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Autore: fiorediloto40    10/12/2022    2 recensioni
Saga non poté evitare che lacrime amare gli attraversassero il volto. Era tutta colpa sua...
L’unica cosa che aveva potuto fare in tredici anni era stato permettergli di vivere lontano dal Santuario, cosicché la sua parte crudele non avesse la tentazione di ucciderlo...ma anche così, ora erano i suoi stessi compagni d’armi a condannarlo...

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I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il debole sole del crepuscolo calava lentamente dietro le montagne scarne che circondavano il Santuario, tingendo ogni singola pietra dei bagliori cremisi degli ultimi raggi. 
 
Per una strana ironia della sorte, richiamava alla memoria il sangue che era stato versato in quella giornata. Tanto. Troppo.
 
Seduto sui gradini del primo tempio, ancora vestito della sua armatura, Mu osservava tristemente le ombre che si stagliavano innanzi ai suoi occhi.
 
In un altro momento, avrebbe potuto apprezzare i magnifici colori che il tramonto portava con sé, ma non ora...ora non poteva far altro che rievocare nella sua mente tutto quanto accaduto quel giorno. 
 
Passò una mano tra i suoi lunghi capelli, esalando un sospiro che portava con sé più di un semplice sfogo.
 
Perché era stato necessario arrivare a questo?
 
Tuttavia, quella domanda sarebbe rimasta priva di risposta, ed in fin dei conti, ormai non contava nemmeno più.
 
Ad uno ad uno aveva sentito il cosmo dei suoi compagni sparire...ad uno ad uno li aveva sentiti morire.
 
Deathmask...
 
Shura...
 
Camus...
 
Aphrodite...
 
Saga...
 
Le retrovie del Grande Tempio non esistevano più, decimate dalla forza e dalla disperazione di pochi ragazzi... quei ragazzi che, prima di chiunque altro, avevano riconosciuto la loro dea in colei che appariva solo come una qualunque giovane donna.
 
Ripensò ai suoi compagni...avrebbe mentito dicendo che il dispiacere provato per ognuno di loro fosse lo stesso. Non lo era. Non lo era mai stato, né lo sarebbe.
 
Con Deathmask non aveva avuto alcun tipo di contatto da quando aveva lasciato il Santuario, il che sarebbe anche bastato a lasciare dentro di lui una pacifica indifferenza. Ma quando lo aveva intercettato ai Cinque Picchi nella missione di uccidere il vecchio maestro, quella indifferenza era diventata dapprima rabbia, intuendo come il Cancro fosse compiaciuto e gratificato nello svolgimento di quell’incarico, scemando poi in una pietà infinita per colui che avrebbe dovuto difendere e proteggere la giustizia, l’onestà, la rettitudine.
 
Eppure, l’ultimo respiro del quarto guardiano lo aveva lasciato con l’amaro in bocca.
 
Per quanto fosse discutibile come cavaliere ed ancor più discutibile come essere umano, se la dea lo aveva designato come uno dei suoi custodi, doveva aver avuto i suoi motivi, e non stava a lui sindacarli.
 
Shura...
 
Con il decimo guardiano l’Ariete non aveva mai avuto alcun tipo di rapporto, se non la condivisione del comune grado. Quando, da bambino, era arrivato al Santuario, Shura aveva già qualche anno più di lui, così come Aphrodite e Deathmask, e non avevano avuto molti momenti di condivisione.
 
Sapeva che era stato designato per fermare Aiolos la notte in cui fu accusato di tradimento, e così fece mettendo fine alla vita del Sagittario e venendo celebrato in veste di eroe durante gli ultimi tredici anni, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che il Capricorno avrebbe preferito qualunque cosa piuttosto che essere la mano che aveva ucciso uno dei suoi amici. Sì, perché Aiolos e Shura erano sempre stati molto vicini, ed insieme ad Aiolia avevano costituito un piccolo nucleo all’interno di quella grande e strana famiglia. 
 
Aiolia aveva sofferto anche per questo...perdendo in una sola notte suo fratello e colui che aveva sempre considerato tale.
 
Mu era certo che, sebbene all’apparenza si rivelasse serio e distante, lo spagnolo nutriva sentimenti profondi celati alla maggior parte della gente, ed il breve confronto che aveva avuto con Shiryu prima dello svolgimento delle esequie, non aveva fatto altro che confermarglielo.
 
Shura si era sacrificato per salvare la vita di Shiryu, permettendogli di adempiere alla missione che lui stesso aveva fallito...proteggere Atena...eppure, prima di perdersi in un mondo di luce, una parola arrivò nitida alle orecchie del giovane drago...Aiolos...
 
L’ultimo pensiero del decimo guardiano era stato per lui, la persona più importante della sua vita e la sua vittima, pur essendo egli stesso caduto sotto l’ombra dell’inganno.
 
Aphrodite...
 
Per Mu, l’ultima guardia del Santuario sarebbe rimasta per sempre un mistero. Nella sua bellezza letale affogavano l’astuzia e l’inganno, il suo fascino era tale da poter ottenere qualunque cosa volesse da chiunque. 
 
