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Autore: Ladyriddle    25/06/2023    7 recensioni
Riprendo una frase della mia dolce Roby: ''Perché il lieto fine non esiste: esiste solo il punto in cui decidiamo di smettere di raccontare la storia''
Raccolta di Os
Post Vaiolo di Drago
Pairing: James/Scorpius – Louis/Ian
|OC: Rigel Malfoy Potter; Nathan Tristane Nott|
Un po' tutti.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Nott, Famiglia Potter, James Sirius Potter, Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Foglie di magnolia e fiori di ciliegio'
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Capitolo 2
 
Soli Soli Soli
 (Al solo Astro della mia terra)


Scorpius osservò James baciare la testa di Rigel e chinarsi alla sua altezza. “Mi raccomando: fai il bravo.” Il bambino annuì, convinto. “E proteggi papà dai brutti sogni” gli disse, lanciando un’occhiata divertita a Scorpius da sopra i capelli castani di Rigel. 
    “Conta su di me.”
    James rise e lo strinse. “Allora, papà torna domani mattina. Facciamo colazione tutti insieme, va bene?”
    Rigel annuì e Scorpius si avvicinò a James per salutarlo. 
    “Chiamami se hai problemi” gli disse, guardandolo negli occhi e Scorpius si sfiorò con il pollice la fede d’oro rosa e ossidiana che avevano comprato quasi sette anni prima. Era dotata di un potente incantesimo che riscaldava la gemella se necessario, era stato uno dei pochi extra che James era stato ben contento di pagare.
    “Tranquillo, e buon lavoro.”
    James diede un’ultimo bacio ad entrambi, recuperò la ventiquattrore in pelle di drago e uscì dal loro appartamento per andare a lavoro. Stava frequentando il primo anno di specializzazione nel programma dell’Hopekings Hospital, il più grande dei quattro ospedali degli Stati Uniti e di certo il più prestigioso. 
    Scorpius era molto fiero di lui, ma era sempre più preoccupato per gli orari massacranti e il ritmo di vita tutt’altro che sano. Non sapeva come riuscisse a lavorare quaranta ore a settimana, studiare per gli esami di specializzazione e pure per il dottorato che aveva deciso di dare contemporaneamente, passare del tempo con loro e riposarsi.
    James sembrava riuscire a fare tutto e Scorpius pensò che lui, invece, era ancora fermo all’ultimo esame del primo anno di PsicoMagia. Forse, visto l’ambizione del marito, avrebbe dovuto dare maggiore spazio alla sua istruzione, ma per il momento non era una delle sue priorità. 
    “Allora, pigiamino, poi si gioca un pochino e dopo a nanna, va bene?” Propose a Rigel che annuì, obbediente come al solito. 
    Rigel si fece fare il bagnetto e lavare i capelli, protestò solo una po’ quando gli andò a finire lo shampoo negli occhi chiari che si arrossarono. Maledetto shampoo delicato che non è mai delicato, pensò, distraendolo, facendo diventare la schiuma di una lieve tonalità di verde, con le bolle che si gonfiavano per risalire fino al soffitto. 
    Giocarono un po’ con l’acqua fin quando Scorpius non gli disse che era ora di uscire. Rigel si lasciò avvolgere dall’accappatoio morbido e ridacchiò quando gli sfregò la testolina con il cappuccio che aveva delle piccole orecchie da panda ai lati.
    “Papà, domenica andiamo a vedere i dinosauri?” gli chiese mentre gli asciugava i capelli con la bacchetta. 
    Scorpius sorrise. Ci erano stati già due volte. “Ti piace proprio tanto il museo di Storia naturale.”
    “Sì, e i dinosauri più di tutto. Ma davvelo davvelo erano così grandi?”
    “Sì, amore.”
    “Ne sei sicuro? Non è che è una magia e li hanno ingigantiti?”
    “Ingranditi, amore.” Lo corresse, infilandogli i pantaloncini del pigiama pulito. “No, tesoro, i dinosauri erano così grandi.” 
    “È che fine hanno fatto?”
    “Papà James te l'ha spiegato: si sono estinti.”
    “Sì, lo so, ma perché?”
    Era sempre più difficile rispondere alle domande di Rigel; i suoi perché aumentavano di giorno in giorno e c’erano risposte che non sempre sapeva dare. Nonostante leggesse decine di libri per essere preparato a suo figlio, gli sembrava sempre di perdere qualche lezione. 
    “Probabilmente perché erano troppo grandi o perché mangiavano troppo” provò a scherzare, ma Rigel lo guardò sorpreso, con gli occhi sgranati. 
    “Quindi se mangi troppo ti estingi?”
    “Estingui, amore.” Scosse il capo. “No, no, tesoro, non ci si estingue perché si mangia troppo, era una battuta. I dinosauri non ci sono più, ma abbiamo i loro cugini: i draghi, e mangiano tanto e sono grandi come i dinosauri, se non di più, e non si sono estinti. Quando sarai più grande, ti porterò in una riserva, così li vedrai da vicino, va bene?”
    Rigel spalancò gli occhioni. “Davvero?”
    “Mantengo sempre le promesse, no?” Gli domandò e Rigel annuì, convito “E allora ti porterò insieme a papà James, tra qualche anno.”
