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Autore: CervodiFuoco    02/02/2023    0 recensioni
[Willow]
[Willow]La storia racconta del ritorno a Tir Asleen dei membri della compagnia di avventurieri protagonisti della prima stagione della serie TV "Willow". La regina Sorsha decide di indire una settimana di festeggiamenti con giochi, musica e cibarie, i cui protagonisti saranno proprio quelli della serie stessa. Esploro sia il lato spassoso dell'avvenimento, sia quello psicologico che per ogni personaggio può significare il "tornare a casa" dopo l'avventura vissuta, il tutto ricreando la stessa atmosfera leggera, ironica ma avventurosa della serie, con la speranza di divertire ma anche trasmettere qualcosa di speciale. Buona lettura!
Genere: Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Bussano alla porta

 

Toc toc.

 

«Avanti!»

La porta si schiuse di una fessura, giusto lo spazio per far intravvedere a Kit una porzione del volto di sua madre.

«Posso entrare?» chiese lei.

«Si, mamma, certo. Vieni.»

Sorsha s’introdusse e richiuse la porta. Indossava una vestaglia da sera e aveva i capelli impagliati di bigodini.

La stanza di Kit era intonsa, uguale a come l’aveva lasciata alla sua partenza da Tir Asleen, nessuno l’aveva toccata. Alla luce delicata dei candelabri il grosso letto a baldacchino era sembrato finto, tanto era perfetto: per questo motivo Kit ci aveva subito buttato sopra tutte le sue cose del viaggio, ora ammonticchiate selvaggiamente.

«Mi sembrava di aver sentito parlare» disse Sorsha guardandosi attorno. «Ho interrotto qualcosa?»

«Mh?» mugolò Kit, facendo sbucare la testa dal buco superiore della veste da notte. «No, ero da sola. Sono da sola.» In effetti al momento non c’era nessuno visibile oltre a lei, lì dentro. Si diede una spazzolata ai capelli con la mano, mettendoli ancor più in disordine. Sgranò gli occhi. «Che c’è?»

«Nulla… volevo vedere mia figlia.» Sorsha sospirò e fece qualche passo per avvicinarsi. «Finalmente sei tornata, e… ora sento il bisogno di starti vicina. Fra una cosa e l’altra, è come se non ti avessi ancora dato le attenzioni che vorrei darti. Come se volessi essere sicura che ci sei davvero.» Tese le mani.

E Kit gliele prese, sorridendo dolcemente. Poi si abbracciarono.

«Sono qui, mamma.» E, dopo una pausa: «Sto bene.»

«Ne sei sicura?»

«… si.»

Si separarono. Sorsha sembrava afflitta; o forse erano solo i segni dell’attesa straziante che le avevano scavato il volto. «Se vorrai parlarmi… di qualunque cosa… sappi che sono qui. D’accordo?»

Kit deglutì e strinse i pugni lungo i fianchi, in cerca d’aria. Si, forse era il caso di dirglielo.

«In realtà qualcosa c’è. Durante il viaggio di ritorno… ho fatto degli incubi. Continuo ad averli. Vedo tutta la gente che è morta. Che io, ho… ucciso.»

«Oh, Kit...» Sua madre le accarezzò le braccia. «Lo so. La guerra è una cosa orribile. Nessun genitore vorrebbe che i propri figli la vivano. Lascia cicatrici indelebili. Ma… ho sempre saputo che eri destinata a grandi cose. Sei mia figlia, dopo tutto» ironizzò stirando un sorriso. «Col tempo passerà. Ora sei qui, sana e salva. Insieme supereremo anche questo. Insieme. D’accordo?»

Kit rimase con lo sguardo perso nel vuoto qualche istante, limitandosi a respirare e basta, la mente vuota d’ogni cosa. «D’accordo» annuì. «Grazie» aggiunse, rincuorata.

Si diedero un secondo e più rapido abbraccio. Poi Sorsha si voltò e, prima di lasciare la stanza, guardò un’ultima volta sua figlia sulla soglia. «Buona notte.» E uscì.

Clac. La porta si chiuse morbida e insonorizzata sui cardini.

Kit abbassò gli occhi. Girò piano sui tacchi e andò al letto, dove la corazza Kymeriana giaceva in cima alla pila. Vi passò sopra i polpastrelli.

«Puoi uscire, adesso» disse piano.

Dal grosso e imponente armadio intarsiato alla sua destra provenne un thump e un tip-tap di piedi. L’anta si aprì con un cigolio.