Eppure, in quei pochi incontri, o piuttosto scontri, che suo malgrado aveva avuto con il dodicesimo cavaliere, l’unica impressione che ne aveva ricavato era che fosse infelice come poche altre volte aveva percepito nella sua vita.
 
Dotato di un’intelligenza acuta e di una sensibilità fuori dal comune, quelle che avrebbero potuto essere le sue qualità più apprezzabili vennero rivolte contro se stesso da un'istintiva propensione all’autodistruzione, che forse neanche le persone a lui più vicine avrebbero mai saputo spiegare. Né fermare.
 
Forse, la ragione di quel masochismo risiedeva nell’affetto e nell’attaccamento che nutriva nei confronti di Saga, e che lui, con tutta evidenza, non aveva mai ricambiato...
 
Il solo accenno a quel nome provocò un brivido lungo la schiena di Mu.
 
Saga...per alcuni secondi abbassò le palpebre lasciando che la commozione si diffondesse in tutto il corpo...Saga lo aveva sempre destabilizzato, provocando in lui sensazioni difficili da decodificare. Tuttavia, si costrinse a ricacciare temporaneamente quella sensazione in un angolo della mente. 
 
Camus...
 
Mu non riuscì a trattenere le lacrime che incontrollabilmente riempirono i suoi occhi.
 
Quando aveva sentito il cosmo di Camus affievolirsi per poi spegnersi per sempre, un dolore sordo gli aveva spezzato il cuore...il cavaliere dell’Acquario aveva lasciato questo mondo, portando a termine l’incarico che gli era stato affidato. 
 
Nella sua mente Mu rivisse i momenti più intensi trascorsi con il francese, quelli che avevano permesso alla loro amicizia di nascere e di consolidarsi.
 
La prima notte che avevano trascorso svegli a parlare, mentre, in sottofondo, i venti himalayani sferzavano le solide pietre scure della torre del Jamir...
 
Le visite che Camus riusciva a fargli, deviando il percorso quando la sua presenza era richiesta al Santuario...
 
La pronuncia, in suo favore, durante l’adunanza che avrebbe potuto decretare la sua condanna a morte...
 
L’abbraccio che Camus gli aveva dato al suo ritorno...chi avrebbe mai potuto immaginare che la gelida guardia dell’undicesimo tempio potesse esprimere un affetto così importante? Pochi...davvero poche persone...e Mu si sentì fortunato ad essere uno di quei pochi.
 
Infine, lo sguardo che gli rivolse prima di uscire dal tempio dell’Ariete per l’ultima volta...Mu non lo avrebbe mai dimenticato.
 
Nonostante fosse conscio di ciò che lo attendeva, Camus manifestò una serenità che raramente aveva dimostrato in precedenza, e forse la ragione risiedeva nella tranquillità di sapere che Mu avrebbe onorato la sua promessa, come sempre aveva fatto. 
 
 
Flashback
 
Sapeva che il favore che stava per chiedergli gli avrebbe fatto male, ma non lo avrebbe mai chiesto a nessun altro.
 
- Mu... - l’emozione minacciava di sopraffare la sua voce mentre gli occhi limpidi di Mu cercavano di rassicurarlo - ho bisogno di un favore...e puoi essere solo tu ad aiutarmi... -.
 
Il tibetano lo guardò, annuendo in segno di ascolto. Portò una mano sulla spalla dell’amico, stringendola con affetto per incoraggiarlo a parlare.
 
- L’esito della battaglia potrebbe non essere in mio favore Mu - Camus sospirò prima di continuare - e se Hyoga raggiungesse lo zero assoluto, come spero vivamente, è molto probabile che io non sopravviva al nostro scontro... -.
 
Mu ascoltava con attenzione...non osando nemmeno sbattere le palpebre.
 
- Se muoio... - Camus esitò qualche secondo. Per quanto fosse consapevole del suo ruolo di cavaliere e dell’ombra della morte costantemente alle spalle, era pur sempre un uomo...un giovane uomo...e l’idea che la sua vita finisse così brevemente lo toccava più di quanto volesse.
 
- Se muoio dovrai essere tu ad occuparti delle mie esequie... -.
 
Gli occhi di Mu si aprirono per la sorpresa.
 
Fine flashback
 
 
In quel momento non aveva compreso fino in fondo le ragioni dell’amico. Era certo che, nel caso in cui il combattimento si fosse concluso con la sua morte, Milo avrebbe voluto occuparsi di tutto quanto fosse necessario. Aveva anche tentato di dissuaderlo dalla sua richiesta, ma Camus non aveva voluto sentire ragioni... 
 
A distanza di qualche ora, dovette, suo malgrado, riconoscere che aveva ragione...era chiaro che Camus conoscesse Milo molto più di chiunque altro. E quel pomeriggio ne aveva avuto la drammatica prova...
 
Dopo la fine dello scontro, una volta che Saori ebbe rivendicato il suo posto davanti all’esercito d’oro, o meglio, quello che ne rimaneva, chiese che tutti i cavalieri caduti in battaglia beneficiassero delle onorificenze funebri che spettavano al loro rango. Tutti. Nessuno escluso.
 
