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Autore: Jamie_Sand    04/01/2023    5 recensioni
Nell’agosto del 2005, la preside McGranitt nota lo strano nome di un nato babbano che doveva iniziare a frequentare la scuola proprio quell’anno. Chiede dunque quindi al suo ex studente Harry Potter di portare lui stesso la lettera di ammissione a casa del bambino. Quando però Harry varca la soglia del cottage in cui vive il piccolo mago, si trova di fronte la copia esatta del suo defunto padrino e una donna che dice che quello non è altro che il figlio di Sirius Black.
Dal prologo:
- Come è possibile…? Lui e Sirius… - Sussurrò Harry, continuando a fissare il ragazzo, senza accorgersi di avere gli occhi pieni di lacrime.
Poi si voltò verso la donna, che teneva in mano una tazza piena di tea. - Sono identici, non è vero? - Chiese, con voce rotta.
- Non capisco. - Disse Harry, sempre più confuso. - Se Sirius avesse avuto una famiglia, addirittura un figlio, tutti noi lo avremmo saputo! -
- È complicato. - Rispose la donna. - Lascia che ti racconti la storia. -
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Lascia che ti racconti la storia'
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Epilogo 

Parte IIª

Il vero matrimonio.

 

Sirius Black non era un grande amante della mattina presto. Aveva sempre fatto fatica a lasciare il letto, forse per il fatto che da sempre soffriva d'insonnia, persino prima di Azkaban il suo sonno era disturbato e irregolare. C’erano notti, quando era ancora uno studente spensierato di Grifondoro, in cui rimaneva a fissare le tende del letto a baldacchino del suo dormitorio per ore, lasciandosi cullare dal respiro regolare di James, le parole biascicate di Remus che parlava nel sonno, o dal russare sommesso di Peter. 

Poi era arrivata Hazel, la prima e unica persona con cui aveva diviso il letto e che spesso per lui era quasi come un sonnifero. Averla affianco lo faceva sentire rilassato fin dai tempi in cui erano si conoscevano appena, quando lei si sdraiava al suo fianco per consolarlo dopo l’ennesimo incubo. 

Sirius amava il fatto che lei fosse sempre lì per lui di notte, che poteva svegliarla anche alle tre del mattino se solo aveva bisogno di parlare e adorava che per lei fosse lo stesso. Ma soprattutto Sirius amava aprire gli occhi al mattino e poter posare subito lo sguardo sul volto rilassato di Hazel, che dormiva sempre con la faccia rivolta nella sua direzione. 

Il giorno del matrimonio di Teddy e Victoire, Sirius si svegliò prima di Hazel, infastidito da quei primi raggi di sole che erano riusciti a trapassare tra le tende. Lei, ancora profondamente addormentata, se ne stava sdraiata al suo fianco, tutta raggomitolata contro di lui, i folti capelli color cioccolato sparati da tutte le parti e un pigiama estivo di cotone rosa e bianco indosso. 

Sirius trovava stupefacente il fatto che la trovasse ancora bellissima, nonostante fossero passati dodici anni da quando erano tornati insieme e ben trenta da quando si erano conosciuti, — sebbene per lui fossero molti meno. 

Da ragazzo la prospettiva di passare l’intera vita con una sola donna lo faceva sentire un po’ ingabbiato: non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile riuscire a non stancarsi mai di svegliarsi accanto alla stessa persona per sempre e quando James aveva chiesto a Lily di sposarlo, Sirius era rimasto totalmente di stucco. 

“Quando ti innamorerai per davvero allora capirai”, gli aveva detto James quando l’amico aveva espresso tutti i suoi dubbi e, a distanza di decenni, Sirius avrebbe tanto voluto rispondergli che aveva ragione, ma che a quei tempi le cose erano diverse, lui era diverso: aveva vent’anni, c’era una guerra, e tutto ciò che desiderava era vivere qui e ora. In fin dei conti il futuro non era mai stato troppo interessante per Sirius Black, almeno finché non si era innamorato di Hazel. 

Hazel d’altra parte era convinta che qualcosa di più alto li avesse uniti, il destino, il fato, una forza dal nome sconosciuto. Erano nati a chilometri di distanza, a quattordici anni di distanza, in due mondi totalmente opposti: lui il primogenito di una famiglia ricca di maghi purosangue, lei una babbana figlia di nessuno; eppure erano lì, si erano incontrati e si erano amati. 

Cosa sarebbe successo se Sirius fosse entrato in una delle tante altre case vuote sulla costa? Questa domanda lo terrorizzava, perché non riusciva a immaginare un mondo in cui loro due non si erano conosciuti, un mondo in cui i loro figli non esistevano. 

Hazel aprì gli occhi all’improvviso, come se l’insistente sguardo di lui avesse turbato il suo riposo, e accennò un piccolo sorriso, il viso ancora molto assonnato. - Buongiorno. - Biascicò stiracchiandosi. - Che ore sono? - 

- Presto. - Si limitò a dire lui, parlando a bassa voce e avvicinandosi ancora un po’ a lei.  

Hazel lo abbracciò, poggiando la testa alla sua spalla e chiudendo nuovamente gli occhi. Per un paio di secondi era riuscita a non pensare al fatto che quello era il fatidico giorno in cui si sarebbe dovuta scontrare con ogni membro della famiglia Weasley, Percy compreso, e si era sentita un po’ meno in ansia rispetto a ogni momento delle due settimane appena trascorsa. 

Erano stati quindici giorni intensi, quelli. La casa era ancora un vero disastro, con scatoloni ovunque e qualche molliccio nascosto qui e là; c’era perfino un ghoul in soffitta e, per quanto la cosa la terrorizzasse, Sirius le aveva detto che era innocuo, che anzi si occupava di tenere gli insetti lontani, e dunque non se l’era sentita di sfrattarlo da lì. Inoltre Halley ci aveva fatto amicizia cosa che fatta da qualsiasi altro bambino poteva suonare strana, ma che nella loro famiglia passava piuttosto inosservata: dopotutto Janus a otto anni parlava con i rettili, dunque avere un ghoul per amico rientrava perfettamente nei loro standard. 

Erano andati a cena da Harry due in quelle due settimane, e per quanto avere a che fare con Ginny fosse sempre un po’ strano per Hazel, era stato bello vedere di nuovo  Sirius contento insieme al suo figlioccio. Inoltre, se con Ginny c’era ancora un bel po’ di freddezza, James, Albus e Lily sembravano sempre molto contenti di vedere Hazel e Sirius, mentre erano piuttosto abituati ad avere a che fare con Janus, dato che il ragazzo capitava spesso a casa Potter. 

Quel matrimonio imminente però non sarebbe stato per niente come dividere la tavola con Ginny, Harry e i loro figli, per questo Hazel si sentiva terribilmente a disagio all’idea di doversi presentare alla Tana di lì a poco.

- Sei ancora sicuro di volerci andare, oggi? - Mormorò Hazel, senza aprire gli occhi. 

- Tu sei ancora sicura che sia una pessima idea? - Le girò la domanda lui. 

- Assolutamente sì. - Rispose subito Hazel. 

Sirius sospirò e iniziò ad accarezzare lentamente la schiena di lei, quasi come per consolarla. - È il matrimonio di Ted. - Disse. - Ho già perso quello di Harry e un’infinità di altre cose. Vorrei smettere di perdermi gli eventi importanti delle persone che amo. - 

Hazel aprì finalmente gli occhi, puntando lo sguardo sul volto del mago, che a sua volta guardava dritto davanti a sé con l’espressione che assumeva quando gli veniva in mente qualcosa di spiacevole. - Pensi a Remus? - Gli domandò.

Sirius annuì. - Penso a tutto. Non solo alle cose tristi. - Spiegò, anche se il tono sembrava piuttosto angustiato. Gli capitava spesso di sentirsi un po’ giù di morale all’improvviso e senza una vera e propria motivazione. - Mentre dormivi ho pensato a noi due, alla vita che abbiamo e a quanto ti amo. - Aggiunse. 

Hazel aggrottò la fronte. Sirius non era affatto quel tipo d’uomo che diceva ogni giorno alla propria compagna che l’amava. Solitamente era Hazel quella che usava di più quelle due parole, e a quel punto lui la guardava, le sorrideva e le rispondeva semplicemente “anche io”. Lui non lo diceva quasi mai, ma in compenso glielo faceva spesso. Lui la appoggiava sempre e soprattutto non giudicava mai, come spesso invece Percy aveva fatto, le sue stranezze o quelle strampalate performance artistiche in cui si cimentava, anche se lui a stento riusciva a capirle. 

Lui era la sua musa, era la sua musa soprattutto quando sul suo viso calava l’ombra della malinconia, come in quel momento. 

Hazel avrebbe tanto voluto ritrarlo, ma d’altra parte non aveva nessuna intenzione di allontanarsi da lui, anche se probabilmente di lì a poco sarebbe stata costretta ad alzarsi. 

- Sei così bello. - Disse piano, continuando a fissarlo. 

Sirius fece una faccia perplessa e divertita insieme e scosse la testa. 

- Non fare il finto modesto, sei completamente consapevole di esserlo! - Esclamò lei. 

- Pensa che se non fossi morto per quattordici anni a quest’ora sarei uno di quei vecchi decrepiti tutt’altro che belli. - Disse Sirius. - E sai cosa avrebbero detto tutti quanti, vedendoci insieme? - 

- Che cosa? - 

- Si sarebbero chiesti cosa ci faceva una donna come te con un vecchietto come me. - 

Hazel alzò le spalle e poi si mosse finendo a cavalcioni su di lui. - E io avrei risposto che sto con te perché sei ricco. - Disse sogghignando. 

- E io che pensavo che fosse perché sono un magnifico amante. - 

- Quello è ovviamente la ragione numero due. - Rispose Hazel, prima di chinarsi per poter poggiare teneramente le labbra su quelle di lui. 

