vecchio capanno dell'erborista di Haven, solo che in pianta quadrata, e profumava di radice elfica, probabilmente infusa dai nuovi arrivati per rinfrescare l'ambiente, chiaramente inutilizzato fino a quel momento. Al suo interno, il disordine che la caratterizzava prima che Adra ci mettesse le mani era stato spinto lungo le pareti, per fare spazio al disordine ospite. C'erano alcuni paraventi lisi, che Adra aveva recuperato dagli scarti del laboratorio dello stilista dell'Imperatrice, diversi bauli straboccanti di stoffe per operare sostituzioni veloci e una rastrelliera con una replica esatta dei vestiti che indossavano i membri del seguito dell'Inquisitrice, in modo da poterli sostituire nel caso in cui si fossero rovinati durante la serata.
Lo sguardo dei consiglieri, appena ebbero messo piede in quell'allevamento di polvere e decadenza, si andò a posare su una struttura coperta da un telo bianco, che oberava la stanza nel suo esatto centro.
-Sia rapida.- sbottò Adra, parandosi di fronte a esso.
L’attenzione si concentrò su Lavellan, che aveva appena assunto un'espressione a tratti colpevole, a tratti eccitata. -È una proposta. Non sentitevi in dovere di assecondarla.- premise, giungendo le mani di fronte al viso. -Però sappiate che semmai decideste di farlo, avreste la mia eterna e imperitura gratitudine.-
Cullen si lasciò scappare un -Aiuto.-, allegato a un'espressione contrita.
-No, no, non è niente di che.- lo rassicurò Lavellan. -Vorrei solo che mi assecondaste.-
-Aiuto.- ripeté Josephine, aggrottando la fronte.
Adra alzò gli occhi al cielo, mentre prendeva a battere il piede a terra per l'impazienza.
-Per il cambio di vestito ho progettato un'entrata. Ve ne ho parlato, no?- ritornò alla carica Lavellan, portandosi di fianco alla sua stilista.
-No, ma era intuibile.- replicò Leliana, con una scintilla di curiosità nello sguardo.
Lavellan e Adra si scambiarono un'occhiata d'intesa, poi si mossero ai lati opposti della struttura, prendendo un lembo del tessuto ciascuna.
Il telo cadde a terra con un tonfo soffuso e ciò che venne rivelato fece sobbalzare Josephine, sgranare gli occhi a Cullen e diede l'opportunità a Leliana di trasformare l'accenno di curiosità in un sorriso intrigato.
Ciò che era stato montato su tre manichini creava una variegata palette di colori, di stoffe e accessori. Si partiva dal lussuoso velluto bordeaux di Denerim, arricchito con inserti di pelliccia e criniera di leone, alla toile di Serault i cui ricami cangiavano come le piume del più borioso dei pavoni a seconda di come la luce li baciava, fino ad arrivare alla seta luminosa di Seleny intarsiata di citrini e topazi che ricordavano il cielo stellato riflesso nel mare. Ognuno dei vestiti aveva come trait d'union un inserto d'armatura, preponderante nel primo, frequente nel secondo e meno accentuato nell'ultimo.
Lo sguardo affascinato di Cullen si spostò immediatamente su Lavellan, che aspettava un verdetto con le mani appoggiate sulle guance e una certa aspettativa negli occhi resi socchiusi da un sorriso raggiante. Messo di fronte a quell'imbarazzo, dolce come la glassatura del più delizioso dei dessert, il cuore gli si strinse nel petto.
-Avete lavorato duro per portarmi qui.- si affrettò a dire lei. -E l'idea che voi dobbiate restare in secondo piano per permettermi di brillare mi è sembrata ingiusta fin dall’inizio. Questo è un po'... un dono di scuse ma anche una maniera di alleggerire il fardello che siete costretti a portare da che abbiamo varcato le porte del palazzo.-
Leliana, che abbracciava con uno sguardo intenerito gli stivali dell'ensemble dedicato a lei, ampliò il sorriso. -Come abbiate fatto a confezionare un abito del genere in un paio di settimane lo sa solo il Creatore.-
-Ho dovuto costruire dal nulla un guardaroba da regina consorte a regina regnante in molto meno tempo. Questo, in confronto, è stato facile come prendere il tè delle cinque.- spiegò Adra, con noncuranza. -Spero di aver accontentato i gusti di tutti.-
-Direi proprio di sì.- ammise Cullen, affondando le dita nella criniera, di un ricco biondo paglia lungo e vellutato, che decorava il mantello. -Quindi è questo che intendeva con "abito da sera".-
Adra lo ignorò. -Allora, si fa questa cosa, o devo rimetterli nel baule?-
-Li può richiudere e rimandare a Skyhold quei bauli!- esclamò Josephine, placcando il suo vestito per rifugiarsi assieme a esso dietro a uno dei paraventi.
Lavellan esalò un sospiro di sollievo, poi si sporse su Adra, abbracciandola brevemente per festeggiare il successo del loro piano. Quella ricambiò, battendole una mano sulla schiena. -Beh, è stato più facile del previsto.- ammise, mentre Leliana si muoveva con entusiasmo verso la truccatrice, che la accolse con un sorriso radioso e una batteria di pennelli da sfumatura tra le mani.
Cullen, che nel frattempo stava percorrendo con i polpastrelli gli intarsi dell'armatura, parte integrante del suo completo, si voltò appena verso Lavellan. -Non è difficile da indossare.- mormorò. -Anzi, è più facile da chiudere rispetto alla mia.-
-Meglio, no?- disse lei, affiancandosi al suo compagno. Raggiunse la sua mano per spostarla sullo spallaccio dell'armatura. -Ah, questa è Miss.-
-Sto indossando Miss?- chiese lui, ridendo.
-Stiamo indossando Miss. Tutti.- precisò lei, aiutandolo a spostare il manichino dietro a un altro paravento. -Fortunatamente, Amun sa conciare la pelle di drago come nessun altro.-
-Il Nano.- elaborò Adra, mentre controllava che la parrucchiera sistemasse i capelli di Leliana in maniera coerente con il vestito. -Non è bravo quanto Wade, o Tholomeus, ma sa il fatto suo.-
Cullen sistemò il manichino con cura, prendendo a esplorarlo con le dita per capire come smontare l'ensemble. -Ci metterò poco, davvero.- rassicurò Lavellan, prima che se ne andasse. Lei rispose con un mezzo sorriso, gli sfiorò la guancia con un bacio, poi si dileguò, lasciandolo da solo a fare i conti con il pensiero che quella donna non se la meritava proprio.

Com'era prevedibile, Cullen fu il primo a finire di vestirsi. Uscì dal paravento, allacciandosi il mantello così come ricordava l'avesse visto indossato dal manichino, poi si affiancò a Josephine di fronte all'unico specchio della stanza, per osservare il lavoro finito.
