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Autore: Demy77    11/08/2023    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“E’ molto grave, dottore?” Il medico, un tipo altezzoso e scostante con una ridicola parrucca grigia sul capo, scrutò il preoccupatissimo Francis dal retro del pince nez con uno sguardo truce; senza scomporsi, proseguì nella visita del paziente.
“Sapreste elencarmi tutto ciò che ha mangiato vostro padre ieri, signor Poldark?”
Francis snocciolò il menu del pranzo e della cena precedente, tutte le pietanze che avevano consumato entrambi, ma aggiunse che il padre era molto goloso e lui non poteva sapere se di nascosto aveva mangiato dell’altro. Nel frattempo il malato si dimenava, in preda ai dolori addominali ed alla febbre; ammise che aveva ingurgitato una spropositata quantità di cioccolatini al liquore, e per questo dovette subire anche i rimproveri del medico, che gli ricordò come alla sua età era il caso di osservare una dieta ferrea, altrimenti il cuore, il fegato e i reni non avrebbero retto a lungo.  A differenza del figlio, che aveva una corporatura esile, il capostipite dei Poldark era infatti pingue, con un addome prominente, e non era la prima volta che andava soggetto a patologie dello stomaco o dell’intestino ogni qual volta eccedeva nei piaceri della tavola.
Alla fine della visita il medico sentenziò che doveva trattarsi di un’intossicazione alimentare; gli prescrisse delle cure – oltre ad un’alimentazione leggera per almeno una settimana – ed assoluto riposo per lo stesso periodo.
“Ma io devo vedere la signora Chynoweth!” – si lamentò Charles, cercando di drizzarsi dai cuscini, sui quali ricadde pesantemente a causa della mancanza di forze.
“Andiamo, padre, calmatevi – gli disse il figlio, accomodandogli con premura i guanciali dietro la schiena – dovete riguardarvi, come ha detto il dottore! Un po’ di pazienza e starete presto di nuovo in piedi; con la signora Chynoweth parlerete non appena vi sarete ristabilito! Si tratta di attendere solo una settimana: che differenza potrà mai fare”?
§§§
Era trascorso appena un giorno da quell’incontro fortuito sulla spiaggia, ma Elizabeth ne era rimasta tanto colpita che smaniava per replicarlo. Dopo la morte del padre ed il licenziamento di quasi tutta la servitù le due sorelle Chynoweth non avevano uno chaperon che le accompagnasse nelle loro uscite; per questo motivo, giocoforza, godevano di un discreto grado di libertà. Il fatto che le ragazze uscissero in coppia, ed in particolare la presenza della più giudiziosa Demelza, era un elemento che tranquillizzava la signora Chynoweth, che non poneva troppe domande sulle attività delle ragazze. Quel giorno, per di più, la madre era attesa ad Illugan per un evento di beneficenza, e non sarebbe tornata a casa che dopo il tramonto. Prima che uscisse, quando la madre chiese alle figlie come avrebbero occupato la giornata, Elizabeth rispose che avrebbero fatto una passeggiata sulla spiaggia a cavallo e che sarebbero rientrate per pranzo. Quando però la signora se ne fu andata, Elizabeth supplicò la sorella di “coprirla”, perché la verità era che voleva uscire da sola e non sarebbe, forse, neppure rientrata per pranzo. Elizabeth, per quanto vivace e capricciosa, non era solita fare richieste del genere e Demelza la interrogò sulle sue intenzioni, rifiutandosi di mentire alla madre a causa sua senza conoscerne neppure il motivo. Elizabeth non voleva rivelare alla sorella del suo incontro del giorno prima con l’affascinante capitano del Lucifero; era qualcosa che al momento voleva tenere per sé. Cercò di trovare una scusa plausibile. “Voglio andare sulla spiaggia a cavallo, davvero; ti assicuro che non c’è nessun mistero e che non ho intenzione di fare niente di avventato. Che male c’è nel desiderare un po’ di libertà? Siamo sempre rinchiuse qui dentro, senza poter vedere nessuno…”
Demelza obiettò che non erano affatto rinchiuse, che non più tardi di tre giorni prima erano state a casa dell’amica Ruth Teague e che la spiaggia di Hendrawna non era propriamente un luogo per fare conversazione.