Un po’ troppo teneramente, pensò Sirius, e questo lo spinse a ribaltare immediatamente la posizione in cui si trovavano, sovrastandola. La baciò con veemenza, come a dirle “ecco, questo è un bacio vero” e quando lei ricambiò con lo stesso entusiasmo, Sirius allungò una mano verso il comodino, afferrando la bacchetta. - Chiudo la porta. - Disse parlando a bassa voce. 

- Aurora e Halley potrebbero essere svegli. - Lo fermò subito Hazel. 

- Allora chiudo e silenzio la porta. - Ribatté Sirius alla svelta.

Lei aggrottò le sopracciglia e arricciando le labbra scosse la testa. - Sono troppo in ansia per oggi per riuscire a… pensare ad altro. - Si giustificò. - Temo davvero che sarà un disastro. - 

Sirius sospirò e poi tornò nuovamente dalla sua parte del letto, abbracciandola. - Qual è la cosa peggiore che può succedere a questo matrimonio? - Le domandò tranquillo. 

- Non lo so. - Sbuffò Hazel. - È questo il problema, non so cosa aspettarmi. E non so neanche cosa mettermi. - 

- Questo sì che è un problema insormontabile. - Scherzò lui, ridendo. 

Hazel alzò la testa, scoccandogli un’occhiata nervosa. - Lo è. - Obiettò. 

- Sei una babbana, Hazel; puoi indossare qualsiasi cosa e spacciarla per alta moda. - Disse Sirius, alzando gli occhi al cielo. - Per quanto riguarda me… credo proprio che dovrò affidarmi ai miei vecchi abiti da mago. - Aggiunse annuendo. 

Hazel lo guardò senza dire niente per qualche istante e poi sorrise divertita. - Quindi abbandonerai per un giorno questa tua aria da surfista babbano della Florida per tornare nei panni di Sirius Black, l’erede della Nobile e Antichissima casata dei Black, Toujours Pur eccetera eccetera? - Chiese.

Sirius si limitò a scrollare le spalle. 

- Walburga sarebbe davvero fiera. - Fece Hazel. 

- Certo che sì, davvero fiera. - Sogghignò Sirius. - Soprattutto dei nostri tre figli mezzosangue. Anche se di Janus e Aurora magari lo sarebbe davvero, loro sono così Black. Soprattutto lei a dire il vero; non mi sorprenderei se il Capello Parlante la mettesse in Serpeverde il prossimo anno. Sarebbe comunque un colpo al mio povero cuore ma me lo aspetto. - 

Le alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, ma sorrise. 

- Sai qual è la cosa più assurda? - Continuò Sirius, voltandosi verso di lei. - Che nonostante lei sia così simile a loro rimane comunque la mia preferita. - 

- Hey! Non dovremmo avere dei preferiti! - Si indignò Hazel. 

- Anche tu ce l’hai, non farmi la morale. - 

- Io non ce l’ho! - 

Sirius fece una faccia scettica. - Halley è chiaramente il tuo preferito. - Insinuò. 

- Ma certo che no! Per me sono tutti uguali! - Esclamò Hazel. - Ma lui è il più piccolo, quello che ha più bisogno di me, lo sai che è un bambino sensibile che ha bisogno di essere guidato… senza contare il fatto che per concepirlo abbiamo dovuto faticare parecchio, mentre gli altri due ci sono capitati tra capo e collo. - 

- È il tuo preferito. - Insistette Sirius.

Hazel sbuffò e si mise seduta, incrociando le braccia sul petto. - Va bene, lo è. - Ammise dopo un lungo attimo di esitazione. - Ma non dirlo a Jan. - 

- Lui è un adulto, che vuoi che gliene importi di certe cose? - 

- Lo so che è un adulto… però ultimamente mi preoccupa, a te no? Da quando Faye l’ha lasciato non l’ho più visto davvero felice. - 

Sirius sospirò e poi anche lui si sedette, la schiena appoggiata alla spalliera del letto. Se era preoccupato? Lo era eccome, ma preferiva di gran lunga non pensare al fatto che probabilmente suo figlio era depresso. Sei mesi prima, durante le vacanze di Natale, Sirius aveva tentato di parlargli, si era seduto e gli aveva chiesto senza filtri come si sentisse, se sentisse la mancanza di Faye, e Janus in tutta risposta aveva scrollato le spalle e si era limitato a rispondere con un generico “va tutto bene”. 

- Si riprenderà prima o poi. - Assicurò Sirius, tentando di essere convincente. - D’amore non si muore mica. - 

Hazel non rispose. 

D’amore non si muore, almeno non fisicamente, si disse, mentre le tornavano in mente tutte le volte in cui la mancanza del suo di amore l’aveva quasi portata alla pazzia. Sapeva che Janus aveva molta paura dell’abbandono esattamente come lei, quindi conosceva esattamente quel tipo di dolore. 

Hazel aprì la bocca per poter dire qualcosa, quando al piano di sotto il campanello suonò. 

- Vai a svegliare Aurora e Halley? - Fece lei, scalciando il lenzuolo leggero in cui erano avvolti, così da alzarsi in piedi. 

Sirius annuì e un attimo dopo lei era uscita dalla loro camera da letto. 

In casa c’era un insolito silenzio; Hazel non aveva idea di che ore fossero, ma era ovvio che fosse piuttosto presto. Scese le scale e quando raggiunse l’ingresso spalancò la porta, ritrovandosi davanti al suo figlio maggiore. Janus aveva un’espressione insolitamente gioviale dipinta in volto quella mattina, sembrava quasi… contento, sembrava di buon umore.

- Buongiorno. - Esclamò il giovane, entrando in casa. 

- Janus, è prestissimo. - Disse Hazel, scrutandolo attentamente. - Che ci fai già qui? -

- Tra cinque ore dobbiamo stare alla Tana, non è così presto se ci metti il fatto che andremo in macchina. - Spiegò lui, camminando verso la cucina. 

- Ma saranno sì e no le sette! - Rimarcò Hazel, sempre più perplessa. 

- Se vi ho svegliato mi dispiace, ma non voglio arrivare in ritardo. - Ribadì Janus. 

Hazel aggrottò le sopracciglia e una volta in cucina si avvicinò subito ai fornelli. - Hai già fatto colazione? - Domandò. 

- No, ma non ho fame. - Rispose Janus. - Dov’è papà? Dovresti svegliarlo. - 

- Eccomi, ragazzo, eccomi. - Esordì Sirius, entrando in cucina tenendo Halley, ancora molto assonnato, in braccio e seguito subito dopo da una creatura simile a un piccolo orco, viscido, calvo e dai denti sporgenti, che Janus riconobbe subito essere un ghoul.

- No, no, no, porta subito quella cosa lontano da me! - Strillò Hazel, puntando il dito verso la creatura. 

- Ma mamma! Timothy dice che in soffitta si sente solo e che ha anche fame! - Protesto Halley, lasciando le braccia del padre. 

- Timothy? Quindi adesso quella cosa ha un nome. - Sbottò Hazel. 

Halley annuì e Sirius fece una faccia un po’ troppo divertita per i gusti di lei, che a sua volta lo incenerì con lo sguardo. 

Janus rise. - Dai, mamma, hai vissuto per mesi dividendo la casa con Kreacher, che era molto più brutto e pericoloso di… Timothy. - Buttò lì. - Persino il demone assassino che c’era in uno dei bagni a Grimmauld Place ti faceva tenerezza, perché lui no? - 

Hazel sbuffò e poi si rivolse a Sirius. - Dai a Timothy qualcosa da mangiare e poi rispediscilo in soffitta. - Sentenziò prima di spostare lo sguardo sul bambino. - Halley, potrai andarlo a trovare quando vuoi ma, ti prego, non farlo uscire di lì mai più. - 

Il piccolo demone sembrò offeso e si lasciò sfuggire un basso lamento mentre la fissava con i suoi piccoli occhietti acquosi e lucenti. 

- Può almeno venire al matrimonio di Teddy? - Chiese Halley speranzoso. 

- Ma sei pazzo? - Urlò Aurora, varcando come una furia la porta della cucina, i lunghi capelli neri legati in una traccia e indosso una camicia da notte che la faceva sembrare una piccola principessa. - Già non conosciamo nessuno qui, se portiamo anche quel coso schifoso saremo come degli appestati. Buongiorno, Jan. - Aggiunse, sedendosi accanto al fratello maggiore. 

- Non è vero che non conoscete nessuno. - Obiettò Sirius, dopo aver consegnato un pacco di merendine a Timothy, che subito dopo filò al piano di sopra. - Ci saranno anche James, Albus e Lily. - 

Aurora alzò le sopracciglia e sgranò gli occhi, come se le fosse appena venuto in mente qualcosa di molto importante. - Sapete chi ho visto a Hogwarts, l’altra volta? - Chiese, guardando i genitori — e per un attimo Janus temette davvero che sua sorella si mettesse a parlare di quell’imbarazzante primo incontro con Molly nell’aula di divinazione. - Ho visto Al… e sapete cosa stava facendo? - 

- Che cosa? - La incitò Sirius, mentre nel frattempo stava aiutando Hazel a preparare qualcosa per colazione. 

Aurora sogghignò e attese qualche secondo prima di rispondere, nel tentativo di creare un po’ di sana attesa. Se c’era una cosa che adorava, allora quella era la teatralità. - Si stava baciando in un’aula vuota con uno di Serpeverde, un ragazzo biondo e pallido! - Spifferò tutto d’un fiato con fare melodrammatico. 

Hazel sogghignò, quasi come se lo sapesse già, mentre Sirius e Janus rimasero perplessi. 

- Baciava un ragazzo? - Chiese bruscamente il primo. - Un maschio? - 

- Un ragazzo biondo, pallido e di Serpeverde? - Rimarcò l’altro, pensieroso. - Oh Godric… Albus esce con il figlio dei Malfoy? A Harry prenderà un colpo. - 

- Per il fatto che suo figlio sta con un ragazzo? - Domandò Hazel.