Non era un completo diverso da quello che indossava solitamente. Torso, braccia e gambe erano protetti da un'armatura rivestita di nero e oro che si univano per creare un effetto marmorizzato. Si trattava di un ingegno che non appariva in maniera preponderante, disturbando l'insieme degli elementi, piuttosto si comportava con la luce apparendo e sparendo in base all'intensità del riflesso, presentando una figura effimera, simile alla ramificazione complessa di un lampo che attraversa il cielo durante la tempesta.
Il pettorale era sagomato sulle sue forme ed era sovrastato da una testa di leone ruggente in rilievo, immagine che si ripeteva sulle gomitiere e sulle ginocchiere. La peculiarità dell'armatura era data dalla mancanza di spallaccio e bracciale superiore laddove il mantello cadeva, sul braccio che di solito reggeva lo scudo.
Eppure, il leone non era l'unico simbolo presente nell'insieme. Sul cuore vi era inciso il simbolo araldico dell'Inquisizione e le fibbie che tenevano insieme ogni singolo pezzo dell'armatura erano a foggia di Grazia di Andraste. L'ampio mantello di velluto, foderato di pelliccia, era chiuso sul fianco da una catenella dalle maglie larghe i cui fermagli erano concavi e finemente decorati dalla mano di un orafo; rassomigliavano a scudi tondi, con un araldica che a Cullen non era familiare.
Dopo aver dato un sorriso soddisfatto, spostò lo sguardo sulla collega, che si stava facendo acconciare i capelli. Di fronte alla sua eleganza, ritrasse la testa, ammirato.
Ricordava realmente il bagliore lunare che si riflette sul mare, grazie a un gioco di intarsi e trasparenze che ondeggiavano su una stratificazione di stoffe calcolata per non appesantire la sua figura. I suoi capelli, sciolti, le ricadevano boccolosi su una spalla ed erano tempestati di piccole pietre bianche e dorate che cambiavano di grandezza in maniera sparsa, in modo da simulare alla perfezione il cielo stellato. Il suo braccio sinistro era fasciato da un'armatura dorata a scaglie; le decorazioni e la sottocotta invece richiamavano i toni blu del vestito.
Il trucco coronava l'ensemble alla perfezione. Un ombretto lievemente più scuro del suo tono di pelle era stato sfumato sull'arcata sopraccigliare in modo da essere maggiormente concentrato laddove la piega della palpebra incontrava la palpebra mobile, in cui era stato applicato con una precisione unica uno strato di foglia d'oro.
Adra fece voltare entrambi, per studiare la situazione con occhi severi, poi sorrise come non aveva mai fatto, posandosi una mano sulle labbra. -Diamine se sono brava!- esclamò.
-Se posso essere sincera...- disse Josephine, con una nota d'imbarazzo nel tono di voce. -Non me l'aspettavo.-
Adra non parve risentirsi di quelle parole. -Non ho mai confezionato un abito che non sia piaciuto ai clienti di Tholomeus, e questo è perché un vestito non è solo un'opera d'arte, ma anche un modo di combinare il gusto del cliente a quello di chi si applica nel processo di creazione.- spiegò. -Gli stilisti più bravi non sono quelli che osano, sono quelli che ascoltano.-
-Non mi pare che abbiamo fatto consulti, però.- disse Josephine, tornando ad ammirarsi.
Adra lanciò a Cullen un'occhiata divertita. -Questo lo dice lei.- fece, per poi muoversi verso il paravento dietro cui Leliana stava finendo di cambiarsi.
Lui la seguì con lo sguardo, senza riuscire a smettere di sorridere. -Direi che l'Inquisitrice ha fatto la scelta giusta, non pensi?-
Josephine si limitò a lisciarsi il vestito sui fianchi, con in viso un appagamento che consolidava implicitamente quell'affermazione.
-Una mano?-
Cullen spostò la testa in direzione del paravento in cui si era rifugiata Lavellan, alla sua sinistra.
-Sono un attimo impegnata, dottoressa.- rispose Adra. -Ingegnere, ci pensa lei?-
-Io?- domandò Cullen, irrigidendosi.
-È l'unico che riesce a muoversi senza trascinarsi dietro un ettolitro di polvere.-
Josephine gli diede un buffetto sul braccio, per attirare la sua attenzione. Quando ci fu riuscita, lo attirò a sé, per mantenere un certo riserbo evitando di alzare troppo la voce. -Non la sgualcire. Per qualsiasi altra cosa, avrete tempo dopo.- lo avvisò.
Con i visceri stretti in una morsa d'imbarazzo, Cullen si scostò dalla collega, dirigendosi verso il paravento. Fece un respiro profondo, prima di varcare la soglia dell'ennesima linea sottile che divideva la sua compostezza di uomo d'onore dalle mille trasgressioni che voleva fare con tutto il cuore ogni volta che si trovava nei pressi della sua compagna.
Dato che era abituato a essere lui, quello sorpreso dalle sue intrusioni nei momenti meno opportuni, reagì con aria interdetta alla facilità con cui lei lo accolse, seminuda e scarmigliata.
-Come ti aiuto?- domandò Cullen, calciando via virtualmente la sua fame di dettagli per portarsi al suo fianco. Lavellan, che si reggeva un corsaletto dorato sul petto, gli diede le spalle, indicandogli la chiusura. -Ho provato ad allacciarlo come mi ha spiegato, ma più in su dell'ultimo gancio non riesco ad andare.- spiegò.
Cullen studiò velocemente la chiusura, data da una fila di ganci su cui iniziò subito a lavorare, cercando di concentrarsi su di essi per evitare che il profumo balsamico dei capelli di Lavellan gli annebbiasse le intenzioni.
-Sei più bassa, adesso.- mormorò al suo orecchio, spezzando il silenzio con la prima cosa che gli era venuta in mente, in modo da aiutarsi ad alleviare la tensione.
Lavellan gli gettò un'occhiata veloce, da sopra la spalla. -Attento alle mani.- lo avvisò, mentre appoggiava la schiena sul suo petto per sollevare una gamba e svelargli l'arcano. Il tacco sottile era stato sostituito da un tacco più corto e largo. -Pensavi davvero che me ne sarei andata in giro a investigare su quei trampoli?- gli domandò, mentre posava di nuovo il piede a terra.
Ma a Cullen non interessava troppo di una scarpa, dato che era ipnotizzato dal profumo dei suoi capelli, dalla fermezza del suo bacino, sul quale le sue mani erano andate a posarsi per sorreggerla, e dalla vicinanza del suo collo, a ridosso delle sue labbra. Era così vicino che poteva percepirne la morbidezza, sotto ai baci con cui avrebbe voluto percorrerlo.
-Puoi farlo mentre finisci.- suggerì lei, in un soffio, colpevole di condividere con lui quel pensiero rischioso, una risposta istintiva alla delicatezza del suo respiro sulla pelle.
Incapace di deluderla, Cullen chiuse le labbra sul suo trapezio, mentre le mani lasciavano il suo bacino per tornare a fare quello che era vitale che concludesse, prima che venissero interrotti da un rimprovero. Risalì il suo collo con baci delicati e silenziosi, lentamente, mentre lei teneva gli occhi serrati, mordendosi il labbro inferiore saldamente per evitare di rispondere in maniera fin troppo palese a quelle attenzioni di cui era affamata.
