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Autore: Chevalier1    01/04/2023    8 recensioni
Nata quasi per caso come una raccolta di one shot, iniziata con i turbamenti di una piccola Oscar alle prese con la scoperta di essere una bambina, è diventata di fatto una serie di notti agitate lungo la cronologia dell'anime.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dopo aver rifiutato l’aiuto di André Oscar aveva finito di raccogliere da sola i frammenti del calice che aveva lasciato cadere nel fuggire dal Conte di Fersen e dalla trappola di un dialogo che non sapeva sostenere, ricordo di una sera che avrebbe voluto dimenticare. Aveva sperato invano che fermarsi un attimo a lavorare con le mani potesse liberarle almeno un po’ la mente ingolfata da pensieri confusi. Prendendo atto che non accadeva si risolse a ritirarsi nella sua stanza. Si svestì e, nel farlo, per la prima volta in vita sua, si domandò che donna fosse quella che la guardava dall’immagine riflessa nello specchio cui aveva gettato uno sguardo. Si rese conto di non essersi mai chiesta se potesse o meno essere considerata una bella donna. La guardò come se fosse la prima volta e non seppe rispondere.

«Se io avessi saputo che donna siete quando vi ho conosciuta...».

Fersen voi non potete immaginare quanto mi pesi questa frase. A dispetto delle apparenze fa molto più male di quelle altre che mi ricordano che non sono stata per voi altro che il vostro migliore amico.

Ma non è come pensate, Fersen, non è la voragine di rimpianti che quel se potrebbe aprire a ferirmi, perché so che quel se è solo un modo di addolcire un’amara verità. Avreste amato lei ugualmente, Conte di Fersen, perché una donna non vale l’altra. E se con il corpo potete amarne una a sera, è noto che voi non siate un modello di fedeltà in quel senso, lo sanno tutti a Corte dai cui muri ogni spiffero passa, con il cuore si ama una persona soltanto, una alla volta almeno. Ed è evidente che nel vostro cuore, per quanti sforzi abbiate fatto per dimenticare il vostro amore impossibile, a costo di mettere in mezzo una guerra e un oceano, c’è posto per lei soltanto. Avete sempre saputo che se foste tornato vivo sareste tornato da lei. Solo un’ingenua, senza esperienza, come me, avrebbe potuto illudersi che poteste dimenticare. Ma non è questo il punto, il fatto è che io sono una donna che non può esistere. Non nei canoni che questa società concepisce.

«Se io avessi saputo che donna siete...»

Che ne sapete, Fersen, di che donna sono? Vi ricordate la nostra conversazione a Corte quando mi avete parlato del proposito di obbedire a vostro padre e di sposarvi? Ho reagito male e non è stato solo, come ora sicuramente voi penserete, perché il battito del mio cuore mi suggeriva che avrei voluto esserci io al posto di quella donna. Ho reagito male perché mi faceva rabbia che voi, che come uomo a differenza delle donne un margine di scelta lo avete, foste disposto ad accettare la prima che vi avessero dato senza conoscerla neppure, a subire un’imposizione e a imporla a lei, senza un barlume non dico di sentimento, ché nei matrimoni combinati certo non è nel conto, ma almeno di trasporto, di pura attrazione esteriore. Avreste accettato una qualunque per obbedire alle convenzioni sociali, una sconosciuta che stavate già tradendo prima di incontrarla. Provavo rabbia per lei che avrebbe dovuto subirvi senza margine di scelta alcuna, darvi quanto le avreste chiesto per dovere coniugale per poi lasciarvi libero di spendere i vostri sentimenti altrove. Vi farà ridere, Fersen, da parte di chi vive mascherata da una vita, ma non reggo più questa ipocrisia, per questo mi allontanerò da voi e dalla Regina, prenderò qualsiasi reggimento vogliano darmi pur di andarmene. Non sarà per vendetta che non sarò più lì a salvarvi la prossima volta che rischierete lo scandalo, ma perché lo devo al rispetto di me stessa e non voglio più trovarmi a nessun titolo in mezzo alla vostra relazione, per alcuna ragione, neppure per servizio.