- No, non per quello. - Si affrettò a chiarire Janus. - Però… insomma, il padre e il nonno di Scorpius sono due ex mangiamorte. - 

- Proprio come i genitori di Faye. - Disse Sirius. - A proposito, si è fatta sentire? - 

- Che cosa sono i mangiamorte? - Chiese candidamente Halley, salvando in modo del tutto inconsapevole il fratello da quella domanda scomoda. 

Janus rivolse ai suoi genitori uno sguardo perplesso. Possibile che i suoi fratelli non sapessero niente della guerra? 

- Quelli che volevano ammazzare mamma e Janus. - Rispose Aurora, dandosi l’aria di chi ne sapeva molto dell’argomento. 

- In realtà volevano far fuori Harry, era solo nostra zia Bellatrix che voleva uccidere me e mamma. - Spiegò meglio Janus. 

- E perché? - 

- Perché era pazza, odiava i babbani... ha anche ucciso nostro padre. - 

I due bambini si girarono verso Sirius, come per assicurarsi che fosse vivo. 

- È una storia complessa. - Dichiarò il mago davanti a quegli sguardi perplessi. 

Non aveva mai parlato in dettaglio ai suoi figli più piccoli della famiglia Black e neppure della guerra e non perché avesse dimenticato tutto ciò che aveva passato. Hazel era dell’opinione che raccontare tutto a dei bambini così piccoli poteva essere deleterio, lo aveva fatto con Janus e a suo parere quello era stato uno sbaglio. Non voleva che Aurora e Halley scoprissero da subito quanto il mondo potesse essere orribile.

- Perché odiava i babbani? - Sondò Halley, che evidentemente era nel pieno svolgimento di quell’irritante “fase del perché” tipica dei bambini della sua età. 

- Alcuni maghi pensano che i babbani e maghi figli di babbani siano in qualche modo inferiori rispetto ai maghi purosangue. - Spiegò Hazel, portando finalmente in tavola un piatto pieno di uova strapazzate un paio di tazze.

- Ma non è così. - Proseguì Sirius, che nel frattempo si era seduto accanto al figlio più piccolo. 

- Zia Bellatrix vuole ancora uccidere mamma e Jan? - Domandò il bambino, fissandolo con intensità e con un po’ di angoscia negli occhi. 

- È morta, e non è vostra zia. - Lo ammonì Sirius. 

- Nessuno vuole più farci del male, ragazzi. - Li tranquillizzò dolcemente Hazel. - Adesso mangiate e non pensate a certe cose, forza. - 

- Sì, infatti, che siamo già in ritardo. - Sottolineò Janus, dando un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta della cucina, che in quel momento segnava le otto in punto. 

- Mi spieghi perché hai tutta quest’ansia di andare al matrimonio? - Gli chiese sua madre. - Credevo che fossimo d’accordo sul fatto che sarà orribile. - 

Janus alzò le spalle. - Mi manca il cibo della signora Weasley. - Buttò lì. 

- A quanto pare gli elfi di Hogwarts si sono occupati del buffet. - Obiettò Sirius. 

- Fa lo stesso. - 

- Ci sarà anche una sua amica al matrimonio, per questo non vede l’ora di andarci. - Svelò Aurora, piegando le labbra in un sorriso da malandrina e beccandosi subito un’occhiata torva da parte del fratello. 

Hazel e Sirius si lanciarono uno sguardo sfuggente e bastò questo per accordarsi sul fatto che non avrebbero fatto al più grande dei loro figli nessuna domanda: Janus era sempre stato un tipo piuttosto riservato e di certo non volevano metterlo in imbarazzo se finalmente stava iniziando ad andare avanti dopo Faye. 

- Be’, chiunque sia questa tua amica, ti chiedo di non farmela conoscere almeno finché non decidiate di sposarvi. - Decise Hazel. - Che poi se vi lasciate ci rimango nuovamente male. - 

- Non c’è nessuna amica, mamma. - 

- E poi possono sempre divorziare. - Sottolineò Aurora. 

- Comunque Ninfadora ha detto che sarà una festa in grande stile, con una cosa come duecento invitati. - Sviò il discorso Sirius.

- Un’ottima occasione per vestirsi bene. - Annuì Hazel. 

- L’ultima volta che sono stato a un matrimonio la sposa è scappata. Spero che non accada di nuovo. - 

 

La Tana aveva ospitato parecchi matrimoni da quando il signor Septimus Weasley l’aveva tirata su per andarci a vivere con sua moglie Cedrella. C’era stato il matrimonio di Arthur e Molly e in seguito quello dei loro figli, ma mai quel luogo era stato tanto sfarzoso come quel giorno di fine agosto: il giardino, insolitamente curato e libero da gnomi e altre creature, ospitava per l’occasione un grande tendone festoso, una piccola orchestra suonava in un angolo canzoni tipiche del mondo dei maghi e il buffet era ricco, proprio come il tavolo delle bevande, dove i bicchieri non facevano altro che riempirsi da soli per la gioia degli ospiti, che per l’occasione sfoggiavano le più eccentriche vesti. 

La cerimonia era finita da poco e Teddy e Victoire stavano ballando un lento al centro della pista mentre i molti invitati li guardavano. Erano innamorati e felici, lo si poteva notare lontano un miglio: lei era bellissima nel suo abito da sposa argenteo, i capelli biondi raccolti come quelli di una vera principessa e gli occhi appena truccati che non riuscivano a staccarsi dal volto di Ted, che nemmeno per quell’occasione aveva deciso di abbandonare la sua solita chioma turchese. 

Ma Hazel, in piedi e impacciata in un angolo, faticava a tenere gli occhi puntati su di loro, perché questo voleva dire incrociare le occhiate che di tanto in tanto qualche invitato lanciava nella sua direzione. 

- Pessima idea… pessima idea. - Disse per l’ennesima volta. - È stata una pessima idea venire qui oggi. - 

- Non hai tutti i torti. - Annuì Janus.

Sirius, fermo tra loro a braccia conserte, sospirò. Sì, era stata una pessima idea, ne era consapevole, ma non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. - Voi dovete solo guardare la cosa da un’altra prospettiva, va bene? - 

Sia Hazel che Janus si voltarono per poterlo guardare. Per poterlo guardare male. - E quale sarebbe questa altra prospettiva? - Domandò lei, piccata. 

Sirius si strinse nelle spalle. - Aurora e Halley possono avere finalmente un contatto reale con il mondo magico, dato che non hanno nemmeno mai messo piede a Diagon Alley. Sono praticamente come due nati babbani. -

- Loro hanno già un contatto reale con il mondo magico. - Obiettò Hazel. - Tu sei un mago, il loro fratello maggiore è un mago, Harry, i suoi figli, Dora, Andromeda e Ted hanno dei poteri. Siamo circondati da maghi e streghe, Sirius. D’altra parte conosciamo pochissimi babbani. -

- Solo perché tu non sei una persona socievole. -

- Oh no, sei tu che hai paura della solitudine. - 

- E allora tu… - 

- Potete smetterla di battibeccare come due bambini? - Sbottò Janus, esasperato. 

Il lento su cui i novelli sposi avevano fatto il loro primo ballo era appena terminato e la musica fu subito seguita da uno scrosciante applauso. Janus vide il cugino raggiungere il tavolo in cui erano riuniti gran parte dei parenti più giovani di Victoire e subito il giovane Black prese a cercare tra quella folla il volto di Molly, senza però riuscire a trovarlo. Chissà, magari non era venuta. 

Questo pensiero lo intristì, ma fece del suo meglio per distaccarsene. 

- Voi due attirate davvero troppe attenzioni indesiderate. - Dichiarò sbuffando. - Vado a cercare Al, voglio proprio chiedergli cosa ci trova in Malfoy. - 

- Non metterlo in imbarazzo! - Esclamò Hazel, prima che il figlio si muovesse. 

- Oh no, è proprio quello che ho intenzione di fare! - Rise Janus. - Insomma… Malfoy. Albus deve essere messo in imbarazzo se sta con un piccolo Malfoy. - 

Sirius pensò che suo figlio non aveva poi tutti i torti, mentre Hazel scoccò a Janus un’occhiataccia. Quando poi il giovane sparì dalla loro vista, lei si fece coraggio e alzò lo sguardo verso la pista da ballo. 

Lì Aurora giocava insieme agli altri bambini, mentre Halley se ne stava in disparte come al solito, totalmente disinteressato, proprio come era Janus alla sua età. Al di là della pista da ballo, Hazel riuscì a scorgere per la prima volta il tavolo attorno cui si era raggruppata gran parte della famiglia Weasley: c’erano i signori Weasley, invecchiati ma con indosso quelli che dovevano essere gli abiti migliori del loro intero armadio; Ron e Hermione, lui ingrassato e lei dall’aria molto seria; Charlie e infine Percy, che sedeva accanto a una donna dall’aspetto molto curato, i capelli biondi, lisci e ordinati, tagliati a a caschetto. 

Sì, quella dev’essere sua moglie, è proprio il suo tipo, pensò Hazel mentre li guardava.

In quello stesso istante, come se il mago avesse avvertito che qualcuno lo stava fissando, volse lo sguardo nella direzione di Hazel, che accennò un piccolo sorriso nervoso di rimando. Percy a quel punto, dopo un attimo di esitazione, alzò la mano e la salutò con fare incerto.

- Percy ci ha visti. - Disse Hazel, parlando a denti stretti, afferrando la mano di Sirius. 

Anche lui puntò lo sguardo verso il tavolo dei Weasley. - Che gioia per gli occhi che è. - Sogghignò guardando proprio Percy. - Soprattutto ora che ha perso gran parte dei pochi capelli che gli rimanevano. -

- Dai, piantala. - Borbottò Hazel. - Io l’ho sempre trovato carino. - 

- Se non fosse per il fatto che sei innamorata di me da trent’anni ti direi che hai pessimi gusti. - 

Hazel non ribatté, ma notò che Percy stava dicendo qualcosa alla donna che doveva essere sua moglie, poi li vide alzarsi e camminare proprio verso di loro. 

