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Autore: Marti Lestrange    24/07/2023    0 recensioni
pillowtalk: tre piccoli spaccati di vita; tre ricordi di un primo bacio; tre coppie.
1. Victoire/Teddy
2. Dominique/Roland
3. Louis/Caleb
[ Questa storia partecipa all’iniziativa “🌷 First Kiss 🥀” organizzata sul gruppo Facebook “L’Angolo di Madama Rosmerta”. ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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3. 


 

Non so bene cosa sto facendo. So solo che una forza sconosciuta mi spinge in avanti, sempre più avanti, finché i nostri nasi si sfiorano. Respiriamo forte, posso quasi sentire il battito del suo cuore che preme per uscire dal suo petto. 

È strano - o almeno dovrebbe esserlo. Forse? Forse sì. O forse no. Non lo so. 

Quello che sento non ha niente a che fare con me, ma allo stesso tempo non posso scinderlo dalla mia persona. Mi confonde e mi fa vacillare, e nella mia testa di quattordicenne stupido e immaturo ha ormai assunto le proporzioni di un Erumpent imbufalito. Scalcia e strepita. Scalpita dentro il mio petto. 

Sotto la mia cintura è un disastro, ormai ho perso qualsiasi possibilità di controllo. Questa reazione mi confonde, anche se dovrebbe soltanto farmi riflettere. Ma forse sono troppo cieco per capire. 

Le sue labbra sono morbidissime, la cosa più morbida che abbia mai assaggiato. Sembra averlo già fatto altre volte - numerose altre volte, secondo me - perché sa cosa fare, sa esattamente quando osare e dischiudermi le labbra per cercare la mia lingua, intrecciarla alla mia fino a farmi gemere, la mia bocca aperta sulla sua, vorace. Non ho mai sentito questa fame, prima. Non che abbia mai baciato qualcuno, prima di questo momento, no, ma il fatto è che nessuno mi ha mai provocato questo tipo di reazioni: la voglia pazza di stendermi su un letto, o da qualche parte, da qualsiasi parte, non importa, e lasciare che il mio corpo venga leccato, e baciato, ed esplorato, per poi leccare a mia volta, baciare, ed esplorare, fino a colmare ogni anfratto, a riempire ogni mancanza. 

Non sembra avere fretta, forse perché la giornata volge al termine e gli adulti stanno preparando la cena e non badano a noi, o forse perché ha tutto il tempo del mondo, e io non protesto, non mi lamento, ricambio il bacio con ansia e un desiderio che mi incendia la pelle. La sua mano scivola sul mio petto nudo, giù fino all’orlo del costume da bagno che indosso. Si ferma. Mi guarda negli occhi. 

“Posso? Non voglio spaventarti…”

Annuisco, incapace di parlare. Mi sorride. 

E adesso la sua mano è dentro il mio costume, circonda la mia erezione e mi sento morire. Affondo il viso nella sua spalla - la sua pelle profuma di sole e sale. 

“Va bene così?” mi chiede. Sento dell’incertezza, forse si chiama aspettativa. 

“Sì,” ansimo in risposta. “Continua. Per favore,” aggiungo alla fine, ricordandomi l’educazione. 

E allora continua, stringe e rilascia che è una meraviglia, e vengo quasi subito, come un ragazzino inesperto - che poi è quello che sono, a chi voglio darla a bere? Nessuno mi ha mai toccato così, prima. 

“Va tutto bene,” sussurra baciandomi teneramente. “È perfettamente normale.” 

Mi bacia la mascella e glielo lascio fare. Il suo tocco è delicato, mai arrogante o prepotente. Gliene sono grato. Sono talmente subissato da mille nuove e diverse sensazioni ed emozioni che non saprei gestire niente di troppo deciso. Il mio respiro si regolarizza, e trovo il coraggio di alzare gli occhi. 

Mi sta guardando, e sorride. 

“Va tutto bene, Louis?”

Annuisco. Poi scuoto la testa. Nascondo il viso nelle mani aperte. “Non lo so. Scusami.”