«Se avessi saputo che donna siete... »

Lo sapete forse adesso che donna sono, Conte di Fersen, voi che avete avuto bisogno di un abito anche solo per vedermi come una donna e che soltanto grazie a quello per voi sono stata una sconosciuta che eravate pronto a corteggiare, quando neanche io so che donna sono? Lo sto scoprendo adesso, Conte, pagando un prezzo che avevo rimosso o che non avevo messo in conto.

Sotto l’involucro che avete visto – e che pure esteriormente vi piaceva - , Conte, nascosta dal belletto, dall’acconciatura, dall’abito da sera, c’era la persona, la donna, che quella stessa sera avete chiamato il vostro «migliore amico», come avete fatto anche oggi, del resto. Le qualità che apprezzate nell’amico in una donna non vi interessano, magari vi mettono pure a disagio, e quello che vi attira in una donna invece io, lo so bene, non lo ho.

Vi potrei dire che vi capisco, sapete? Anche a me hanno insegnato le stesse cose che hanno insegnato a voi: che una donna è frivola, svenevole, da proteggere e che non sono caratteristiche che si addicono a un soldato. Come posso biasimarvi se considerate le donne così e solo così. Anche a me hanno inculcato le stesse cose, mi hanno insegnato a disprezzare la frivolezza, a rifuggire ogni parvenza di fragilità, a stare lontana da tutte le cose che si dice debbano piacere alle donne. Mi hanno fatto credere di essere un maschio, sapete, per qualche tempo? Quando ho preso pian piano coscienza del fatto di essere donna, mi avevano già educata come hanno fatto con voi: a saper fare le stesse cose che sapete fare voi, a non abbassare lo sguardo come non lo abbassate voi. Per tutto questo ignoro ogni forma di civetteria. Si sono preoccupati di addestrare il soldato, dando probabilmente per scontato che sarebbe stato votato alla solitudine come se l’uniforme fosse un abito monacale. In qualche modo lo è. Nessuno aveva messo in conto che il soldato Oscar François de Jarjayes potesse amare o essere amata e neanche io in verità. Le mie energie erano tutte concentrate sul ruolo, il mio timore più grande era che il mio corpo svelasse un’irrimediabile inferiorità fisica, che non fosse all’altezza della battaglia, che compromettesse l’attitudine al comando, physique du rôle lo chiamano di sicuro non per caso: non era nel conto che il cuore potesse dare battiti fuori dagli schemi, non essendo previsto che il soldato Oscar Francois de Jarjayes esibisse un cuore di donna, né, credo, che esibisse un cuore.

Le sovvenne il ricordo di sé stessa poche sere prima, quando, al ritorno da quel ballo sciagurato, nello specchio al lume di candela aveva visto tremolare un’immagine in cui non si riconosceva: il trucco sfatto dal pianto, l’abito sgualcito, i capelli di solito al vento imprigionati in una complicata impalcatura. Quello che al momento era stato dolore, delusione, rabbia, frustrazione ora era imbarazzo, vergogna. Un brivido l’attraversò al solo pensiero che chiunque là fuori potesse immaginare il Comandante delle guardie reali ridotto in quello stato, umiliata e offesa dal proprio maldestro tentativo di farsi notare da un uomo che non solo notoriamente amava un’altra, ma che con ogni evidenza nemmeno la percepiva come donna. Provò vergogna e rimpianto per quel gesto compiuto senza calcolarne le conseguenze, lei che aveva fatto della strategia la sua forza. Avrebbe dato qualunque cosa per tornare indietro e rimangiarsi quell’idea folle di andare al ballo agghindata in quel modo.

Se io avessi saputo che donna siete...

Sono una donna che non può vestire liberamente da donna, perché questa Corte che regge ogni scandalo può accettare Oscar François de Jarjayes fin tanto che vive giorno e notte nel suo ruolo e si comporta come se avesse una divisa trasparente addosso in ogni istante della sua vita. Se l’ufficiale de Jarjayes vuole sopravvivere deve reggere il gioco: e allora va bene, che venga a Corte una sera in alta uniforme per danzare da cavaliere per l’intera festa con la Regina di Francia, per salvare la faccia alla Corona e coprire lo scandalo della vostra relazione. Ma non può, fuori servizio, vestirsi da donna, come sarebbe naturale, e danzare con un cavaliere. È un cambio di pelle, anche se solo di involucro si tratta, per cui nessuno attorno è pronto. Ve l’immaginate i pettegolezzi, Fersen? Non che non ci siano, ora... Chissà quanti ne avete sentiti.

