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Autore: niny95    19/06/2023    3 recensioni
Il Detective Roger Jones, vive a Seattle con la moglie Eloise e la figlia Alice, quando la situazione con Eloise diventa insostenibile decide di andare a Storybrooke nel Maine a chiedere aiuto a suo fratello Killian.
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Killian Jones ha tutto quello che si può desiderare dalla vita, il lavoro che ha sempre sognato, una moglie che ama infinitamente e due splendidi figli Henry e Hope.
Quando suo fratello gemello irrompe improvvisamente nella sua vita insieme alla figlia Alice la sua vita cambia improvvisamente.
Cosa cambierà nelle vite dei due fratelli?
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Dal testo:
«Abbiamo un po’ di problemi, possiamo entrare?» chiese Roger con voce cupa.
Killian abbassò lo sguardo nelle valigie strette tra le loro mani «Il genere di problemi che ti fa lasciare la città?» sbottò.
«Killian siamo in viaggio da tre giorni, tutto quello che ti chiedo è un po’ di compassione.» chiese Roger con voce flebile.
«Roger, ti ho avvertito riguardo a quella donna, quindi cosa vuoi che ti dica adesso?» chiese Killian con voce dura, ma si spostò facendo passare i due.
[I paragrafi relativi a Roger, Eloise e Alice sono stati modificati]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Hope Jones, Killian Jones/Capitan Uncino, Tilly/Alice
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14
 
Alice era stravaccata svogliatamente sul divano, dopo la litigata avvenuta qualche tempo prima con Robyn la ragazza era spesso triste. Nonostante fossero arrivate a una sorta di tregua Alice si chiedeva se con le sue parole non avesse incrinato il loro rapporto — qualunque esso fosse —
Era talmente persa  nei suoi pensieri che il suono del campanello la fece sobbalzare; scambiò un'occhiata con Henry «Aspetti qualcuno?» chiese.
Lui scosse la testa «No. Magari cercano te!»
Alice inarcò un sopracciglio «Chi vuoi che mi cerchi? Non ho poi così tanti amici qui!» esclamò allargando le braccia.
«Beh andiamo a vedere!» disse Henry alzandosi dal divano e dirigendosi alla porta, Alice gli trotterellò dietro e quasi boccheggiò quando vide Robyn sull'uscio della porta «Vedi? Che ti avevo detto?» commentò Henry dileguandosi velocemente. Alice fece per dire qualcosa, qualunque cosa ma dalla sua bocca non uscì nulla.
Per fortuna prese parola Robyn «Allora … abbiamo intenzione di restare qui o possiamo andare a parlare da qualche altra parte?»
Alice aprì la bocca senza emettere alcun suono, la richiuse, scosse la testa «Certo … scusa» disse infine dirigendosi verso la sua stanza.
Quando Alice chiuse la porta dietro sé, Robyn si sedette sul letto prima di prendere parola «Mi dispiace di essere venuta senza il minimo preavviso ma … -»  tuttavia qualunque altra parola fu fermata da Alice, che liquidò con un gesto vago della mano la prima parte del discorso, prima di prendere posto anche lei sul letto, pur con la dovuta distanza «Sono io che mi devo scusare. Mi sono comportata male: stavamo costruendo un bel rapporto — credo — ma ho mandato tutto alla malora per colpa delle mie stupide pare, delle mie paure» sospirò «Mi piace stare qui, mi piace la tua compagnia, ma so che non resteremo, non senza la mamma e nemmeno lo vorrei. Ma avevi ragione, solo perché tornerò a Seattle non vuol dire che noi dovremo perderci, non per forza e … in breve mi dispiace!»
«Cavolo Alice!» ridacchiò Robyn «Mi ero preparata tutto un discorso fichissimo in cui ti avrei detto tutto quello che provo, ma poi tu hai parlato e il mio discorso ha perso valore!» si avvicinò azzerando la distanza che le divideva «Allora dirò solo questo: Alice anche a me piace la tua compagnia, mi piaci tu! Non so dirti esattamente quello che provo ma … -» le mise una mano fresca sulla guancia «- … sono felice quando sono con te» e dicendo questo le sue labbra incontrarono quelle di Alice, le labbra di Robyn erano fresche e sapevano di menta e Alice dopo un momento di confusione si ritrovò ad appoggiarsi a quel bacio. Tuttavia poco dopo Robyn si scostò, arrossendo furiosamente «Scusa! Questo non era previsto, io …» scosse la testa forse nel tentativo di mettere a fuoco le parole successive.
Alice sorrise «Non mi è dispiaciuto!» esclamò prendendo lei stessa l'iniziativa di baciarla, e Dio Alice avrebbe potuto abituarsi al sapore di quelle labbra.
  

