Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Severa Crouch    08/04/2023    2 recensioni
Questa storia partecipa alla challenge di scrittura “Torneo Tremaghi, Harry Potter edition” indetto dal gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”.
In un universo in cui Roland Lestrange e i suoi fratelli, Roddie e Rabastan, sono cresciuti in Francia con i cugini Philomène e Cyrille e hanno frequentato l'Académie de Magie de Beauxbâtons, l’arrivo del Torneo Tremaghi offre loro la possibilità di andare in Inghilterra e conoscere Hogwarts, la scuola di magia frequentata dai loro genitori. Come sarà il ritorno in Inghilterra dopo la caduta di Lord Voldemort?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Lestrange, Nuova generazione di streghe e maghi
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4 - Seguire il filo - pt. 1




Roland aprì gli occhi, intorno a sé c’era solo buio e un tanfo terribile. L’ultima cosa che ricordava era Madame Maxime che gli domandava chi, tra lui e Philomène, intendesse affrontare la seconda prova. 

Né lui né sua cugina sapevano nulla di quanto avrebbero affrontato. Non erano stati in grado di aprire quel dannato cilindro. Non che non ci avessero provato, anzi, avevano tentato ogni mezzo e percorso ogni strada possibile: magia, maledizioni, manipolazioni, indovinelli, sistemi di cifratura, rompicapi Babbani, ma nulla aveva funzionato. 

Adesso, Roland era sperduto, in un luogo buio e putrido. Portò la mano nella tasca della veste alla ricerca della bacchetta e non la trovò. Una morsa gli strozzò il respiro per il terrore: come aveva potuto rimanere senza bacchetta? Come poteva sopravvivere in un un torneo magico senza bacchetta? Chi gli aveva rubato la bacchetta? Era vittima di un boicottaggio? Respirò profondamente. Non doveva farsi prendere dal panico. “Ricorda l’addestramento,” si disse sottovoce. 

Il nemico fiuta il terrore e la paura, mantieni il sangue freddo. 

Erano gli insegnamenti di suo padre, quando lo aveva disarmato e gli stava insegnando a usare la magia ancestrale. 

Puoi perdere la bacchetta, ma non la magia, Roland.

Quel pensiero sembrò tranquillizzarlo. Aprì il palmo della mano per evocare un globo di luce, ma si disse che poteva essere un segnale per il nemico. Lasciò perdere. Decise di alzarsi mentre gli occhi si stavano abituando al buio di quel posto. Non si era rotto niente, era tutto intero e sembrava che non mancasse nulla, a parte la sua bacchetta.

Nella tasca della veste trovò il frammento di uno specchio, era un elemento curioso, ma forse poteva servirgli per guardarsi alle spalle o per riflettere la poca luce che filtrava in quel posto. Riuscì a illuminare fiocamente le pareti di mattoni, le curvature di quel lungo corridoio lo rendevano simile a una gigantesca tubatura. Era forse finito nell’impianto idraulico di Hogwarts?

Alzò lo specchio all’altezza del suo viso per guardare alle proprie spalle senza muoversi. Quasi sobbalzò quando vide comparire un occhio nero all’interno dello specchio. Si voltò di scatto ma sentì la voce di Roddie richiamarlo. Era uno Specchio Gemello.

“Roddie, tutto bene? Dove sei?”

“Non lo so so dove siamo, a giudicare da quanto ci circonda, direi che io e Philomène siamo chiusi in un’orribile aula scolastica! Ci siamo svegliati qui, siamo senza bacchetta e abbiamo solo questo specchio e quel dannato cilindro difettoso.”

“Roddie!” La voce di Philomène arrivò chiara alle orecchie di Roland, sembrava eccitata. “Il cilindro! Si è aperto!”