- Oh no. Stanno venendo qui. - Sussurrò, lanciando a Sirius uno sguardo ansioso. 

- Vuoi parlarci o ce la filiamo? - 

Hazel cercò di valutare entrambe le opzioni ma man mano Percy e quella donna si avvicinavano, la sua mente si faceva sempre più vuota. Scappare sarebbe stato facile, ma poteva farlo per tutto il giorno? Magari doveva semplicemente affrontare la cosa, prima o poi sarebbe dovuto accadere, no? 

- Ci parleremo. - Decise alla fine, sentendosi stringere immediatamente in una morsa di imbarazzo. - Saremo molto gentili e rilassati. Possiamo farcela. - 

Sirius fece una faccia contrariata che però fu subito spodestata da un sorriso tirato quando i due furono abbastanza vicini. 

- Salve, cara. - Cinguettò dolcemente la donna, scrutando Hazel da cima a fondo. 

Hazel aggrottò la fronte. Guardò prima lei e poi lui, e Sirius fece esattamente la stessa cosa. Erano entrambi un po’ impettiti: era come se quella donna avesse nuovamente tirato fuori il vecchio e pomposo Percy Weasley. Lei indossava una veste da strega molto tradizionale e festosa, mentre lui non era troppo diverso dal solito, con quel completo verde bottiglia, gli occhiali di corno sul naso e gli sguardi di superiorità che ogni tanto saettavano dai suoi occhi color cielo verso Sirius. 

- Perce, wow… che piacere rivederti. - Disse Hazel, tesa come non mai. - Sei davvero… in gran forma. - 

Percy la fissò come se lei lo avesse appena preso in giro. Insomma, era ancora alto e allampanato, non aveva capelli e somigliava un po’ troppo a suo padre per sentirsi in gran forma. - Sei molto gentile, Hazel. - Rispose in tono solenne, come se si trovasse davanti ad una totale sconosciuta.

- Cara, ho sentito tanto parlare di te. - Riprese la donna, con la stessa vocina melliflua di poco prima.

Sirius si trattenne dallo scoppiare a ridere e Hazel gli scoccò un’occhiataccia di tralice. 

- Sono la moglie di Percy, cara. - Spiegò, quando scoprì che non era poi così tanto ovvio. 

- Oh, ma certo, cara. - Annuì l’altra. Adesso anche a lei veniva un po’ da ridere. - Certo, sei… hem… sì, sei… hem… - 

- Penelope. - Imbeccò Percy. 

- Penelope! Oh, ma certo. Chi lo avrebbe mai detto. - Fece Hazel. - Sono davvero felice che voi vi siate ritrovati dopo tanto tempo. È davvero romantico. - 

- Sì, ci siamo incontrati casualmente per le vie di Diagon Alley e da quel momento non ci siamo mai più lasciati. - Sospirò Penelope con fare talmente sognante da risultare parecchio strana. - Ci siamo sposati pochi mesi più tardi e abbiamo anche avuto un bambino, il nostro piccolo Arthur. - 

- Oh sì, l’ho saputo. Quanti anni ha adesso? - 

- Ha otto anni. È un bambino tanto intelligente, riesce già a controllare perfettamente la sua magia e vedessi come vola! - 

- Davvero delizioso. - Commentò Sirius. 

- So che anche tu hai dei figli. - Si mise rigidamente in mezzo Percy, rivolgendosi solo a Hazel. - Due, mi sembra di aver capito. -

Anche se stava tentando di non darlo a vedere, Percy Weasley sapeva tutto di Hazel Rains e della sua vita. Gli era capitato di dare un’occhiata ai profili social della donna più volte di quanto avesse realmente voluto, diventando così spettatore silenzioso di tutto ciò che lui non era stato capace di darle. In quelle foto Hazel rideva in posa davanti ai monumenti più belli del mondo o con paesaggi meravigliosi sullo sfondo, rideva mentre nel cielo sopra di lei danzavano le luci dell’aurora, circondata da neve e tutta infagottata in un ingombrante piumino. Quando poi Percy aveva scoperto proprio tramite quelle foto che Hazel era incinta, si era sentito morire: lei era sempre stata categorica, niente figli, mai, eppure questo non valeva con Sirius. 

- Quando stavi con me non ne volevi. - Si lasciò sfuggire, come un pensiero detto ad alta voce per sbaglio, per poi tradire l’imbarazzo con una risatina acuta e nervosa.

Anche Hazel ridacchiò e dopo guardò Sirius, lanciandogli una silenziosa richiesta di aiuto. 

- Sì… Aurora, la più grande, è arrivata per puro caso. - Spiegò Black. - Eravamo in Alaska, si vedeva proprio l’aurora fuori dalla finestra del posto in cui alloggiavamo. Sai come vanno certe cose, Weasley… - 

- L’abbiamo chiamata così perché lei rappresenta l’alba di qualcosa di nuovo. - Lo fermò Hazel. - Mentre Halley… il suo nome deriva dalla cometa. - 

- La cometa di Halley. Lui è stato programmato, anche se sembra un po’ strano da dire, visto che si tratta di un bambino. - 

Penny fece un piccolo versetto intenerito. - Oh, e quanti anni ha il piccolino? - Chiese.

- Ha fatto otto anni qualche mese fa. - Rispose Hazel. 

- Che dolce! Allora frequenterà Hogwarts nello stesso anno del mio Artie! - Trillò con entusiasmo l’altra. - Sarebbe bellissimo se diventassero amici, non è vero, cara? - 

Hazel e Sirius annuirono in contemporanea. 

Per le mutande di Merlino, speriamo di no! Pensò però lui. 

- Sì, ehm… Halley è quello con i capelli castani e gli occhiali. Mentre la bambina mora con la frangetta e l’atteggiamento da piccola diva è Aurora. - Spiegò Hazel, indicando i due bambini.

Percy li guardò, notando che effettivamente lei aveva davvero l’atteggiamento di una che aveva una gran puzza sotto al naso, lo stesso modo di fare che aveva Janus da piccolo, mentre il bambino era talmente uguale a Hazel da sembrare quasi una femmina. Probabilmente anche lui dipingeva e amava tutte quelle stramberie tanto care alla madre. 

- Lui ti somiglia molto, Hazel. - Osservò Percy.

- Sì, ma ha gli occhi di Sirius. - Rispose lei, facendo un piccolo sorriso. - Mentre Aurora è tutta suo padre anche nel carattere. Ma dimmi, Arthur qual è? - 

- Eccolo lì, il bambino che sta giocando con Charlie. - Lo indicò Penelope, parlando con grande orgoglio.

Arthur era una versione di Percy con i capelli biondi e senza occhiali e aveva in linea generale l’aspetto di un bambino un po’ viziato, uno di quelli venerati dai propri genitori. 

- Janus dov’è? Mi è sembrato di averlo visto poco fa, durante la cerimonia. - Disse Percy, guardandosi attorno. - So che il Ministero ha tentato di assumerlo parecchie volte, ma che lui ha sempre declinato l’offerta per continuare a lavorare in proprio. - 

- È un ragazzo intelligente, sarebbe sprecato in un ufficio a fare il burocrata, Weasley. - Spiegò Sirius, che tradotto voleva dire “sarebbe sprecato se finisse come te”. 

Percy lo guardò con una certa animosità. Lo detestava. - Sarebbe sprecato se per vivere usasse l’eredità dei propri genitori o i soldi che guadagna sua moglie. - Rispose, scoprendo i denti in un ghigno trionfante. 

Hazel vide il volto di Sirius infiammarsi. 

Aveva fatto di tutto in quegli anni per tentare di dare al mago una vita felice e appagante nonostante tutte le difficoltà che aveva tutt’ora. Sirius ogni tanto faticava ancora a capire quel mondo tanto diverso da quello che aveva lasciato quando era sparito dietro a quel velo, ogni tanto si sentiva ancora depresso, inutile, in frantumi, come se avesse perso tantissimi pezzi di sé stesso durante tutti quegli anni dolorosi passati ad Azkaban. 

Sirius percepì la mano di Hazel afferrare e stringere la sua, un chiaro invito a stare calmo. Probabilmente, se non ci fosse stata lei, non si sarebbe fatto tanti scrupoli a sfoderare la bacchetta. 

Stava quasi per aprire la bocca per ribattere, quando Penelope gli parlò sopra: - Vi siete sposati anche voi, cara? - Domandò rivolgendosi a Hazel, guardando di soppiatto la mano sinistra di lei, stretta a quella di Sirius, dove non c’era alcun anello. 

- No, cara. - Ribatté Hazel. 

Perché i maghi erano così ossessionati dai matrimoni? 

- Almeno non tradizionalmente, cara. - Aggiunse Sirius. - Una mezza specie di sciamano babbano ha celebrato una sorta di matrimonio quando siamo stati in Sud America, qualche anno fa. Era una cosa simbolica, sai, Weasley, quelle cose spirituali che piacciono tanto a Hazel, ma è comunque valido. - 

Hazel sorrise. - Era più un sommo sacerdote che uno sciamano, ma non sapevo avesse proprio una valenza legale. - 

- Ce l’aveva. - Assicurò Sirius, deciso. - Comunque niente di tradizionale. Non volevamo replicare il vostro quasi matrimonio, Weasley. Certo, probabilmente con me non sarebbe mai scappata via, ma meglio non rischiare, no? - 

Stavolta fu il turno di Percy di arrossire dalla rabbia. Guardò Sirius molto intensamente, uno sguardo talmente truce che Hazel temette seriamente di vederlo sfoderare la bacchetta.

- Forza, Percival, era una battuta. - Sospirò Sirius con leggerezza, dandogli una forte pacca sulla spalla. - Nessun rancore, dico bene? - 

Percy alzò i lati della bocca e ciò che uscì fu una smorfia piena di sdegno e freddezza.