 
Quando quel giorno Emma si era svegliata e preparata per incontrare l'esperto della National Gallery, sperava che avrebbe portato finalmente delle buone notizie, ma così non sembrava considerando il cipiglio dell'uomo. Si era presentato come Joel Smith, aveva un impeccabile completo che sembrava essergli stato cucito addosso, profondi occhi azzurri e corti capelli biondi. Emma doveva ammettere che era chiaramente un bell'uomo, però in quel momento la sua attenzione non era certo concentrata sul suo bel faccino — figuriamoci, era una donna sposata lei! — ma sull'esito di qualunque controllo stesse facendo. 
Alla fine, si voltò verso di lei, si spazzolò gli invisibili granelli di polvere e disse: «Questo è chiaramente un falso.» 
A quelle parole Emma quasi boccheggiò, Dio Regina l'avrebbe come minimo uccisa! «Co… cosa? Ne è davvero sicuro?»  
L’uomo annuì, le fece cenno di avvicinarsi «I colori sono troppo vividi e guardi» indicò il quadro «È praticamente immacolato, sembra sia stato fatto ieri ma stiamo pur sempre parlando di un quadro di duecento anni fa che per quanto sia conservato bene qualche segno di usura deve pur avere» 
Emma annuì brevemente, pur capendo molto poco di quello che l’uomo aveva cercato di spiegarle, sospirò «Farò il possibile per trovarlo, avremmo dovuto stare più attenti. Mi dispiace molto …»  
Ma Joel scosse la testa «Purtroppo è una cosa che per forza maggiore dobbiamo mettere in conto quando diamo in prestito i quadri, molti trafficanti d'arte non aspettano che questi momenti per agire. Speriamo solo che il Van Gogh possa ritornare al sicuro quanto prima!»  
«Farò il possibile» ripeté Emma e lo intendeva davvero, una parte di sé se ne riteneva responsabile. Se solo avesse fatto di più … se fosse stata più attenta, ma non era proprio il momento di perdersi in ipotetici sé.  
Quando dopo aver salutato Joel, Emma finalmente poté tornare in stazione, la prima cosa che fece fu buttarsi a peso morto sulla poltrona girevole, non perdendo tempo e accendendo il computer. 
Roger, che era rimasto alla stazione in assenza di Emma, notando lo stato d'animo della donna chiese: «Immagino che il controllo non sia andato bene?»  
Emma per tutta risposta picchiettò velocemente sulla scrivania, aspettando che l'applicazione delle telecamere di sorveglianza si aprisse. 
«Sarà la centesima volta che guardi quei filmati! Cosa vuoi che sia cambiato nel frattempo?» chiese il cognato, arrivandole alle spalle. 
«Magari non ho attenzionato qualcosa … non so … devo fare qualcosa» Emma gemette sconsolata. 
«Sì ma … sono passati tre giorni, pensi davvero che non l'abbiano già venduto?» Emma stava per rispondere quando Roger continuò «È un quadro famoso, famosissimo pensi davvero che i giornali non vorranno avere l'esclusiva sul furto di un quadro così famoso?»  
Emma boccheggiò presa alla sprovvista «Intendi …?» lasciò in sospeso la frase. 
«Tieni d'occhio internet, qualcosa verrà sicuramente fuori!» suggerì l'uomo con un sorriso confortante. 
Emma ricambiò leggermente il sorriso «Grazie» disse infine «A te com’è andata? È successo qualcosa degno di nota mentre non c’ero?» chiese poi cambiando discorso.  
Roger annuì «Ha chiamato Regina, voleva sapere se c’erano novità» rispose.  
Emma sospirò «Certo, ovviamente vorrà sapere tutto, le chiamerò appena possibile. Altro?»  
«Solo l’ennesima chiamata della signora Clarke, il suo gatto è di nuovo salito su un albero.»  
Emma sorrise «Sei stato il suo supereroe in armatura splendente?» scherzò, la signora Clarke era infatti una simpatica vecchietta, che chiamava, a volte, anche più volte al giorno perché Matisse, il suo gatto, aveva la pessima abitudine di salire su un albero senza poi riuscire a scendere.  
Roger sorrise in risposta «Ovviamente.»  
Emma annuì tornando a concentrare la sua attenzione al computer «Bene, visto che al resto stai pensando tu io torno a concentrarmi qui: voglio concludere questo caso quanto prima» disse infine con un sospiro.  