Poiché solo in assenza di parigrado quell’incombenza passava in mano alla servitù, l’incarico di preparare le esequie ricadde in capo ai cavalieri superstiti...cinque cavalieri per cinque compagni.
 
Senza alcuna esitazione, Aiolia si prese l’incarico di preparare Shura. 
 
Qualcuno avrebbe potuto considerare strano che il Leone si incaricasse di colui che aveva ucciso suo fratello, tuttavia, nonostante le sofferenze patite, Aiolia aveva compreso come anche Shura fosse stata una vittima, dell’inganno e della sua miopia, ed era giusto che fosse lui a prendersene cura, così come durante l’infanzia si erano presi cura l’uno dell’altro...ora avrebbe raggiunto Aiolos, chiudendo il ciclo iniziato proprio con la morte del Sagittario.
 
Shaka preparò Aphrodite, Aldebaran decise di curarsi di Deathmask, mentre Milo si avvicinò naturalmente, anche se riluttante, al corpo coperto di Camus.
 
Era evidente come nessuno dei suoi compagni avesse neanche preso in considerazione l’idea di prendersi cura di Saga...come se, ripudiando il suo corpo, potessero rinnegare gli ultimi tredici anni.
 
Mu sorrise amaramente dentro di sé. Saga aveva le sue colpe, tante...ma non era il solo...
 
Senza battere ciglio, si diresse verso il punto in cui si trovava il cavaliere dei Gemelli, seguito dallo sguardo infastidito di due occhi celati al resto del mondo. Al di là di tutto, non avrebbe permesso che Saga, uno dei più forti cavalieri d’oro di tutti i tempi, terminasse la sua giovane vita senza gli onori che gli spettavano di diritto.
 
Ed era in procinto di scoprire il corpo ed iniziare subito il suo compito, se qualcosa non avesse attirato la sua attenzione.
 
Immobile, nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato pochi minuti prima, Milo fissava il mantello sotto il quale Camus riposava per sempre. Se Mu non lo avesse visto con i propri occhi, non avrebbe mai potuto credere che Milo, lo schietto e talvolta cinico cavaliere dello Scorpione, colui che aveva sempre pronta la risposta, o una battuta fuori luogo, non sapesse cosa fare. O meglio...sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto fare...solo, non era in grado di farlo.
 
E allora, le parole di Camus acquisirono il senso che il giorno prima Mu non era stato in grado di dargli.
 
Ripensò al sorriso enigmatico che il francese gli aveva rivolto prima di uscire dal suo tempio, e allora comprese...
 
Camus era tranquillo, sereno...perché aveva deciso di confessare i suoi sentimenti a Milo...e probabilmente quella stessa notte i due cavalieri si erano legati per sempre ad un amore tanto privo di speranza quanto carico di verità...e Camus sapeva, era certo che Mu avrebbe mantenuto la sua promessa, evitando a Milo un’inutile sofferenza.
 
E così Mu fece.
 
L’ottavo guardiano era in piedi fissando un non precisato punto di quel candido manto sotto il quale giaceva il suo Camus, stringendo nervosamente i pugni per la propria debolezza. Per quanto in cuor suo sapesse quale fosse la cosa giusta da fare, non ce la faceva, non riusciva a muoversi...e se ci fosse riuscito, avrebbe solo voluto scappare il più lontano possibile...
 
Sotto a quel panno freddo giaceva il corpo privo di vita della sola persona che avesse mai amato in tutta la sua vita, e l’unica immagine alla quale riusciva a pensare era il bellissimo e rarissimo sorriso che Camus gli aveva rivolto solo poche ore prima, salutandolo, prima di dirigersi verso la sua fine.
 
Non voleva che l’orrore della morte rimuovesse quell’immagine dalla sua mente.
 
Quasi sussultò, quando sentì una mano calda poggiarsi delicatamente su una spalla per richiamare la sua attenzione. Voltandosi di scatto, si trovò faccia a faccia con l’espressione calma del primo guardiano, e lì, diverse sensazioni si mescolarono tutte insieme...
 
Avrebbe voluto picchiarlo per togliergli quel suo sguardo sereno, e allo stesso tempo desiderava avere per se anche solo un po' di quella tranquillità che sembrava accompagnare sempre l’Ariete...
Non sapendo a quale sentimento soccombere, fece ciò che in quel momento la sua coscienza gli dettò...senza dire nulla, si avvicinò a Mu abbracciandolo e affondando il viso nella sua chioma lilla, permettendo a se stesso di sfogare con le lacrime il suo dolore.
 
Mu non disse nulla, limitandosi ad abbracciare Milo e a raccogliere lo sfogo del suo compagno d’armi, e quando fu sicuro che lo Scorpione avesse ritrovato la calma, lo esortò ad allontanarsi promettendogli di occuparsi lui stesso dei suoi doveri.
 