«C’è un tanfo tremendo qui dentro» mormorò disgustata la voce di Jade. Aveva dei grumi di polvere nei capelli sciolti, la sottoveste costellata di sfilacciamenti decrepiti. Le spalline sottili lasciavano intravedere la delineata muscolatura.

«Posso immaginarlo» ridacchiò Kit, posandole gli occhi addosso. «Quella roba puzzava anche quand’ero bambina.»

«Ne ho trovato uno che dovrebbe fare al caso tuo… guarda.» Jade estrasse dall’interno buio dell’armadio una veste bianca, dalla vita decisamente troppo sottile e una lunga gonna tempestata di minuscoli gioielli brillanti come perle. Le spalle sembravano fatte di garza, pronte a sfaldarsi al minimo tocco. Puzzava di vecchio, tipo come dovrebbero puzzare le bende di una mummia più o meno.

Kit le rivolse un’espressione alquanto eloquente. «No.»

«Ma come!» Jade scese lo scalino dell’armadio e pestò le assi del pavimento coi piedi nudi. Balzellò al suo fianco e accostò la veste al busto di Kit. «Guarda, ti sta così bene! Scommetto che è stata confezionata per il tuo matrimonio.»

«Qualunque cosa sia, assolutamente no. Non lo metterò mai» rincarò la dose Kit, ma inquinò la serietà del volto con un mezzo sorriso.

«Ehi. Stavo scherzando.» Jade buttò il vestito sul letto, assieme al resto. Squadrò a lungo Kit immobile.

«Sembra che tu e tua mamma vi siate riavvicinate.»

«La distanza fa miracoli, a quanto pare.»

«Kit. Non è solo questo, e tu lo sai.»

L’altra inarcò le sopracciglia.

«E’ normale che ora le cose siano cambiate. Questo viaggio ha cambiato tutti» continuò la rossa, riflessiva.

«Wo wo wo» fece Kit gesticolando. «Prima che ti chiudessi nell’armadio, l’atmosfera qui era diversa. O sbaglio?»

Jade pigolò rialzando gli occhi al viso altrui. «Credo di si.»

Kit tolse la polvere dai sui capelli, poi le posò gli avambracci sulle spalle e annodò le dita dietro la sua nuca. I loro volti adesso erano molto vicini.

«Perché hai voluto che mi nascondessi?» chiese Jade, interrompendo il flusso di ciò che sarebbe dovuto accadere.

Kit si soffermò a lungo e con piacere sulle sue labbra, poi sulle iridi. «Non è ancora il momento di dirglielo. Siamo appena tornate. Lasciamo che si riprenda. Intanto, noi… possiamo organizzarci al meglio.»

E, sorridenti e felici, si baciarono.

 

Toc toc.

 

Digrignando i denti, Kit allontanò il naso da quello di Jade, la quale sospirò un: «Non posso crederci.»

Si guardarono.

Jade sfidò Kit soffiando: «Devo tornare là dentro?». Indicava l’armadio alle proprie spalle.

«Aspetta» negò l’altra. «Mettiti quello» ordinò indicandole una coperta gettata sul letto. Raggiunse la porta, la scostò appena di uno spiraglio e disse, irritata: «Posso avere un minimo di privacy, per fav...» Ma venne interrotta.

«Hey, hey! E’ questo il modo di accogliere tuo fratello?»

Airk si era introdotto senza chiedere permesso e scostando in malo modo, ma con affetto, il corpo di Kit con un braccio. E si ritrovò a fissare Jade, che ora celava la sottoveste in una coperta spessa avvolta attorno al busto. Poi la sorella. Di nuovo Jade. I capelli gli erano un po’ cresciuti durante il viaggio di ritorno, anche se non tanto quanto lo erano stati in passato.

«Oh.»

«Oh! Esatto, Airk, Oh» intervenne Kit, piantandogli le mani sul petto e spingendolo di nuovo fuori. «Vattene. Ti voglio un mondo di bene, ma fuori

«Aspet- »

Clack. Porta richiusa.

«Forse aveva qualcosa di importante da dire» suppose Jade.

Kit alzò un sopracciglio e sospirò rumorosamente.

«D’accooooordo. Dì quel che devi dire e poi va’ via» ribadì la sorella minore, tirando un’altra volta la maniglia. Airk era rimasto lì immobile, accigliato e confuso, avvolto nella sua vestaglia reale.