 
Henry quel giorno era arrivato in ritardo in classe, ma non aveva potuto fare altrimenti: Hope lo aveva bloccato prima che uscisse, chiedendogli di accompagnarla a scuola. Lui aveva provato a farle capire che quel giorno non era proprio il caso, ma la bambina non aveva voluto sentire ragioni. Alla fine, aveva deciso di assecondarla: in fondo l' Elementary School non distava poi così tanto dall'High School, sarebbe arrivato in classe al limite, probabilmente, ma per una volta si sarebbe potuto fare. Giunti a destinazione, però, la bambina lo aveva trattenuto, alla ricerca di abbracci e baci, facendolo sentire in colpa: sapeva di aver un po’ trascurato la sorellina in quell'ultimo periodo quindi un comportamento del genere era assolutamente comprensibile. Si ripromise di rimediare alla prima occasione disponibile, magari quel pomeriggio stesso o il successivo. Sospirò sollevato vedendo di essere arrivato prima dell'insegnante, prendendo posto accanto a Ivy «Ehilà, straniero!» lo salutò quest'ultima. 
Lui alzò una mano in segno di saluto «Mrs Jameson è già arrivata?»  
Ivy scosse la testa «Non ancora. Sei fortunato!» inarcò un sopracciglio «Cos'è successo stavolta? Un altro incontro con Violet?» a Henry non sfuggì il tono acido della ragazza, tuttavia, fece finta di niente «No, nient'affatto. Hope ha voluto che fossi io ad accompagnarla, è stata dura separarci.» ma Ivy non ebbe il tempo di continuare la discussione, perché Mrs Jameson era appena entrata in classe «Più tardi possiamo parlare? Dovrei dirti una cosa» disse poi Ivy prendendo i libri di letteratura, non incontrando il suo sguardo. Henry si chiese di cosa mai dovesse parlargli Ivy da renderla chiaramente così ansiosa, tuttavia annuì semplicemente. 
Quando tutte le lezioni finirono, Henry si rivolse a Ivy «Quindi … andiamo al Granny's?» chiese, lei si limitò ad annuire. 
«Cosa … cosa devi chiedermi di così importante?» chiese Henry strada facendo, il silenzio divenuto quasi assordante. 
«Te lo dirò tra poco» rispose lei indicando l'entrata del Granny's. Henry sospirò, entrando. Ordinarono entrambi una cioccolata calda e mentre attendevano i loro ordini il ragazzo tamburellava una mano velocemente sul tavolo. 
«Allora» «Quindi» le voci dei due ragazzi si accavallarono, Henry ridacchiò «Vai, ti stavo per l'appunto chiedendo cosa volessi dirmi»  
Ivy annuì, arrossì leggermente, Henry si chiese per l'ennesima volta cosa mai dovesse chiedergli da farle assumere quello strano comportamento ma non disse nulla lasciando che l'altra ragazza iniziasse. Ivy sospirò e poi iniziò il suo discorso «So che il rifiuto di Violet deve averti turbato molto ma … mi chiedevo: ti sei reso conto di come il nostro rapporto sta man mano mutando?» Henry inarcò un sopracciglio confuso ma non disse nulla «Non posso parlare per te, ma … io sento che la nostra non è più una semplice amicizia» 
«Sono molto lusingato ma …» Henry sospirò «Hai ragione, il rifiuto per Violet mi ha molto turbato e … onestamente sono molto confuso ma … non voglio darti un due di picchè senza prima aver messo davvero a fuoco quello che penso. Hai ragione, il nostro rapporto non può definirsi solo amicizia ma ho davvero bisogno di capire.» 
Ivy annuì d'accordo «Certo, lo immaginavo. Spero solo che non mi farai invecchiare qui.»  