Elizabeth colse la palla al balzo. “Infatti non devo incontrare nessuno, ma ieri c’era una luce talmente affascinante sulla spiaggia che ho voglia di tornarci e fare un disegno con i miei pastelli; so che tu hai altro da fare qui in casa e che ti annoieresti a seguirmi nel mio vagare senza meta…”
Demelza, in effetti, dopo la pioggia di due giorni prima aveva intenzione di dedicarsi a sistemare il giardino. Cercò di far notare alla sorella che la madre si sarebbe accorta, trovando le aiuole in ordine, che Demelza era rimasta in casa tutto il tempo e avrebbe rimproverato Elizabeth per la sua bugia. La maggiore delle due fanciulle, però, non si scoraggiò ed insistette così tanto che Demelza alla fine la lasciò andare, promettendo di mantenere il segreto.
Una volta arrivata sulla spiaggia in sella al suo cavallo, Elizabeth vide il Lucifero ormeggiato al largo e cominciò a percorrere la riva, sperando di essere notata da chi era a bordo. Dopo aver fatto numerosi giri in tondo, di tanto in tanto lanciando sguardi speranzosi verso il battello, notò una scialuppa che si dirigeva verso la riva. Era Ross che remava a larghe bracciate. Appena fu abbastanza vicino alla ragazza, le rivolse un ampio sorriso.
“Elizabeth! Non avete perso tempo a tornare a trovarmi!” – le disse sornione.
Concordarono di legare il cavallo della fanciulla ad un tronco d’albero poco distante per potersi dedicare comodamente alla loro traversata per mare. Ross aiutò Elizabeth a salire sulla scialuppa e remò fino a raggiungere una caletta poco distante, nascosta tra gli scogli e visibile solo da mare, in quanto priva di collegamenti con la terraferma. Si trattava, infatti, di una stretta lingua di terra incastonata tra due alti costoni rocciosi. La spiaggia era talmente ristretta che vi era appena lo spazio per tirare in secca la barca senza che le onde la raggiungessero.
“Che cosa preferite, Elizabeth? Fare il bagno, oppure esplorare la grotta?”, ed indicò uno spazio oscuro che si apriva tra i due costoni.
Elizabeth sbottò, scandalizzata, che non poteva fare il bagno vestita e che non era neppure la stagione più adatta per farlo. Ross rise. “E’ ovvio che il bagno non si fa con i vestiti. Immagino che abbiate un corsetto, sotto l’abito, e dell’abbigliamento intimo. C’è poi anche chi preferisce fare il bagno completamente nudo. Sarebbe una bella idea, visto che non c’è anima viva qui, a parte noi due!”.
“Siete uno screanzato! – sbottò Elizabeth, imbarazzata e risentita. Quell’uomo aveva il potere di metterla a disagio come non era stata mai in vita sua – come osate propormi qualcosa di così indecente?”
Ross rispose che stava solo scherzando e che, affinchè la ragazza non dubitasse delle sue buone intenzioni, sarebbero rimasti sulla sabbia ad osservare la placida distesa del mare e scambiare due chiacchiere. Elizabeth acconsentì. Ross le chiese qualche notizia di sé: dove viveva, se aveva parenti, se era sposata. Elizabeth gli rispose che viveva in una tenuta chiamata Cusgarne, ereditata dal suo trisavolo, conte di Chynoweth, con sua madre e sua sorella; gli raccontò della recente morte del padre e delle ristrettezze economiche in cui erano costrette a vivere. L’unica speranza per risollevarsi dalla miseria poteva essere un buon matrimonio, ma la ragazza aggiunse che non credeva avrebbe trovato un pretendente tanto presto, visto che la madre non aveva una dote da darle.
“Le vostre usanze sono molto bizzarre – commentò Ross – nel vostro ambiente una donna, per potersi sposare, deve pagare; io invece, pur di avere una donna come voi al mio fianco, sarei disposto a dare via tutto quello che ho….”
Elizabeth incassò il complimento facendo vibrare in maniera prolungata e vezzosa le lunghe ciglia. “Parlate come se apparteneste ad un altro mondo, ad una società con regole diverse dalle nostre: da dove venite, Ross?”
