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Autore: AcchanBaka    13/09/2009    0 recensioni
Questa storia forse non può essere collocata nel “vostro” tempo.
È una storia complicata, ma allo stesso tempo è una storia banale, semplice.
La nostra storia si svolge in un luogo senza tempo, in un tempo senza circostanze ben definite, in una bolla di sapone che vaga senza meta ai confini del vostro mondo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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People

Danger

 

 

Come si dice: il buongiorno si vede dal mattino.

Non appena apro gli occhi, mi rendo conto di una cosa: mia sorella maggiore, che di solito dorme nel letto accanto al mio e fino a tardi, non è tra le lenzuola e non c’è traccia di lei nella camera che condividiamo pacificamente dalla nascita.

Mi tiro lentamente a sedere, con calma, e mi stropiccio gli occhi cercando di svegliarmi, scuotendo la testa. Lynn – mia sorella – mi prende in giro asserendo che scuoto spesso la testa per fare in modo che i miei pochi neuroni facciano contatto.

Molto. Divertente.

Conclusa l’operazione di sveglia, più o meno, provo a chiamarla.

«Lynn?»

Primo tentativo: fallito.

Mi acciglio appena – per quanto me lo permettano i miei muscoli ancora intorpiditi dal sonno – e con molta fatica faccio scivolare le gambe giù sul pavimento, rabbrividendo per il freddo del suolo a contatto con la pianta nuda dei piedi.

«Lysanne?» a voce più alta, provo col nome completo, visto che lei lo odia e tira un calcio a chiunque osi chiamarla in questo modo.

Niente.

A questo punto è chiaro che Lynn non è in camera – nascosta nell’armadio, magari – o comunque non si trova in un luogo della casa dal quale avrebbe potuto sentirmi. È tutto molto strano; da che io ricordi, mia sorella è sempre stata un tipo alla buona, ritardatario e molto pigro, anche se una gran lavoratrice.

Lancio distrattamente un’occhiata al cielo, per avere un’idea dell’orario, e mi inquieto ulteriormente: è prestissimo, non è che si è addormentata da qualche altra parte?

Scarto l’ipotesi: se non dorme sul suo cuscino, mia sorella semplicemente non dorme.

Mi alzo e stiracchio ogni singolo muscolo del corpo, le mani chiuse in deboli pugni tirate verso l’alto per tendere le braccia.

Scuoto di nuovo la testa – i neuroni fanno contatto – e mi passo una mano fra i capelli.

Direi che è il caso di mettersi in moto per andare a cercare quella svampita di mia sorella, decisamente.

Dopo una breve corsa in bagno per ovviare ai problemi mattutini, mi avvicino all’armadio, aprendo entrambe le ante.

Su quella sinistra svetta lo specchio che mia sorella ha fatto installare, e lancio un’occhiata alla mia immagine riflessa: ho proprio la faccia di chi vorrebbe passare tutta la vita a letto e non solo. Sospiro.

Lo specchio riflette le sembianze di un ragazzo alto sul metro e settanta, dai capelli corti e castani, perennemente scompigliati a qualunque ora del giorno, e dai brillanti occhi verde scuro. L’unica cosa del mio viso che non mi piace è il naso, fin troppo pronunciato, ma non sono mai stato granché vanesio, dunque non ne faccio un dramma.

E poi Lysanne – ops, Lynn – continua ad asserire che anche con quella patata in faccia resto comunque un bel ragazzo. E qui c’è da aggiungere: se lo dice lei…

Scelgo scarpe comode, un pantalone leggero e una camicia senza maniche, visto che fa un caldo infernale e se devo correre qua e là per cercarla ho bisogno di qualcosa che non mi faccia sudare troppo.

Una volta vestito mi guardo attorno istintivamente, senza alcun motivo preciso, e infilo la porta uscendo nell’aria estiva che avvolge il villaggio come una cappa.

Abitiamo nei pressi del fiume e lì l’aria è – se possibile – ancora più calda e afosa.

Incrocio il vecchio signor Jag, che come al solito porta il suo cane in giro per la passeggiatina mattutina.

«Buongiorno, signor Jag!» lo saluto, per educazione.

Mi lancia un’occhiata burbera come al solito e bofonchia qualcosa che potrebbe assomigliare a un “buongiorno”, ma solo con parecchia immaginazione e una dose non indifferente di pazienza.

Sorrido, e mentre mi avvio alla piazza principale vengo quasi investito da una figura coperta da uno scialle vaporoso, che mi dà una spallata mentre corre verso la parte opposta.

A causa del leggero urto mi giro, e inconsciamente con gli occhi seguo la figura, che senza preavviso si infila in uno dei tanti vicoli. Serro le labbra. Ce n’è di gente strana qui, per quanto tutti conoscano tutti ogni tanto c’è qualcuno che dà di matto.

Riprendo dunque a camminare, quando finalmente da lontano intravedo Lynn, con i suoi inconfondibili capelli biondo cenere, che le incorniciano la testa come una nuvola e scendono in una cascata lungo la schiena.