“Non devi scusarti con me.”

“Mi dispiace.”

“Era la prima volta che…” allude.

“Già.”

“In assoluto o…”

“In assoluto.”

Mi accarezza i capelli. “Andrà sempre meglio.”

Qualcosa mi straccia il petto, una strana sensazione di irrimediabilità e un’ansia che mi toglie il respiro. Abbasso lo sguardo. Chiudo gli occhi, ché non voglio vedere ciò che ho davanti, prova inconfutabile di ciò che potrei essere. O di chi sono?

Mi alzo in piedi di scatto, sollevando sabbia e demoni, gli stessi che mi inseguono da tutta l’estate - forse da tutta la vita. Non posso permettere che mi raggiungano - sono vicinissimi, ora. 

“Devo andare,” biascico. 

“Okay…” replica, imitandomi e alzandosi. Non nasconde nemmeno le sue reazioni, e davvero non voglio guardare. “Ci vediamo domani?”

“Non lo so… Può essere. Forse.”

“Forse? Quando partite per l’Inghilterra?”

“Tra cinque giorni.”

“Allora magari avremo modo di stare ancora un po’ insieme...”

Scuoto la testa, mi passo una mano sul viso. “Non lo so, okay?” Il mio tono di voce è scontroso e annoiato. Sul suo viso leggo una prima scintilla di dispiacere, e forse una consapevolezza che mi ferisce, ma non me ne importa - non me ne importa se ci sta male. Io ci sto male, e tutto il mondo deve soffrire con me. 

“Louis,” mi chiama mentre io mi sono già incamminato, diretto verso casa - voglio solo andarmene da lì e dimenticare tutto. Fare come se niente fosse successo. Ma non posso non ascoltare cos’ha da dirmi. Mi fermo e giro leggermente lo sguardo indietro. “Se ho fatto o detto qualcosa che ti ha ferito mi dispiace. Non intendevo…” Sospira. “Non volevo farti del male.”

Annuisco. 

Non mi ha fatto del male, o almeno non direttamente. Sono io che mi faccio del male, che continuo a farmene. Non rispondo e vado via, mi volto e proseguo, prima a passo lento, poi sempre più velocemente. Voglio solo lasciarmi la spiaggia alle spalle, voglio dimenticare quel momento. Col costume sporco e appiccicato sulla pelle, corro via, a nascondere la mia vergogna laddove nessuno potrà vederla. 

 

“Non ci ho più parlato, dopo quella sera.”

“Non vi siete neanche più visti?”

“Visti sì, l’ho visto per i successivi quattro giorni, alla spiaggia, ma l’ho ignorato. Se ci penso ora mi sento male.”

“E lui… Lui non ha provato a parlarti o…”

“Un paio di volte, sì. Ho accampato delle scuse. Non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi, le gambe erano come paralizzate e mi veniva l’ansia. Non avrei potuto spiegargli cosa sentivo neanche se ci avessi provato. E forse neanche volevo, spiegarglielo, non lo so.”

“Perché me lo stai raccontando ora?”

Alzo gli occhi. Caleb4 è bellissimo, nella luce incerta di quell’alba invernale. L’aria è satura del sesso che abbiamo fatto a più riprese durante la notte, quando la mancanza l’uno dell’altro che abbiamo sentito in questi mesi andava sfogata in modo degno. I capelli scuri gli incorniciano il viso e gli occhi azzurri - azzurrissimi - sono come due ampolle ghiacciate, ma nelle quali io mi sento bene, al sicuro, e al caldo. 

“Forse perché sono pronto a dire alla mia famiglia chi sono veramente,” rispondo con un sospiro. Sento le mani tremare ed è come se Caleb lo avesse sentito perché le prende e le stringe tra le sue. 

“Nessuno sa nulla, giusto? O si è mai accorto di qualcosa?”

“Lo sa solo Lucy. E per quanto riguarda la seconda domanda, non so dirti: magari qualcuno può essersi accorto di qualcosa, non lo so per certo.”