- Dovreste venire a cena da noi, una sera di queste, cari. - Disse Penelope. 

Neanche morta, cara, si ritrovò a pensare Hazel, ma sorrise e annuì comunque in un modo molto credibile. - Certo, quando vuoi, cara. - Disse. 

- Credo che Arthur stia reclamando la nostra presenza, Penny. - Fece Percy, lanciando uno sguardo fugace verso il figlio, ma era palese che quello fosse un chiaro tentativo di fuga. - È stato un piacere rivederti, Hazel. - Proseguì, ignorando totalmente Sirius. - Ah…! Mi sono imbattuto in un articolo su di te su un giornale babbano trovato a casa di Penny, sai i suoi genitori sono babbani. Un articolo sui tuoi quadri… sei famosa. - 

- Oh no, non sono affatto famosa! - Replicò Hazel. - Riesco a vivere di quello adesso, ma non credo che finirò su un manuale di storia dell’arte, ecco. - 

- In realtà lo è. - Obiettò Sirius. - La prima volta che qualcuno ci ha fermati per strada per chiedere se “Hazel Rains l’artista” fosse lei ha pianto, adesso invece è abituata. - 

- Confesso che quello è stato il giorno più bello della mia vita. - Annuì lei, ridendo. - Ma non sono famosa. Lo sono solo se ti interessi di certe cose. - 

- Hai fatto bene ad insistere. Volevo dirti questo. - Tagliò corto Percy.

Hazel fece un sorriso incerto. Una parte di lei stava gongolando parecchio al pensiero che proprio lui, proprio Percy, che aveva sempre cercato di indirizzarla verso qualcosa di più sicuro, si stesse praticamente complimentando con lei. - Grazie. - Disse alla fine. 

- Mia madre e mio padre ti salutano tanto, Hazel. - Proseguì Percy. - Non farti problemi se vuoi andare a parlarci. - 

- La signora Weasley parla ancora così bene di te. - La informò Penny, e nella sua voce venne fuori un bel po’ di contrarietà. 

Hazel si sentì sollevata nel sapere che forse Molly e Arthur non la odiavano e si affrettò ad annuire. - Sì, se non è inappropriato mi piacerebbe tanto salutarli. - Disse. 

Percy la guardò e poi si lasciò sfuggire il primo vero sorriso da quando quella conversazione era iniziata. Avrebbe voluto dirle che nessuno la odiava e che, anzi, la sua famiglia era stata piuttosto comprensiva dopo i primi momenti di confusione in seguito a quel matrimonio annullato. Avrebbe voluto dirle che in realtà per anni era mancata a tutti loro, ma sapeva che una cosa del genere Penny non gliela avrebbe mai perdonata. 

- A loro farebbe molto piacere. - Disse invece. - Allora… buon proseguimento. - Aggiunse, per congedarsi. 

- Divertitevi, cari. - Cinguettò Penny.

- Contaci, cara. -  

- Addio, Weasley. - 

Quando Penelope e Percy si allontanarono, Sirius si voltò nella direzione di Hazel, che teneva lo sguardo puntato ancora verso il tavolo dei Weasley. - Non è andata così male, no, cara? - Le domandò, passandole un braccio sulla spalla.

- Sei fortunato che Percy non ti abbia schiantato, caro. - Rispose lei. 

- No, cara, è lui quello fortunato dato che ad un certo punto mi era venuta un’improvvisa voglio di picchiarlo alla maniera dei babbani. -  

- Resti comunque un bulletto arrogante. - Mugugnò Hazel.

- Ma almeno non sono pelato né sposato con una donna che usa la parola “caro” o “cara” come intercalare, cara. - 

Hazel posò lo sguardo su di lui e davanti a quell’espressione beffarda non poté fare a meno di ridere. - In effetti hai ancora un sacco di capelli, sì. - Disse. - Ma ti ricordi che quel matrimonio celebrato da quella specie di santone in Sud America non era un vero matrimonio con valenza legale, vero? - Gli chiese divertita. 

- Certo che me lo ricordo, ma lasciamo che Percy lo creda. - 

Hazel alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, mantenendo però quel sorriso sul volto. - Va bene… allora da adesso siamo sposati. - 

- Decisamente molto sposati, sì. - Affermò Sirius con decisione, stringendola in un breve abbraccio. - Vuoi andare a salutare Molly e Arthur? Te la senti? - Le domandò poco dopo. 

Hazel ci pensò su e poi annuì, voltandosi a guardare nuovamente nella direzione della famiglia Weasley. - Andiamo. - Disse, prendendolo per mano. 

Insieme a lui, ne era certa, sarebbe riuscita ad affrontare qualsiasi cosa. 

 


- Quindi… tu e Malfoy, eh. - 

Albus per poco non si strozzò con l’acquaviola che stava bevendo in quel momento, e si voltò verso Janus rivolgendogli uno sguardo a dir poco terrorizzato. 

- Me l’ha detto Aurora. - Spiegò Black, sorridendo un po’ divertito davanti alla faccia del più giovane. - Non ti preoccupare, nessuno di noi ha intenzione di dirlo in giro, tranquillo. Però… Scorpius? Sul serio? Insomma, lui è… - 

- Un ragazzo. - Mormorò Al, abbassando lo sguardo sul bicchiere che aveva in mano. 

- Stavo per dire che è un Malfoy. Il fatto che sia anche un ragazzo non è così importante come credi. - Obiettò Janus. - Scorpius è… biondo e pallido, sembra appena uscito da Azkaban per quanto è magrolino. Hai dei gusti davvero di merda, Al. - 

Albus, di nuovo, rimase zitto, stringendo il bicchiere con talmente tanta forza da far diventare bianche le sue falangi. Quasi nessuno sapeva il suo grande segreto, ma proprio nessuno ne aveva mai parlato con così tanta leggerezza, come se fosse… normale. 

- Senti, Al, so che sei cresciuto in un mondo in cui l’unico amore ritenuto lecito è quello tra un uomo e una donna, ma non è così. - Proseguì Janus, stavolta usando un tono molto serio. - Comunque se hai bisogno di parlare io sono qui, non voglio forzarti. - 

Albus esitò, batté le palpebre un paio di volte come se volesse togliersi da davanti un’immagine che non gli piaceva e poi si girò verso Janus, osservandolo. Janus era molto più grande di lui, ma Al poteva anche azzardare a dire che fossero amici. Dopotutto erano entrambi considerati un po’ strani e entrambi in quel momento erano tra i pochi che non avevano voglia di ballare o stare in mezzo alla folla di persone; se ne stavano in disparte, in un angolo di quell’enorme tendone, a osservare gli altri. 

- Io non volevo essere così. - Confessò amaramente Albus. - Volevo essere come James. - 

- Lo capisco, anche io volevo essere com’è James quando avevo la tua età. - 

- Ma tu lo eri. - Ribatté Albus. 

Janus aggrottò la fronte e lo fissò come se avesse appena detto la più grande baggianata del secolo. - Cosa? - 

- Sì, be’... prima prefetto, poi caposcuola, avevi voti alti in tutte le materie, amici e una fidanzata. Eri esattamente come James. - Spiegò il giovane. - Mentre io fatico in tutto. - 

Janus sospirò e poi scosse la testa. - Non devi farti ingannare da certe cose, Al. Va bene, ero prefetto, caposcuola, andavo bene in quasi tutte le materie ma non perché ero particolarmente portato per la magia: semplicemente studiavo un sacco, in verità non mi veniva facile quasi nulla. Per quanto riguarda gli amici… ne avevo solo due e poi c’era Faye. Mi sarebbe piaciuto davvero tanto essere come James, essere un gran figo, bravo nel quidditch, sempre circondato da ragazze che gli sbavano dietro, ma io ero… ero un po’ più come te. I primi anni mi prendevano in giro, mentre l’ultimo è stato un vero inferno vista la situazione tra mia madre, mio padre e Percy. Quindi no, non ero affatto come tuo fratello. -  

- Però almeno non eri… non eri come me. - 

- Intendi dire gay? - 

Albus sobbalzò. Non aveva mai pronunciato quella parola e nemmeno Scorpius l’aveva mai fatto. - Non dirlo ad alta voce. - Sussurrò allarmato, guardandosi intorno. 

- Guarda che non è una parolaccia, è solo una delle tante cose che fanno la persona che sei e di cui dovresti essere orgoglioso. - Disse Janus. - Conosco un ragazzo “come te”, un mago per giunta, è il mio migliore amico. Non ti nascondo che forse come lui avrai una vita complicata dato che il nostro mondo ha una posizione molto bigotta su certi argomenti, ma tu, a contrario di lui, potresti sfruttare il tuo privilegio per fare qualcosa. - 

- Che privilegio? - Domandò Albus, alzando un sopracciglio con aria scettica. 

- Il privilegio di avere due genitori che in tutta probabilità non ti cacceranno di casa e quello di avere un padre che ha salvato il mondo magico. La voce della vostra famiglia ha un certo peso, lo sai, se Harry dicesse che essere g… che essere “come te” va bene, allora le cose potrebbero davvero iniziare a cambiare. Potresti essere un attivista. - 

Albus guardò Janus mantenendo la stessa espressione diffidente prima. - Un attivista. - Ripeté. - Come zia Hermione con il C.R.E.P.A.? - 

- Sì, ma molto meglio. - Disse Janus. - Già me lo immagino il pride a Diagon Alley; riesco a vedere le facce di quei vecchi stregoni omofobi e decrepiti sbiancare. Certo, capisco se adesso ancora non te la senti di esporti. Mi sembra di aver capito che nessuno conoscesse questo tuo piccolo segreto fino ad ora. - 

- In verità l’ho detto a Hazel due estati fa. - Svelò Albus. 

Janus aggrottò la fronte. - Davvero? Perché a lei sì e a me no? - 

- Tua madre ha quella faccia… ispira fiducia, lo sai. - Si giustificò il giovane. 