“Grandioso!” Il tono di Roddie era sarcastico ed era il preludio di una delle sue infinite polemiche. Roland, però, non aveva tempo per ascoltare le lamentele di Roddie, voleva uscire da quel posto puzzolente e ringraziò la scarsa luminosità che non gli permetteva di vedere cosa ci fosse sotto i suoi piedi, sebbene la consistenza e l’odore fossero un indizio abbastanza netto. “Ragazzi, io non so dove mi trovo, vi prego, credo che sia iniziata la prova. Cosa dice l’indizio?”

Un fruscio di carta anticipò la comparsa del volto di Philomène nella cornice dello specchio. Roland sorrise sollevato nel vedere la cugina e confidò nel suo senso pratico. “Allora, è un piccolo rotolo di pergamena che dice Ti saranno date tre ore di tempo, vedi di trovare l'uscita nel frattempo. Sarai solo, isolato e inzuppato, senza alcun incantesimo come alleato. Ascolta i tuoi compagni e usa l'intuito, saranno il tuo unico aiuto.

“Perfetto, quindi ho tre ore di tempo per uscire da questo posto e non è un caso che siamo senza bacchetta,” disse Roland, cercando di recuperare lucidità. “A questo punto, non so se non posso o non devo usare la magia.”

“Questo non è un torneo di maghi, è una buffonata,” commentò Roddie, decisamente indignato: “Mandarci nelle fogne! Senza bacchetta! Come degli schifosi Babbani!” Come al solito, suo fratello non si faceva problemi a dare voce a ciò che tutti loro pensavano.

“Abbassa la voce, Roddie!”  Philomène era la più preoccupata dalle possibili reazioni, così concentrata sul rendersi presentabile al mondo in cui voleva disperatamente inserirsi. Andare al ballo con Eric Lagrand era stata una mossa interessante, si trovò a pensare Roland. Lui apparteneva alle famiglie Purosangue francesi che non avevano ufficialmente preso parte alla seconda guerra magica, anche se dietro le quinte, attraverso la loro rete di prestanomi, avevano fatto arrivare il loro sostegno economico. La mamma diceva che era solo politica e che non era escluso che i Lagrand non sostenessero anche altre fazioni, per essere sicuri di finire dalla parte dei vincitori, qualunque fosse stato l’esito della guerra.

“NO! Non mi importa niente! Non ha più nemmeno senso partecipare, oramai! Il prestigioso Torneo Tremaghi è morto! Questa è una farsa, uno schifo!”

“Non ha tutti i torti, sai?” disse Philomène. Roland inspirò profondamente. Oramai era nelle tubature, aveva sottoscritto un contratto magico vincolante. “Non saremo noi a causare scandalo o disonore a Beauxbatons. Non ho nessuna intenzione di ritirarmi. Aiutatemi piuttosto!” 

“E come?” domandò Philomène. “Non conosciamo la scuola, non sappiamo dove ti trovi!”

“Aspetta, guarda qui,” Roddie sembrò calmarsi. “C’è una mappa ed è segnato un punto. Roland, ti trovi al centro esatto. Devi andare verso nord.”

“E qual è il nord?” Il corridoio in cui si trovava era dritto, qual era la destra o la sinistra giusta? 

“Devi andare per esclusione. Vai alla fine del percorso, se trovi un bivio in cui puoi andare in due direzioni, a destra o a sinistra, è quello giusto. Prendi quello di destra, mentre se trovi un bivio con tre strade, allora è quello sbagliato.”

“E dopo?”

“Poi devi prendere la prima a destra, la seconda a sinistra e continuare dritto per un po’, ci sentiremo più avanti. Stai attento.”

Roland provò a seguire l’istinto e andò a destra, sorrise nel vedere che era il condotto giusto. Voltò ancora una volta a destra, mentre sentiva che il livello dell’acqua aumentava pericolosamente. Si domandò se Roddie sapesse leggere le mappe e quasi si pentì di non aver chiesto conferma delle indicazioni a Philomène. Man mano che procedeva nell’acqua sentiva una strana sensazione, come se qualcosa o qualcuno lo stesse spiando. 