Quando ebbe finito di allacciarle il corsaletto, Cullen le appoggiò le mani sui fianchi, adagiando la fronte sulla sua nuca. -Dimmi che hai ancora bisogno di me, per favore.- la supplicò, non riuscendo a trattenere una risata nervosa.
Lavellan coprì un sorriso con la punta delle dita. -Troverò qualcosa.- lo rassicurò, voltandosi finalmente verso di lui. I loro sguardi si ritrovarono e quel contatto rilasciò nell'aria un calore che nessuno dei due aveva mai osato affidare all'altro, perché era sempre troppo presto per pensarci.
Durante quello scambio, che avrebbe reso elettrica la gomma, Cullen ebbe una rivelazione retroattiva, rendendosi conto di aver fatto un errore molto stupido. Non aveva realizzato che non esistevano un luogo e un momento sbagliato, perché il contesto in cui si amavano era già sbagliato di per sé, quindi ritardare qualcosa di così bello come quello che provavano l'uno per l'altra non aveva senso.
-Potresti ricontrollare le chiusure delle cinghie, mentre mi allaccio la gorgiera.- propose lei, riuscendo in qualche modo a riprendere le redini della situazione.
Cullen non esitò ad andarle incontro, perché era essenziale che accelerassero i tempi. Il problema era che, nonostante quello che stava succedendo al di là del paravento, quel momento tra loro era qualcosa di altrettanto importante. Vitale, semmai.
Mentre lei provvedeva ad allacciarsi la gorgiera, lui percorse il suo corpo dalle spalle alle caviglie con un tocco delicato, usando decisione qualora incontrasse una cinghia allentata. Un preliminare che sembrava una tortura. Ogni volta che le sue dita si appoggiavano su una chiusura, indugiava a percorrere il tratto di tessuto che c'era attorno, odiando che i suoi guanti impedissero alla sua pelle di conoscere ciò che si rifiutava persino di sognare, per rispetto di un'attesa che era stato lui stesso a stabilire.
Ciò che però lui cacciava via dalla sua immaginazione, veniva raccolto dall'istinto, ricordandogli che non erano stati solo gli occhi determinati di Lavellan a farlo innamorare di lei. C'erano la sua grazia, fisica e psicologica, le sue dita sottili che avvolgevano l'impugnatura dell'arco con fermezza e che allo stesso tempo riuscivano a regalare al suo viso la più soffice delle carezze. Poi c'erano tutti quei momenti in cui gli confermava con lo sguardo che preferiva lui e quello che le stava offrendo al resto, dimostrandogli che non esisteva niente di meglio al mondo. Aveva scelto lui, non la promessa di una persona migliore. E quello era un atto molto più potente di una vana rassicurazione a parole.
-Mi fai sentire come il sole che scalda la neve durante gli equinozi.- mormorò al suo orecchio, una volta che entrambi ebbero finito tutte le scuse che si erano imposti di assecondare pur di andare avanti.
-Molto poetico.- rispose lei, appoggiando le mani sui suoi fianchi con delicatezza, per mantenere il contatto il più possibile, prima di ritornare alle sue responsabilità.
Cullen sorrise appena, accarezzando con lo sguardo, poi con le dita, le sue guance, arrossite. -Preferisci qualcosa di più concreto?-
-Preferisco qualsiasi cosa tu voglia darmi, che sia concreto o poetico non fa differenza.- rispose lei, facendo risalire le dita dai suoi fianchi al ventre, dal ventre al petto, dal petto al viso. -E darei qualsiasi cosa per essere neve, assieme a te.- aggiunse, con la voce rotta da un nodo alla gola che riassumeva tutta la frustrazione che provava per non poter andare oltre.
-Sta' attenta, ti prego.- disse lui, appoggiando la fronte sulla sua, mentre le loro labbra si sfioravano appena. -Ti amo e sono stanco di aspettare.-
Lavellan si sforzò di regolarizzare il respiro, mentre si aggrappava ai suoi polsi. -E allora andiamo a sventare questo maledetto assassinio, così posso smettere di aspettare anch'io.- disse, spezzando la tensione con una risata che condivisero.

La rabbia invidiosa di Dorian raggiunse la stratosfera e cadde a strapiombo sul pavimento di marmo del salone delle feste quando i quattro fecero la loro entrata in scena.
Allo scoccare della seconda campana, Lavellan varcò il portale d'accesso con in viso una rabbia che fino a quel momento non aveva potuto esprimere.
Rimase immobile per qualche istante, poi dallo strascico del suo vestito nero apparve una fiammella, che andò a ingrandirsi mano a mano che i secondi passavano.
Una duchesse diede un gridolino acuto, mentre una comtesse si copriva il viso con un ventaglio, sconvolta alla vista del fuoco che divorava con un fischio lungo e frizzante l'abito dell'Inquisitrice, rivelando ciò che c'era al di sotto.
Circondata da un circolo di cenere e frammenti di stoffa fumante, Lavellan portava un'armatura che in realtà era un'opera barocca degna di un mastro artigiano dell'Orlais. Dell'ensemble precedente restavano solo le componenti che coprivano gli arti. Il pièce de la résistance era diventato un corsaletto dorato che dai fianchi risaliva fino al seno di Lavellan come le fiamme che avevano tormentato Andraste sul rogo. Ma erano davvero fiamme, o la corteccia di una splendida quercia?
Subito dopo di lei entrò Leliana, che le posò un mantello nero sulle spalle, agganciando i suoi vertici su due anelli che ricordavano pericolosamente le manette di una catena.
Si portò allora al suo fianco, attirando a sua volta gli sguardi di chi era davvero incuriosito da quell'esibizione, che per quel poco tempo di messa in scena aveva distolto l'attenzione dalla pista da ballo e zittito molti commentatori.
Leliana, possibilmente, era la dama più bella del Palazzo d'Inverno. I suoi capelli erano stati arricciati sulle punte, le sue labbra e le sue guance appena toccate di rouge e il suo sguardo allungato da un trucco verde scuro, con sfumature viola, colori presenti nel completo che indossava.
Esso era geometrico, composto da giacca e pantaloni i cui colori appunto richiamavano il piumaggio di un pavone maschio. Sopra di esso, portava un cappotto voluminoso in toile ricamata in maniera così fitta che solo la luce poteva mostrare la qualità della mano che aveva sorretto l'ago. Così come Cullen e Lavellan, le sue braccia e le sue gambe erano decorate con un'armatura dorata.
Il suo viso appariva sano e luminoso, nonostante fosse pallido, e indossava una vena di malizia che ammiccava a chiunque la guardasse, pur esprimendo l'idea che chiunque l'avesse avvicinata non sarebbe stato mai abbastanza per lei.