Fu subito chiaro, durante la conversazione, che Ross non amava tanto parlare di se stesso. Raccontò che era nato in Cornovaglia, ma sua madre era morta poco dopo averlo dato alla luce ed anche suo padre era morto quando lui era molto piccolo; che aveva ricevuto cure ed istruzione grazie alla generosità di un vecchio amico di suo padre; che da bambino era vissuto per lo più tra il Devon e la città di Londra, ma all’età di 17 anni si era arruolato per combattere con le truppe inglesi in America. L’esperienza della guerra era stata quella che più lo aveva segnato, non solo fisicamente, ma anche nello spirito. Uno spreco di tempo, soldi e vite umane, questo era la guerra. La gestione oculata delle paghe ottenute nel periodo bellico gli aveva consentito di acquistare il Lucifero, come le già aveva spiegato il giorno prima; con esso aveva viaggiato molto, soprattutto in Francia del Nord, ma si era spinto anche più lontano, verso i Paesi Bassi. Parlarono un po’ dei suoi viaggi, dei posti che aveva visitato e del fatto che le donne più belle al mondo erano le italiane. “Non sono belle quanto voi, però!” aveva aggiunto Ross, al che Elizabeth aveva commentato che raramente aveva conosciuto uomini sbruffoni come lui. Ross rispose che aveva il difetto di dire sempre ciò che pensava, per questo non sopportava le ipocrisie della cosiddetta gente perbene, che nascondeva i propri peccati o i propri pensieri impuri dietro una maschera di rispettabilità, spesso ottenuta grazie al denaro, neppure conquistata onestamente. Aveva avuto brutte esperienze nella vita con tale classe di persone, e per questo era sempre guardingo e cauto negli affari, nonostante ciò gli avesse procurato una cattiva nomea di uomo scontroso ed intransigente.
Proseguì dicendo che era sciocco negare che Elizabeth gli piacesse, e molto; nei suoi confronti si era mostrato con sincerità per quello che era, senza finzioni: spettava a lei, ora, decidere se tenersene alla larga oppure considerarlo “un amico, e fedele servitore”, parole che Ross accompagnò con un perfetto baciamano.
Elizabeth non riusciva a celare la sua attrazione per quella sorta di pirata gentiluomo. Al tempo stesso, era consapevole che quell’uomo non poteva offrirle nulla: non poteva accompagnarla in società, meno che mai avrebbe potuto garantirle un fidanzamento o delle nozze prestigiose. Era combattuta fra il desiderio di scoprire di più di lui ed il timore che, una volta spintasi troppo in confidenza, sarebbe stato difficile tornare indietro. Per il momento decise di sfruttare al massimo il piacere della sua compagnia e gli propose, prima di rientrare a terra, di esplorare la famosa grotta. Si trattava di uno spazio non eccessivamente profondo – quanto meno la parte illuminata dalla luce esterna – al centro del quale il gioco delle maree aveva creato una pozza d’acqua. Ross spiegò che secondo una leggenda raccontatagli da gente del luogo quell’acqua, un tempo più estesa e più profonda, era stata benedetta da san Sawle e per questo motivo la grotta veniva considerata una specie di pozzo dei desideri.
“Avete un desiderio che volete si avveri, Elizabeth? Pensateci, chiudete gli occhi e non pronunciatelo a voce alta. Io farò lo stesso”.
Elizabeth disse che si trattava di sciocche superstizioni e dubitava che quell’acqua avesse il potere di tramutare i desideri in realtà.
“Perché siete così scettica? Io, invece, credo che il mio desiderio abbia buone probabilità di avverarsi presto…” – aggiunse l’uomo.
Si rimisero in barca e ritornarono nel punto in cui avevano lasciato il cavallo. Dovevano essere trascorse non più di due ore. Ross si scusò per non potersi trattenere oltre, ma strappò ad Elizabeth la promessa di tornare l’indomani e pranzare insieme sul Lucifero. La sua ciurma l’avrebbe allontanata con una scusa, sarebbero stati da soli. Era l’ultima occasione per vedersi, poiché il giorno ancora seguente Ross e i suoi sarebbero partiti per la Francia e sarebbero tornati dopo una settimana.
Nell’accingersi ad aiutare Elizabeth a montare a cavallo Ross, che stava alle sue spalle, la prese per la vita, facendola sobbalzare per quel gesto ardito. Si voltò verso di lui, e fu in quel momento che il giovane, tenendola sempre con le mani per la vita, la avvicinò a sé e piegò il suo viso verso quello della ragazza, sfiorando le sue labbra in un bacio che da tenero divenne sempre più esigente….