Faccio per sollevare un braccio e chiamarla, quando la vedo in compagnia della vecchietta dei profumi, Amaranta.

Viene chiamata così perché possiede una bottega di profumi vari, ma in realtà tutti sanno che si occupa delle cure tramite le erbe e viene interpellata per fare delle diagnosi quando non si capisce subito la malattia della persona in questione.

Vedere Lysanne in sua compagnia non mi preoccupa più di tanto. Di recente stanno spesso insieme, perché mia sorella sta compiendo presso la vecchia un apprendistato in modo da poterla aiutare o eventualmente prendere il suo posto, in futuro.

Continuo ad avvicinarmi, e più lo faccio più noto altre persone, sparse in gruppetti più o meno folti, ma quello più numeroso si trova sotto la porta della casa di Gaiwan, un mio grande amico.

Non ne comprendo il motivo e preferisco non fare ipotesi, così mi accingo a raggiungere Lynn il più velocemente possibile.

Una volta accanto a lei mi faccio notare sia dal mio respiro vagamente affannato, sia dal confuso «Che succede, Lynn?» che bofonchio una volta arrivato accanto a mia sorella e alla vecchia Amaranta.

Lynn sgrana gli occhi nel vedermi, forse per la sorpresa, poi il suo viso si trasforma in una maschera di tristezza, da quel che mi sembra di vedere.

«Ti sei svegliato…» nota, invece di rispondere. La cosa mi tocca un tantino i nervi, dunque chino la testa di lato, sarcastico.

«No, sono sonnambulo. Che cosa succede? Lei sa dirmelo, signora Amaranta?» mi rivolgo dunque all’anziana donna, visto che mia sorella non è in grado di fornirmi una spiegazione come si deve.

So che la vecchietta saprà rispondermi sinceramente: è famosa per la sua schiettezza e la capacità di arrivare sempre dritta al punto senza perdere tempo in giri di parole.

«La signorina Cat si è ammalata» annuncia senza alcun tono particolare.

Cat è la sorellina di Gaiwan, ha dodici anni ed è un tesoro, sempre pronta a dare una mano.

Sulle prime non mi allarmo granché: se la signora Amaranta è qui, significa che non c’è nulla di cui preoccuparsi… no?

Perso in queste elucubrazioni non rispondo, accogliendo la notizia con una calma fredda che mi fa guadagnare uno schiaffo sulla nuca da parte di Lynn.

«Non ti addormentare in piedi e ascolta il resto!» mi redarguisce.

Allora c’è qualcos’altro, mi rendo conto.

Amaranta non dà segno di essersi sconvolta per quella scenetta tra fratelli e sospira.

«Probabilmente non guarirà più.»

Si può maledire la schiettezza delle persone?

Lysanne a quel punto non si trattiene ulteriormente e due grosse lacrime le rigano le guance.

«Stamattina Rie è passato a chiamarmi…» racconta singhiozzando – Rie è il suo fidanzato, nonché vicino di casa di Gaiwan – e le circondo le spalle con un braccio. «Non sapevo cosa fosse successo e non ti ho svegliato, scusa…» scuoto la testa, strofinandole la mano contro la spalla, a disagio.

Non sono mai stato una cima nel consolare le persone.

«Lynn, non importa, adesso sono qui. Continua» la esorto calmo, ancora.

Lei annuisce.

«Rie mi ha detto… che Gaiwan l’ha svegliato all’alba pallido come un cencio… dicendo che Cat era svenuta e sembrava avere un’altissima temperatura corporea…» continua, mentre pian piano si appoggia a me. Lynn è di tre anni maggiore ed è alta quanto me, ma quando è giù e si accoccola fra le mie braccia, sembra una mocciosa di tredici anni, per quanto diventa piccola.

«Abbiamo chiamato subito Amaranta, mentre intanto… beh… si era sparsa la voce…» le sue ultime parole sono una frecciatina di odio verso il capannello di persone riunite sotto casa di Gaiwan. A quanto pare, la voce si era sparsa a macchia d’olio.

Forse c’entra qualcosa con quella figura coperta dallo scialle che mi aveva dato una spallata, fuggendo?

Non dico ancora nulla, visto che Lynn sembra avere altro da dire.

«Ma Amaranta ha… ha detto di non aver mai sentito di una malattia simile e… e…» a questo punto è chiaro che mia sorella non ha più forze psicologiche o fisiche per aggiungere altro, e Amaranta prende la parola, forse spazientita da quel continuo balbettare.

«Ho cercato delle erbe e infusi che potessero alleviarle il dolore, ma la bambina sembra insensibile a qualunque tentativo di dissipare il male che la corrode da dentro» spiega, in termini semplici che anche chi non si intende di medicina come me può comprendere.

Sospiro.

«Allora non c’è… proprio niente da fare?» soffio, arrivando al punto della questione.

La vecchia dei profumi scuote lentamente la testa con aria grave. In quel momento Rie esce quasi di corsa dalla casa di Gaiwan, fendendo la folla, e sorregge Lynn che di lì a poco scoppia a piangere più violentemente di prima.