Caleb annuisce.

“Lucy era a Villa Conchiglia, quell’estate. Abbiamo sempre avuto un rapporto particolare, lei e io. Cane e gatto, eppure parliamo tra noi come con nessun altro. Nemmeno con le mie sorelle ho questo tipo di rapporto.”

“Scusa se ti ho chiesto, è che so così poco della tua famiglia…”

“Hai ragione,” rispondo. Mi porto le nostre mani intrecciate al viso e gli bacio le nocche, delicatamente. “A Capodanno ho qualche giorno libero e pensavo di andare a Londra, visto che Vic ha partorito. Ti va di venire con me?”

Caleb mi sorride. “Certo che mi va. Chissà cosa diranno i tuoi, però…”

“Abbiamo già una Nott5 in famiglia, James ha aperto la via.”

Ridiamo entrambi. Sentirlo ridere è così bello… Non posso credere che, per delle stupide e infondate paure, io abbia rischiato di perderlo. 

“Tutti credono che tu abbia passato il Natale con Lynn6,” riprende Caleb ghignando. 

“Non sei decisamente Lynn,” replico ammiccando, liberando una mano e appoggiandogliela sul sedere. Stringo leggermente. Caleb mi si fa vicino, i nostri corpi a contatto. 

Sospiro. “Ci ho pensato. Voglio che tutti sappiano che ti amo. Questa è la cosa più importante.”

“Louis,” inizia lui, la fronte aggrottata. “Lo sai cosa ne penso. Io ti amo comunque, che tu sia out o no.”

“Lo so, lo so, ma il fatto è che io voglio esserlo. Io voglio che il mondo sappia che sono gay. Sono stufo di essere visto solo come quello muscoloso che corre dietro alle ragazze e ha poco cervello. Voglio essere conosciuto per come sono realmente. Louis Weasley. Omosessuale. Innamorato di Caleb Nott.”

Ci sciogliamo in un sorriso. Davvero è come respirare, parlare con Caleb - amare Caleb. Ed è così necessario, per me, lo è diventato ancor più di qualsiasi altra cosa al mondo. Non posso perdere quest’uomo, non posso lasciare che le mie vecchie paure mi trascinino a fondo. La mia famiglia è la più inclusiva del mondo, so che mi avrebbero amato nello stesso modo in cui mi hanno amato, ma l’immagine che mi è stata costruita addosso a Hogwarts ha come riempito tutto me stesso, soffocandomi, impedendomi di essere reale. Ero un bluff. E io ho contribuito a quel bluff, a tenerlo vivo, non permettendo agli altri di guardarmi negli occhi solo per paura di scoprire tutto quanto. 

“Quindi non hai più rivisto quel ragazzo… Com’è che si chiamava?”

“Non l’ho detto.”

“Ed è un segreto?”

“No, affatto. Si chiamava Bastien. Abitava a Parigi.” 

“Bastien,” ripete Caleb, come a voler assaporare quel nome sulla punta della lingua. “Te lo ricordi ancora.”

“Mi sono comportato da stronzo. Ed è stato lui a farmi capire che ero gay. Tu non ti ricordi il nome della prima persona che hai baciato?”

Caleb ci pensa su, poi scuote la testa. “Dev’essere stato qualcuno di Serpeverde, di più grande… Ricordo che eravamo nascosti da qualche parte in Sala Comune, ma tutto il resto è nebuloso. Non ha più granché importanza. Ne sono venuti molti altri, dopo.”

Alzo gli occhi al cielo. “Certo. E poi tu sei geloso delle ragazze che ho avuto.”

“Io non sono geloso delle ragazze che hai avuto. Forse lo ero all’epoca, ma perché mi piacevi da morire, e allo stesso tempo non ti sopportavo, sai, per via del Quidditch, ed era tutto molto sexy e dannatamente invitante, ma no, ora non sono più geloso di quelle ragazze: so che non avevano alcuna importanza.”

“Invece i tuoi uomini ne hanno avuta.”

