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Autore: Mystery Anakin    13/09/2009    4 recensioni
Quando la vita sembra averti tolto tutto, è proprio allora che bisogna avere la forza di ricominciare e ritrovare da qualche parte la speranza...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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And if I say: 'I love you' 3 corretto

Capitolo 3: L'ospedale
Bip. Bip. Bip.
Il suono del lettore delle frequenze cardiache batteva un ritmo incessante e lento. Non sapevo quanto tempo fosse passato, né se fosse notte, giorno...non sapevo nulla. Ero solo consapevole della ragazza distesa su quel letto d'ospedale, con una benda a coprirle il viso, una flebo attaccata al suo braccio.
Non sapevo neanche se stessi piangendo; sentivo solo le mie guance bagnate, ma potevo aver anche smesso.
Non ero consapevole quasi di me stessa a dire la verità, non sapevo se stessi sognando o se quello che vedevo fosse la realtà.
Probabilmente mi sarei svegliata e mi sarei accorta di aver sognato tutto. Probabilmente, mi sarei ritrovata di nuovo a casa mia, addormentata affianco ad Emily sul divano, come avevamo fatto tante volte quando eravamo piccole.
Eppure il dolore sordo che provavo, la vista della ragazza distesa lì davanti, tutto sembrava vero. Era vero.
Perchè ricordavo bene cosa fosse successo, cosa avesse causato il fatto che ora si trovassero lì. Avevo visto Emily cadermi in braccio. C'era sangue, tanto sangue. Un fiume rosso, le mani, i vestiti sporchi. Lo spavento o la disperazione. Poi la bestia, quella specie di grosso lupo che l'aveva aggredita, che scappava. E io lì da sola, con mia cugina tra le braccia, piena di sangue, incosciente.
In quel momento aveva provato una paura oltre ogni misura. Avevo sentito il cuore in gola per davvero. Poi si era aggiunto il senso d'impotenza, l'impressione di non poter fare nulla. Pian piano la mia mente però con uno sforzo immane aveva fatto breccia nel panico, e si era ricordata che nella tasca del mio jeans, avevo il cellulare. Lo avevo preso con mani tremanti, sporche. Ricordavo ancora come il respiro mi mancasse, come non riuscissi a premere i tasti. Poi qualcuno che rispondeva e il mio urlo disperato d'aiuto. Infine l'attesa estenuante, nel disperato tentativo di bloccare l'emorragia con i miei stessi vestiti. Non sapevo dove avessi trovato il coraggio di fare quel che avevo fatto. Ma l'avevo fatto. E poi l'ambulanza, la corsa in ospedale. Tutto perdeva i contorni della realtà da quando ero entrata nell'ambulanza. Non ricordavo cosa fosse successo. Ricordavo solo di essermi svegliata ad un certo punto in ospedale e di aver chiesto dove fosse Emily, se stesse bene.
Avevo barcollato fino al reparto di Terapia Intensiva, dove l'avevano ricoverata.
E poi l'avevo vista.
Era lì distesa su quel letto d'ospedale, con un'enorme fascia che le nascondeva il viso. Non si riusciva neanche a capire che fosse Emily, se non dal resto del suo corpo. Aveva i fili dei rilevatori attaccati sia alle braccia che al petto. Quella visione sembrò farmi nascere dentro una peso insostenibile. Il peso si era trasferito alla gola, e allora avevo capito che stavo per piangere.
I dottori avevano provato a riportarmi al mio posto, ma io non avevo voluto sentire niente. Volevo rimanere lì affianco a mia cugina. Mi sentivo in colpa, terribilmente in colpa. Lei non c'entrava, lei era passata di lì per caso. Perchè quel mostro aveva colpito lei? Non era giusto, dovevo essere io al suo posto, in un letto d'ospedale, con il viso sfigurato e i tubi attaccati. E invece io stavo bene, grazie al suo intervento, grazie a lei. Questo faceva sentire dentro di me come un onda di dolore e frustrazione, una rabbia tale da spingermi a spaccare tutto ciò che avevo per le mani. Era il senso di impotenza, la cosa che odiavo di più.  La consapevolezza di non poter far nulla, né per aiutarla, né per cambiare ciò che è stato. E ora? Cosa sarebbe successo? Quando Emily si sarebbe risvegliata, come avrebbe reagito? Avevo paura, paura che lei mi odiasse, perchè in fondo lei aveva salvato me. E la ricompensa era stata quella di essere ferita gravemente da quel mostro. E poi c'era lui. Appunto il lupo. Lo tenevo relegato in un angolo della mia mente, sia perchè non volevo neanche prendere in considerazione l'idea che quell'essere fosse Sam, sia perchè ora il problema più urgente era Emily.