Sembrò eccitatissimo, come se tra qualche anno fosse il giorno dopo. Scorpius pensò che che quell’estate avrebbe trascinato James in qualche riserva naturale di draghi, ma almeno il pericolo domande sui dinosauri era stato scampato. 
    “Bene, tesoro, aspetta un attimo che papà mette il pigiama.” Sì era fatto una doccia veloce qualche ora prima, mentre James e Rigel erano andati a ritirare la cena perché lui non aveva voglia di cucinare, quindi poteva semplicemente cambiarsi. 
    Si spogliò. Non aveva mai nascosto le cicatrici da Vaiolo a suo figlio, ma lo sguardo intenso con cui lo scrutava – lo stesso che, anni prima, aveva visto sul viso di James quando le aveva studiate per la prima volta – lo aveva messo a disagio fino a qualche mese prima. Poi, una sera, Rigel era entrato nel salotto e si era alzato la maglietta mostrando, tutto orgoglioso, le linee scure con cui si era ricoperto tutto il corpo. 
    “Papà, papà, guadda, mi sono fatto i disegni come i tuoi.”
    Scorpius aveva riso e baciato con amore le lacrime di suo figlio quando James gli aveva passato l’unguento delicato che aveva preparato per togliergli l’inchiostro indelebile. 
    Rigel aveva protestato tutto il tempo, pianto e urlato. Era stato uno dei suoi rari capricci, ma Scorpius non era riuscito ad arrabbiarsi e aveva consolato il suo bambino fin quando non si era addormentato. Da quel momento, però, James aveva avuto cura di tenere tutti i suoi inchiostri indelebili molto lontano da Rigel. 
    Si infilò il pigiama e, prima che Rigel gli chiedesse di farsi prendere in braccio, gli prese una manina: era diventato pesante e di sera non riusciva a tenerlo su.
    Lo portò in salotto che era la stanza più grande della casa, l’unica in cui potessero giocare, a parte il terrazzo, ma a quell'ora faceva troppo freddo. Spostò il tavolino e stese con la bacchetta un tappeto morbido. Rigel andò a prendere il baule con le rotelle che conteneva alcuni dei suoi giochi, tirandolo con la corda e sbattendo un angolo contro lo stipite della porta. Quella casa stava diventando troppo piccola per loro. 
    Scorpius aveva già adocchiato una deliziosa palazzina, la tipica brownstone con giardino, terrazzo e soprattutto cinque camere da letto e otto bagni sulla 70th strada. 
Due settimane prima, lui e suo padre erano andate a vederla, e a Scorpius era piaciuta tantissimo, nonostante fosse rimasto perplesso per il putting green sul terrazzo e per la stanza col cestino appeso che l’agente immobiliare Babbano aveva ampiamente sponsorizzato, dicendo: ‘non è da tutti avere un vero campo da basket in casa, da veri intenditori.’ 
    Scorpius non ne capiva niente di dollari, ma persino suo padre aveva sgranato gli occhi quando aveva sentito il prezzo, affermando però che: bisognava pagare bene per certi privilegi, confermando che piacesse anche a lui e che quindi gliel’avrebbe comprata. L’unico problema era James. 
    “Quel mulo orgoglioso di Potter avrà da ridire. Ha sempre detto che avrebbe voluto comprarla lui la vostra futura casa” gli aveva detto contrariato, sbottando un: “Bah, Grifondoro!”
    “E questa non può prenderla?” 
    “Sì, quando e se diventa primario gli accetteranno un mutuo. Ho sbagliato a prendervi quel buco, ma doveva essere un appoggio per i week and.” 
    Draco odiava il loro appartamento, non poteva concepire che vivessero in una casa grande come la camera che Scorpius aveva avuto a Malfoy Manor. Ormai, suo padre si era abitato al fatto che non volesse tornare in Inghilterra e anzi, aveva approfittato per fare affari lì, anche se Sorpius non aveva idea di cosa facesse, ma lui e sua madre avevano comprato un attico a due piani a Tribeca e metà del mese la passavano a New York. 
    Scorpius amava il loro piccolo appartamento a SoHo, ma stava cominciando ad andargli troppo stretto. Si era avvilito e suo padre gli aveva dato una pacca dicendogli che avrebbe escogitato qualcosa. 
    Entro fine mese avrebbero avuto l’incontro per la proposta d’acquisto e Scorpius stava ancora cercando di capire come rigirarsi James. Anche perché, il suggerimento di suo padre di ‘mettiti a piangere e digli che la vuoi’’ non gli sembrava particolarmente dignitoso. Sicuramente efficace, ma non dignitoso. 
    Rigel aprì il suo baule, scavando dentro e Scorpius pensò che forse il loro bambino avrebbe potuto dargli una mano. Forse avrebbe dovuto mostrarla a Rigel: era meglio se si mettesse a piangere lui. 
    Che scemo che sono, Scorpius si diede un’immaginaria pacca sulla testa. 
    “Che c’è, papà?”
    Gli sorrise. “Niente, tesoro.”
    I giochi preferiti di Rigel consistevano in delle costruzioni e una casina con tanto di famiglia di topolini di pezza che un tempo era stata di Lily. Rigel costruì una specie di torre a difesa del cottage con dei soldatini appartenuti a James. 