- In effetti non ci ha detto nemmeno una parola. - Annuì Janus. - Ma torniamo al motivo per il quale stiamo parlando… Scorpius Malfoy? Sul serio ti piacciono biondi, pallidi e magrolini? Certo, riconosco che c’è una sorta di fascino del vietato dietro, una cosa alla Romeo e Giulietta, visto i trascorsi di suo padre e tuo padre, ma… ti prego, raccontami tutto, ho bisogno di un po’ di sano gossip per superare questa giornata! - 

Albus esitò, poi sul suo viso si disegnò un timido sorriso divertito e da lì iniziò a raccontare. 

 

Nello stesso momento, seduta a uno dei tanti tavoli che circondavano la pista da ballo ormai affollata, la giovane Dominique Weasley, con indosso il suo vestito da damigella d’onore color porpora lungo fino ai piedi che la faceva apparire ancor più statuaria, stava osservando con un certo interesse suo cugino Albus che parlava con un giovane dall’aria affascinante, arricciandosi attorno a un dito una ciocca di setosi capelli biondi sistemati in una raffinata acconciatura. 

Lei ne era certa, non aveva mai visto quel ragazzo, era sicura che uno come lui se lo sarebbe ricordato. Inoltre lei sotto quel tendone conosceva tutti. 

Ma allora chi era quel giovane che da almeno dieci minuti stava parlando con suo cugino? 

Dominique sospirò seccamente e poi staccò finalmente lo sguardo da quello sconosciuto, per passarlo sui visi delle persone che la circondavano: alla sua destra sua cugina Lily si stava ingozzando di tartine in un modo che avrebbe probabilmente reso fiero zio Ron, mentre a sinistra si era appena seduta sua sorella assieme al neo marito, entrambi già un po’ brilli. Dall’altra parte del tavolo, invece, diversissime nello stile sebbene fossero gemelle, erano accomodate Molly e Lucy. 

- Vic. - Esordì di botto Dominique, afferrando il braccio della sorella maggiore per attirare la sua attenzione. - Vic, chi è il tipo che parla con Al? - Domandò, indicando Janus con un cenno del capo. 

Victoire fece un sorrisetto pigro e malizioso allo stesso tempo. - È Janus. Janus di zio Percy; non te lo ricordi? - 

Lei alzò le sopracciglia e schiuse la bocca in un’espressione sorpresa. - Cazzo, è venuto su bene, eh? - Disse alla sorella. 

Victoire rise. - È carino, sì. - Le concesse. - E per tua informazione non ha una ragazza. - 

- Di chi state parlando? - Si mise in mezzo Ted, sporgendosi verso di loro e attirando anche l’attenzione di Lily, Molly e Lucy. 

- Di Janus. Dominique pensa che sia “venuto su bene”. - Spiegò Victoire, guardando il proprio marito con una certa eloquenza prima di fare un cenno verso il giovane Black. 

- Oh, è già arrivato? - Sussultò Molly, cercandolo nella folla. - È qui? - 

- Per le mutande di Merlino, calmati, Molly. - La schernì la gemella. - Non avrai mica ancora una cotta per lui come quando avevi quattordici anni. - 

Molly si sentì arrossire, ma la sua espressione rimase impassibile e il suo atteggiamento tranquillo. - Non ho mai avuto una cotta per lui. - Ribatté gelidamente.

- Eppure quando ha smesso di scriverti hai pianto per mesi. - Rimbeccò Lucy. - Come facevi a sapere che sarebbe venuto, oggi? - 

Molly esitò, chiedendosi se fosse il caso o meno di dire la verità: dopo quell’incontro inaspettato nell’aula di divinazione, Janus era capitato a Hogwarts molto spesso. Andava a trovare Annie, diceva, e tanto che c’era passava a dare un saluto anche a lei. 

Avevano iniziato in questo modo a vedersi spesso, a passeggiare per il parco della scuola e a concedersi lunghissime chiacchierate caratterizzate spesso da discorsi sulle poesie che lei scriveva, comportandosi uno con l’altra come se il tempo non fosse mai trascorso.  

- Qualche settimana fa ci siamo incontrati per caso a Hogwarts e me l’ha detto. - Disse alla fine la ragazza, concedendo una mezza verità. 

Il gruppetto la guardò con le sopracciglia aggrottate e l’espressione scettica, attendendo da lei ulteriori delucidazioni. 

- Una sua amica è l’insegnante di divinazione, quindi quando la va a trovare viene a salutarmi, tutto qui, ragazzi. - Proseguì dunque Molly, alzando gli occhi al cielo. - Ecco… passeggiamo nel parco e cose del genere, una volta siamo anche andati ai Tre Manici di Scopa. -

- Quindi tu e Janus uscite insieme? - Domandò bruscamente Lucy, arricciando il naso con disapprovazione. - Dopo tutto quello che è successo con Hazel e nostro padre? - 

- No no! - Assicurò Molly. - Siamo amici! Solo amici! Quasi due anni fa Faye lo ha lasciato e lui si sente ancora parecchio triste. Ma, al di là di questo, non credo di interessargli in quel senso. - 

- Senti, Molly: lui ti piace o posso provarci io? - Domandò Dominique, andando dritta al punto quando notò che Albus si era appena allontanato da Janus, che in quel momento si guardava intorno come se non sapesse esattamente dove andare. 

Molly percepì una sensazione spiacevole, come se un piccolo mostriciattolo molto agitato le fosse appena nato nello stomaco, ma decise di non farci caso. Dopotutto lei e Janus si erano visti parecchio nelle ultime due settimane e lui non aveva mai dato alcun segnale di provare per lei dell’interesse. Certo, c’era da dire che lei aveva fatto esattamente lo stesso, costringendo sé stessa a non azzardarsi nemmeno minimamente a far rinascere dentro il suo cuore quel sentimento che aveva caratterizzato i primi deprimenti anni della sua adolescenza.

Erano amici, Janus la vedeva ancora come una ragazzina, non aveva nessuna speranza con lui, mentre Dominique… be’, lei aveva speranza praticamente con chiunque.

- Fa’ pure, Domi. - Disse sorridendo tranquilla. 

- Lily, tu che lo conosci bene, hai qualche consiglio? - Fece Dominique, rivolgendosi alla più piccola del gruppo. 

Lily scrollò le spalle. - Punta sulle cose da intellettuali o da nerd. - Buttò lì. 

- Fingerò di essere una grande fan di quegli orrendi film Marvel o di qualche scrittore russo babbano. - Decise Dominique. - Che lavoro fa? - 

- Il magiavvocato. Ha anche preso una laurea babbana in una di quelle importanti università americane, ma solo perché Hazel tra i babbani è famosa e quindi l’ha raccomandato. - Spiegò Lily con nonchalance. - Sarà anche bello a primo impatto, ma è un tipo noioso che se la tira. Un po’ come zio Percy, ma più deprimente. - 

- Lily non ha poi tutti i torti. - Mormorò Ted, beccandosi un’occhiata di fuoco da parte della moglie. - Guardatelo: se ne sta lì tutto d’un pezzo, con quell’aria di uno che si sente troppo dannato per potersi divertire come le persone normali… -

- Non dar retta a questi due, Dominique. - Lo interruppe fermamente Victoire. - Sarebbe così bello se vi mettesse insieme! Lui è un bravo ragazzo, magari potrebbe riuscire a farti mettere finalmente la testa a posto. - 

Dominique alzò gli occhi al cielo; aveva vent’anni e nessuna intenzione di “mettere la testa a posto”. - Sì, aspetta e spera, Vic. - Borbottò, alzandosi in piedi. - Adesso, se permettete, vado a scoprire chi di voi tre ha ragione. - 

Molly, che aveva assistito alla scena in silenzio fino a quel momento, guardò sua cugina allontanarsi senza dire una parola, sebbene dentro di sé quel mostriciattolo gridava a squarciagola di essere liberato. 

Dominique, a sua volta, avvicinandosi passo dopo passo a lui, si rese conto che era davvero come appariva da lontano. Certo, magari il suo atteggiamento non era dei più sicuri — in realtà se ne stava lì tutto impacciato, gli occhi dispersi tra gli invitati come se stesse cercando qualcosa — ma, a parte questo, Janus Black era proprio ciò che ci si poteva immaginare quando si parlava di un bel ragazzo. 

- Ciao. - Lo salutò allegramente, una volta che l’ebbe raggiunto. 

Janus voltò la testa per poterla guardare e non disse niente. 

La osservò; capelli biondi, occhi chiari, pelle che sembrava di porcellana e un fascino viscerale: quella era sicuramente imparentata con Victoire, ipotizzò.

Dominique gli restituì lo sguardo con un po’ di sorpresa e poi parlò nuovamente: - Sono Dominique. - Spiegò, quando si rese conto che lui non sembrava avere intenzione di dire niente. - Ti ricordi di me? - 

A quel punto lui annuì. - Sì. Ciao. - Disse sorpreso. - E tu ti ricordi di me? Avevi una cosa come… otto o nove anni l’ultima volta che ci siamo visti. - 

- Lo so. Infatti non abbiamo mai avuto modo di parlare, tu ed io. - Annuì lei, facendo un seducente sorriso. 

Janus alzò un sopracciglio. - Ehm… okay? - 

Dominique continuò a fissarlo con fare perplesso. 

Okay? Tutto qui? Quella non era affatto la risposta che si aspettava. Forse Lily aveva ragione, Janus era un tipo strano. 

- Ti va dell’idromele? - Gli chiese incerta. 

Di solito erano i ragazzi a porgere a lei quella domanda. 

- Non bevo cose alcoliche, scusa. - Rispose Janus, spiecente. - Per caso hai visto Molly? La sto cercando ma non la vedo. Sai dov’è? - Domandò poi, guardandosi attorno.