“Saranno degli incantesimi di localizzazione,” si disse. “Dopo tutto, la giuria dovrà darci dei voti.” Nel buio del condotto, proprio all’imbocco del secondo tunnel a sinistra, gli sembrò di vedere un paio di occhi gialli. 

“Non può essere.”

Inspirò profondamente e cercò di concentrarsi sulla magia che dimorava in sé, richiamando alla mente gli insegnamenti di suo padre, quasi gli sembrò di rivedere lo sguardo serio e i lineamenti induriti mentre gli chiedeva di compiere uno Schiantesimo senza bacchetta.

“Potresti doverti difendere disarmato,” gli ripeteva durante le sessioni di allenamento, e mai aveva immaginato che si sarebbe realmente trovato in quella situazione. A quei tempi, Roland pensava che era sufficiente non mescolarsi ai Babbani per vivere sicuro, rimanere in Francia e lasciare le paranoie da sopravvissuti ai suoi genitori. Eppure, quel ritorno in Inghilterra lo poneva di fronte a nuove riflessioni, a fili che sembravano spezzati e potevano essere riannodati, a un posto che, sebbene non fosse casa e non ne avesse l’odore, in qualche modo lo era.

Gli occhi gialli comparvero di nuovo. 

“Allora non sono solo.” 

Un lieve bagliore illuminò qualcosa di simile a un tentacolo verdognolo. Roland non fece in tempo ad esclamare “Un Avvincino!” che la creatura si fiondò contro di lui in un attacco.

“Stupeficium!” urlò ma dalla sua mano non uscì alcun incantesimo. I tentacoli dell’Avvincino si aggrapparono alla sua mano e Roland, quasi mosso dall’istinto di sopravvivenza, sbatté violentemente il braccio contro la parete del condotto. Il suo braccio non si aspettava un urto così violento né si attendeva che la superficie fosse tanto irregolare, fatta di mattoni stretti e lunghi messi in modo non uniforme, con sporgenze e rientranze che aumentavano l’impatto del colpo. La Creatura magica urlò di dolore insieme a lui, ma non mollò la presa sul braccio, anzi, si strinse ad esso ancora di più. Roland fu costretto ad aumentare la forza del colpo, cercando di far sbattere la testa dell’Avvincino alla parete del condotto. Fu solo quando riuscì a tramortirlo che questi lasciò la presa e fuggì. Roland si tastò il braccio dolorante. Non poteva vederlo, ma doveva essere rosso per i segni della stretta dei tentacoli, il dolore era come una fasciatura che seguiva i punti in cui i tentacoli erano riusciti a infilarsi sotto l’uniforme nel tentativo di raggiungere la pelle.

Teneva il braccio stretto al petto, come per cercare di lenire il dolore, mentre si addentrava lentamente nel condotto. Andò avanti, al primo bivio avrebbe provato a usare lo specchio gemello per chiedere indicazioni a Roddie e Philomène. Riprovò ad evocare un incantesimo, questa volta piuttosto semplice. 

“Lumos.” 

Dalle dita della sua mano non uscì nemmeno il più piccolo segno di magia. Tutto ciò che gli era stato insegnato, sembrava dissolto. Roland iniziò ad aver paura e, per la prima volta da quando si era risvegliato, avvertì un freddo pungente che arrivava a farlo tremare. Sembrava che il livello dell’acqua stesse continuando a salire. Sentì lo scrosciare dell’acqua e poi una figura comparve davanti a lui; era pallida e traslucente, un vero e proprio fantasma.

“Oh, un altro Lestrange nelle fogne.”

“Quanti Lestrange hai visto nelle fogne?”

Il fantasma sorrise e ridacchiò divertito. Era una ragazza, indossava un’uniforme scolastica e un paio di occhiali. Roland si domandò se fosse morta durante uno dei tornei di magia della scuola.