«Ahm» esordì, compiendo un passo per entrare di nuovo nella stanza. Stavolta con più circospezione. «Jade...» salutò la rossa con un cenno del capo e un sospiro fra i denti, carico di un non so ché che assomigliava a disagio. «Kit, tu… lo sai che la prossima settimana cominciano i giochi, vero?»

«Mai dai? Grazie per avermelo ricordato, proprio me ne ero scordata» lo canzonò Kit, palesemente impegnata a tollerare l’ennesima presenza che disturbava la quiete amorosa della sua intimità.

Nel pomeriggio, qualche ora dopo che l’esausta compagnia aveva finalmente rimesso piede a Tir Asleen, Sorsha aveva proposto di annunciare al regno che si sarebbero indetti dei giorni di festeggiamenti per celebrare il loro ritorno ed il successo della missione. Un’intera settimana di banchetti, feste e giochi. Un torneo. I cui partecipanti… sarebbero stati loro stessi.

L’entusiasmo era fioccato come neve in estate. Ma come avrebbero potuto dirle di no?

«E sai anche… che tutti si aspettano un tuo discorso inaugurale?» proseguì il fratello.

Gli occhi di Kit divennero quanto mai enormi. «Discorso?»

«Si, discorso» continuò Airk. «La mamma non ti ha detto niente? Lei, tu e io apriremo le danze con un discorso.»

«Deve essermi sfuggito» ammise Kit stirando le labbra, sinceramente allarmata.

«Ebbene.» Airk si fregò le mani. «Sono qui per dare alcuni gentili consigli di modo che tu possa evitare una figuraccia. Dato che sei sempre stata terribile coi discorsi.»

La faccia che fece Kit obbligò Jade a stringere le labbra per evitarsi di scoppiare a ridere.

«So che sarà tremendamente noioso, ma dovrai citare e ringraziare tutti i membri più importanti della corte. Per essersi presi cura del castello, e soprattutto» enfatizzò Airk «di nostra madre.» Stava contando con le dita. «Seconda cosa: non parlare della corazza. O… di me. Insomma, di...»

Si intromise Jade che disse, asciutta: «Del fatto che una strega putrida e malvagia si è impossessata di te facendoti il lavaggio del cervello e tu l’hai baciata sulla bocca prima che si polverizzasse?»

Airk impallidì costringendosi a guardare dalla sua parte. «S-si… quello.»

«A meno che non vogliamo far prendere un colpo alla mamma… vedrò di evitarlo» disse Kit. «Ma prima o poi dovremo, Airk. Le sarà già sembrato assurdo che nessuno le abbia raccontato qualche dettaglio in più.»

«Aaah, a quello ci penserà Willow… è bravo in quelle cose» ribatté il fratello con un cenno di una mano.

«E credi veramente che la mamma non vorrà sentire la storia da te?»

Impacciato, Airk tentò di riprendere il filo del discorso. «Comunque, non sono qui per questo. Voglio solo… sincerarmi che fili tutto liscio. Non voglio che tu faccia brutta figura davanti alla gente. Non te lo meriti.»

Kit lo guardò, d’improvviso traboccante d’affetto. «D’accordo. Ti ringrazio. Vedrai che andrò alla grande.»

«Un’ultima cosa.» Il fratello aprì le mani e, prima invitandola e poi avvinghiandola, la strinse a sé.

Jade posò una spalla di peso contro l’armadio, godendosi la scena.

«E’ bello essere a casa» mugugnò Airk.

«Si» disse solo Kit, ricambiando la stretta più forte che poté. Respirò a fondo il suo profumo, che si mescolava con quello della propria stanza, e abbassò le palpebre.

«E a me niente?» Jade si staccò dall’armadio per andar loro incontro. «Guarda che abbiamo collaborato tutti. Fosse stato solo per Kit, probabilmente adesso sarebbe in qualche bosco sperduto a piangere.»

Ignorando le proteste di Kit, Airk disse: «Aah, avanti, vi ho già ringraziati abbastanza… e poi, in teoria sei tu qui l’elemento fuori posto!» Aprì una mano verso Jade. Ma subito cercò di riguadagnare il terreno che seppe all’istante di aver perso, aggiungendo «Non in quel senso, Kit, ovviam… »

Troppo tardi. La sorella lo aveva spintonato fuori dalla porta. «Buona notte, grazie di tutto, ti adoro, riposa, addio» bofonchiò serrando l’uscio e, con un moto d’intima goduria, girò la chiave nella serratura.

«Dove eravamo rimaste?» sussurrò Jade, anche se ormai già aveva la principessa addosso.

   
 
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