Dominique fu, se possibile, ancor più sorpresa. Non le era mai capitato che un ragazzo sembrasse così poco interessato a lei, ma la cosa ancor più sconcertante per lei stava nel fatto che il ragazzo in questione avesse appena chiesto di Molly. Sebbene non fosse brutta, la cugina non aveva mai riscosso particolare successo tra gli uomini, neppure ai tempi della scuola. Per quel che ne sapevano tutti, Molly non aveva avuto neppure un ragazzo, nemmeno una volta, a stento aveva avuto qualche sporadico appuntamento e, insieme a Albus, era considerata la tipa strana della famiglia. 

- Sì, è seduta lì, insieme a Victoire, Ted, Lily e Lucy. - Rispose incerta, e dicendo questo Dominique indicò il tavolo a cui gli altri sedevano. 

Janus seguì il dito della giovane e, quando finalmente scorse Molly, sorrise e mosse la mano in aria per salutarla, prima di incamminarsi per raggiungerla, lasciando l’altra alle sue spalle e a bocca aperta. 

- Ciao. - Disse ai due sposini, a Lily e a Lucy, una volta aver raggiunto il tavolo, prima di rivolgersi proprio a Molly. - Ciao, Polly. - 

Lucy alzò gli occhi al cielo, Ted e Lily si scambiarono uno sguardo perplesso e Victoire sorrise sognante, Molly invece arrossì leggermente. 

- Ciao. - Ricambiò, imbarazzata.

Janus accennò un sorriso incerto e poi spostò fugacemente lo sguardo sugli altri, notando che tenevano a loro volta gli occhi puntati su di lui e Molly. 

Forse era meglio togliersi di torno, prima che il resto di quella piccola combriccola si lasciasse scappare qualcosa di strano. 

- Fa caldo… andiamo in giardino? - 

- Forse è meglio, sì. - Annuì Molly alla svelta, alzandosi in piedi. 

Janus si limitò ad annuire. Salutò alla svelta gli altri e seguì Molly fuori da quel tendone affollato, ritrovandosi sotto il sole cocente di quella che era una calda giornata tipicamente estiva, circondati dal verde e con il chiacchiericcio degli invitati di sottofondo che faceva da coro ai canti delle cicale. 

- Ciao. - Disse nuovamente lui, sentendosi molto più imbranato del solito. 

Quando si trovava davanti a lei aveva l’impressione di tornare a essere il ragazzino timido di un tempo e sperava con tutto sé stesso che Molly non se ne fosse resa conto. 

Si guardarono senza dire niente, limitandosi a scambiarsi dei piccoli sorrisi. 

Gli occhi scuri di lei avevano assunto una sfumatura dorata sotto quella luce, mentre i suoi capelli ricordavano a Janus il fuoco accogliente che bruciava nel camino della Sala Comune di Grifondoro. 

La trovava carina anche nella penombra dell’aula di pozioni, con i capelli increspati dall’umidità del sotterraneo e con indosso quegli abiti da strega un po’ all’antica, ma quella mattina nel giardino della Tana gli apparve bellissima. 

Janus si sentiva un po’ strano a fare pensieri del genere: quella era Molly, si conoscevano da quando lei aveva sette anni, non poteva trovarla attraente. Eppure quelle due settimane insieme a lei erano state le migliori dell’ultimo anno e mezzo. 

Molly era in qualche modo la stessa di un tempo; c’era ancora purezza nel suo sguardo e il suo viso sembrava quello di una persona che non poteva essere capace di far soffrire volontariamente un altro essere umano. Non era come Faye, Molly non lo faceva sentire in soggezione e per quanto a volte si sentisse un po’ in imbarazzo, davanti a lei non si era mai sentito inadatto, neppure una volta da quanto l’aveva ritrovata. 

Da quando poi Janus aveva letto le poesie che Molly scriveva, era come se il possente muro che circondava il suo cuore avesse iniziato a cedere, cosa che da un lato lo spaventava e che dall’altro lo incuriosiva. 

- Quindi… Dominique ci ha provato con te? - Gli chiese ad un certo punto la ragazza. 

Janus aggrottò la fronte. - Cosa? No, ovvio che no. - Rispose confuso. 

- Oh, invece sì. - Rise Molly. - Ha chiesto a Victoire chi fossi e quando ha capito che eri tu ha detto che sei “venuto su bene”. - 

- Sono davvero lusingato, non capita tutti i giorni di piacere a una quasi veela. - Buttò lì Janus. - Ma evidentemente Dominique ha un debole per gli sfigati. - 

Molly alzò gli occhi al cielo. - Lei esce solo con quelli più alti di un metro e ottanta, di bell’aspetto e con un buon lavoro. Direi che tu sei pienamente nei suoi standard. - Ribatté, iniziando a passeggiare per il giardino alla ricerca di un po’ d’ombra.

- Be’, lei non è nei miei. - Ribadì Janus. - Non credo che lei sia il mio tipo. - 

- Lei è il tipo di tutti. - 

- Non il mio. - 

Finirono così seduti sul prato rigoglioso nei pressi dell’entrata della Tana, il chiasso della festa talmente lontano da sembrare solo un ronzio. Rimasero in silenzio per almeno un minuto, senza sentire alcun bisogno di riempire l’aria di parole inutili. Era così bello per Janus non dover parlare di continuo, non dover dimostrare di continuo di non essere noioso. 

- Ho intravisto la nuova moglie di tuo padre, prima. - Disse ad un certo punto, voltandosi a guardarla. - Una sorta di matrigna cattiva o è più tipo mia madre? - 

- Matrigna cattiva, assolutamente matrigna cattiva. - Affermò Molly con leggerezza, ridendo piano. - In realtà non proprio… solo che Penelope è un po’ particolare. Non fa altro che chiamare chiunque “cara” o “caro”, con vocetta fastidiosa, è molto attaccata alle apparenze, esattamente come mio padre e inoltre fa spesso dei commenti un po’ spiacevoli sul mio aspetto. - 

Lui aggrottò la fronte. - Cosa avrebbe da ridire? Sentiamo. - La incitò curioso.

Molly si strinse nelle spalle. - Dice che i miei vestiti sono da vecchia. - Iniziò lugubre, accarezzando il tessuto della lunga gonna che indossava in quel momento. - Che dovrei truccarmi di più, sorridere di più, farmi crescere i capelli e stare più attenta a ciò che mangio, altrimenti ingrasserò come nonna Molly e nessuno mi vorrà mai. - 

Janus rimase zitto e si limitò a fissarla per una manciata di secondi pensando che quella Penelope fosse del tutto fuori di senno. - Credo che Penelope sia pazza. - Disse infatti, con una serietà tale da far scoppiare a ridere Molly. - Dico davvero! I tuoi vestiti non sono da vecchia, hai solo un tuo stile particolare. E poi perché dovresti truccarti, scusa? Mia madre dice che l’industria della cosmetica sfrutta la pressione che la mentalità patriarcale fa sull’aspetto delle donne per fare più soldi, ma che nessuna ha davvero bisogno di truccarsi. Sul resto non mi esprimo nemmeno, dato che sei abbastanza sveglia da capire da sola che sono un mucchio di stronzate. - 

Molly scosse la testa, mantenendo però quell'espressione divertita. - Sai essere piuttosto convincente, lo sai? - Disse sorridendo.

- Sono un avvocato, che ti aspettavi? - Ribatté allegramente lui. - Certo, mi occupo quasi esclusivamente di maghi che si mettono nei guai con la legge babbana, ma non posso lamentarmi, è un lavoro fin troppo tranquillo. -

- Però non è quello che sognavi di fare da bambino. - Obiettò Molly. - Ricordi quando eri fissato con l’idea di diventare Ministro della Magia? - 

Janus annuì. - Già. Volevo cambiare il mondo, una volta. - Ammise, con un sorriso triste. 

- E poi cosa ti è successo? - 

Eh, bella domanda, pensò Janus. Non aveva idea di quando la sua voglia di inseguire quel sogno si fosse estinta, sapeva solo che a un certo punto della sua esistenza aveva deciso di accontentarsi. Poi quando Faye lo aveva lasciato le cose erano peggiorate, aveva perso interesse per tutto, aveva cominciato a sentirsi come un guscio vuoto. 

- Non lo so. - Disse, guardando il cielo sgombro sopra di loro. - Forse sono solo cresciuto; spesso quando si cresce si diventa disillusi. Ma comunque il mio lavoro mi piace, anche se essere un avvocato nel mondo magico in tempi di pace è un po’ noioso. Non succede mai niente degno di nota. Ad ogni modo ormai è tardi per i sogni. - 

Molly corrucciò la fronte. - Hai ventinove anni, Jan. - Sottolineò perplessa. 

- Appunto, dovrei essere già realizzato, invece vivo con il mio migliore amico nella casa che dividevo con la mia ex, i miei genitori hanno una vita più entusiasmante della mia e faccio un lavoro che mi annoia, ma che almeno paga bene, dai… - 

- Io ne ho venticinque, nessun editore vuole pubblicare le mie poesie e per sopravvivere insegno la materia più noiosa del mondo in una piccola aula umida e buia che, pensa un po’, è adiacente al mio alloggio, che è piccolo, umido e buio anch’esso. - Rispose Molly. - Come se ciò non bastasse, mentre mia cugina si sposa e mia sorella ha un fidanzato da almeno sei o sette anni, la mia vita sentimentale è ferma ai tempi della relazione di tre mesi avuta con lo sfigato della scuola durante l’ultimo anno. Ogni tanto mi sento fuori tempo anche io, ma non è importante, perché è solo un’impressione. - 

Janus sospirò. - Forse noi due siamo davvero troppo per questo mondo. - Disse con solennità. 

- Forse alla fine ricorreremo davvero al nostro accordo. - Sorrise Molly. - Te lo ricordi? Quello in cui abbiamo deciso che ci saremmo messi insieme a ridosso dei trent’anni. - 

Lui annuì e sorrise, ma la sua espressione si spense quasi nell’immediato. - Non te l’ho detto ma… mi dispiace di essere sparito per tutti questi anni. - Confessò. - Avevo promesso che sarei rimasto sempre con te anche al di là dell’unione dei nostri genitori… ma Faye non voleva che ti scrivessi e io non volevo ferirla, non volevo che si preoccupasse. -

- Lo so, lo capisco. - Lo tranquillizzò Molly. - Stavi costruendo una vita con lei, e io ero solo la stramba ragazzina che aveva una cotta per te. - 

- Cosa? - Sussultò Janus, voltandosi di scatto per guardarla. 

