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Autore: BabaYagaIsBack    03/08/2023    0 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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XV (5)


 

Katarina aggrottò la fronte. Perché aveva dato per scontato che vi avrebbe trovato qualcuno? Non lo sapeva, ma di certo quella scoperta l'aveva indispettita. Non che nell'ultima ora qualcosa avesse reso la sua giornata apprezzabile, in fin dei conti aveva discusso con Lord Terry e Suzu praticamente per tutta la mattinata, aveva scoperto che un lurido vodyanoy svolgeva il lavoro più importante per il caso a cui stavano lavorando e aveva bevuto un ottimo Spirito alla Salvia che per sua sfortuna le aveva procurato allucinazioni talmente realistiche d'averla condotta lì, mandando in fumo i buoni propositi. 
Sbuffò e socchiudendo gli occhi fece l'ennesima scelta discutibile: richiudersi la porta alle spalle. Avrebbe potuto andarsene, decidere di tornare al piano iniziale e comportarsi da vera vânător così come insegnava ed esigeva l'Ordine, peccato che lei avesse dimostrato più volte di essere una sorta di anomalia. Nessuna fede, nessun rispetto delle autorità e dell'iter, nessuna etica - ma quella, probabilmente, era una dote di famiglia.
Quando riaprì le palpebre, quindi, Miss Bahun si sentì meno colpevole.

Avanzò di qualche passo all'interno della  stanza e inevitabilmente i suoi sensi si misero all'opera. Come un segugio durante una battuta di caccia, il corpo di Katarina indagò, fiutando nell'aria il profumo di ciliegia e mirto che riempiva ogni angolo di quella baracca. Lo trovò tra le assi in legno del pavimento, impigliato tra le tende pallide della finestra aperta, sul tappeto che sfiorò con la punta dello stivaletto e certamente, se si fosse avvicinata al letto, l'avrebbe ritrovato anche sulle lenzuola. Dolce e minacciosamente ammaliante, la fragranza avvolgeva il suo corpo stimolando l'appetito.
Si guardò attorno nel tentativo di distrarre la mente dai possibili pensieri che sarebbero potuti sopraggiungere e, nel farlo, fece cadere lo sguardo su un paio di quadri raffiguranti paesaggi lontani. Le chiazze d'acquarello davano colore alle pareti, mentre uno specchio lì vicino rimandava indietro la sua figura. Vi ci soffermò qualche istante. L'espressione stranita che aveva in viso e le guance rosse che si incontravano sul picco della gobba del naso, proprio come quando beveva troppo o il freddo le pizzicava, le davano un aspetto ben più innocente di quanto avrebbe voluto, mentre la treccia che disordinata scendeva accanto al collo testimoniava la sua fretta nell'arrivare in quel posto - anche se avrebbe voluto negare che quella fosse sempre stata la meta del suo istinto.

Sospirò.

Era stata davvero una sciocca a entrare lì.

I suoi piedi si mossero sconsolati verso la finestra, curiosi di scorgere all'orizzonte quell'angolo di Londinium, di capire se da oltre il rettangolo di legno potesse vedere una porzione maggiore della città. Nel suo incedere sfiorò con le dita il pomolo d'ottone al lato del letto, sentì i polpastrelli bollenti bruciare contro il freddo della lega metallica e d'improvviso si arrestò. Nemmeno lo aveva notato la volta precedente. Beh, in tutta onestà aveva notato ben poco di quel luogo durante la sua prima visita. Era stata occupata a preoccuparsi di-
Un cigolio delle assi la fece sussultare. Gli occhi baluginarono nella direzione da cui le parve arrivare il suono e lo stupore che la colse non parve prendere alla sprovvista solo lei.

«Voi?» Miss Bahun sorrise con soddisfazione, beandosi in parte di ciò che aveva ora di fronte - cosa che stavolta, invece, non sembrò essere condivisa. «Che diamine ci fate qui?» La Fata strinse la presa sul telo con cui si doveva essere tamponata i capelli bagnati, gli occhi ridotti a due fessure e la mascella contratta per la spiacevole sorpresa. Di certo la giornata di quella poveretta doveva essersi rovinata tanto quanto quella di Katarina sembrava essere migliorata.