Il rumore della porta che si apriva mi fece trasalire.
"Signorina?" disse il dottore entrando "Ci sono i suoi parenti"
Paura. E adesso come avrei fatto a guardare in faccia i miei zii e dire loro che era tutta colpa mia? Come avrei sopportato il dolore di mia zia? Come avrei fatto a raccontare quanto era successo, a rivivere quei momenti di terrore?
Con coraggio cercai di alzarmi, ben sapendo che andare dai suoi era quello che dovevo fare, nonostante il resto di me stessa non volesse affrontare quanto stava per avvenire di là.
Uscii fuori dalla stanza, attraversai la piccola anticamera con la finestra per guardare all'interno della stanza di Emily e mi ritrovai in mezzo al corridoio.
"Leah!"
La voce veniva da dietro di me. Mi voltai lentamente. Mi ritrovai mia madre tra le braccia in lacrime.
"Oh Leah, abbiamo avuto tanta paura"  
Guardai dietro di lei, avanti a me. Mio padre, di un colorito cereo, avanzava con mio zio, altrettanto sconvolto, che reggeva mia zia, prossima allo svenimento.
"Leah!" esclamò mio padre "Come stai?"
"I-io bene" balbettai. Sembrava che la lingua si fosse incollata e m'impedisse di parlare.
Ben presto mi ritrovai fra le braccia di tutta la mia famiglia. Poi mia zia si staccò e chiese al dottore: "Dov'è Emily?"
A quel punto avrei voluto scappare. Da tutto e da tutti. Non sopportavo il fatto che mi abbracciassero e mi chiedessero come stessi . Non ero io quella che meritava quella preoccupazione. A fatica mi sciolsi dall'abbraccio di mia madre e guardai il dottore.
"Signora..."
Sembrava che anche lui avesse difficoltà a parlare. Eppure quello era il suo mestiere.
"Signora, sua figlia è stata ferita in volto...è molto grave"
L'aria si fece di ghiaccio. Ci fu un attimo che sembrò durare un eternità, poi vidi mia zia aggrapparsi a mio zio, privata delle forze di fronte a quella notizia terribile.
"Quanto grave?" balbettò lo zio.
"E' in prognosi riservata...inoltre..."
S'interruppe ancora una volta in difficoltà, temendo di dare un duro colpo alla madre di una povera ragazza.
"Vada avanti" lo incitò mio zio a labbra strette.
"...Inoltre c'è il rischio che perda un occhio. Non è detto, dobbiamo intervenire"concluse il dottore a occhi bassi.
Mia zia scoppiò a piangere sulla spalla di mio zio, che l'abbracciò forte. Mi allontanai istintivamente da quel dolore familiare, non potendo sopportare oltre la visione di quella scena. Anche i miei genitori preferirono distanziarsi. Non riuscivo a stare lì impalata, così cominciai a correre lungo il corridoio dell'ospedale. Presi il primo ascensore che trovai e mi ci infilai dentro. Con me c'erano un signore anziano in camicia da notte e una donna vestita d'abiti normali, probabilmente in visita di qualche parente. La porta dell'ascensore si aprì e mi precipitai fuori. Non sapevo che piano fosse, ma avevo una voglia matta di correre, di sfogarmi. Fui fortunata: piano terra. Cominciai ad affrettare il passo sempre di più, tanto che la gente mi guardava incuriosita. Ma a me non importava. Non potevo sopportare ulteriormente quell'atmosfera di paura, di dolore.
Una volta di fronte all'ingresso principale, mi fermai, guardai indietro, poi feci un passo in avanti. Respirai l'aria fresca dell'estate. E partii.
Non so per quanto tempo corsi. Potevano essere state ore, minuti o anche giorni. Per la testa avevo solo l'immagine di mia cugina insanguinata che mi cadeva tra le braccia, l'immagine di quel lupo che...
Correvo e i dubbi mi si affollavano nella mente. Correvo e mi sentivo in colpa per quanto era successo. Le mie gambe procedevano da sole, istintivamente guidate dalla voglia di cancellare quelle ultime ore.