Milo non protestò. Dopo la notte trascorsa, presa consapevolezza della natura del legame che legava Camus al primo guardiano, ogni sentimento di gelosia nei confronti di Mu venne abbandonato...inoltre, sapeva che se Camus avesse potuto scegliere qualcuno per quel compito, avrebbe sicuramente scelto l’Ariete. 
 
Quando Mu sollevò il mantello dell’Acquario, non si stupì di incrociare l’espressione serena dell’amico. Camus era morto adempiendo al suo dovere, e per un cavaliere, un maestro, morire impartendo al suo allievo l’ultima lezione rappresentava il più grande degli onori.
 
Tenendo il dolore per la perdita intimamente custodito nel suo cuore, in una delle stanze del tempio patriarcale preparò l’undicesimo guardiano in modo attento e discreto, come era nella natura di entrambi...lavò accuratamente il suo corpo, prima di cospargerlo di unguenti profumati e ricoprirlo con una tunica di colore chiaro, e asciugò i capelli con un telo pettinandoli con cura e lasciandoli sparsi intorno al suo bel viso.
 
Tutto semplice e sobrio. Come richiedeva la tradizione.
 
Quando ebbe terminato di preparare Camus, Mu si congedò lasciando un delicato bacio sulla sua fronte, non riuscendo ad evitare che la commozione gli bagnasse gli occhi...aveva perso un amico, e per quanto male facesse, era intimamente grato per tutto ciò che l’undicesimo guardiano gli aveva dato nel breve periodo che avevano avuto a disposizione...
 
Dopo quel commiato privato, Mu prese un respiro profondo prima di dirigere i propri passi nella sala principale, dove un corpo privo di vita giaceva ancora abbandonato. E solo. Come lo era stato durante tutta la sua vita.
 
Quel pensiero strinse il cuore del tibetano in una morsa di dolore. Per quanto male avesse fatto il demone che Saga non era riuscito a dominare, nessuno meritava di morire così. Nessuno meritava di vivere così.
 
Forse, se qualcuno di loro fosse stato un po' più attento ad alcuni segnali, se non fossero stati concentrati solo sull’ottenere le loro armature, se lo stesso Shion fosse stato più accorto, tutto questo non sarebbe successo...
 
Troppi “se”, concluse amaramente.
 
Sollevando il mantello, quella parte nobile di Saga che per tredici anni era rimasta celata al mondo sotto la forza di un despota, lo guardava con una tenerezza infinita...quella di cui Mu aveva sempre avuto memoria.
 
La morte sembrava non avere avuto alcun effetto sullo sguardo viridiano del cavaliere dei Gemelli, tutt’altro...i suoi occhi apparivano vivi, puntando dolcemente sul cavaliere dell’Ariete. Come se immaginasse chi si sarebbe preso cura di lui...
 
Al contrario di Camus, che era decisamente più leggero, portare il corpo di Saga nella parte più privata del tempio richiese a Mu uno sforzo ben maggiore. Anche fisicamente, il cavaliere dei Gemelli era sempre stato uno dei guerrieri più forti, ma con un po' di fatica in più, Mu fece comunque tutto da solo.
 
Era così che voleva, ma va anche detto che difficilmente avrebbe trovato aiuto da parte dei compagni...
 
Ad onor del vero, quell’atteggiamento di rifiuto da parte dei cavalieri superstiti lo lasciava con l’amaro in bocca. Avrebbe potuto comprenderlo da parte di Aiolia, perché il Leone era colui che aveva più patito le conseguenze delle azioni di Saga, ma dagli altri no. 
 
Solo fino a qualche ora prima, infatti, avevano eseguito pedissequamente, e talvolta anche con un certo compiacimento, gli ordini del falso Patriarca, non ponendosi mai troppe domande su quello che accadeva all’interno del Santuario, sebbene troppe volte apparisse quantomeno dubbio.
 
Con un gesto di fastidio si scrollò dalla mente quei pensieri. Ormai non avevano più senso...ciò che era accaduto non poteva più essere cambiato, ed il futuro che attendeva chi era rimasto richiedeva una collaborazione che non avevano mai avuto, ma che avrebbero dovuto trovare per il bene di tutti.
 
Senza perdere altro tempo, cominciò con il suo compito, e, per prima cosa, dovette spogliare il corpo inerme davanti a sé per poterlo lavare e preparare a ricevere gli unguenti sacri prima della vestizione.
 
Mu avrebbe mentito dicendo che quel compito fosse un mero dovere.
 
Al di là di tutto, oltre al male e alle ingiustizie perpetrate, sotto alle sue mani c’era Saga. Non quel demone che aveva preso il sopravvento sulla sua mente acuta e debole...ma il vero Saga.
 
E Mu adempì a quel dovere con tutta la cura della quale era capace, riesumando, dall’angolo del suo cuore nel quale lo aveva nascosto, l’affetto che nella sua infanzia aveva provato per quel cavaliere... tanto nobile e troppo fragile...
 
Tuttavia, fu solo quando rimosse la parte superiore dell’armatura che si rese conto di qualcosa che fino ad allora non aveva notato...la mano destra di Saga era chiusa a pugno, stringendo qualcosa al suo interno.
 