    Scorpius dovette fare la topolina, e recitare la parte della figlia disubbidente, poi assunse il ruolo più appagante di capo del battaglione. Quando la cosa si stava sposando nel mondo degli gnomi si era fatta ora di andare a letto. 
    “Tutto a posto e poi a nanna.”
    “Mi leggi la storia?”
    Gli sorrise. “Certo, come sempre.”
    Rigel mise a posto i suoi giochi e Scorpius rassettò il baule con un colpo di bacchetta – rimase comunque un po’ caotico, ma meglio di prima. 
    Avevano cenato in anticipo rispetto al solito orario, per farlo tutti insieme, quindi mentre Rigel sceglieva la loro lettura serale, gli andò a prendere un po’ di latte. Aveva tentato di appellarlo, ma l’incantesimo non gli era riuscito. Era stanco anche lui.
     Trovò Rigel già infilato sotto le coperte con il libro aperto in mano e immerso nella lettura, peccato che il volume fosse al contrario. Gli sorrise e gli si stese accanto, voltando il libro e cominciando a leggere con Rigel che gli si sistemava addosso, la testolina posata nell’incavo della spalla.
    Rigel ascoltava le sue parole, le manine infilate tra i suoi capelli con le piccole dita che giocherellavano con una ciocca bionda, facendo sfregare i fili chiari tra i polpastrelli.
    “… fecero una buona cenetta: pane, latte e more. Fine.” Inclinò il capo e guardò Rigel che osservava i disegni del libro di racconti Babbani che gli aveva regalato zia Lily per il suo quarto compleanno. Lo avevano letto almeno due volte, ma il bambino restava sempre affascinato dai disegni, nonostante fossero immobili e non animati come per la maggior parte dei libri magici. 
    I suoi occhi erano socchiusi, ma era ancora sveglio. “E ora a nanna” sussurrò Scorpius, scostando il libro e portandoselo in braccio, cominciando a cullarlo un po’ per farlo addormentare. 
    Rigel continuava a giocare con le ciocche ma Scorpius ci era abituato: lo faceva fin da piccolissimo per addormentarsi. 
    “Papà, quando torna papà James?” Non si era abituato ancora ai turni di notte di James e ogni volta che era a letto glielo chiedeva.
    Gli baciò la testolina. “Domani quando ti svegli papà sarà qui e faremo colazione tutti insieme.”
    “Ma poi lui va a dommire?”
    “Sì, amore, riposa qualche ora mentre io e te ce ne andiamo al parco o, se piove, andiamo proprio domani al museo di storia naturale, va bene?” Rigel annuì. Quello era uno dei motivi per cui avevano bisogno di una casa più grande. 
    “Papà…”
    “Dimmi, amore.”
    “Perché io non ho i capelli gialli come il sole?” Gli domandò, scostandosi per guardarlo negli occhi e Scorpius rimase un po’ spiazzato da quella domanda. 
    Decise di rispondergli in modo semplice. “Perché li hai come papà James.”
    Rigel lo guardò curioso, come se lo vedesse per la prima volta. “E perché non li ho come i tuoi?”
    “Perché tu somigli a lui e hai gli occhi verdi di nonno Harry. Tu somigli a loro.”
    “E a te no?”
    “Tu mi somigli qui” gli disse, posandogli una mano sul cuoricino. Rigel sembrò non capire e Scorpius sorrise e disse: “Qual è il tuo colore preferito?”
    “Il verde.”
    “E il mio?” 
    “Il verde.”
    “E il piatto preferito di papà James?” 
    “La pizza.”
    “E il mio?”
    “L’hot dog” gli rispose, poi spalancò gli occhi. “
É anche il mio, papà!”
    Scorpius rise. “Esatto. Tu mi somigli qui, nel cuore. É da li che vieni.” Gli era uscito così, spontaneo e pensò, osservando il viso bello e dolce di suo figlio, che poi non era così lontano dalla realtà. “Vieni dal mio cuore. Io ti desideravo così tanto, ma così tanto che papà James è andato a prendere la stella più bella nel cielo e me l’ha portata.” Si sentì gli occhi un po’ lucidi. “La mamma gli ha dato una mano perché voleva proprio aiutarmi in questo desiderio.”
    “Sono andati loro perché sono Grifondoro?”
    Rise, sentendosi un po’ commosso. “Sì, amore, sono andati loro due perché sono Grifondoro. Perché sono coraggiosi e non hanno paura del buio.”
    “E se sbaliavano?”
    “Impossibile. Loro ti avevano visto nel mio cuore.”
    Rigel guardò i bottoni del pigiama di Scorpius. “Papà, lo sai che io me lo ricordo, quando sono venuti.”
    “Davvero?” Chiese, dandogli corda. 
    “Sì, tanto tempo fa, ma ora me lo ricordo. Li ho visti che mi stavano cercando e allola sono andato da loro pecché lo sapevo che mi appettavi.”
    Il sorriso si allargò sul viso di Scorpius che baciò il suo bellissimo, prezioso, intelligente e dolcissimo bambino. “Grazie, per avermi trovato” mormorò sulla sua fronte. 
    “E tu grazie per avermi appettato, papà” mormorò il bambino, nascondendo il viso nel suo petto e Scorpius lo abbracciò di più, più forte.
Strinse la sua piccola stella tra le braccia, quella che aveva desiderato e che aveva aspettato che lo trovasse.
La sua stella, l’unica che contasse davvero, quella che gli aveva illuminato la notte.