“Tanti anni fa, tuo padre rischiò di farsi espellere da scuola per aver trovato un passaggio con l’esterno e averlo usato per far entrare Tu-Sai-Chi dentro la scuola.”

“Cosa?”

“Oh, sì, era proprio come te, zuppo, infreddolito e senza bacchetta.”

“Puoi aiutarmi ad uscire da qui? Dove si trova questo condotto?”

“Oh, no, io non posso dare suggerimenti ai Campioni Tremaghi, volevo solo vedere se eri carino come il tuo papà, e devo dire di sì, anche se… beh… potresti fare di meglio…” Roland alzò un sopracciglio perplesso: “Mi stai dicendo che non sono abbastanza bello?”

“No, ma il fisico di Rodolphus… beh… io non ho mai capito Bellatrix…”

“Nemmeno mia mamma l’ha mai capita, ma suppongo che non ci sarei stato a quest’ora.”

“Oh, tua mamma… lei si che sapeva divertirsi!” Il fantasma iniziò a ridacchiare nel modo stupido e irritante che avevano le ragazzine, che facesse dell’ironia su sua mamma, poi, era una cosa che non tollerava. “Risparmiami i dettagli, per favore!” 

Il fantasma gli si avvicinò sussurrò nel suo orecchio: “Non vuoi sapere di lei e Barty nel bagno dei Prefetti?” Doveva essere divertita dal suo imbarazzo. Roland non voleva immaginare sua mamma con il papà di Orion né voleva immaginare sua mamma in alcun modo. Insomma, era sua mamma! Senza contare che sapeva fin troppo bene, quanto sua mamma si lasciasse trasportare dalla passione. “Ehm… no, mi è bastato sorprenderla con papà una mattina che sono andato in spiaggia prima del solito…” Il fantasma scoppiò a ridere: “Certe cose non cambiano mai!”

Decise di cambiare argomento prima che fosse troppo tardi. “Passi tutto il tempo a guardare le coppie di Hogwarts?”

“Sei proprio antipatico e permaloso come tuo padre!” Roland scoppiò a ridere per quella battuta e rivolse un sorriso complice a quel fantasma, insieme a un tentativo di farle gli occhi dolci. “Lo prendo come un complimento. Allora, vuoi farmi compagnia  in questa prova? Ascolterei molto volentieri i tuoi racconti…”

“Purtroppo devo andare, ma ti lascio un consiglio: allena i bicipiti.” 

Il fantasma scomparve prima che la reazione permalosa di Roland arrivasse. Si toccò le braccia come alla ricerca di cosa non andasse nel suo corpo. Forse non era massiccio come suo padre, la sua muscolatura era più smilza come quella di zio Rabastan, ma questo non lo rendeva meno forte né meno affascinante. Pensò a Lucile Dolohov e alle passeggiate che avevano fatto insieme e una leggera stretta allo stomaco iniziò ad opprimerlo: forse anche Lucile pensava che lui avrebbe dovuto essere come suo padre? Eppure, i baci che si erano scambiati sembravano dire qualcosa di diverso. Doveva trovare Lucile! Al diavolo la prova, il Torneo e tutto il resto! Al diavolo Roddie, Philomène e tutta l’Accademia! C’erano altre cose importanti nella vita e lui aveva bisogno di esplorarle. Non voleva intossicarsi con l’odio del passato, sentirsi appellare “il Mangiamorte”, voleva essere libero e vivere una vita normale.

“Ro, sei arrivato?” La voce di Roddie lo riportò con i piedi per terra. C’era come uno strano ronzio nell’aria, qualcosa che sembrava una melodia in grado di smuovere la sua anima. Roland si appoggiò alla parete del tunnel e quel contatto con i mattoni irregolari gli ricordò che aveva una prova da portare a termine. Solo che quella canzone… Forse poteva ascoltarla per un po’ e rimanere seduto in quel posto. 

“Ro, sbrigati!”