Nonostante il rigore della morte avesse fatto il suo lavoro, l’impressione che si aveva era che la mano stesse ancora imprimendo forza, probabilmente con un residuo di cosmo che il corpo ancora tratteneva... come se, negli ultimi istanti della sua vita, Saga si fosse aggrappato a qualcosa con l’intenzione di portarla con sé, custodendola gelosamente.
 
Utilizzando il calore del proprio cosmo, Mu riuscì, anche se a fatica perché la presa sembrava opporre una resistenza strenua, ad aprire finalmente la mano, e quello che vide fece spalancare i suoi grandi occhi verdi, lasciandolo di sasso.
 
Tra le dita di Saga era evidente una ciocca di capelli color lavanda... 
 
Dopo qualche attimo di incredulità, Mu collegò le cose, giungendo alla conclusione di ciò che doveva verosimilmente essere accaduto.
 
Quelli erano i capelli tagliati dall’Excalibur di Shura il giorno stesso in cui era tornato al Santuario, quando l’ormai defunto cavaliere del Capricorno lo aveva attaccato per la sua disobbedienza. Evidentemente, una volta che tutti ebbero abbandonato la sala patriarcale, Saga doveva essere uscito per recuperarli...
 
E allora, solo allora, Mu capì.
 
Quello che aveva creduto mero desiderio dettato unicamente dalla lussuria, era, in realtà, amore. Folle, sconsiderato, insensato, irragionevole, ossessivo, malato...ma pur sempre amore.
 
Questa era la ragione per la quale lui, il cavaliere considerato traditore e disertore, era ancora vivo. 
 
Con tutta evidenza, in quegli anni Saga lo aveva protetto da tutti, non permettendo a nessuno con intenzioni diverse dalla riparazione dell’armatura di avvicinarsi alla torre del Jamir, ma soprattutto da se stesso, non costringendolo mai a tornare al Santuario ed accettando ogni sua giustificazione per non mettervi piede.
 
Quando ebbe finito di prepararlo, Mu non poté evitare che la commozione rigasse il suo bel volto triste, e prima di allontanarsi per prendere parte alle esequie, fece ciò che in quel momento la sua coscienza gli dettò...con estrema delicatezza, gli dette l’ultimo saluto, ponendo un piccolo bacio sulle labbra di Saga, esaudendo quello che doveva essere stato il suo ultimo desiderio.
 
Addio Saga.
 
Il funerale era stato solenne e sobrio, come voleva il cerimoniale, al quale seguì la sepoltura nel cimitero del Santuario, nella parte dedicata ai cavalieri d’oro.
 
Parte in cui, finalmente, anche Aiolos ebbe diritto ad un degno riposo. Proprio accanto a Shura.
 
Mu scosse dolcemente il capo da una parte all’altra. Quella era stata la giornata più brutta della sua vita, peggiore persino del giorno in cui aveva dovuto lasciare il Santuario, dopo aver sentito il cosmo del suo maestro spegnersi per sempre.
 
Quantomeno Shion aveva vissuto. Tanto, forse anche troppo per i dolori dell’età che spesso non riusciva a nascondere ad un piccolo, ma attento, Mu...
 
Oggi, però, erano morti i suoi compagni. Giovani uomini che avevano votato la propria vita ad una dea e ad una causa...fieri del loro ruolo, ma che troppo spesso si erano ritrovati ad invidiare i loro coetanei che vivevano una vita meno eroica, ma più vera.
 
Questo valeva anche per lui?
 
Il primo guardiano non si era mai posto troppe domande sull’argomento. Probabilmente perché temeva le risposte.
 
Per tutta la sua vita aveva conosciuto solo il suo ruolo di cavaliere, obbedendo prima a Shion, nel suo duplice ruolo di maestro e Patriarca, e poi a Dohko che, di fatto, lo aveva sostituito. Aveva perfezionato il suo ruolo di fabbro, perché era suo dovere, si era preso cura di Kiki nonostante fosse lui stesso ancora un bambino, perché il suo piccolo cosmo lo aveva segnato come futuro cavaliere dell’Ariete. Ora si apprestava a combattere una guerra santa, poiché la reincarnazione di Atena implicava che il dio degli inferi stava per mobilitare nuovamente il suo esercito nero...
 
Aveva mai vissuto davvero?
 
Stava per darsi l’ineluttabile risposta, quando un rumore metallico cadenzato lo distrasse dai suoi pensieri.
 
Aiolia era corso da Marin non appena erano stati lasciati liberi di tornare nelle proprie case, mentre Milo si era diretto verso il tempio dell’Acquario senza neanche fermarsi all’ottavo. E per quanto riguardava Aldebaran, i suoi passi erano decisamente più pesanti...
 
Senza bisogno di voltarsi, sapeva perfettamente chi fosse entrato in quel momento nel suo tempio. 
 
-  Cosa ti porta alla prima casa... Shaka? - la voce di Mu non suonò dura né ostile. Solo stanca.
 