La vide scuotere il capo. I boccoli umidi si mossero pesanti, liberando alcune gocce che vennero subito assorbite dal legno poroso del pavimento. Non aveva alcun incantesimo addosso. La sua pelle chiara aveva quel tono verdognolo talmente delicato da far credere potesse essere solo un'illusione e le vene violacee le correvano sull'epidermide come tatuaggi sbiaditi, spuntando dagli orli della vestaglia che teneva indosso e che, di tanto in tanto, restava appiccicata al corpo bagnato rivelando parzialmente le forme che aveva cercato di celare. Quella visione aveva qualcosa di incredibilmente ripugnante nella mente di Katarina, eppure come la prima volta sentì la gola seccarsi. C'era sempre stato, attorno ai membri del Mundi, un alone di grottesco fascino da cui Miss Bahun, e non solo, era stata attratta e respinta.

La Fata avanzò provando a essere minacciosa. L'espressione indurita a evidenziare la bellezza  e la pericolosità della sua specie.
«Non ho le informazioni che mi avete chiesto, chiaro? E non sono nemmeno interessata a fornirvele. Denunciatemi alla Santa Sede se vi aggrada, oppure ucc-»
Mentre parlava, Katarina si tolse il cappotto poggiandolo sul bordo del materasso. «Quanto?» disse interrompendola. Stava completamente ignorando le sue lamentele e il fatto che il suo nervosismo fosse giustificato, vista l'intrusione. Miss Bahun però aveva altro per la testa, qualcosa che nemmeno lei era certa dovesse stare lì.
L'altra sussultò. La sua smorfia cambiò, addolcendosi appena per lo stupore.
«Anche se mi deste giorni» iniziò la zână fissandola mentre l'altra si toglieva guanti e cappello: «ho già detto di non essere interessata ad aiutarvi.»
Katarina si volse completamente verso di lei, in viso un sorriso accennato, ambiguo. La decisione con cui subito dopo si mosse verso l'interlocutrice non lasciò alla mente alcuno spiraglio per far entrare i pensieri. Il corpo agì d'istinto.
Sotto le dita della vânător i muscoli del collo della Fata si irrigidirono, le labbra non ebbero il tempo di chiudersi a dovere mentre la bocca di Miss Bahun prendeva seccamente un assaggio di peccato.

Si scostò appena, giusto per ripetersi in modo forse più comprensibile: «Cé mhéad? (quanto? - irlandese)» I suoi occhi incontrarono quelli viola di lei, restandoci sospesa in mezzo. Chissà se, tra tutte  le sciocchezze che aveva compiuto negli anni, quella le sarebbe valsa una scomunica.
«A-avete intenzione di uccidermi così?» udì il suono della sua deglutizione e un brivido perverso le risalì dal basso ventre alla bocca. Perché diamine era tanto eccitante?
«Non ho la presunzione di pensare d'essere brava fino a quel punto» scherzò, sapendo però con fin troppa chiarezza a cosa si stesse riferendo la zână. Scrollò la spalla con violenza e lasciò che lo stiletto scivolasse fuori dalla manica senza fermarlo. Il suono dell'argento contro il pavimento fu come un segnale e lo sguardo dell'altra tornò su Katarina. «Volete davvero fare questo?» Non sembrava convinta, eppure sia il suo battito sia il modo il cui il respiro le si era fatto caldo e veloce tradivano la tensione che stava forzatamente cercando di tenere a bada per non darle il piacere d'averla in pugno - ma non c'era bisogno che s'impegnasse tanto, poteva leggere il suo corpo come se fosse stato un libro imparato a memoria.
Il sorriso di Miss Bahun si allargò maggiormente, il suo volto si avvicinò impercettibilmente arrivando a far muovere le proprie labbra su quelle dell'altra: «Tutto ciò che offri, zână.»
Fu un soffio, eppure smosse ogni cosa. 

Benché la presa sul suo collo non si fosse allentata, la Fata si schiacciò a lei come se avesse aspettato quel momento dal loro primo incontro. Senza chiedere permesso, senza domandarle cosa volesse, infilò le proprie dita filamentose tra i capelli sanguigni della vânător, le cinse il capo per assaporare ogni millimetro di carne al pari della più passionale delle amanti.
E il sorriso di Katarina si tese molto più di quanto si sarebbe immaginata. Permise alla prostituta di infilarle la lingua in bocca mentre svelta si slacciava la gonna. I loro passi pesanti scandirono il percorso dalla soglia della toletta al ciglio del letto.