- Stavi costruendo una vita con… - 

- No, no… l’altra cosa. - Si affrettò a dire lui. - Tu avevi una cotta per me? - 

Molly alzò un sopracciglio con aria sorpresa. - Davvero non te ne sei mai accorto? - 

Janus scosse la testa. - No, mai. - Giurò sinceramente. - Allora forse Faye non era del tutto fuori di testa, adesso che ci penso. - Aggiunse, parlando più a sé stesso che a lei.

- Sei stato il primo ragazzo a spezzare il mio cuore, Janus Black. - Rivelò Molly, facendo un piccolo sorriso piazzato lì per coprire l’amarezza. - Quando hai smesso di rispondere alle mie lettere mi sono sentita una povera scema illusa. Non so cosa mi aspettassi. - 

- Scusa se non me ne sono accorto. Mi rendo conto solo adesso di quanto io sia stato indelicato. Dovresti detestarmi, lo capisco se è così. - 

- Non fa niente. - Lo rassicurò di nuovo Molly, appoggiando una mano su quella di lui. - Eravamo due bambini, o almeno io lo ero. - 

- Sì, ma mi dispiace lo stesso. - Replicò lui, assecondando quel semplice ma piacevole contatto. La mano di Molly era minuscola e calda, le sue unghie erano dipinte di rosa pastello. - Non capisco mai se qualcuno prova qualcosa per me o meno. Sono un troll quando si tratta di certe cose. - 

- Anche adesso? - 

- Soprattutto adesso. - Rispose Janus. - Non sono mai stato un tipo particolarmente empatico, lo sai. - 

Lei gli sorrise e annuì, e Janus ebbe la sensazione che il suo cuore avesse appena preso a battere in modo strano. 

Si sentiva proprio come un adolescente alle prese con la sua prima cotta e questo probabilmente lo faceva sembrare ancor più rigido. Detestava quel groviglio di sentimenti che gli aveva occupato lo stomaco, ma d’altra parte era felice di riuscire di nuovo ad assaporare quel tipo di cose che era certo di aver ormai dimenticato. Chissà cosa avrebbe provato a posare le labbra su quelle di lei… 

Fallo e lo scoprirai, pensò dentro di sé — e la voce nella sua testa suonò esattamente come quella di suo padre. 

Sì, forse doveva farlo davvero. Sarebbe stato così facile: gli sarebbe bastato sporsi solo un po’ verso di lei, chiudere gli occhi e… 

La porta della Tana alla loro destra si spalancò all’improvviso facendoli sobbalzare entrambi e prima che Janus potesse rendersi conto che lui e Molly si stavano ancora tenendo per mano, Percy varcò quella soglia insieme a un bambino dai capelli biondi. 

Ci fu un attimo di palpabile tensione, poi sia Molly che Janus scattarono in piedi. 

- Ehm… ciao, Perce. - Fece il ragazzo. 

Percy lo fissò attentamente con uno sguardo indagatore. Dopo tutti quegli anni e così da vicino, Janus somigliava così tanto al padre che Percy sentì quasi l’insana voglia di schiantarlo. - Ciao, Janus. - Disse invece, mantenendo un tono affabile.

Non aveva nulla contro di lui, ma stava tenendo per mano sua figlia fino a un attimo fa e, per quanto Janus fosse un bravo ragazzo, Percy non si sentiva affatto entusiasta all’idea di imparentarsi in qualche modo con qualcuno che facesse di cognome Black. 

- Che state facendo qui da soli? - Domandò bruscamente. - Molly, tua cugina si è appena sposata, dovresti essere lì con lei non qui fuori. - Non qui fuori con lui!

Molly diventò subito più rossa dei suoi capelli e anche Janus si sentì immediatamente a disagio. - Stavamo giusto per tornare. - Disse lei. 

- Bene, ti aspetto lì. - Dichiarò severamente Percy. 

Lanciò uno sguardo coriaceo nella direzione di Janus e si allontanò assieme al bambino, facendo crollare nuovamente sui due una cappa di imbarazzante silenzio. 

Janus rimase fermo a guardare il mago che si allontanava. Probabilmente Percy lo detestava e questo lo faceva sentire addolorato, dato che lui non aveva mai smesso davvero di provare affetto e stima nei suoi confronti. 

- Forse è meglio se torniamo di là davvero. - Esordì Molly, interrompendo sul nascere il flusso dei suoi pensieri. - Mi dispiace se mio padre… il fatto è che ha sofferto molto dopo che tua madre se ne è andata. Per un periodo è anche tornato a casa di nonno e nonna perché era parecchio giù di morale. - 

- Lo so, posso immaginare. - Sospirò Janus. - Allora… andiamo? - 

Molly si limitò ad annuire. 

Iniziarono ad attraversare di nuovo il giardino senza dire una parola, finché, una volta sull’entrata di quell’enorme e affollato tendone, Molly non si fermò di scatto. 

- Adesso che la scuola è finita non puoi più venire a trovarmi lì. - Disse, come se le fosse venuto in mente solo adesso. 

Lui all’inizio non proferì parola, ma la guardò cercando di capire cosa questo comportasse. Avrebbe forse dovuto aspettare l’arrivo di settembre per vederla di nuovo? 

- Che fai domani? - Quella domanda sfuggì violentemente dalle labbra di lui ancora prima che riuscisse solo a pensare di pronunciarla.

- Niente. - Rispose immediatamente lei. - Perché? - 

- Se vuoi possiamo fare qualcosa. - Buttò lì Janus. - Qualcosa da amici. - 

Molly socchiuse la bocca e batté le palpebre un paio di volte con fare pensieroso. - Sì. Possiamo fare qualcosa da amici. - Decise alla fine, accennando un sorriso incerto. 

- Ci vediamo davanti al Paiolo Magico, diciamo per le quattro? - 

- Va bene. Decidiamo una volta lì cosa fare. - 

Janus annuì alla svelta e non si mosse. Lei a sua volta esitò per un istante, sorrise nuovamente e poi si allontanò senza aggiungere altro, camminando verso il tavolo attorno cui sedevano ancora Ted, Victoire, Lucy e Lily, che da lì sembrarono accoglierla con tantissime domande. 

Dopo un attimo di smarrimento, Janus fece scorrere il suo sguardo tra gli invitati, scorgendo Hazel e Sirius, che se ne stavano lì, a qualche metro da lui, in piedi accanto alla pista da ballo.  

Iniziò a osservarli da lontano, e subito le sue labbra si piegarono in un sorriso intenerito. Sua madre e suo padre si amavano, questo lo si poteva notare lontano un miglio. Lo si capiva dal modo in cui lei rideva a ogni battuta di lui, dal modo in cui lui la guardava e da come si toccavano l’un l’altra, con quella chimica e quell’affiatamento che raramente Janus aveva colto in altre persone. 

Quando dalla folla che riempiva la pista spuntarono Aurora e Halley, che di corsa raggiunsero i propri genitori, Janus sentì invece il suo cuore stringersi. Quando aveva l’età dei suoi due fratelli avrebbe dato qualsiasi cosa per avere una famiglia come quella che adesso gli si palesava davanti. 

Sapeva che i suoi genitori lo amavano, eppure spesso si sentiva di troppo quando si trovava insieme a loro, come qualcosa di esterno, un lontano parente che appariva solo a Natale e di tanto in tanto durante l’estate, e questo, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, faceva male, molto male. 

Janus sospirò e dopo essersi scrollato quel pensiero di dosso decise di muoversi per tornare da sua madre, suo padre e i due bambini. 

- Eccoti qui, dove ti eri cacciato? - Gli domandò sua madre, quando lo vide arrivare. 

- Secondo me ha incontrato qualche cugina veela di Victoire. - Sogghignò Sirius.

Janus alzò gli occhi al cielo, trattenendo un sorrisetto. In effetti c’entrava una cugina di Victoire, ma era meglio tenerselo per sé, almeno per ora. 

Guardò i suoi genitori e poi i suoi due fratelli, riuscendo a vedere un pezzetto di sé stesso in ognuno di loro. 

Si somigliavano. 

Forse Janus non si sarebbe mai sentito davvero parte di nulla ma, anche se non riusciva a vederlo, era chiaro che fosse parte di loro.




 

AAAAAH

È FINITA!

Questa storia è venuta fuori per puro caso, l’ho scritta senza alcuna pretesa e penso sia stata questa la chiave per viverla bene. Spesso sono così tanto critica con me stessa che anche quando si tratta di semplici hobby mi lascio incatenare dalla voglia di essere perfetta. Adesso che questa piccola avventura è giunta a termine ho tantissime altre idee che a me ovviamente sembrano delle cagate pazzesche, ma chissà, chissà…

Voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto questa storia, chi l’ha messa tra le storie seguite, preferite e ricordate, e soprattutto a chi ha recensito questa fan fiction, perché mi hanno dato una grande mano a non abbandonarla. Un ringraziamento super speciale va a @starlight1205 (vi invito a leggere la sua fanfiction sempre sul mondo di Harry Potter perché merita moltissimo soprattutto per la trama molto avvincente) e @GYHoggy2020, che ha letto e commentato fin dall’inizio e un saluto anche a Autumn Wind (spero tu ci sia ancora), che tifava per Percy e che sta anche scrivendo una fanfiction pazzesca proprio su di lui.

Lo so, questo è praticamente un mezzo finale aperto ma so per certo che non ci sarà nessun seguito. Forse ogni tanto però potrei uscirmene con qualche one shot, chi può saperlo. 

Alla prossima,

J. 


 
   
 
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