- Mu... - le parole morirono in gola, guardando le spalle del compagno.
 
Il sesto guardiano aveva lottato contro se stesso prima di decidersi a scendere alla prima casa. Come presentarsi davanti all’Ariete dopo tutto quello che aveva detto...e fatto?
 
Come affrontarlo dopo aver minacciato di porre fine alla sua vita da traditore...quando il traditore si era rivelato lui stesso?
 
La verità era che, in quelle ore, Shaka aveva dovuto ingoiare il suo orgoglio, che non era proprio piccolo, ed affrontare il nemico che gli si era posto innanzi...se stesso.
 
Lui, l’uomo più vicino agli dei, considerato la reincarnazione stessa di un essere divino...non avrebbe potuto allontanarsi di più dalla realtà. Aveva sempre pensato che il fatto di vivere con gli occhi chiusi gli permettesse di acuire la sua percezione... e nel frattempo non si era accorto di quello che accadeva sotto al suo naso! 
 
Per di più, aveva biasimato l’unica persona che era stata in grado di capire ciò che lui stesso aveva sempre avuto davanti agli occhi e che si era rifiutato di vedere. Eh sì, il problema era anche questo...perché, guardandosi indietro, i segnali che qualcosa non andasse come avrebbe dovuto c’erano tutti. Il punto è che rendersi conto di quei segnali avrebbe significato mettersi in discussione...ed ammettere di non essere dalla parte giusta.
 
Avrebbe potuto, l’uomo più vicino agli dei, sbagliare?
 
Per quanto ci avesse rimuginato sopra, la risposta era stata solo una...granitica...sì.
 
E come se non bastasse, oltre ad aver biasimato Mu, gli aveva anche promesso di ucciderlo per la sua infedeltà ad un falso Patriarca...
 
Ripensando a quanto accaduto, Shaka si domandò quando avesse perso completamente la ragione. Perché bisognava essere completamente ciechi per non rendersi conto che le cose non andavano come avrebbe richiesto un luogo dedito alla giustizia ed alla rettitudine...il punto è che la cecità non aveva afflitto i suoi occhi, ma il suo cuore, rendendolo impermeabile a qualunque ragione, soffocato da un’arroganza senza pari e totalmente ingiustificata.
 
Tuttavia, ritenendosi, nonostante tutto, un cavaliere d’oro e non una locusta, decise per la prima volta nella sua vita di mettere da parte l’orgoglio ed affrontare finalmente le sue responsabilità. Per quanto Saori Kido fosse stata magnanima nel non giudicare il suo esercito, il giudizio che Shaka sapeva di dover affrontare era molto più complesso...anche perché non conosceva il grado di benevolenza del suo giudice.
 
Quando finalmente ritrovò la padronanza dei propri pensieri, Shaka non aspettò oltre e, senza attendere che Mu si voltasse indietro, si portò innanzi a lui, ponendosi qualche gradino più in basso per poter essere alla sua altezza.
 
Mu alzò i tika sulla fronte in segno di lieve stupore. Non era usuale vedere la Vergine Shaka porsi al di sotto di qualcun altro, tuttavia, comprese immediatamente come il compagno fosse in difficoltà, e volle venirgli incontro.
 
- Shaka...che succede? -.
 
Il suono calmo della voce di Mu giunse alle orecchie dell’indiano, agendo da balsamo sui suoi nervi.
 
- Mu - Shaka inspirò profondamente - perdonami... -.
 
L’Ariete scosse dolcemente il capo.
 
- Non ha senso quello che dici Shaka...l’unico perdono che deve starti a cuore è quello della dea...e lo hai già avuto -.
 
- Avevo promesso di prendere la tua vita quando tutto fosse stato chiarito... - la Vergine aprì gli occhi - ma si scopre che l’unico a non aver mai tradito sei proprio tu - prese una pausa prima di continuare, scandendo lentamente ciò che disse qualche istante dopo - quindi è giusto che sia tu a prendere la mia... -.
 
Mu si limitò a mostrare un sorriso triste, fissando il suo sguardo smeraldo in quello azzurro del compagno.
 
- E chi sono io per pretendere la tua vita...Shaka? -.
 
Il sesto guardiano abbassò gli occhi. Un gesto insolito e raro in lui.
 
- Sai perfettamente cosa ci attende - Mu continuò non distogliendo la vista - e siamo così pochi... -.
 
- È solo per questo Mu? - domandò a bruciapelo la Vergine, guardando gli smeraldi aprirsi per lo stupore - È solo perché siamo in attesa della guerra santa che non prenderesti la mia vita? -.
 
Il tibetano comprese che Shaka stava andando oltre. Non era più del loro dovere che stava parlando...
 
- Cosa vuoi sapere esattamente Shaka? - domandò riportando lo sguardo sulle montagne che costeggiavano il Santuario - Vuoi sapere se ti risparmierei la vita solo perché sei un compagno? - chiese attirando l’attenzione dell’indiano, che riportò lo sguardo su di lui in attesa.
 