Perchè era colpa mia: se non avessi lasciato quel biglietto in casa, probabilmente Emily non avrebbe capito nulla, e avrebbe pensato che le mie assenze fossero dovute ad altro. Così l'avevo spinta a cercarmi ed era andata come era andata. Nel peggior modo possibile. E improvvisamente, senza che potessi fare nulla, senza che riuscissi a capire cosa mai fosse successo.
Ormai non sapevo più dove fossi, percorrevo strade, le case mi passavano accanto senza che le riconoscessi e le persone mi guardavano mentre procedevo nella mia corsa.
Ad un tratto sbattei contro qualcosa di duro e caddi in avanti. Mi sbucciai i palmi delle mani nel tentativo di attutire la caduta.
A quel punto la mia corsa era finita, non riuscivo più a rialzarmi. Ora sentivo la stanchezza, che mentre correvo non avevo avvertito. Capii che era inutile restare lì, che sarei dovuta tornare e stare vicino a mia cugina. Sì, è vero, avevo paura di confrontarmi con Sam, ma avrei dovuto farlo prima o poi.  Dovevo chiedergli spiegazioni circa quello che avevo visto, era inevitabile. Lentamente mi guardai intorno. Non sapevo neanche che strada avessi fatto. Lessi il cartello della via: Beckin street. Avevo percorso tre isolati di corsa. Non me la sentivo di andare a piedi, così cercai una circolare. Trovai una fermata a cinquanta metri da dove mi trovavo. Dopo aver aspettato per un po' riuscii a trovarne una che mi riportasse all'ospedale.
Quindici minuti dopo mi stavo dirigendo nuovamente verso il reparto di Emily. La zia piangeva su una sedia, lo zio che l'abbracciava vicino. I miei erano lì con loro preoccupati.
"Leah, dove eri finita?" chiese la mamma.
"Ehm...ho sentito il bisogno di uscire, mamma" mi giustificai.
Poi mi avvicinai a loro e domandai sottovoce :"Il dottore ha detto qualcos'altro?"
"Sì, tra un'ora portano Emily in sala operatoria" rispose papà.
Mi passai una mano tra i capelli nervosa. Solo allora mi accorsi di essere sudata e di avere bisogno urgente di una doccia.
Aspettammo lì per parecchio tempo. Io non riuscivo a restare ferma. Camminavo avanti e indietro per il corridoio con l'ansia in attesa che l'operazione cominciasse. Sentivo di non poter sopportare anche l'attesa successiva.
"Signora" disse un timida voce di donna. Era un'infermiera che annunciò l'inizio dell'operazione.
Da quel momento aspettare divenne snervante. Mi sentivo pizzicare il cuoio capelluto e non riuscivo a smettere di aprire e chiudere le mani. Guardavo la porta della sala operatoria più o meno ogni cinque minuti.
"Leah, cerca di sederti...sei troppo agitata" mi consigliò la mamma.
"Non ci riesco, è più forte di me" risposi.
Le immagini di ciò che era successo dalla grotta fino al quel momento, miste a all'immaginazione di quello che stava succedendo dentro quella stanza, mi mettevano troppa ansia addosso. In quel momento sentivo il bisogno di Sam. Avevo bisogno di lui, che con un solo abbraccio avrebbe saputo rassicurarmi. Di lui, il cui solo sguardo era la mia forza. Di lui, solo di lui. Ma quello che desideravo era il Sam prima che sparisse. Ora era diverso. E quello che avevo visto lo confermava. Avevo paura di affrontarlo, di chiedergli cosa fosse successo in quella caverna. Ma allo stesso tempo volevo che lui fosse vicino a me.
Passò un'ora, ma ancora non si faceva vivo nessuno a dirci se l'operazione fosse finita. All'improvviso ebbi un'idea.
"Mamma"esordii.
Lei alzò lo sguardo sofferente verso di me.
"Mi devo allontanare un attimo" dissi.
"Perchè?" chiese corrugando la fronte.
"Devo chiarire un dubbio, non riesco a stare qui con le mani in mano ad aspettare" spiegai.
Lei mi guardò un attimo, poi abbassò lo sguardo. "Va bene...va’...forse è più utile di star qui ad aspettare inutilmente. Comunque sia dovrai spiegarci cosa è successo"
"E' proprio quello che sto cercando di capire"
La mamma mi guardò con sguardo interrogativo. Io non dissi altro a mi fiondai fuori dall'ospedale.