Con gli occhi della nobiltà addosso, i quattro leader dell’Inquisizione si radunarono in riga di fronte alla pista da ballo, si scambiarono un'occhiata d'intesa, poi si mescolarono alla folla con naturalezza, come se non fosse successo niente.
-E questa, miei cari, è un'entrata in scena.- annunciò Vivienne, per poi prendere un piccolo sorso di champagne con aria visibilmente compiaciuta, mentre il gruppo di nobili che la circondavano perdevano la mascella sul pavimento.

-Vuoi discuterne con me? Davvero?- domandò Leliana, scettica, dopo che Lavellan la ebbe presa da parte un'ultima volta.
La sua interlocutrice si fermò a osservare l'area attorno a loro, aspettando che fossero al riparo da occhi e orecchie indiscreti prima di rispondere. -Ho bisogno di un parere spietato e la tua idea è quella che mi convince di più.- ammise, tornando a guardarla con uno sguardo affilato come il suo coltello da caccia.
Leliana si prese i suoi tempi per analizzare il suo viso, poi la condusse attraverso la folla, tenendola sottobraccio. -Se vuoi davvero che regni indisturbata, devi darle i mezzi necessari per prevalere sugli altri.- spiegò. -Una collaborazione tra le parti rischierebbe di toglierle il potere necessario di agire. Bisogna che sia lei a tenere il guinzaglio.-
Lavellan assunse un'espressione accigliata. -Visti i loro trascorsi, l'opzione di Josephine potrebbe influenzare il suo giudizio in materia decisionale. Senza contare che è già successo che ritenesse prioritario l'interesse dei nobili, a discapito del resto.-
-Stai parlando dell'Enclave, suppongo.-
-Sto dicendo che qui dentro c'è bisogno d'aria fresca e nemmeno l'opzione di Cullen mi piace un granché.- specificò Lavellan, accompagnando la sua collega attraverso il vestibolo. -Nessuno è innocente ed entrambi sono costituiti dalla stessa materia classista e boriosa che stiamo cercando di mettere al suo posto da che avete fondato l'Inquisizione. Ho bisogno di qualcuno che possa fare l'interesse sia della mia gente, sia di quelli che vivono in una condizione inevitabile di miseria, indipendentemente dalla razza.- fece una pausa, per salutare con un cenno una chevalière di cui aveva fatto la conoscenza poche ore prima. -Insomma, chi dei due sarebbe più facile da tenere al guinzaglio?-
-Puoi arrivarci tranquillamente da sola, non ti serve la mia opinione.-
Lavellan, in effetti, ci dovette pensare davvero poco. Esalò un sospiro stanco. -E porco incestuoso e sessista sia.- dichiarò, per niente eccitata da quella risoluzione.
Leliana le rivolse un sorriso tirato. -Te l'ho detto che non ti serviva consultarmi.-
-La tua opinione mi serve sempre, amica mia.- la rassicurò Lavellan. -Se non per prendere una decisione, per comprendere la pesantezza delle sue ripercussioni.-
-Sai, è reciproco.- ammise Leliana, appoggiando la mano sulla sua. -In qualche modo, sento che con te la mia umanità è un pochino più al sicuro.-
Lavellan ridacchiò. -Lo stai dicendo a un'Elfa.-
-Buffo, no?-
-Esilarante, ma anche bellissimo.-
Leliana strinse appena la presa. -Così dicon tutte.- concluse, prima che si separassero.

Mentre la folla si appiattiva alle pareti, spaventata dalla tragedia che era si era appena consumata di fronte ai loro occhi, Josephine raccolse le falde del vestito con decisione e corse a pieni polmoni dietro a Leliana e Cullen, che si stavano precipitando verso il vestibolo.
-Non muovetevi, l'Inquisitrice risolverà la situazione!- rassicurò una nobildonna alleata, mentre Cullen diramava ordini affinché i soldati dell'Inquisizione aiutassero il corpo di guardia del Palazzo a tenere al sicuro gli invitati.
-Ti conviene restare qui.- le suggerì Leliana, indicando a un agente dell'Inquisizione di raggiungere la pista da ballo, per evitare che i musicisti, già in procinto di lasciare l'edificio, intralciassero le operazioni.
Josephine la guardò con aria irritata. -Non se ne parla! Io vengo con voi.- la contraddisse, muovendosi per prima verso il vestibolo. -Devo capire l'entità della situazione prima di...-
Si ritrovò immediatamente protetta da uno scudo, che vibrò intensamente mentre deviava un pugnale da lancio che avrebbe rischiato di ferirla a morte.
Leliana si liberò dal soprabito e ancora prima che potesse toccare terra, recuperò il pugnale, aspettò che chi l'avesse lanciato fosse a portata di tiro e lo ritornò al mittente, colpendolo con precisione al cuore.
Cullen attirò a sé Josephine, continuando a proteggerla mentre si spostavano dall’area di pericolo, per ripararsi dietro a una colonna.
-Tutto bene?- le chiese, affacciandosi per capire l'entità della minaccia.
Josephine, aggrappatasi al braccio che reggeva lo scudo, annuì nervosamente. -Mi dispiace essermi impuntata.- gemette -Ma ti prego, voi dovete andarle dietro.-
Una volta fatti i suoi calcoli, Cullen si voltò verso Leliana, che aveva appena atterrato un Arlecchino con una presa di sottomissione da manuale. -Considerato che abbiamo a che fare con Lav, gli unici che non sono al sicuro al momento siamo noi tre.-
-Ah, non sottovalutarti!- lo rimproverò Leliana, afferrando una freccia in volo senza problemi. Rubò un arco a un sottoposto di Cullen e usò quella stessa freccia per abbattere chi gliel'aveva tirata.
Cullen scortò Josephine di nuovo alla pista da ballo, affidandola a uno dei suoi ufficiali. -Tienili in riga, Ambasciatrice.- la salutò, con un mezzo sorriso.
Josephine gli appoggió una mano sulla spalla. -Portale indietro tutte intere.-
-Ci provo.- rispose lui, sguainando la spada, mentre la porta si richiudeva alle sue spalle. -E provo a ritornare tutto intero anch'io, già che ci sono.- bofonchiò, stringendo la presa sullo scudo.
-Vai, ti copro!- gli indicò Leliana, colpendo qualsiasi cosa si muovesse.
Cullen non se lo fece ripetere due volte. Diede cenno ai suoi di precederlo nel discendere le scale del vestibolo, indicando loro di mantenere la posizione sull'ingresso per evitare che venissero colpiti da qualsiasi cosa si trovasse fuori di esso. Una volta raggiunta la soglia anche lui, si rivolse di nuovo a Leliana. -Ci siamo!- annunciò.
Lei arrivò di corsa, guardandosi attorno con aria circospetta. -Andiamo insieme?-
-Beh, è il mio turno di coprirti.- replicò lui, sollevando lo scudo con enfasi.
Uscirono a ridosso l’una dell’altro, avanzando con i soldati e il corpo di guardia attraverso una sventagliata di frecce e pugnali da lancio. Il rumore delle punte di freccia sembrava grandine mentre colpivano il metallo temprato, ma non fu un deterrente per arretrare, o per fermarsi.