Elizabeth non aveva mai baciato un ragazzo. Aveva flirtato con parecchi suoi coetanei, ma non aveva mai concesso loro troppo. Qualche bacio sulla guancia, al massimo; qualcuno era stato abbastanza audace da sfiorarle il lobo dell’orecchio o il collo con le labbra. Solo una volta il giovane Warleggan, il figlio del più ricco banchiere del contado, le aveva strappato un bacio sulle labbra, anzi una serie di baci, che le avevano dato l’impressione che lui volesse sbocconcellarla come se si trattasse di un tozzo di pane! Non ne conservava, insomma, un ricordo piacevole. Il bacio di Ross era qualcosa di completamente diverso: era intenso, ammaliante, talmente piacevole che Elizabeth da principio vi aveva corrisposto… poi tornò in sé, rammentando che non era un comportamento appropriato per una ragazza della sua classe. “Ross, vi prego, smettetela… - esclamò turbata -  non è proprio il caso…”
Ross si scusò, ma a modo suo, ribadendo che lui agiva sempre d’istinto e faceva sempre ciò che voleva; in più aveva avuto ragione, poco prima, a dire che il suo desiderio si sarebbe avverato presto. A quel punto, non poté che strappare un sorriso ad Elizabeth, che lo definì “incorreggibile”.
Fu così che la tensione fra di loro si stemperò, e si salutarono da vecchi amici, dandosi appuntamento all’indomani.
Elizabeth riuscì ad eludere ancora una volta i controlli della madre e di Demelza, adducendo, questa volta, il pretesto di dover andare a pranzo dai Teague; si sarebbe incaricata successivamente di mettere sull’avviso l’amica Ruth e non farsi smascherare. Il gusto del proibito che aveva tutta quella faccenda, il mare, il sole, il fascino di quel ragazzo bruno che l’aveva scombussolata quanto mai nessuno prima di allora, era tutto così eccitante che valeva la pena rischiare la ramanzina della madre, oppure dover inventare qualche altra bugia con quella bacchettona di Demelza, che certamente non avrebbe approvato il comportamento della sorella.
Per pranzo Ross aveva fatto preparare, nella modesta cucina del Lucifero, del pesce arrosto e un’insalata di patate lesse; cibo semplice, da gente di mare, si giustificò lui, che sembrava  rimarcare che su quella barca non si servivano i cibi raffinati cui doveva essere abituata la contessina.
Elizabeth smentì quel pregiudizio, affermando che dopo la morte del padre in casa loro era rimasta a lavorare solo una cameriera, Ginny, che si adattava anche a cucinare, con l’aiuto della sorella Demelza. Elizabeth non ritenne opportuno spiegare che si trattava di una sorella adottiva, perché era certa che il capitano avrebbe trovato da ridire sul trattamento riservato all’orfana accolta in famiglia, inferiore a lei per nascita. Preferì lasciare ad intendere che la sorella minore svolgesse di buon grado le mansioni domestiche, anzi che la madre avesse educato entrambe le figlie allo stesso modo, e che lei stessa era una brava donna di casa.
Ross intuì che doveva trattarsi di una piccola bugia, infatti ironizzò sul fatto che gli avrebbe fatto comodo una massaia a bordo, soprattutto per lavare le stoviglie o il bucato della ciurma, e che un giorno o l’altro avrebbe potuto mettere alla prova le qualità di Elizabeth!
Già prima del pranzo i due giovani erano passati a darsi del tu. Dopo essersi baciati sarebbe stato stupido il contrario; era però un patto implicito, perché nessuno dei due sembrava voler fare cenno a quanto accaduto il giorno precedente. Chiacchierarono amabilmente, per lo più rievocando buffi episodi riguardanti la ciurma, cosicché a fine giornata Elizabeth era in grado di inquadrare perfettamente ciascuno dei membri dell’equipaggio come se li conoscesse di persona: il vecchio Tholly, i due fratelli Paul e Mark, ex minatori, il piccolo mozzo Peter, riscattato dalla miseria nel porto di Plymouth e da allora vissuto sempre al fianco del capitano. Risero e brindarono con qualche bicchiere di porto, anche se Elizabeth aveva precisato di non essere troppo abituata a bere. Quel pizzico di alcol in corpo e le risate avevano reso le sue gote ancora più rosee ed i suoi occhi lucidi e brillanti come perle. Era bella ed era felice, Elizabeth, in quel momento si sentiva viva come non mai.
Ross le fece esplorare ogni angolo della nave: il ponte di coperta, la prua, la poppa, la stiva, in cui già erano ammassate numerose casse di legno per il viaggio dell’indomani. Giunsero infine dinanzi alle varie cabine dell’equipaggio, e Ross le mostrò la sua. Si trattava di una stanza estremamente semplice, con un tavolaccio di legno ricoperto di carte nautiche, una boccetta d’inchiostro con calamaio, un libro con rilegatura spessa (che doveva essere il giornale di bordo, pensò Elizabeth) ed un cannocchiale.  Accanto v’era una sedia sulla quale erano stati gettati in maniera disordinata un gilet ed un pantalone; in un angolo, una brocca smaltata con un bacile e del sapone. Due oblò davano luce all’ambiente, e proprio davanti agli oblò una misera cuccetta con un cuscino basso, ricoperta soltanto da un lenzuolo di tela grezza, di colore chiaro.