“Forse sul momento. Ma nessuno ha mai lasciato il segno nella mia vita.”

“Perché nessuno di quelli ero io.”

È il suo turno di alzare gli occhi al cielo, ora. “Sai che ti amo,” continua. “Anche se sei estremamente petulante.” Mi accarezza la coscia dal gluteo al ginocchio, l’afferra e la solleva per mettersela addosso e incunearsi in mezzo alle mie gambe, i nostri corpi perfettamente allacciati l’uno all’altro. 

“Lo so,” rispondo ridendo. “E so di esserlo. E ti amo perché mi ami per questo.”

Ci baciamo, dapprima lentamente, e poi sempre più voracemente, come se non ci vedessimo e baciassimo da mesi. È sempre così, tra noi.

Finiamo ben presto a strusciarci, le nostre erezioni premute l’una contro l’altra in mezzo ai nostri corpi nudi. 

Lecco via il sudore dalla clavicola di Caleb, dopo - dopo l’orgasmo. E la mia lingua scende sulla sua pelle, a leccare via tutto il resto. 

“Per Salazar,” lo sento imprecare. “Impazzisco quando fai così.”

Mi rialzo e lo bacio sulle labbra. Voglio che senta il suo stesso sapore, il nostro sperma che è diventato uno, voglio che senta sulla punta della lingua cosa significa amarlo e farsi amare da lui. 

“Non vedo l’ora che sia dopodomani.”

Caleb ride nel mezzo del nostro bacio. Gli lecco i denti con la lingua. 

“Dovresti solo pensare ad allenarti, dopo l’ultima batosta che vi abbiamo dato,” ridacchia lui. 

“Allora è per questo che sei qui, per distrarmi…” 

“Vi abbiamo battuto, direi che distrarti ulteriormente non mi serve più, ormai.”

Gli faccio il solletico per vendicarmi, lo soffre terribilmente. Ridiamo come matti. I miei compagni di squadra dalle stanze accanto non possono sentirci perché abbiamo insonorizzato le pareti. Un’idea - geniale - di Caleb. 

“Stai con me solo per farmi fare cilecca sul campo?”

“Consolati sapendo che non hai mai fatto cilecca qui, in camera da letto, amore,” risponde lasciandomi un bacio sul naso. “E comunque no, sto con te perché ti amo. Mi pareva che fosse chiaro.”

Sorrido. “Ti stavo prendendo in giro.”

“Sarà meglio per te.”

“Perché, se no?”

Si tira su improvvisamente e mi butta sul materasso, salendomi sopra senza sforzo. Mi tiene le braccia ferme in alto sopra la testa. 

“Cazzo,” impreco, senza fiato. 

“Già.”

Le sue gambe sono strette intorno ai miei fianchi e mi si preme addosso. Il suo peso è confortante, ma anche terribilmente eccitante. Sono di nuovo quasi duro. 

“Che ne dici?” mi chiede facendo scivolare i fianchi in avanti. Guardo la sua erezione lievitare e questo non fa altro che peggiorare le cose. Deglutisco mentre mi lascia andare e le mie mani sono finalmente libere di toccarlo. “Hai tempo per un altro round?”

“Ho tutto il tempo del mondo,” rispondo prima di attirarlo verso di me e le mie labbra.

 



4. Caleb come Caleb Nott, personaggio di mia invenzione; chi ha letto Death in the Night magari se lo ricorda, l’ho nominato brevemente.
5. 
L’altra Nott in famiglia è proprio Emma Nott: i lettori di The Haunting of Heydon Hall la conoscono bene.
6. Lynn come Lynn Collins, altro personaggio di mia invenzione, figlia di Cho Chang, ormai ex fidanzata di Louis.



Non ho altre particolari note da aggiungere, tranne che il titolo e la citazione arrivano dall’omonima PILLOWTALK di ZAYN.

Spero che questa piccola raccolta vi sia piaciuta. Fatemi sapere - anche su instagram, se vi va: qui.

   
 
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