Cullen piantò lo scudo a terra, scambiò un'occhiata d'intesa con Leliana, quindi attesero che ci fosse un istante di pausa e si separarono, il primo per sfoltire le difese assieme ai soldati, la seconda per eliminare i bersagli più pericolosi sul campo di battaglia.
Quando la situazione fu drasticamente migliorata, Leliana si soffermò a osservare la barriera magica che bloccava il perimetro dei giardini. -Come la buttiamo giù?- domandò.
Cullen schivò il fendente di un mercenario, indietreggiando, poi evitò di finire accoltellato alla schiena da un Arlecchino, chinandosi giusto in tempo. Il primo nemico lo eliminò con un affondo al cuore, il secondo con un colpo di scudo talmente forte da spedirlo due metri più in là.
Sfogò la tensione con un'imprecazione, poi si sforzò di concentrarsi su ciò che gli era stato chiesto. -Se è magica, abbiamo bisogno per forza della magia per abbatterla.- ipotizzò, intravedendo il riflesso di un combattimento cruento al di là della barriera.
-Peccato che gli unici Maghi disponibili siano impegnati.- disse Leliana, abbattendo l'ultimo Arlecchino con una freccia.
-Non tutti.- disse Cullen, voltandosi verso la balconata orientale. -Tenente!- chiamò.
Leliana seguì con lo sguardo un gatto pasciuto mentre percorreva la ringhiera che la delimitava di corsa. Il felino atterrò sulle scale, scomparendo momentaneamente dalla vista e al suo posto apparve il tenente Burrows, brandendo il suo bastone da mago con decisione. -Siamo a buon punto di là. Nessuna vittima, tranne Horace che si è slogato una caviglia.- riportò. -Come posso aiutarla?-
Cullen gli indicò la barriera con un cenno del capo. -Riesci a tirarmela giù?- domandò.
Burrows analizzò la struttura magica con tanto d'occhi. -Posso crearle un varco. Va bene uguale?-
-Perfetto.- rispose Leliana, facendosi affidare una faretra carica di frecce.
Burrows piantò il bastone a terra, sorreggendolo come una lancia e mantenendolo immobile mentre agitava le dita della sinistra, già bagnate di magia. -Dovrete essere molto veloci, però.- disse.
Leliana si affiancò a Cullen, di fronte al cancello ed entrambi si scambiarono un'occhiata rapida. -Sono felice di scendere in campo al tuo fianco.- ammise lei.
-Anch’io.- replicò lui. -Per l'Inquisitrice!-
-Per Lav!- lo corresse Leliana, con un sorriso intrigante.
Burrows raccolse il bastone con entrambe le mani e spinse un globo di energia spirituale sulla porzione di barriera che si chiudeva sul cancello, il quale di fronte alla pressione si aprì. Ne spinse un altro e un altro ancora, finché non riuscì a creare un varco di dimensioni microscopiche. -Comandante, si prepari!- gridò, mentre richiamava più energia e la rilasciava con tutta la forza che possedeva. -Adesso!-
I due osservarono il varco allargarsi in risposta all’evocazione, diventando grande abbastanza per farli passare, e non persero tempo. Lo attraversarono con un balzo.
Leliana atterrò in bilico su un gradino, Cullen l'afferrò in tempo sia per evitare che cadesse che per impedire che un mercenario la trapassasse con una lancia.
Non ebbero il tempo materiale di riprendere fiato.
Con un movimento deciso, Cullen sollevò lo scudo e deflesse un proiettile di balestra, proteggendo se stesso e la collega mentre prendevano riparo dietro il parapetto della rampa orientale. Tra i piantoni, studiarono velocemente il campo di battaglia, decifrandone velocemente la morfologia e distinguendo alleati da avversari.
Lo scontro era maggiormente concentrato sul lato est della grande fontana centrale, dove Dorian e Cassandra davano battaglia a una dozzina di avversari, tra Arlecchini e mercenari. Sul troncone centrale dei giardini, invece, Vivienne cercava di attirare l'attenzione del resto dei nemici su di sé, mentre a ovest si alternavano scoppi a esplosioni, sintomo della presenza di Lavellan e della Granduchessa.
Leliana e Cullen si scambiarono un cenno e senza dire niente, lui discese la rampa a est, lei quella a ovest.
-È arrivata la cavalleria!- annunciò Dorian, infilzando un nemico fattosi troppo vicino con la baionetta posta al terminare del suo bastone da mago. La estrasse con un gesto secco, roteò il bastone e spinse una salva di fuoco rapido su un Arlecchino nel mezzo di un assalto.
Cullen caricò un mercenario, colpendolo con lo scudo per poi infilzarlo, quindi si posizionò alle spalle di Cassandra, permettendole con il suo aiuto di concentrarsi su un numero inferiore di nemici.
-Quanti sono?- domandò Cullen, parando abilmente l'assalto frontale di un mercenario alto quanto il Toro.
-Attualmente, diciotto.- rispose Cassandra, ferendo sul braccio un Arlecchino che cercava di accerchiarla per colpirla sul fianco. Approfittò del fendente andato in porto, modificò agilmente il modo in cui reggeva la spada per garantirsi una presa più salda ed eseguì un affondo al cuore, ferendo a morte il nemico. -Diciassette.- si corresse.
Cullen sollevò lo sguardo per posarlo a occidente, giusto un istante per calmare la preoccupazione, poi si affiancò a Dorian, per proteggerlo da un mercenario.
-Giuro che se anche stavolta mi rubi il merito, ti faccio piovere in camera da letto per un mese!- berciò Dorian, imponendo una barriera magica sul nuovo arrivato.
-Voglio proprio vederti provare!- sbottò Cullen, dopo avere abbattuto il nemico.
Cassandra intercettò un Arlecchino che stava per sorprenderli alle spalle. Affidò la spada alla mano che reggeva lo scudo con un gesto agile per poi afferrare la minaccia sul collo, scagliarla a terra di violenza e stampargli il tacco dello stivale sulla testa, fracassandola.
Si riarmò, abbatté un mercenario con un fendente obliquo, poi scagliò un'occhiata di completa disapprovazione ai suoi due compagni di squadra.
Dorian annuì nervosamente, seccato. -D'accordo, d'accordo, meno chiacchere e più magie.- disse, monocorde.
Cullen trattenne a malapena un sorriso.
Nel frattempo, Leliana aveva raggiunto la frazione del campo di battaglia dove stava agendo Lavellan. Le condizioni del terreno erano tremende: trappole già scattate, nuclei di spine di ghiaccio e pozzanghere sovrastate da serpentine di elettricità si alternavano ad aiuole distrutte e ai resti delle deliziose panchine in marmo che attorniavano la fontana centrale. Lavellan e la Granduchessa si potevano scorgere giusto dopo una deflagrazione, o al seguito di una freccia che colpiva il terreno.
La loro velocità d'azione era talmente impressionante da sembrare disumana.