“La sentite anche voi?”

“Sembra Maride, stai attento,” gli disse Philomène. La delusione gli invase l’animo: se voleva uscire da quel posto e rivedere Lucile, doveva terminare la prova. Ma che senso aveva? Lucile avrebbe preferito uno come suo padre, lo aveva detto persino il fantasma! Suo padre preferiva Orion, la mamma Roddie, era palese e nessuno si sarebbe preoccupato per Roland, che volevano solo per portare avanti il nome dei Lestrange. Era solo un nome sull’albero di famiglia, l’adempimento di un compito, nessuno era realmente interessato a lui.

“Roland…” La voce di Philomène era preoccupata.

“Ro!” La voce di Roddie e quel tono allarmato. “Non ti sentiamo muoverti, cosa succede?” Roland si sedette sul fondale melmoso. L’odore era terribile. “Ti prego, Ro, qualsiasi cosa ti stiano facendo pensare, è solo il canto dei Maridi! Ti prego, vai avanti!” 

“Non vediamo l’ora di riabbracciarti,” aggiunse Philomène. “Devi leggere la lettera di Orion, ricordi?” Il ricordo dello sguardo complice di Orion, il modo in cui gli tendeva la mano, le notti trascorse a dividere il letto durante i temporali, i giochi con gli elfi domestici e con i suoi genitori. I cugini che andavano a fargli visita. Zio Rabastan che lo prendeva sulle spalle e gli faceva fare i tuffi in acqua. Si fece forza e si alzò e, nonostante i pensieri che la mente confusa gli proponeva, riuscì ad allontanarsi.

Arrivò al bivio indicato da Roddie frastornato. Trovò il condotto chiuso da un cancello. “Grandioso! Lo sapevo che Roddie non era in grado di leggere una dannata mappa.” Afferrò lo specchio gemello e sperò che i suoi compagni di squadra fossero ancora lì, pronti ad aiutarlo. 

“Il condotto è sbarrato,” esclamò. 

“Solo perché hai superato il punto in cui dovevi svoltare,” disse Philomène il cui occhio azzurro comparve con un’espressione accigliata. “Cosa ti è successo?” 

“Un Avvincino…” mormorò. “Non so se ci sono incantesimi anti magia, ma non posso utilizzare nemmeno la magia ancestrale,” commentò sconsolato. “Forse non sono capace… E se perdiamo per colpa mia?”

“Non è il momento di farsi prendere dallo sconforto,” gli disse suo fratello che allontanò Philomène e comparve con i suoi occhi neri e l’aria preoccupata dentro la visuale. “Sei assolutamente in grado di superare la prova. Sei il miglior studente dell’Accademia e anche il miglior allievo di papà, non dimenticarlo. Questo torneo è truccato, vedi solo di uscirne intero, ok?”

La voce di Philomène annuì accanto a Roddie. “Sì, Roland, pensa a uscire, tutto il resto non importa.” Lo specchio tornò a inquadrare l’occhio attento di Philomène. “Adesso, prendi il primo condotto che troverai, vai in fondo e poi devi voltare a sinistra e dovrai attraversare un lunghissimo canale. Ci saranno circa una ventina di tunnel che sboccano lì.”

“Credi che sia il canale principale di scolo?”

“Temo di sì.”

“Sarai nella cacca fino al collo,” disse Roddie. “Buona fortuna.”

“E poi dove vado?”

“Dovrai contare circa sei condotti a sinistra e altrettanti a destra, attento che sono sfalsati, e poi dovrai prendere il settimo condotto di destra. Attento perché il sesto è l’ottavo non so dove potrebbero portarti.”

“D’accordo. Ci sentiamo dopo, se ci sono altre creature non voglio attirarle parlando.”

“A dopo.” 