Non sapevo esattamente dove trovare Sam, forse non sarebbe neanche tornato alla grotta. Però volevo fare un tentativo. Certo avevo paura di tornarci. Ricordare ciò che era successo, rincontrare il mostro che vi era...Non ero più tanto sicura.
Decisi di optare per una sorta di via di mezzo. Quando arrivai ai piedi della scogliera sulla quale c'era la grotta, mi portai le mani alla bocca e urlai: "SAM!"
Aspettai qualche minuto, ma niente.
"SAM! Se ci sei sono io, Leah!" urlai di nuovo.
Riprovai qualche altra volta, senza successo. Sam non era lì. Mi sentii sconsolata. Dove avrei potuto trovarlo? Nessuno sapeva del suo ritrovamento, quindi non potevo neanche chiedere a qualcuno se lo avesse visto. Mi sedetti sulla sabbia.
Il mare quel giorno era agitato. Meglio, si intonava con i miei pensieri. Sentivo la preoccupazione, per Emily, per Sam. Sentivo la rabbia, perchè tutta quella situazione non sembrava avere senso. Mi sentivo in colpa, per Emily, perchè lei non c'entrava nulla.
Non sapevo dove andare. All'ospedale non volevo tornarci, almeno per il momento. E non sapevo dove cercare Sam.
Mi stavo per alzare quando mi sentii toccare la spalla destra e trasalii.
Di fronte a me si stagliò la figura alta e allampanata di Jacob Black.
"Leah? Che ci fai qui a quest'ora del mattino?" chiese Jacob.
Leah sentì un moto di irritazione per quel ragazzino impiccione.
"Avevo voglia di vedere il mare" risposi in tono non troppo gentile "E tu?"
"Io vengo sempre qui. Mi piace sedermi sulla scogliera e ammirare il panorama" spiegò il ragazzo.
"Cosa hai fatto al braccio?" disse indicando la mia fasciatura.
"Niente d'importante, sono caduta..."
"Capisco..."
La conversazione morì lì. Stavo quasi per andarmene, ormai non avevo da fare più nulla lì, quando mi venne in mente un'idea.
"Senti...per caso tu hai visto Sam da queste parti ieri?" chiesi.
Mi lanciò uno sguardo sorpreso: "Sam? Avevo saputo che era scappato di casa!"
"Come si diffondono in fretta le notizie in un piccolo paese" pensai.
"Ehm...sì infatti, proprio perchè lo stiamo cercando te l'ho chiesto" dissi.
Lui ci pensò su un attimo. "Bè, se lo avessi visto avrei informato il sergente, ma...ora che ci penso ho visto qualcuno da queste parti. Ieri avevo dimenticato la canna da pesca qui in spiaggia ed ero tornato per riprenderla. Ad un certo punto ho visto un uomo, ma potrebbe essere stato un ragazzo. Andava verso il bosco oltre il confine di La Push."
Ci pensai un attimo. In effetti poteva essere Sam, ma poteva darsi anche di no. Però da quelle parti non girava molta gente: c'era la foresta, e non era facilmente accessibile. Se qualcuno doveva uscire da La Push, lo faceva prendendo la statale, non attraverso la foresta.
"Va bene" feci un sorriso forzato al ragazzo "Comunque potrebbe essere utile per le ricerche. Ora però devo andare...salutami Bill"
"Ok"
Mi allontanai dalla spiaggia, mentre Jacob si sistemava con la sua canna da pesca.
Mi diressi verso la foresta e al limitare cominciai a guardare il terreno in cerca di segni del passaggio di qualcuno. Tutto ciò che vedevo erano tracce del passaggio di qualche animale, nulla che potesse indicarmi il passaggio di un umano. Esplorai una zona larga circa cento metri, ma nulla. Niente di niente.
Alla fine mi tirai su con un sospiro e mi dissi che, in effetti, era come cercare un ago in un pagliaio. Sam poteva essere ovunque nella foresta. C'era anche una possibilità che non ci fosse mai entrato.
Mi appoggiai ad un albero e chiusi gli occhi. La testa girava, in preda alle mie mille preoccupazioni, agli affanni di quei giorni. Dentro di me sentivo che c'era qualcosa di strano in tutto quello che mi era successo. E tutto era partito dalla fuga di Sam, di cui ancora non capivo il motivo. E questo motivo era stato così forte da far cambiare Sam in poco tempo. Sembrava che fossi riuscita a creare una piccola breccia nel suo ostinato silenzio, ma mi ero sbagliata, avevo osato troppo e alla fine si erano viste le conseguenze.