 Quando Roger tornò a casa quella sera, il suo umore non era esattamente sereno. La mancanza di Eloise si faceva sentire ogni giorno di più, inoltre, avendo un ruolo provvisorio, non poteva occuparsi più di tanto del caso del quadro e la giornata era stata piuttosto tranquilla; quindi, non aveva nemmeno potuto sobbarcarsi di lavoro per non pensarci.  
Sospirò, mentre metteva nella toppa la chiave che gli aveva dato Emma.  
Entrando la prima cosa che sentì furono le risatine di Killian e Hope. 
«Emma è rimasta in stazione, vuole vedere se riesce a trovare qualcosa» disse rispondendo alla muta domanda di Killian. 
Il gemello annuì «Quel quadro la sta proprio facendo dannare! Spero che si prenda una pausa anche solo per cenare» sospirò, poi forse accorgendosi dell'umore del fratello, gli fece spazio sul divano dicendo «Tu stai bene?» 
Roger per tutta risposta si afflosciò sul divano, mettendo ben in evidenza il suo stato d'animo «Niente di nuovo» fece spallucce «lo sai, non avevo intenzione di lasciare Eloise per tutto questo tempo, doveva essere questione di poche settimane massimo un mese, avevo bisogno di rimettermi a posto e vorrei … vorrei tornare da lei ma non posso. Non oso immaginare come debba sentirsi sola e abbandonata e non so davvero cosa fare.» 
Killian annuì «Sai bene che non ho mai avuto una grossa opinione di Eloise e magari quello che sto per dire può essere una totale assurdità ma …» fece spallucce «hai pensato a una videochiamata su Skype? Magari potrebbe essere un'alternativa per farvi stare meglio entrambi.» 
Roger inarcò un sopracciglio, doveva ammettere che era stato talmente orientato sul voler tornare a Seattle che non ci aveva minimamente pensato, fu quello che disse infatti «No, io … ammetto di essermi talmente orientato sul voler tornare a casa dal non aver preso in considerazione nient'altro» 
Killian per tutta risposta gli sorrise confortante, ma qualunque cosa il fratello stesse dicendo fu bloccata da Hope, che evidentemente, stanca delle chiacchiere dei due adulti, porse la bambola che aveva in mano al padre «Papino … -» reclamò l'attenzione «- … giochiamo?»  
Roger sorrise alla nipotina «Vuoi giocare anche con me?» chiese, poi vedendo l'occhiata interrogativa del fratello mimò «Lo farò dopo.» 

Eloise sospirò, poco prima aveva ricevuto una videochiamata da Roger e questo aveva fatto sì che la sua decisione di raggiungere Storybrooke fosse ancora più ferma. 
«Pensaci, Eloise!» aveva esclamato Helga «Ti ha chiamata per rassicurarti, per far sì che tu non esca fuori di testa.» 
«Sì, esatto!» aveva annuito Elsa d'accordo «Ti tiene buona in modo che lui possa far un po’ quello che vuole.» 
E una parte di lei non voleva crederci, Roger era un uomo buono, non avrebbe mai agito in maniera così meschina. Ma c'era anche una piccola parte di sé che credeva che invece Roger avrebbe potuto farlo eccome, del resto l'aveva già separata da Alice, no? Sospirò nuovamente, non le restava altro da fare che raggiungere Storybrooke al più presto e riprendersi la sua famiglia, con le buone o con le cattive. Ma come fare? «Te l'ho detto» riprese dopo poco Helga «il modo più veloce per raggiungere Storybrooke è prendere l'auto di papà.»  
«Non posso fargli questo!» sbottò Eloise in collera, possibile che non se ne rendessero conto?  
Elsa le si avvicinò ulteriormente, mettendole un braccio tra le spalle «Lo so che non vorresti ferire papà — nessuno di noi vorrebbe! — ma Helga ha ragione.» disse dolcemente «Pensaci: innanzitutto sarebbe sicuramente più veloce di prendere il treno o il bus, visto che i voli sono ancora bloccati, e poi non dovresti avere neanche troppe rogne riguardo al coprifuoco e robe simili.»  
Eloise ce la mise tutta per non assecondare le idee malsane delle proprie sorelle, ma doveva ammettere che le loro argomentazioni erano davvero valide e alla fine, suo malgrado, la sua fermezza vacillò. 