“Quindi ogni notte, prima di addormentarti, guardi il mare” – disse Elizabeth.
“Sì, ma non è romantico come può sembrare. Il più delle volte sono talmente stanco che crollo a letto vestito. Come puoi notare, non c’è molto spazio, il mio giaciglio non è particolarmente comodo!
Elizabeth gli diede una risposta distratta, dicendo sostanzialmente che concordava con lui, doveva essere difficile prendere sonno su un letto così duro e scomodo.
In realtà, non riusciva a smettere di pensare che su quella stoffa ruvida, di infimo valore, Ross stendeva il proprio corpo nudo; le sembrava quasi di percepire nell’aria l’odore di quella pelle maschile, l’odore del sale misto a sudore al termine di ogni giornata di lavoro per mare; ripensò al bacio del giorno precedente ed immaginò di essere lei stessa in quella stanza con Ross a torso nudo, con la luce della luna che penetrava dai due oblò ed illuminava debolmente la stanza, e lui che la stringeva a sé con passione….
La forza di quelle immagini, che sembravano vive e reali davanti ai suoi occhi, costrinse Elizabeth a sedersi sul letto. Cosa le stava accadendo? Come poteva fare quel genere di pensieri con riguardo ad un uomo appena conosciuto?
Ross le domandò se stesse bene, lei disse che aveva avuto un leggero capogiro e chiese un bicchier d’acqua. Mentre lui andava a prenderglielo, cercò di calmare i battiti del suo cuore. Ripensò alla sua solitudine, all’ansia di vivere, di essere amata, tutte cose di cui non riusciva a godere appieno nel suo mondo di tutti i giorni. Nelle rare occasioni in cui partecipava a qualche festa, c’erano, sì, dei ragazzi che la corteggiavano, ma con loro intratteneva conversazioni banali e non aveva mai incontrato qualcuno che le piacesse davvero. Tutti così educati, vuoti, imbalsamati… Ross era diverso da chiunque altro, conduceva una vita libera e selvaggia, e sentiva che non l’avrebbe giudicata come una ragazza di facili costumi se l’avesse baciato di nuovo. Ross viveva secondo regole proprie ed apprezzava chi, come lui, aveva il coraggio di ribellarsi alle convenzioni. Elizabeth immaginò, con orrore, di dover baciare un uomo come sir Bodrugan, di dover andare a letto con lui… se questa era la sua unica prospettiva, tanto valeva divertirsi con un uomo giovane e bello…
In quel momento rientrò Ross. Elizabeth bevve l’acqua a piccoli sorsi e disse che si sentiva già meglio. Ross si sedette sul letto di fianco a lei.
“Sei sicura di sentirti bene? Vuoi che ti riaccompagni a casa?” – le chiese premuroso.
“No, no, davvero, sto bene, grazie” – rispose la ragazza.
“Elizabeth – disse Ross prendendole le mani – prima che termini questa giornata vorrei chiederti una cosa. In questi giorni siamo stati bene insieme, ci siamo mostrati per quelli che siamo l’uno all’altra, senza finzioni. So che tu sei una contessa ed io sono solo un marinaio di modesta condizione, senza famiglia, senza un cognome altisonante da offrire. Ma se, per assurdo, io diventassi abbastanza ricco da potermi permettere una vita come quella che tu desideri, con una bella casa, abiti, gioielli, accetteresti di sposarmi?”
Elizabeth balbettò: “Io…”
Ross la sollevò dall’imbarazzo. Disse che comprendeva che quella domanda poteva averla lasciata interdetta; lui stesso non riusciva a spiegarsi come fosse possibile che quella donna gli fosse entrata nel cuore come una freccia, all’improvviso, così in profondità; e dire che di donne, lui, ne aveva avute tante! Eppure era quello che sentiva, ed aveva bisogno di sapere se Elizabeth provava i suoi stessi sentimenti. Come le aveva già spiegato, che non avesse dote non gli importava nulla. Elizabeth, dal canto suo, pensò che sua madre si sarebbe ripresa dal colpo di vederla andare sposa ad un marinaio dalla dubbia fama, se questi fosse stato davvero ricco e disposto ad accettarla anche in mancanza di dote. Dubitava che Ross potesse divenire ricco da un giorno all’altro, a meno di non commettere un furto; però in fondo, cosa le costava rispondere di sì?