Pensai sconsolata che l'unico modo per trovarlo era che lui venisse da me, a meno che non fossi così avventata da esplorare la foresta, cosa non facile da fare se non si è esperti. Ed io di certo non lo ero.
Rassegnata mi diressi verso l'ospedale, ormai l'operazione doveva essere finita.  Il ritorno fu molto più breve, perchè i pensieri vorticavano nella mia testa ed io camminavo quasi meccanicamente, senza accorgermi  neanche di dove stessi andando, ma lasciandomi guidare dall'istinto. Una volta arrivata fui assalita dalla paura: ero ansiosa di conoscere l'esito dell'operazione. E se fosse andato tutto storto? Se Emily avesse perso completamente l'uso dell'occhio? E poi, come sarebbe stato ora il suo volto? La cicatrice che le sarebbe rimasta l'avrebbe resa irriconoscibile? E ancora, cosa avrebbe detto ai suoi e ai genitori di Emily, quando le avrebbero chiesto spiegazioni sull'accaduto?
Domande che presto avrebbero richiesto un risposta. Domande a cui non era facile, e soprattutto piacevole rispondere. Domande, la cui risposta avrebbe cambiato qualcosa nella vita di ciascuno di loro.
Quando raggiunsi il corridoio del reparto di Emily, non vi trovai nessuno. Allora mi diressi verso la porta della stanza di Emily. Lì trovai il dottore in piedi che stava parlando ai miei e agli zii. Entrai cauta cercando di non far rumore. Emily era distesa sul letto, dormiva. Una benda le copriva la testa e passava per la parte del viso che era stata colpita.
"E quindi, dottore?" stava chiedendo mia zia.
Mi voltai verso il gruppetto, in attesa, col cuore a mille.
"L'operazione è riuscita, ora dobbiamo aspettare. Quando toglierà la benda, sapremo definitivamente l'esito. E comunque non tornerà a vedere subito bene, per un periodo dovrà tenere a riposo l'occhio" spiegò il dottore.
Mia zia sospirò. "Ancora aspettare..."
"Dai, sii paziente, Maria" la rassicurò mio zio.
Io mi accasciai su una sedia di fronte al letto. Bene, non era ancora tutto perduto. Forse Emily ce l'aveva fatta. Forse avrebbe recuperato la vista. Forse. Ancora attesa, aveva ragione mia zia. Però il risultato di quel giorno era già abbastanza positivo, e sapevo che questa era già una grande cosa.
"Leah?" mi chiamò mia madre. Mi voltai verso di lei. "Forse è il caso di parlare, che ne dici?"
"Lascia perdere, Sue, ora sarà molto stanca, non avrà voglia di parlare" disse la zia.
"No, non fa niente, vengo" dissi riluttante. Sapevo di non avere scelta, che quel momento sarebbe arrivato.
"Non preoccuparti, Maria, parlerò io con Leah" disse la mamma.

Cinque minuti dopo io e la mamma ci trovavamo nel giardino dell'ospedale. In silenzio passeggiavamo, ognuna immersa nei propri pensieri. Alla fine decisi di rompere il ghiaccio.
"Mamma, so di cosa vuoi parlarmi. Vuoi sapere cosa è successo giù in spiaggia." non era una domanda ma una semplice constatazione.
La mamma si limitò ad annuire.
Sospirai, cercando le parole. Certo non potevo rivelarle tutto, tanto meno i miei sospetti. Però alcune cose dovevo rivelarle, era inutile inventare su due piedi una storia assurda. Non sarebbe servito a molto.
"Ecco mamma, vedi, io...un po' di giorni fa ho ritrovato Sam" cominciai.
La mamma mi guardò stupita. "Dove?"
Ecco, ora arrivava la parte difficile. Raccontare alla mamma la storia del suo nascondiglio. Neanche io avevo capito bene tutto. Quindi come coprire quei buchi nella sparizione di Sam, di cui non conoscevo neanche io la risposta?
"Nella caverna sul mare" risposi alla domanda.
"Ma...cosa faceva lì?" chiese la mamma allibita.
"Ecco...non voleva essere trovato dai suoi genitori. Sta vivendo un periodo molto difficile della sua vita. Aveva bisogno di restare solo." inventai di sana pianta.