Avevano fretta e fame tutte e due, Miss Bahun lo percepiva come se la zână fosse un'estensione di sé. Anticipava i suoi movimenti, li assecondava prima di contrattaccare come in una danza o in una lotta. Appena quella provava a prendere un respiro, lei le premeva sensualmente i denti nel labbro inferiore e quando Katarina le allontanava le mani per sfilarsi di dosso i vestiti la Fata era già pronta a toglierle l'indumento successivo. Solo quando l'imbracatura cadde a terra con un tonfo sordo fu chiaro che non ci sarebbe stato alcun punto di ritorno, che stava davvero per violare una delle regole primarie del Codice dell'Ordine degli Illustri Vânător di Transilvania - ma a chi poteva importare? Qualsiasi cosa sarebbe successa in quella stanza non avrebbe potuto provocare alcun effetto collaterale. Avrebbe potuto negare ogni cosa.

La Fata si scostò. I petti di entrambe si alzavano e abbassavano velocemente, la pelle era accaldata e appiccicosa in quello stato appena prima del sudore, e la tensione era talmente palpabile da far sorgere un'unica domanda nella mente della vânător: perché diamine si era fermata? Miss Bahun mosse un passo verso l'altra pronta a tirarla nuovamente a sé, ma questa la fermò poggiandole le dita sullo sterno. Sorrideva in quel modo effimero, a metà tra il minaccioso e il seducente e ciò poteva dire solo una cosa: aveva in mente qualcosa. Che fosse positiva o meno, Katarina era certa l'avrebbe scoperto a breve.
«Stai per vendicarti di me?» Le chiese alzando l'angolo della bocca in un'espressione sprezzante. Qualsiasi cosa avesse in mente quel mostro non l'avrebbe trovata impreparata - non sarebbe stata la prima Figlia di Titania che avrebbe ucciso a mani nude, in caso le cose fossero volte per il verso peggiore.

La zână si leccò le labbra quasi vi fosse rimasto sopra un sapore succulento: «Non ho mai considerato la supplica un tipo di vendetta» ammise prima di spingerla e farla cadere col sedere sulle lenzuola profumate di mirto e ciliegio. Il basso ventre di Miss Bahun divenne un fuoco di fronte a tanta sicurezza, al modo in cui nuovamente quella prostituta alata osava sfidarla - poi la vide inginocchiarsi di fronte a sé.
Oh, sarebbe quindi stata lei a supplicare pietà? Lo stupore le fece per un istante abbassare  la guardia, ma fu carenza breve. Col busto Katarina provò a protrarsi per godersi la scena, per osare qualche battuta, tuttavia non le fu possibile proseguire.
Come una serva ai piedi della propria signora, la Fata si mise a slacciarle gli stivaletti. Teneva gli occhi viola fissi nei suoi e con quelle immense pupille pareva volerla avvolgere in un'oscurità tutt'altro che minacciosa. Con una lentezza discorde alla foga di poco prima glieli sfilò per poi risalire cautamente, in punta di dita, lungo il cotone delle parigine che Miss Bahun aveva indosso. Percorse il tratto di carne tra la caviglia e il ginocchio come se stesse toccando un oggetto prezioso, solleticandola al punto da farle stringere i denti per soffocare involontari mugolii - infine la sentì giungere all'orlo della calza e posare sulla pelle nuda le proprie labbra. Calde e suadenti, baciarono l'interno coscia facendo vibrare il corpo di Katarina al suono di un desiderio primordiale. Il torace le si gonfiò e i polmoni non osarono farsi sfuggire nemmeno un rivolo d'aria. Era certa che quell'apnea, l'attesa in cui si trovò sospesa, sarebbero valse qualcosa.
Il respiro della zână le carezzò l'epidermide costringendola a mordersi le labbra e a tirare indentro la pancia in un inutile tentativo di resistenza.
Dumnezeule mele! (Mio dio!) sentì però rimbombare nella propria mente in un rantolo di puro piacere, cedendo. Aveva aspettato così tanto... Era da quando aveva incontrato Sylvia Goldchild, il suo primo giorno a Londinium, che aveva sperato di provare una simile voluttà e doveva ammettere che quella dannata prostituta alata stava ampiamente soddisfacendo i suoi desideri - quelli interrotti nella propria cella all'Istituto e quelli che erano stati risvegliati con così tanta violenza dallo Spirito alla Salvia poco prima.
Ingoiò un risolino.
Dannazione quanto era debole la sua carne... si trovò a realizzare.
Poi, un soffio fresco le sfiorò gli stinchi facendo allontanare i pensieri dalla Superiora, ricordandole dove era e su chi doveva restare focalizzata.
Anche se era sbagliato.
Anche se sarebbe potuto costarle caro.
Anche se quella creatura non era chi avrebbe davvero voluto con sé in quel momento.
Però a lei andava bene ed era sufficiente per farle chiudere gli occhi e dimenticare tutto. Ciò che stava succedendo era come l'alcol che ingurgitava ogni volta che ne aveva modo per dimenticare il mondo intorno a sé.