Note. 

Il titolo Soli Soli Soli è una citazione latina. Letteralmente ''all'unico (soli) Sole (soli) del suolo (soli)'' per estenzione: all'unico sole della (mia) Terra. L'uso di solum -i, anziché terra -ae, indica vicinanza, quindi il suolo che calpesto, la MIA terra. Ho tradotto Astro, invece di sole, scorretto, partendo dal presupposto che il sole è una stella in modo da adattarla a questa OS. 

La Brownstone è un materiale diventato stile architettonico, così si indicano 
gli edifici nelle aree urbane che utilizzano questo materiale. I Brownstones possono essere trovati in molti quartieri di New York per includere punti caldi di Brooklyn ma anche i tipi di edifici prevalenti nell'Upper West Side di New York.
Questi villini sono riconoscibili dai loro larghi gradini anteriori che conducono dalla strada al secondo piano dell'edificio, un disegno attribuito alla mancanza di pulizia del livello stradale durante il periodo in cui queste case furono costruite. Oggi vivere in un brownstone  è diventato un simbolo nel mondo immobiliare di New York. 


Il libro che Scorpius sta leggendo a Rigel è di Beatrix Potter, Le avventure di Peter coniglio. 


Note di Lady
La febbre mi fa essere dolce, dolce, dolce. 
Questa Os è scritta per la settimana del Pride a sostegno di tutte le famiglie arcobaleno. LA PARITà DI DIRITTI è una questione di dignità umana perché ogni individuo merita rispetto, accettazione e protezione e queste famiglie, e i loro figli, vanno tutelati nel diritto fondamentale dell'essere umano che, nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma che ''uomini e donne hanno il diritto di fondare una famiglia'', ma non è specificato che debbano farlo necessariamente fra loro.
Questa è solo una storia di fantasia, ma immagino che molti bambini sarebbero molto più felici di crescere con genitori come Scorpius e James, (e non perché sono ricchi), piuttosto che in alcune famiglie tradizionali, le uniche riconosciute dallo Stato. 
Un mondo in cui tutti sono liberi di essere se stessi è un mondo migliore per tutti. C'è ancora tanto da fare per eliminare ogni forma di discriminazione e io spero davvero che un giorno, anche in Italia, famiglie come questa possano sentirsi amati e protetti nei loro diritti fondamentali. Perché un diritto è tale se arricchisce senza impoverire qualcun altro. 
Un sorriso. 
   
 
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