"E...non ha coinvolto te in questo «periodo difficile»?"
"N-no, è che abbiamo avuto anche noi dei problemi e...voleva stare da solo...completamente"
"Capisco" disse.
Speravo sinceramente che la bevesse come scusa.
"Quando ho intuito dove potesse essere, mi sono recata alla grotta, e infatti è stato lì che l'ho trovato. Lui mi ha chiesto di non dire niente a nessuno e io ho accettato. Stava veramente male. Siamo andati avanti così diversi giorni. Uno di questi evidentemente Emily mi deve aver seguito, forse aveva capito qualcosa notando le mie assenze. E' successo tutto all'improvviso: io ero dentro la grotta con Sam, ad un tratto è sbucato fuori una specie di lupo e...stava per aggredirmi... quando...quando è entrata Emily...e si è messa davanti a me per difendermi" raccontai piangendo.
Restammo un attimo in silenzio, la mamma che mi abbracciava.
"Ma Sam dov'era? Perchè non ti ha difesa lui?"
Finsi di piangere ancora, perchè non avevo risposta a quella domanda.
"Il gesto di Emily è stato molto coraggioso ma anche molto sconsiderato. Sarebbe potuta andare molto peggio. Non dovevi assolutamente tenere nascosto il ritrovamento di Sam, avresti dovuto dire tutto alla polizia"
"Lo so, ma non potevo, lo avrei tradito! Come potevo sapere che sarebbe andata a finire così?"
Mia madre mi accarezzò teneramente. "Non hai tutti i torti" ammise.
Quel giorno i miei non mi fecero più domande e ne fui contenta. Volevo stare un po' per conto mio e riflettere. Sam doveva dirmi parecchie cose. Sicuramente, quello che era successo alla grotta non era casuale, ma aveva a che fare con tutte le stranezze che in quel periodo stava compiendo.

Passarono alcuni giorni, ma la situazione non era affatto cambiata. Emily era ancora incosciente. Andavo a trovarla ogni giorno, e le parlavo. Non sapevo se mi sentisse, ma lo facevo lo stesso. Ormai ero stata dimessa dall'ospedale, e quando non ero con mia cugina, cercavo Sam. Andavo alla grotta e in altri posti a lui familiari. Seguivo le ricerche della polizia, ma niente. La mamma era molto preoccupata, pensava che Sam avesse compiuto qualche atto criminale e non avesse il coraggio di uscire allo scoperto. Io non volevo pensare così, non di Sam, lui non era così. Era buono, dolce, gentile. Nessuno lo conosceva come me.
Quel giorno andai in ospedale. Come di consueto andai a trovare Emily.
"Ciao Em" dissi sedendomi accanto a lei.
Ora aveva le bende su una sola parte del viso, quella dell'occhio ferito. Il lettore della frequenza cardiaca aveva un suono regolare, che mi tranquillizzò.
"Ti trovo meglio sai?" dissi "Ormai a casa aspettiamo tutti il tuo risveglio. Zio Nick dice che, quando ti risveglierai, darà una bella festa"
Naturalmente lei non si mosse, ma io facevo finta che mi ascoltasse. C'era una cosa in particolare che sentivo il bisogno di dire.
"Emily io..." cominciai "Volevo chiederti scusa. Scusa, perchè non dovevi essere tu qui su un letto d'ospedale. Io ti sono immensamente riconoscente per quello che hai fatto per me"
Abbassai gli occhi mentre dicevo queste parole.
"Io non so cosa stia succedendo Emily. Perchè Sam si comporta in questo modo? Perchè?" quasi gridai.
In un impeto di rabbia alzai la testa di scatto e lo vidi. Emily si era mossa. Aveva mosso una mano.
"Emily? Emily sei sveglia?" esclamai.
Ma questa volta non si mosse. Eppure avrei giurato di vederla muoversi. Ma forse lo avevo solo immaginato. Sì, doveva essere così.
Dopo un po' ripresi a parlare. Ma questa volta avevo lo sguardo fisso su di lei.
"L'ho assecondato per tutto questo tempo, ma quando tornerà, Sam dovrà dirmi tutto"
Questa volta lo vidi davvero. Non avevo ancora finito la frase che Emily si era mossa. Avevo alzato la mano e ora muoveva la bocca, per quel che poteva a causa della fasciatura.
"Emily!" esclamai.
Mi avvicinai per sentire quello che diceva. Biascicava qualcosa come una "s", ma per il resto non si sentiva nulla.