Un giorno mi avete chiesto se io non mi senta sola. Non mi sento sola, Fersen: sono sola, di una solitudine irrimediabile. Chissà quante volte vi sono arrivate alle orecchie le insinuazioni e la curiosità morbosa che mi circondano, pensate che non veda le parole che muoiono sulle labbra al mio passaggio? Davvero credete che non immagini il tenore delle battute da caserma, divise tra quelli che fantasticano di una femme fatale circondata da soldatini freschi d’accademia e quelli che s’immaginano che io possa essere chissà quale diversivo per dame annoiate. Vi risparmio il dettaglio delle avances più o meno sconce rivolte al “bel soldatino” nelle bettole di Parigi quando tutti hanno alzato un po’ il gomito: ce n’è per ogni gusto, dalle cameriere che si strusciano, proponendosi neanche troppo scopertamente al giovane ufficiale come amiche di una sera; agli osti che, dopo il terzo fiasco, provano ad allungare le mani solo per il gusto di sperimentare un’avventura dall’altra parte della barricata.

Non scandalizzatevi Fersen, so bene che vi sto descrivendo uno squallore. Ma fa parte della mia vita e posso difendermene in un solo modo, mettendo su una maschera di ferro, e allontanandomi da tutto. Lo devo fare per salvare insieme la dignità della donna e l’integrità del soldato, che non solo devono esserci perché la mia vita non vada a pezzi ma devono anche apparire.

Da tutta la vita mi tengo lontana non solo da ogni tentazione, ma da ogni cosa che possa prestarsi a pretesto della più piccola maldicenza: malgrado questo scorrono a fiumi però almeno nessuno può dire che io abbia fatto qualcosa per alimentarle. O, meglio, non lo avevo mai fatto fino a quella maledetta sera e mi sento correre un brivido alla sola idea che qualcun altro a parte voi possa avermi riconosciuta.

Che farai Oscar adesso?Si chiese guardandosi nello specchio in camicia da notte, sotto gli occhi i segni della notte insonne che la luce dell’alba ancora fioca non riusciva a nascondere. Perché nessuna voce corra dovresti chiuderti tutto dentro e continuare come sempre. Ma non è possibile: incontrare ogni giorno il Conte di Fersen sarebbe incontrarsi ogni giorno con il ricordo di quella sera. Sii onesta, Oscar, con te stessa almeno: nemmeno tu che hai vissuto chiudendo ogni sentimento dentro la corazza saresti capace di reggere questo. Sei a pezzi e ci vorrà tempo.

Decise in quel frangente che, a costo di alimentare voci incontrollate, avrebbe chiesto alla Regina un trasferimento, uno qualunque, pur di non rimanere un giorno in più a confronto con quell’immagine di sé che voleva dimenticare. Si detestò per aver pianto davanti a Fersen, per essere di nuovo fuggita davanti a lui - esattamente come quella sera - il pomeriggio precedente, quando il Conte era venuto a casa e le aveva svelato di averla riconosciuta al ballo.

Vestì in fretta l’uniforme, decisa ad andare a chiarirsi le idee in una lunga cavalcata, in modo da arrivare davanti alla Regina con il volto impassibile e le parole giuste. Si stava voltando per uscire, quando con la punta della spada allacciata al fianco urtò uno specchio a mano che come un contrappasso era rimasto in giro, sfuggendo al suo generalmente impeccabile ordine militare, a ricordarle la smagliatura di quella sera disgraziata. Nel raccoglierlo da terra, dov’era caduto frantumandosi senza uscire dalla cornice, vi incrociò con lo sguardo, senza volere, l’immagine spezzata del Colonnello Oscar François de Jarjayes. Si sorprese a domandarsi se, dopo quello che era accaduto, sarebbe mai riuscita a ricomporla.

Uscì nella mattina ancora fresca e mentre cavalcava si convinse che c’era un solo modo di saperlo: mettere alla prova quell’Ufficiale daccapo in un ruolo nuovo, fuori dal perimetro di certo pettegolo ma ristretto e in fondo protettivo di Versailles.

   
 
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