E d'improvviso i suoi occhi si spalancarono nuovamente, un verso le si riversò fuori dalla gola in quella nota che nessun orecchio avrebbe mai frainteso. La testa le cadde all'indietro mentre le dita scivolarono nell'umido dei capelli della zână, stringendo. Pulsava dove le labbra di lei stavano ora baciando, bagnando, assaggiando - e lo faceva così bene che Katarina si sentì sopraffare. Nell'osservare il soffitto sopra di loro si rese conto che la mente stava perdendo contatto con la realtà, che tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi erano le sensazioni appaganti che la Fata le stava procurando. Era brava, non poteva negarglielo, forse più di altre prostitute con cui si era svagata nelle giornate a Roma. 
Le mani dell'altra le strinsero la carne della coscia come se avessero voluto sprofondarvi all'interno, il suo bel nasino le sfiorò ancora l'intimo. Miss Bahun boccheggiò e in un istante di lucidità si ritrovò ad agire come una belva. Con le dita intrecciate ai suoi capelli la strattonò allontanandola dal proprio inguine e i loro sguardi si riempirono l'una dell'altra.

La Figlia di Titania aveva i boccoli arruffati, le gote arrossate per la foga, la bocca umida e ancora più invitante nonostante i denti appuntiti che facevano capolino oltre le labbra. Katarina la baciò. Lo fece con uno slancio che non seppe spiegarsi, costringendola ad allungare il collo e a sollevare le ginocchia da terra, poi si staccò giusto per soffiare un ordine nella sua lingua: «Dezbracă-te (spogliati).» Non aveva più freni né lucidità a cui appigliarsi, in un angolo ormai recondito di sé lo sapeva. Anche senza capire il senso di quella parola, la zână dovette intuire cosa volesse dal modo avido in cui la stava guardando, dalla smania che le mozzava il respiro - e le ubbidì senza alcuna esitazione.
In un unico gesto si tolse la vestaglia rivelando ogni centimetro del proprio corpo, mostrando di non provare alcun pudore. Le ali le si aprirono dietro la schiena, piccole e belle come quelle di una libellula, fragili. Miss Bahun concesse loro solo un'occhiata fugace. Riconobbe dentro di sé l'istinto di strappargliele, così, per mettere a tacere quel richiamo, le strinse nuovamente il collo spingendola a terra. Aperte in quel modo sulle assi del pavimento, divennero una sorta di coperta che riuscì a ignorare, mentre a carponi sopra la Fata sorrideva tra un ansito e l'altro. 
Ancora una volta calò su di lei, le morse il labbro, la sentì bramare di più. E Katarina non si fece attendere. Si curvò maggiormente, con la lingua tracciò una linea di saliva dalla bocca al seno della Fata. La mano libera scivolò tra le cosce di lei, stuzzicò per vederle salire in viso il bisogno, la supplica.
«Implora-mă (pregami), zână.»
Non la capì. Non avrebbe potuto, eppure poco importava. Il suo respiro affannoso, il modo in cui dalla gola le uscivano rantoli che dovevano essere tentativi di invocarla bastarono a convincere Miss Bahun ad avanzare, a prendersi tutto ciò che quella donna le poteva offrire.  La vide sbarrare gli occhi, spalancare le labbra in un boccheggio infinito, inarcare la schiena sotto di lei per concederle altra carne di cui impossessarsi. Era in totale balia di Katarina, succube della tensione e delle sue mani, priva di remore esattamente come lei - e quella consapevolezza la spinse oltre. Sul pavimento di quella stanza, tra il profumo di mirto e ciliegio, umide di un desiderio fine a se stesso, consapevoli di essere nell'errore entrambe, finirono con il consumarsi senza esclusione di colpi. Katarina si riempì la bocca del suo sapore, la fece contorcere sotto di sé in una meravigliosa litania di spasmi e ansimi. Ci furono talmente tanti baci, morsi, impronte lasciate sul corpo l'una dell'altra che quando finirono Miss Bahun si ritrovò ad arrancare su gambe traballanti fino al letto ancora intatto dove finì col crollare. Incapace di darsi un contegno si poggiò col capo sul ventre della Fata, abbandonandosi in un dormiveglia sereno. Si sentì cedere alla stanchezza, nemmeno provò a contrastarla, e l'altra le permise di accoccolarsi a sé in un'intimità che raramente, per quel che Katarina sapeva, le prostitute concedevano.

 




ps. vi lascio anche un piccolo artwork realizzato tempo fa in onore di questa insolita coppia

   
 
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