«Ah, finalmente sei arrivato!» esclama il ragazzo, guardandomi, trafelato. Sembra sconvolto. «Gaiwan ti cerca, sua sorella…»

«È malata, lo so--»

«No, non è solo questo, dice che solo tu puoi capire che cos’ha!» il suo tono è così convinto che, nonostante la palese assurdità delle sue affermazioni, mi persuade a lasciare Lysanne alle sue cure e ad affrontare la folla per riuscire ad entrare in casa.

Accarezzo i capelli di mia sorella con affetto e mi avvio verso la porta. Chiedo educatamente permesso e riesco a guadagnarmi l’ingresso.

Salgo le scale nell’atrio e trovo la porta del loro piccolo appartamento spalancata, forse per far passare l’aria o per permettere a qualunque volenteroso di entrare.

«Gaiwan…?» tento, ancora perplesso dalle parole di Rie che mi vorticano nella testa.

Non sono un dottore, non sono esperto delle cure con le erbe come Amaranta, non me ne intendo di medicina.

Com’è possibile che solo io posso capire cos’ha Cat? Non ha alcun senso, neanche se mi inerpico per qualche strampalata spiegazione che di reale ha davvero poco.

«Gaiwa--»

«Shhh…» sento l’inconfondibile voce del mio amico dalla stanza di Cat, e un attimo dopo la sua testa mora sbucare dall’uscio. «Non fare troppo rumore» soffia, il suo tono sempre basso e calmo ora venato dalla stanchezza e dalla preoccupazione, che l’avevano reso quasi roco.

Annuisco, senza aggiungere altro, e lo raggiungo immediatamente.

Gaiwan sospira greve e indica il letto, dove giace la sorellina. Le coperte sono scomposte come se agitandosi nel sonno Cat le avesse spinte via da sé.

Il respiro è veloce, gli occhi sono chiusi, serrati con forza. Il corpo pallido ha come unica nota di colore le guance rosse. I capelli corvini sono raccolti in due piccoli codini, e quando ci avviciniamo il fratello le scosta amorevolmente delle ciocche libere dal viso sudato.

«Gaiwan» sussurrò il suo nome «Rie mi ha detto che--» ma vengo interrotto ancora una volta.

Il mio amico mi osserva quasi insofferente. «Ascoltala, dovrebbe succedere di nuovo tra poco» annuncia.

È tutto così strano, allucinante, senza nessuna spiegazione che abbia un minimo di logica.

«Li…am…»

Una voce flebile mi riporta bruscamente alla realtà.

Abbassando gli occhi stralunati su Cat mi rendo conto che è stata lei a parlare.

E ha pronunciato il mio nome.

«Li…am…» ripete, le labbra violacee si schiudono piano per esalare quell’unica parola.

Che non è un sospiro solitario, come scopro qualche attimo dopo.

«Stai… attento…» drizzo le orecchie, a quella palese raccomandazione, sebbene non abbia né capo, né coda. «Lore… è in… agguato…» Lore? È un nome di persona? «Tu sarai… il nuovo… Orac…» a metà parola, presumibilmente, questa specie di discorso sconclusionato e soffiato malamente si conclude, senza aver raggiunto nessuno scopo tranne quello di avermi inquietato.

Alzo gli occhi su Gaiwan; nei suoi si legge sconforto e anche curiosità, noto, mentre nei miei soltanto sconcerto e incredulità.

«Che cosa… significa?» domando, davvero senza comprendere.

«Io non lo so, Liam» sospira lui, a ragione.

Mi lancia un’occhiata che vuol dire tutto e niente.

«Dovresti provare a chiedere… all’Oracolo.»

 

 

«Hai colpito la bambina?»

«Sì. È tutto in ordine. Chissà se il moccioso coglierà l’amo…»

Una frecciatina, risate soffocate e uno sguardo rassegnato e scettico.

«Dovrebbe andare tutto come hai progettato, non stare a preoccuparti…»

«Sei sempre così approssimativo» un digrignare di denti lucenti brilla nella penombra «Ricorda che me l’hai promesso!»

Un altro sorriso, stavolta strafottente.

«Ti porterò il cuore dell’Oracolo. Stanne certa.»

 

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti: alla mia neesan (Shichan) per avermi fatto da beta, per avermi incoraggiato a scrivere e per le recensioni/critiche costruttive che mi aiutano a migliorare. Grazie <3

Note (non) degne di nota: grazie alla neesan e a zia Yoko per aver commentato. Sono contenta che il setting sia piaciuto e anche l’immagine dell’Oracolo o del Dio Bolla. Ci tengo a loro! XD

E grazie a chi ha letto e non ha commentato, e chi so che l’ha fatto, come Manny, Ally, Wichi, Hachi o Ve, tanto per citare quelli che mi ricordo… grazie mille per i consigli, i complimenti e le critiche che mi avete fatto in separata sede, non sapete quanto mi servano <3

Al prossimo capitolo!

  
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