"Dottore!" gridai "Presto venite! Credo che si stia svegliando!"
Il dottore accorse trafelato nella stanza.
"Cosa succede?" chiese subito.
Si avvicinò al letto, guardo un attimo la situazione sullo schermo delle frequenze cardiache e chiamò gli infermieri.
Io uscii fuori dalla camera dell'ospedale e chiamai con il cellulare prima i miei zii e poi i miei genitori.
Pian piano Emily cominciò a muoversi e dopo pochi minuti aprì l'occhio non ferito.
Mi avvicinai a lei.
"Emily" mormorai.
Lei mi sorrise.
"Come ti senti?" chiesi.
"Mi fa male l'occhio" disse.
Rimanemmo in silenzio. Poi Emily cominciò a parlare: "Perderò la vista da quest'occhio?"
"No...non è detto" risposi "I dottori dicono che ci sono buone possibilità di guarire perfettamente"
Lei annuì pensierosa.
"Posso farti una domanda?" chiesi esitante.
Lei annuì di nuovo.
"Come hai fatto a sapere che ero alla grotta?"
"Ti ricordi quel giorno che trovai il tuo biglietto? Bè la tua scusa del falso allarme non mi convinse, così appena ho avuto una buona occasione ho deciso di seguirti" spiegò
"Ho capito".
Altro momento di silenzio, poi fu lei a parlare per prima.
"Sai, mentre ero incosciente ho fatto un sogno strano" raccontò "C'era una persona...un ragazzo credo...che mi chiamava e mi supplicava di non andare"
"Chiunque fosse, ti ha salvato" commentai.
 

Quel pomeriggio era stato davvero pesante, così lasciai Emily a riposarsi per un po'. Gli zii erano in fibrillazione alla notizia del suo risveglio, ma anche loro decisero di lasciarle un po' di pace. Decisi di andare a casa a riposarmi un po', così uscii dall'ospedale e mi incamminai per la via di casa. Ero quasi arrivata e stavo già tirando fuori le chiavi, quando sentii un rumore dietro di me.
Mi girai di scatto e lo stomaco fece una capriola all'indietro. Vicino al cancelletto di casa c'era Sam.

Salve a tutti! Finalmente posso pubblicare! Chiedo perdono per il ritardo, spero di non avervi fatto attendere troppo! Comunque passiamo alla storia. In questo capitolo, si percepisce un senso di angoscia, dovuto al ferimento di Emily e alle preoccupazioni di Leah. E' un capitolo intermedio, perchè Leah non ha più le precedenti certezze, ma allo stesso tempo non sa ancora quale sia la verità su Sam. Spero che il capitolo non vi abbia deluso, comunque aspetto le vostre recensioni per sapere! Intanto volevo ringraziare quanti hanno recensito il mio precedente capitolo:
sweetmoon: Ciao! Spero di non averti fatto aspettare troppo! Comunque sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto! Per quanto riguarda il ferimento di Emily, mi piaceva l'idea di una scena quasi contraddittoria: l'imprinting e il ferimento in contemporanea xD. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, sono un po' preoccupata (come sempre -.-'). Perciò fammi sapere, mi raccomando! Alla prossima ^^
Shine: Zalve! Innanzitutto scusa per le correzoni che ho lasciato, come sempre non mi smentisco: sono una svampita! Per il resto, mi fa piacere che il capitolo ti abbia coinvolto a tal punto, non me lo aspettavo! In questo cap succedono meno cose, però come ho detto è un capitolo intermedio, quindi non succede granchè! Spero di non aver deluso le tue aspettative!! Aspetto con ansia la tua recensione! Ciau tvtttb :)
Padme Undomiel: Ciao! Innanzitutto volevo ringraziarti per la tua...ehm...piccola recensione. Comunque, mi è piaciuta parecchio davvero! Sono contenta di essere riuscita a fare meno errori xD. E sono contenta di non aver deluso le tue aspettative! Spero che questo cap non ti abbia deluso, sono preoccupata!!! Comuque aspetto il tuo parere per il prossimo capitolo! (Ah, vedi se la soluzione trovata per Emily va bene, fammi sapere!) Ciau tvtttb :)
Un grazie anche a chi ha solo letto la storia. Come sempre rinnovo il mio invito a RECENSIRE! Vi prego è molto importante per me! Grazie di tutto e alla prossima.
Mystery Anakin


  
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