Mu scelse di essere sincero. Da troppo tempo aveva compreso cosa comportasse la vita di un cavaliere...costantemente appesa ad un filo invisibile tenuto dalle dita inaffidabili di dei troppo spesso irresponsabili. Quindi, aveva promesso a se stesso di non lasciare mai nulla di incompiuto. 
 
- Tu non sei mai stato solo un compagno per me... - vide Shaka aprire i suoi bellissimi occhi - sei sempre stato di più...molto di più...sei stato il mio amico più caro...l’unico affetto del quale io abbia davvero sentito la mancanza... -.
 
- Solo questo Mu...un amico? - domandò Shaka a bruciapelo. 
 
Sebbene avesse paura di ciò che il tibetano avrebbe potuto rispondergli, Shaka cercava risposte. Aveva bisogno di sapere se anche Mu sentiva ciò che sentiva lui, se anche Mu non poteva passare un solo istante senza che fosse tra i suoi pensieri. No, non sarebbe andato via senza una risposta.
 
L’Ariete comprese perfettamente cosa gli stesse davvero chiedendo il sesto guardiano, tuttavia, non sapeva quanto fosse saggio rivelarglielo. Non considerato quello che li attendeva a breve...
 
- Perché vuoi saperlo? Cosa cambia a questo punto? Mi avresti odiato di meno? - Mu parlò lentamente, scandendo perfettamente ogni domanda.
 
- È vero...ti ho odiato...ti ho odiato profondamente, con tutto me stesso, in un modo in cui una persona che professa la nostra religione non dovrebbe mai neanche pensare - il volto di Shaka mostrò una smorfia di dolore.
 
- Mi consideravi un traditore - commentò Mu con un sorriso triste - hai idea di quanto abbia sofferto sapendo che, tu, la persona per me più cara, l’unica che mi conoscesse davvero, pensasse di me che avevo tradito la dea, la missione, il Santuario? -.
 
- Sì, è vero, ti ho considerato un traditore, ma non di questo dannato luogo! - non era usuale per Shaka perdere il controllo, quindi prese un respiro profondo nel tentativo di calmarsi - Il fatto è che mi hai tradito... - vide Mu sgranare gli occhi stupito - sei scappato di notte...quella notte...come un ladro, senza darmi uno straccio di spiegazione, lasciandomi senza l’unica persona che abbia mai amato -.
 
- Shaka... - Mu voleva dire qualcosa, ma fu subito interrotto.
 
- Eravamo solo bambini, eppure quello che provavo per te era così chiaro da farmi male... - gli occhi della Vergine si velarono - quando te ne sei andato via, quella parte di me è morta...l’ho uccisa soffocandola nel disprezzo - una goccia salata rigò lentamente il bel viso dell’indiano - o almeno così credevo finché non sei tornato...e hai capovolto tutto nuovamente... -.
 
Mu guardava incredulo il viso di Shaka. La notte della sua fuga dal Santuario aveva pensato che l’amico avrebbe sofferto della sua lontananza, tuttavia, non avrebbe mai immaginato cosa ci fosse davvero nel cuore di Shaka...sebbene fossero bambini, Mu aveva compreso come i suoi sentimenti nei confronti del futuro cavaliere della Vergine fossero differenti rispetto a quello che provava per gli altri compagni, e crescendo aveva potuto dare un nome a ciò che sentiva, ma non avrebbe mai pensato che Shaka lo ricambiasse nella stessa maniera.
 
In quel momento, diverse emozioni si alternarono nel cuore del tibetano...gioia, per essere ricambiato, tristezza, per non poter vivere i suoi sentimenti, dolore, per ciò che li aspettava...
 
Senza rendersene conto, scosse la testa dolcemente - Non può succedere davvero, tutto questo non può essere reale... - parlò tra sé, ma in modo abbastanza chiaro da poter essere sentito anche da chi aveva di fronte.
 
Con lo sguardo puntato verso il basso, cercava disperatamente un filo di razionalità in quello che stava accadendo, ma, prima che potesse trovarlo, una mano scorse delicatamente tra la sua chioma richiamando la sua attenzione.
 
- Questo è reale... - la voce insolitamente morbida di Shaka suonò estremamente vicina al suo orecchio, mentre continuava ad accarezzare le sue lunghe ciocche color lavanda.
 
Quando Mu alzò lo sguardo, trovò il viso dell’indiano a pochi millimetri dal suo. 
 
Questa volta non c’erano costrizioni, né imposizioni. Shaka gli lasciò tutto il tempo necessario per allontanarsi...se avesse voluto.
 
Ma Mu non si mosse.
 
- Anche questo è reale... - fu l’ultima cosa che Shaka disse prima di prendere le labbra di Mu con un movimento dolce e deciso al tempo stesso.
 
All’inizio fu uno sfioramento, poi un lento e delicato assaggio...entrambi si presero il tempo di scoprire quel mistero che li aveva sempre affascinati. Come sarebbe stato il gusto dell’altro...
 
Ed il modo in cui si avventarono l’uno nella bocca dell’altro fu una chiara risposta all’atavico interrogativo.
 