Dopo aver valutato che sarebbe stata più d'intralcio che d'aiuto, Leliana preferì assistere Vivienne, alle prese con due Arlecchini e un mercenario. Salì sul parapetto della fontana per analizzare rapidamente la situazione e prevedere le mosse dei nemici, poi abbatté un Arlecchino con un proiettile preciso. Ferì il secondo alla schiena, attirando la sua attenzione e permettendo così a Vivienne di concentrarsi sul mercenario, poi eseguì un placcaggio magistrale, coinvolgendo il nemico in un combattimento corpo a corpo. Sostituì l'arco con un pugnale, parando giusto in tempo una coltellata che le avrebbe squarciato la gola, poi un'altra che rischiava di ferirla mortalmente allo stomaco.
Ringraziò mentalmente Lavellan per aver proposto un cambio di vestiti, perché il completo che indossava le permetteva una mobilità molto superiore rispetto a quella che avrebbe avuto in divisa. Si chiese se l'avesse previsto, mentre ritraeva il capo per evitare di venire ferita al viso.
Eseguì un salto, dandosi la spinta sui resti di una panchina per colpire il nemico dall'alto con maggiore forza. Le lame si scontrarono di nuovo, ma stavolta Leliana era preparata. Estrasse un coltello più piccolo dalla cintura e lo piantò fino all'elsa sotto all'ascella del nemico. Lo torse nelle carni e lo strappò via, per massimizzare il danno, poi colpì il suo avversario con un calcio deciso, facendolo cadere a terra. Senza esitazione, gli fu di nuovo sopra, facendo scivolare il filo della lama destra sulla gola del nemico, eliminandolo dal campo di battaglia.
Nello stesso istante, Vivienne abbatteva il mercenario con una scarica di elettricità.
-Bonne soirée.- salutò l’Incantatrice, rivolgendo un sorriso composto a Leliana.
Quest'ultima chinò appena la testa, in risposta, poi tornò a cercare con lo sguardo Lavellan. La vide per una frazione di secondo, anzi, vide la sua sagoma illuminata dall'azione di una bomba folgorante, esplosa poco distante.
-Dobbiamo abbattere questa barriera.- propose Vivienne, imponendo una mano di fronte a sé per ibernare un mercenario che stava per essere colpito da Cassandra, poco distante. Sotto un colpo di scudo possente, il nemico si frantumò in una dozzina di macabri tronconi.
-No, se si dissolvesse, Florianne potrebbe cogliere l'occasione e fuggire.- spiegò Leliana, concentrata a seguire il duello. Recuperò di nuovo l'arco, incoccò una freccia e attese con pazienza di scorgere la Granduchessa, per poi bloccarle la strada con un tiro immobilizzante. Quell'aiuto permise a Lavellan di ferirla al braccio dominante, ma l'esperienza della sua nemica e la sua astuzia fecero sì che si liberasse facilmente. Scomparve di nuovo tra le siepi e Lavellan con lei.
Allora, a Leliana venne un'illuminazione. Arretrò di un paio di passi, poi si gettò di corsa verso Dorian, che era nel mezzo di un'evocazione. A lei però non importava troppo, perché la sua idea era più importante e avrebbe determinato le sorti dello scontro.
-Dobbiamo illuminare questo posto a giorno.- disse, mentre Vivienne prendeva il posto del Mago e aiutava Cullen e Cassandra a gestire i nemici restanti.
-Mi stai davvero suggerendo di dare fuoco al Palazzo d'Inverno?- replicò Dorian, intrigato dall'idea.
Leliana annuì con veemenza. -Il danno è fatto, ormai. Tanto vale creare un po' di caos.-
-Ti rendi conto che questa cosa ci farà bandire a vita da questo posto?- domandò lui, mentre si fermavano, a pochi metri dal duello.
-Nah, non ci bandiranno. E poi, questo giardino era orribile, ci ringrazieranno per avergli dato una scusa per rimodernarlo.-
-Effettivamente, la lavanda fa tanto settimana scorsa.-
Leliana recuperò una freccia dalla faretra, attese che Lavellan fosse nel suo campo visivo e la scoccò a pochi centimetri dal suo piede, in modo da attirare la sua attenzione.
Nel frattempo, Dorian fletteva le dita per evocare un circolo d'Immolazione sotto ogni siepe della frazione occidentale dei giardini, con un sorriso maligno sulle labbra. -Adieu lavanda!- esclamò.
Pilastri di fuoco apparvero uno dietro l'altro, azzurri e gialli, protendendosi verso il cielo notturno come le fiammelle di ceri giganteschi.
Lavellan, che grazie all'avvertimento era riuscita a sistemarsi in una posizione rialzata, esalò una grottesca risata di giubilo, mentre Dorian trasformava la ghiaia dei corridoi tra le aiuole in un tappeto di braci ardenti.
La Granduchessa era finalmente visibile, intrappolata nell'aria vibrante prodotta dal calore profuso da ogni singolo elemento di flora bruciante che le stava attorno. Provò a nascondersi, ma non c'era nascondiglio sicuro, allora provò a fuggire, ma venne continuamente intercettata dalle frecce di Lavellan e di Leliana, che facevano in modo di spingerla a calpestare le trappole ancora attive sul campo di battaglia.
-Non è fuoco antivano, si esaurirà presto.- avvisò Dorian, che stava facendo di tutto per chiudere la Granduchessa in un perimetro di fiamme.
Leliana lo ascoltò, indicando a Lavellan di muoversi in parallelo a lei, per raggiungere la loro avversaria e catturarla una volta per tutte.
Dall'altro capo del campo di battaglia, Cullen e Cassandra osservavano quell'opera di distruzione con tanto d'occhi, mentre Vivienne abbatteva l'ultimo Arlecchino con un fendente di energia spirituale.
-Questa è la volta buona che ci bandiscono.- disse il primo, abbassando la lama della spada finché non toccò terra.
-Meglio, no? Pensavo che odiassi questi buffoni.- intervenne Cassandra, indecisa se muoversi verso i suoi compagni, o restare in disparte e lasciare che se la cavassero da soli.
Cullen aggrottò la fronte. -Con tutto il cuore.- rispose. -Ma non voglio essere io a spiegare a Josephine perché nessuno ci inviterà mai più a un evento mondano nell'Orlais.-
Cassandra spalancò lo sguardo, sconvolta dall'idea. -Benedetta Andraste, dobbiamo fermarli subito!- gemette, per poi gettarsi in una corsa sfrenata verso il trio.
Vivienne osservò i due buttarsi nella mischia con aria rassegnata, si spazzolò il completo sulle braccia per disperdere la polvere, prendendosi i suoi tempi per riordinarsi, poi li seguì con calma.

La Granduchessa nel frattempo era stata costretta in un angolo e spostava la mira da Lavellan e Leliana che, a loro volta, la tenevano sotto tiro.
-È finita, Florianne. Ti conviene gettare le armi.- le suggerì Leliana, mentre anche Dorian si univa a loro, in posizione di guardia.