Roland tornò indietro, alla ricerca del condotto giusto. L’odore era terribile e la sensazione di star camminando nei rifiuti degli studenti di Hogwarts aumentava il fastidio. Era senza bacchetta, rinchiuso nelle fogne, con creature magiche e impossibilitato a difendersi. Non capiva cosa ci fosse di istruttivo nel togliere la magia ai maghi. Non era un torneo di ingegno, o altre cazzate da Babbani, era il torneo Tremaghi e, nella storia del Torneo, i maghi si erano sempre sfidati con gli incantesimi. I suoi piedi toccarono qualcosa di duro, dal rumore sembrava legno. Tastò meglio la zona sottostante e si sorprese nel riconoscere quelle che, a tutti gli effetti, sembravano delle bacchette magiche. Non poteva essere così fortunato… Consapevole che potesse trattarsi di una trappola, infilò la mano dentro quel liquido melmoso alla ricerca di uno di quei cilindri di legno. Il tanfo lo assalì insieme alla nausea mentre la mano tastava il fondale. 

Fu più forte di lui, un conato di vomito lo assalì e la colazione mattutina divenne qualcosa di cui non doversi più preoccupare. L’intuizione avuta dai suoi piedi, però, si rivelò corretta e quasi sorrise nel comprendere che sul fondale, per qualche misterioso motivo, erano finite una quantità indefinita di bacchette magiche.

“Ahi!”

Il pizzico di qualcosa gli fece scappare la presa della bacchetta. Tornò velocemente a recuperarla mentre faceva largo con i piedi. Afferrò l’impugnatura e tirò velocemente la bacchetta fuori dalla melma. “Lumos!”

Nulla. 

Roland tastò la bacchetta e poi saltò per il dolore. 

Qualcosa lo aveva pizzicato dentro il fondale, qualcosa che si stava muovendo lungo il legno della bacchetta che teneva in mano. Assottigliò lo sguardo portando il braccio nella direzione da cui filtrava un po’ di luce riflessa: uno chizpurfle si muoveva pericolosamente in direzione delle sue dita. 

“Dannazione!” esclamò lasciando la presa della bacchetta e allontanandosi velocemente. Sul fondale, come risvegliati da tutto quel trambusto, altri chizpurfle iniziarono a muoversi e a riempirlo di pizzichi. 

“Dannazione! Ecco perché le bacchette non funzionano!” 

Gli chizpurfle amavano le bacchette magiche, si nutrivano del loro nucleo, oppure vivevano nel fondo dei calderoni che non venivano puliti. Roland li aveva studiati in Creature Magiche in Accademia, dove aveva potuto osservarne qualcuno. Se non erano pieni di magia, non erano particolarmente pericolosi. Il problema, però, era che lui non aveva nessuna delle pozioni che si utilizzavano come repellenti, ed era sprovvisto di una bacchetta per praticare qualunque incantesimo. Non solo, il fondale melmoso in cui si trovava costretto a camminare e l’oscurità che lo avvolgeva, rendevano per lui impossibile difendersi. 

La sola strategia possibile era la fuga, lasciare il territorio di quelle creature orripilanti e sperare che non lo seguissero. Si infilò nel cunicolo che gli aveva indicato Philomène, sperando di non aver perso il conto nella fuga dagli chizpurfle che continuavano a inseguirlo. Arrivò alla fine del tunnel continuando a sentire quelle gambette che ticchettavano sul fondale melmoso. 

“Ahi!” Esclamò sentendo il primo pizzico. Roland non aveva modo di prendere lo specchio gemello per coordinarsi con i suoi compagni di squadra, doveva andare per tentativi. Prese il primo cunicolo a sinistra, poi andò a destra, e ancora a sinistra. Era sul punto di credere di aver seminato gli chizpurfle quando uno scroscio soprastante precedette l’arrivo di un getto d’acqua, o di quella che sperava essere acqua. Venne preso in pieno e finì inzuppato completamente. Rimase immobile, in attesa che tornasse il silenzio e l’acqua si calmasse. Continuava ad esserci uno scroscio d’acqua da qualche parte, sul fondo del condotto. Il lato positivo era che gli chizpurfle dovevano essere tornati indietro, quello negativo era che che se non si dava una mossa sarebbe finito annegato nelle fogne di Hogwarts.