Ingaggiarono una dolce battaglia, in cui l’obiettivo non era vincere, o predominare, ma semplicemente prendere ciò che entrambi avevano dovuto negare a loro stessi per troppo tempo.
 
Quando dovettero separarsi per la mancanza d’aria, Shaka ne approfittò per rimuovere dal suo corpo l’armatura della Vergine, venendo prontamente seguito da Mu, che concesse il riposo all’Ariete. Dopo quella breve interruzione, ripresero possesso della reciproca voluttà, lasciando i loro corpi liberi di tuffarsi nel reciproco desiderio represso.
 
Tuttavia, quando un barlume di lucidità attraversò la mente del primo guardiano, si staccò rapidamente, prendendo il compagno per le spalle e costringendo a guardarlo.
 
- Non possiamo Shaka! - disse ansimando, cercando di ignorare la sensazione di freddo che lo aveva colto allontanandosi dall’indiano - Sarà solo peggio...come potremo affrontare la morte sapendo cosa ci aspetterebbe se vivessimo?! -.
 
Shaka, tuttavia, non accennò ad arretrare di un millimetro, fissando Mu come se potesse attraversarlo solo con lo sguardo. 
 
Con una mano accarezzava il bel viso del tibetano, mentre nell’altra andava via via materializzandosi un oggetto ben noto all’Ariete...lo jutzu della Vergine...il simbolo che da sempre aveva accompagnato i cavalieri del sesto tempio, e che Shaka portava con sé da quando aveva iniziato il suo addestramento.
 
Mu aggrottò i suoi tika, rivolgendo al compagno uno sguardo interrogativo. Aprì la bocca nel tentativo di parlare, ma prima che potesse pronunciare anche una sola vocale, un dito si posò dolcemente sulle sue labbra chiedendogli di tacere.
 
- Quando arriverà il momento...e stai certo che arriverà... - Shaka parlò nel modo più solenne possibile - dovrai lasciarmi andare...senza tentare nulla per impedirlo... -.
 
- Come posso lasciare morire l’uomo che amo? - domandò Mu con gli occhi velati, avendo cominciato a capire cosa gli stesse dicendo Shaka. 
 
La Vergine sgranò leggermente gli occhi, sentendo quella confessione uscire in modo così naturale, e non poté evitare che un sorriso si allargasse sul suo bel volto.
 
- Solo tu puoi farlo Mu, dovrai essere forte, come l’amore che provi per me...come l’amore che provo per te - la tenerezza era qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato di poter vedere negli occhi sempre chiusi del sesto guardiano, eppure, in quel momento, lo sguardo di Shaka su Mu mostrava tutta la dolcezza che l’indiano aveva conservato nel suo cuore solo per il tibetano. 
 
- Ma fino ad allora... - con estrema delicatezza insinuò le sue lunghe dita nel colletto della maglia di Mu, accarezzando dolcemente la clavicola - non posso permettermi di perdere altro tempo... -.
 
Lo sapevano entrambi. La guerra santa probabilmente li avrebbe spazzati via...erano coscienti di rappresentare il contrappasso necessario per placare l’esercito nero che si stava risvegliando, tuttavia, ora la scelta che si poneva dinanzi ad entrambi era tra vivere in attesa della fine, o vivere a dispetto del fatto che ci sarebbe stata una fine.
 
Abbassando ogni residua riserva, Mu gemette al tocco di Shaka, e quello fu il segnale che l’indiano aspettava per colmare nuovamente lo spazio che lo separava dall’Ariete e perdersi finalmente dentro di lui.
 
In quel momento, la scelta fu chiara. 
 
Fino a sera inoltrata, nessun passo umano calpestò l’ampia piattaforma antistante il tempio dell’Ariete, ma quando scoccò la mezzanotte, un triste cavaliere attraversò quella strada per dare inizio al suo turno di guardia. 
 
Voltandosi verso l’ingresso della casa, non poté evitare un mezzo sorriso vedendo l’armatura della Vergine, in religiosa posa di preghiera, guardata a vista dall’Ariete d’oro, che sembrava circondarla e proteggerla da sguardi indiscreti con le sue imponenti corna.
 
Alzando lo sguardo verso la volta celeste, Milo vide nuovamente Sadachbia, la stella fortunata della costellazione dell’Acquario. A dispetto della sera precedente, però, brillava forte, rischiarando con la sua bella luce le stelle circostanti, e allora Milo comprese...
 
Camus era morto sereno e da questo momento lo avrebbe accompagnato fino al momento in cui si sarebbero ritrovati. Stavolta per sempre.
 
Scuotendo i suoi riccioli blu, Milo allargò un bellissimo sorriso, mentre grandi lacrime cadevano dai suoi color mare imperlando il suo viso abbronzato di gocce salate.
 
- Anche se è stato per poco tempo, grazie per tutto quello che mi hai dato...ci vediamo presto amore mio... -.
 
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Grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto questa storia, ed un ringraziamento speciale a chi ha lasciato impressioni e consigli, sempre estremamente preziosi.
   
 
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