-Non è finita. Io sono ancora in piedi.- replicò la Granduchessa. Scoccò la freccia in direzione di Lavellan, approfittando che lei la schivasse per sfuggirle. Fortunatamente, non fu una mossa di successo. Dorian la intercettò immediatamente, evocando una barriera di fuoco a pochi metri da lei, bloccandole la strada.
Lavellan fece il resto. La disarmò, gettò il suo arco a terra e le assestò un pugno sulla guancia, facendola indietreggiare. -Hai ragione, è catartico.- disse, rivolta a Cassandra, che l'aveva appena raggiunta.
La Granduchessa però aveva altri piani. Tutto d'un tratto, la barriera magica che divideva il giardino dal resto del Palazzo si dissolse. Con un gesto repentino, la Granduchessa scagliò una bomba fumogena a terra, rubò una spada a un mercenario morto ai suoi piedi e approfittò del momento di sorpresa collettiva per fuggire, scattando per superare Lavellan e dirigersi verso i cancelli che portavano verso l'esterno.
Lavellan scoccò una freccia, che lei schivò, poi un'altra, infine si buttò per prima all'inseguimento, correndole appresso come se avesse le ali ai piedi.
Riuscì a superarla, a gettarsi sul cancello e a impedirle di proseguire. Allora la Granduchessa brandì la spada e tentò un assalto. Lavellan sollevò l'arco, per parare il colpo, ma il legno non riuscì a reggerlo, piegandosi finché non si spezzò.
-Lav!- si sentì chiamare, mentre schivava fendenti e cercava di pararli con il pugnale da caccia. Con la coda dell'occhio, intravide Cullen e subito intuì quale fosse il suo piano.
Afferrò al volo la spada che le veniva lanciata e invece di schivare parò un colpo che se non fosse stata abbastanza attenta avrebbe potuto mozzarle un avambraccio. Resistette all'assalto il più possibile, poi si ricordò che l'immobilità era efficace nella scherma così come lo era nel tiro con l'arco. Spinse la lama avversaria, in modo che la Granduchessa arretrasse, indietreggiò di un passo per darsi libertà di movimento e parò ogni colpo che veniva assestato con altrettanta forza.
Non era un'ottima schermidora, ma aveva un ottimo maestro. Studiò l'avversaria, i suoi movimenti, le sue azioni, finché non trovò il suo punto cieco, allora attese un ulteriore assalto, parò, tentò una cavazione e le riuscì di aprire un varco nelle sue difese, affondando la lama sul suo petto.
La Granduchessa inspirò a fatica, aggrappandosi alla sua avversaria mentre posava lo sguardo morente sul suo. Con le ultime forze che le rimanevano, abbozzò un sorriso maligno.
Leliana, che aveva capito le implicazioni di quel sorriso, afferrò la Granduchessa per il colletto, strappandola di dosso a Lavellan. Dato che non c'era il tempo di fuggire, coprì la collega con il suo corpo, abbracciandola per evitare che venisse coinvolta nell'esplosione che avvenne pochi istanti più tardi.
-No!- gridò Lavellan, mentre cadeva a terra sotto il peso di Leliana, spinta dall'onda d'urto.
Il rumore assordante, assieme al fumo spesso e nuvoloso conseguenti all'impatto, misero fuori gioco i sensi di Lavellan per molto tempo, costringendola a nascondere il viso tra le pieghe della giacca di Leliana, unico scudo che aveva contro qualcosa che, stupidamente, non aveva considerato; perché era ovvio che la Granduchessa non si sarebbe mai fatta catturare viva.
-No.- ripeté Lavellan, stringendo la presa sul bavero della collega. -Stupida! Stupida!- disse, battendo un pugno sul suo petto.
-Ahi!-
-Ahi?!-
Lavellan ammiccò, pulendosi i residui di polvere dagli occhi sul tessuto per poi sollevare uno sguardo incredulo.
Leliana era giusto un po' annerita sui bordi, ma stava bene. A sovrastarla, c'era Cullen, con il viso contratto dallo sforzo che aveva appena fatto per proteggerle dall'esplosione. Il suo scudo, ancora innalzato, era sormontato da serpentine di fumo e calore.
-Falon'Din enasal!- esalò Lavellan, trascinandosi sulle ginocchia il più velocemente possibile per chiudere Leliana in un abbraccio. Cullen le gettò una rapida occhiata, allegata a un sorriso di sollievo. -State bene?- domandò, con la voce rotta dalla fatica.
-Stiamo bene.- rispose Leliana, davvero grata per il suo intervento.
-Benissimo!- la corresse Lavellan, sporgendosi sul loro salvatore per coinvolgerlo nell'abbraccio.
Cullen appoggiò la mano libera sulla schiena di Lavellan, quindi le stampò un bacio sulla guancia. -Ottimo! Avevo promesso a Josie che vi avrei riportate indietro tutte intere.- spiegò.
Leliana ridacchiò. -Tranquillo, mi prenderò io la responsabilità dell'incendio.- lo rassicurò. -D'altronde, mi hai appena salvato la vita.-
-Beh, tu l'hai salvata a lei, quindi direi che sono ancora un po' in dife...-
-Non è possibile! Impiccione di un guastafeste!- gemette Dorian, torreggiando su di loro con la frustrazione intrisa nello sguardo rabbioso. -Ti diverti proprio a rompermi le uova nel paniere, eh? Ammettilo, ti diverti!-
Cullen si sciolse dall'abbraccio, quindi aiutò le sue colleghe ad alzarsi con calma. Si rivolse quindi a Dorian, indossando un sorrisetto. -Un pochino.- ammise, assicurandosi una sberla sul braccio.

Josephine era un dipinto di preoccupazione, quando li accolse all'ingresso del Palazzo. Ai suoi piedi c'era un gatto bianco, grasso e con lo sguardo socchiuso dalla stanchezza.
-Dì a Ser Camille di controllare il perimetro alla ricerca dei seguaci della Granduchessa.- disse Cullen, diretto al felino.
Burrows, che stava diramando ordini alle sue spalle, sghignazzò. -Sono qui, signore.- disse.
Cullen guardò il gatto, con aria incerta, poi si voltò verso il suo sottoposto. -E cosa stai aspettando?- brontolò, facendogli cenno di sbrigarsi. Burrows annuì con decisione, poi trotterellò verso i giardini con aria divertita.
Josephine, nel frattempo, stava sistemando i capelli di Leliana, anneriti dall'esplosione. -Meno male siete tutte intere!- disse, per poi passare a Lavellan, trascinando un fazzoletto sul suo viso per pulirle le guance dalla polvere.
-Grazie per la considerazione.- commentò Cullen, alzando gli occhi al cielo. -Vado a... oh!-
Si dovette interrompere, perché Josephine l'aveva appena stretto in un abbraccio. -Grazie.- mormorò lei, al suo orecchio, per poi chiudergli le guance tra le mani, assestandogli un'occhiata imbevuta di sollievo.