Suo padre si era orientato in quei condotti, aveva fatto entrare Lord Voldemort nella scuola meglio difesa del mondo magico, proprio sotto il naso di Albus Silente… Lui non poteva essere da meno, doveva dimostrare la propria tempra, di essere un ottimo Lestrange.

Nonostante l’alzarsi del livello dell’acqua, decise di andare avanti e raggiungere il fondo di quel tunnel. Tastava con le mani le pareti, alla ricerca di altri condotti in cui poter uscire. L’acqua era arrivata all’altezza del collo e l’olezzo era così terribile che Roland si sentì felice che la colazione lo avesse già abbandonato. Arrivò al fondo del tunnel e trovò una sorta di botola chiusa da una maniglia di ferro spesso e viscido che non doveva essere aperta da secoli. Provò a ruotarla con tutta la sua forza, gli ci vollero diversi tentativi prima di sbloccarla e riuscire a far defluire l’acqua. 

Solo quando il livello dell’acqua tornò basso, Roland afferrò il frammento di specchio alla ricerca di nuove indicazioni da parte di suo fratello e di sua cugina.

“Cosa ti è successo?” Lo sguardo di Philomène lasciava trasparire lo sconcerto per le sue condizioni. “Preferirei sorvolare… immagino di non essere un bello spettacolo…”

“Folli! Sono folli!” La voce di Roddie era furiosa e quello era il suo modo per mostrare la sua preoccupazione. 

“Sapete quanto tempo è passato?”

“Circa un’ora e mezza.”

“Quanto manca all’uscita?”

“Non molto, teoricamente, ma la mappa è incasinata e ci sono un sacco di condotti bloccati, quindi dovrai fare attenzione. Adesso sei lontano dalla strada che dovevi prendere, puoi tornare indietro?”

Roland scosse la testa: “No, quel condotto è presidiato da un centinaio di chizpurfle e, senza bacchetta, è piuttosto doloroso affrontarli.”

Roddie sospirò. “Vorrei proprio sapere come ci sono finiti nelle fogne…”

Roland alzò le sopracciglia: “Ho delle ipotesi, ma vorrei discuterle una volta che mi sarò fatto una doccia. Aiutatemi ad uscire da qui.”

“Giusto.” Lo specchio tornò a inquadrare Philomène che, finalmente, lo allontanò dal proprio volto e Roland riuscì a rivedere lei e il fratello. “Finalmente vi vedo.”

“Scusa. Ti mostro la mappa. Tu sei qui.” Philomène indicò sulla mappa un puntino da cui partiva un cartiglio con il nome “Roland Lestrange”. Non vide gli altri concorrenti, segno che erano molto indietro o molto avanti. Doveva muoversi. “Devi prendere la prima a destra, vedi? Poi di nuovo a destra, quindi a sinistra. Andrai avanti per un po’, troverai un bivio con tre strade, di cui due chiuse, prendi la terza, percorrila tutta e dovresti trovare l’uscita.”

Roland annuì. “Chiaro. Destra, destra, sinistra, strada percorribile. Spero di non incontrare altre creature magiche. A dopo.”

“A dopo.”

Roland iniziò a correre. In qualche modo, era come se il suo corpo si fosse abituato a quell’ambiente sporco e maleodorante. Riusciva a orientarsi, ad ascoltarne e riconoscerne i suoni. Seguì le indicazioni e all’ultimo bivio dovette provare tutte le strade prima di trovare quella giusta. Alla fine c’era una scala di metallo, salì con il cuore che gli batteva forte in petto, aprì la botola pregustando il momento in cui si sarebbe fatto una doccia calda e profumata.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Severa Crouch