“Se quello che tu dici si realizzasse davvero … se riuscissi a guadagnare tanto denaro da mantenerci, senza che tu debba più viaggiare per mare, se mi garantissi tutto ciò che mi hai appena promesso, perché non dovrei sposarti?” – rispose lei, raggiante.
Ross le prese il viso e la baciò, stringendola a sé.
“Aspetta! – le disse ad un tratto. Rovistò in un cassetto e ne trasse un cerchietto di metallo molto semplice.
“Posso considerarti la mia fidanzata, in attesa di regalarti un anello vero, come Dio comanda?” – disse, infilandole all’anulare sinistro il disadorno monile.  
Elizabeth sorrise, e gli gettò le braccia al collo. Fu lei a ricercare le sue labbra per prima, ma lasciò che fosse lui a guidare il bacio nella maniera sensuale di cui era capace.
Seduti vicini su quello scomodo lettuccio, i baci si susseguirono uno dopo l’altro senza più freni. L’euforia di quel momento rese Ross sempre più audace ed Elizabeth sempre più malleabile cera fra le sue mani.
Ben presto, le maniche del vestito che Elizabeth indossava calarono, lasciando scoperte le spalle, esposte ai baci di Ross. Il vestito stesso, su quella stretta tavola di legno che costituiva il letto, divenne d’ingombro. Ross si sfilò la camicia ed allentò i lacci del corpetto della ragazza, da cui, a causa del respiro affannoso, debordarono due seni candidi. Ross li afferrò con decisione tra le mani, mentre Elizabeth, in preda a sensazioni sconosciute, incarcò d’istinto la schiena, lasciando che Ross affondasse la testa sul suo petto.
Distesi l’uno sull’altra, con la passione che diveniva più prepotente ad ogni bacio e ad ogni carezza, Elizabeth dimenticò completamente chi fosse e persino come si chiamava. Quando ritrovò la lucidità, era completamente nuda sotto il lenzuolo, distesa di fianco ad un Ross altrettanto discinto, che le accarezzava dolcemente un fianco, muovendosi sensualmente in direzione del suo punto più intimo che aveva appena violato.
“Adesso sei mia davvero – le sussurrò all’orecchio – spero che non te ne sia pentita… sta’ tranquilla, non sono così incosciente, sono stato attento, non rischi di ritrovarti con un piccolo me fra i piedi!”, poi aggiunse: “Parlo sul serio, Elizabeth, non avrei mai voluto mancarti di rispetto, ma sei meravigliosa, ed averti qui così vicina, sfiorare la tua pelle morbida.. io… non potevo resistere!”
Elizabeth lo tranquillizzò: tutto ciò che era accaduto in quella stanza, lo aveva voluto anche lei. Inoltre, non era stato come concedersi a chiunque, visto che lui le aveva proposto di sposarla!
“Ross, dimmi una cosa: come pensi di mantenere la promessa che mi hai fatto? Come pensi di diventare ricco in così breve tempo?”
Ross sospirò. “Ieri ti ho detto una piccola bugia. Il nostro viaggio per la Francia… non sarà per pochi giorni. C’è una persona, di cui non posso farti il nome, con cui ho deciso di collaborare. Devo effettuare numerose consegne per conto suo; se andranno a buon fine, mi darà molto denaro e mi affiderà altri incarichi; secondo i miei calcoli, basteranno pochi mesi per diventare ricco sfondato. È un’attività, però, non priva di rischi, dobbiamo essere prudenti…”
“Contrabbando” – fece lei, e Ross annuì.
“Quanto tempo starai via?” – domandò Elizabeth.
Ross non ebbe il coraggio di fissarla negli occhi. “Almeno due mesi” – mormorò, rivolto al mare.
Elizabeth emise un gemito disperato.
Ross rispose che non importava che non si vedessero un mese, o due, o anche tre: lei ormai gli apparteneva, ed aveva promesso di sposarlo!  
“Giuramelo, Elizabeth: giura che mi aspetterai, qualunque cosa accada!”
“Te lo giuro, Ross!” – rispose la ragazza, gettandogli le braccia al collo, con l’unico desiderio di essere amata ancora, fino all’ultimo respiro, fino all’ultimo istante che quel giorno concedeva loro.

 
  
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