-Non dirlo nemmeno.- rispose lui, passandole brevemente una mano sul braccio. Si scostò, per ritornare dai suoi sottoposti in giardino, seguito a ruota dal gatto bianco.
Lavellan allora prese un respiro profondo e rientrò per prima a Palazzo, con addosso la pesantezza degli eventi a curvarle la postura. Venne accolta dapprima dallo sguardo impressionato delle guardie, poi da quello accigliato di una miriade di maschere.
-Vuoi che venga con te?- le domandò Leliana, che la seguiva assieme a Josephine.
Lavellan ci pensò su davvero, anche se sapeva di dover affrontare le conseguenze delle sue azioni da sola. -Ci aggiorneremo più tardi.- dichiarò semplicemente, allungando il passo.

Nonostante fosse appena stato messo in atto un regicidio, la corona dell'Orlais fosse passata di mano e la cugina dell'attuale Imperatore fosse morta nel tentativo di consegnare la sua patria nelle mani di Corypheus, la corte sembrava non risentire troppo della situazione.
Piuttosto, i musicanti sembravano aver attinto nuova energia da quella serata terribile, ma emozionante, e i nobili continuavano a tessere le loro tele nei corridoi del Palazzo, preferendo arricchire il loro potere piuttosto che dare il tempo al lutto, o alle celebrazioni per un Orlais stabile, di attecchire.
Leliana osservava quell'ambientazione con la stanchezza nello sguardo, un bicchiere di vino in mano e la schiena appoggiata a una splendida colonna di marmo. In qualche modo, quella mancanza di empatia, radicata alla desensibilizzazione dei partecipanti al Gioco, le impediva di sentire una gran nostalgia nei confronti della sua madrepatria.
Si coprì la bocca in tempo per non lasciarsi sfuggire uno sbadiglio, spostando lo sguardo verso la terrazza settentrionale del salone, in modo da controllare che Lavellan non venisse disturbata durante un meritato momento di pausa.
Raddrizzò immediatamente la schiena, sentendo un moto di agitazione formarsi nel suo petto mentre la scena della sua collega che conversava con l'Incantatrice Imperiale la riportava a fare i conti con ricordi risalenti a dieci anni prima. Ricordi di finta fratellanza e manipolazioni ai danni dei suoi due migliori amici, meno avvezzi di lei a riconoscere un inganno travestito da rosa in fiore.
Indugiò sull'espressione gentile di Lavellan, intrappolata in una cornice di falsità pronte soffocarla dovunque Leliana posasse lo sguardo.
L'aveva già messa in guardia su Morrigan, così come aveva fatto con il Gioco. Ora che era certa che tra loro vigesse un rapporto di fiducia incondizionata, avrebbe dovuto smettere di preoccuparsi. Purtroppo, conosceva fin troppo bene Morrigan. In qualche modo, sarebbe riuscita a rovinare tutto. Di nuovo.
-...liana?-
Persa com'era nei suoi pensieri, non si era resa conto che era stata raggiunta da Cullen, che la guardava con una punta di preoccupazione nello sguardo. -Tutto bene?- le chiese.
Leliana esitò giusto un momento, prima di rivolgergli un sorriso rassicurante. Prese un sorso di vino, poi appoggiò il bicchiere, pieno fino a metà, su un tavolino nei paraggi. -Stavo dando un'ultima occhiata, prima di passare alla parte successiva del piano.- disse.
Cullen inarcò un sopracciglio. -E sarebbe?-
-Uscire di scena prima che il ballo si faccia troppo noioso.- rispose lei. -Sai, è la regola. Nessuno che si rispetti rimane fino alla fine.-
-Vorrei ben vedere!- ammise lui, sollevato. -Un minuto in più qua dentro corrisponde a un anno in meno verso il viaggio finale.-
Leliana ridacchiò. -Non esagerare, dai! Te la sei cavata bene. Adesso abbiamo più soldati, no?-
Cullen abbozzò un sorriso. -Merito di Lavellan.- rivelò. -A tal proposito, puoi smettere di fare la guardia. La stavo giusto per raggiungere.-
Un certo sollievo si liberò nell'organismo di Leliana, mentre spostava lo sguardo verso l'oggetto del dialogo. -Bene, così posso andare a vedere come se la sta cavando Josephine.-
Il viso di Cullen si contrasse immediatamente in una smorfia di dolore. -Ecco, uh... a quello posso risponderti io. Diciamo che dare il beneplacito a Sera di girare indisturbata per i giardini non è stata una buonissima idea.-
-E ve ne rendete conto solo adesso?-
-Quando ha detto "penso io a regolare le aiuole", ho chiesto a Varric di tenerla d'occhio. Non pensavo che si sarebbero alleati e avrebbero dato fuoco al resto del giardino.-
-Cullen, è un bugiardo di professione, perché gli date ancora corda?-
-Lo so, lo so. Per quello ho chiesto al Toro di riportare l'ordine nel caso avesse dato di matto. Pensavo bastasse.-
Si fissarono a lungo.
-Li sta aiutando, non è così?-
-Già.-
Leliana non riuscì a trattenere una risatina. -D'accordo, vado a fargli un po' di paura.- lo rassicurò, battendogli delicatamente una mano sulla spalla. -Tu vedi di trattenerla, o potrebbe pensare di unirsi alla festa. Non vogliamo che Josie si arrabbi, vero?-
-Benedetta Andraste, assolutamente no!-
Entrambi risero, poi si congedarono con un cenno del capo. Leliana lo seguì con lo sguardo, mentre raggiungeva la balconata e fece per andarsene, quando realizzò che non poteva ignorare di nuovo i sintomi di un pericolo imminente.
-Comandante!- lo chiamò, senza riuscire a bloccare in tempo un accento di urgenza, al quale lui reagì con aria sorpresa.
Leliana lo guardò dritto negli occhi, con fermezza. -Non fatela entrare.- lo avvisò.
Cullen rimase immobile per diversi istanti, cercando di decifrare quell'avvertimento. Realizzò a cosa lei si stesse riferendo solo quando Morrigan gli fu passata di fianco.
Leliana vide la consapevolezza nel suo sguardo, una consapevolezza derivata da anni di addestramento a riconoscere il pericolo derivato dalla magia. L'occhiata scevra di insicurezze che lui le ritornò la consolò che non sarebbe stata sola in quell'impresa. Forse, per una volta, avrebbe potuto trarre una cara amica in salvo dal pericolo, con successo.


-Nota-

In ritardo di una settimana <:0)
Dimenticatevi di Corypheus o di Solas, Josie è il boss finale.
Avrei un po’ di cose da dire su Leliana, ma le vorrei tenere per il capitolo *controlla* 25, ma forse è il 26 dato che ho incluso un capitolo che non esisteva lol insomma, un mesettino e qualcosa, dai!
Per gli elefanti dietro i paraventi, invece, c’è da aspettare molto meno https://media.tenor.com/fH2LmiH08R4AAAAM/seulisasoo-tea.gif
<3!

   
 
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