 «Che succede?» chiese Alice quel giorno osservando il cugino gettarsi a peso morto sul divano, sembrava come se, negli ultimi due giorni, un grave peso gli fosse piombato sulle spalle «E non negare! Sembra come se negli ultimi due giorni reggessi il peso del mondo sulle spalle!» continuò poi, non lasciando via di fuga al ragazzo. 
«Beh qualcosa del genere!» gemette frustrato «Ivy mi si è confessata, non le ho ancora dato risposta, le ho detto che ci avrei pensato … ma il punto è proprio questo! Io non so cosa fare!» 
Alice inarcò un sopracciglio «Ivy … sarebbe Violet 2.0, vero?» chiese poi. 
Henry annuì «Smetterai mai di chiamarla così?» chiese. 
La ragazza ghignò, fece spallucce liquidando la questione «Lei … ti piace?» chiese infine. 
Henry gemette nuovamente «Non lo so» disse coprendosi il viso con entrambe le mani «Mi piace stare con lei, ma tutto questo è talmente nuovo che non so se si tratta di semplice amicizia o di altro» in un'altra occasione, probabilmente, Alice avrebbe preso in giro il ragazzo, ma ci era passata lei stessa con Robyn; quindi, era proprio l'ultima persona che poteva permettersi una presa in giro «Hai pensato che potresti dirle esattamente questo? Voglio dire, siamo ragazzini alla prima cotta, ci sta che non abbiamo ancora tutte le risposte in tasca. Non credo che Ivy si offenderà»  
Henry annuì d'accordo «Hai ragione. Proverò a dire le stesse cose anche a lei, spero vada bene.» sorrise grato «A te, invece, come va? Sono giorni che sembri indecisa se metterti a saltare dalla gioia o rinchiuderti in camera a piangere!» 
Alice a quella domanda arrossì vistosamente «Non è assolutamente vero!» esclamò, ma vedendo l'occhiata che il ragazzo le lanciò decise di sputare il rospo, del resto parlare non poteva farle male e, anzi, magari l'avrebbe pure aiutata a schiarirsi la mente. Sospirò.  
«Robyn mi ha baciato!» sputò poi tutto d'un fiato. 
Henry inarcò un sopracciglio incredulo, boccheggiò lievemente sorpreso «Ed è un male? Pensavo ti piacesse!»  
«È così infatti!» sbottò Alice «Ma … lo sai, io sono qui provvisoriamente, e nonostante lei stessa abbia detto che non è un problema non riesco a non pensare a come potremo farlo funzionare» insomma possibile che non capisse?! 
«Devi smetterla di fossilizzarti su questo!» la redarguì Henry «Non ti dirò che sarà semplice, ma questo non vuol dire che se vi impegnerete non potete far funzionare le cose!» 
Alice annuì, dopotutto Henry aveva ragione, perché rovinare tutto prima del tempo? «Hai ragione» disse infine «Prometto che ci proverò.» 

 Ingrid sospirò grata, il giorno prima Nick, il committente a cui avrebbero dovuto vendere il Van Gogh, si era degnato di farsi vivo e di dar loro appuntamento per l'indomani. Finalmente potevano chiudere quella storia senza correre troppi rischi. Oltretutto Emma aveva pure già scoperto che il quadro era un falso, la donna era davvero sveglia, sarebbe stato questione di tempo prima che scoprisse tutto, restare a Storybrooke col vero Van Gogh era oltremodo rischioso. Anzi, restare a Storybrooke, dopo tutto il putiferio che quel quadro aveva generato era un azzardo che, onestamente, Ingrid non desiderava correre. 
«Eccolo!» James la scosse dai suoi pensieri indicando Nick. 
Scesero entrambi dall'auto, Ingrid sentiva come se si stesse liberando di un peso. 
«Ce ne hai messo di tempo!» l'apostrofò la donna non appena scese dall'auto. Nick per tutta risposta si passò una mano tra i capelli imbarazzato «Lo so» sospirò «Ma non è facile fare il nostro lavoro con tutti questi controlli» 
James annuì «Possiamo immaginare!» disse. 
La vendita fu piuttosto veloce, e Ingrid non avrebbe preferito niente di diverso. 
James sorrise entrando in macchina, indicò il bagagliaio con le loro valigie «Allora … ti mancherà Storybrooke?» chiese. 
Ingrid ridacchiò stando al gioco «Devi ammettere che è piuttosto pittoresca!» rispose. 

Note: Lo so, ci ho messo eoni, purtroppo ho la grande capacità di distrarmi con la qualunque maaaa non dovrebbe mancare molto, in scaletta sarebbero circa quattro capitoli, forse anche meno. Come potrete intuire ci siamo avvicinando alla fine e sarà stata davvero così facile per Ingrid e James? Oh e ho il dubbio che non si capisce, quindi forse è il caso di chiarirlo, le sorelle di Eloise non sono davvero lì, solo lei le vede!
Oh e piccola conquista: questo è il capitolo più lungo che ho mai scritto per questa long, ben 2903 parole! Ne sono piuttosto fiera <3
E niente spero vi sia piaciuto, a prestissimo 
Niny 

   
   
    
  
   
  
 
 
  
 
   
 
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