Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: MollyTheMole    21/08/2023    0 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Perché capitano molte avversità agli uomini buoni?” 

Nessun male può capitare all’uomo buono: non si mescolano i contrari. 

Come tanti fiumi, tanti rovesci di pioggia dal cielo, tanta abbondanza di fonti minerali non alterano il sapore del mare, e neppure lo mitigano, allo stesso modo l’assalto delle avversità non smuove il cuore dell’uomo forte: rimane com’era e ogni avvenimento lo assimila a sé, perché è più potente di tutte le cose esterne. 

Non dico che non le sente, ma le vince, e, normalmente pacifico e tranquillo, insorge contro ciò che lo assale.

 

Seneca, De Providentia. 

 

 

 

 

EPILOGO

 

Serva me, servabo te.

Salvami, ed io ti salverò.

(Gaio Petronio Arbitro)

 

Piccole gocce di pioggia si schiantavano irrefrenabili sul vetro appannato. 

Il treno fischiava nel vento freddo delle Highlands, diretto di nuovo verso Londra. 

Danielle fissava assonnata le goccioline intrecciare righe acquose sul finestrino. Il rumore della locomotiva e il dondolare della vettura sulle rotaie le conciliavano il sonno. Viaggiare in generale la invitava a dormire. Aveva preso soltanto una volta il traghetto sulla Manica, diretta a Calais, per andare in vacanza in Svizzera tra le verdeggianti montagne che i suoi genitori avevano conosciuto da piccoli. Non aveva sofferto il mal di mare, se non durante una brutta tempesta. Sua madre aveva passato tutto il viaggio chiusa in cabina. Lei, invece, aveva creato un sacco di problemi, non perché si sentisse male, bensì perché aveva avuto la splendida idea di prendere un po’ d’aria per far passare la nausea e si era addormentata sul ponte, e nessuno era più riuscito a trovarla.

Quel giorno aveva fatto impazzire suo padre e mezzo equipaggio.

Danielle era fermamente convinta che, se un giorno si fosse trovata a salire su un aereo, sarebbe stata capace di addormentarsi pure lì, seduta sul sedile. 

La sua compagnia non sembrava meno assonnata di lei. Forse complice la giornata uggiosa e l’aria stantia del vagone, il capitano Collins sedeva malinconico con la testa poggiata contro il finestrino, l’aria di uno che stava trattenendo a stento uno sbadiglio da fin troppo tempo.

Erano state le due settimane più intense della sua vita. Il buon capitano era abituato allo stress. In fondo, le sue mansioni e il suo lavoro contemplavano quel genere di stato d’animo. L’aveva accettato, ormai da diverso tempo, che per lui non sarebbero mai esistite giornate del tutto tranquille. 

Non si era aspettato, però, di trovarsi a dover risolvere un così tragico caso di omicidio, e men che meno di doverlo fare al fianco di Danielle.

Se avesse potuto dare un penny per i pensieri della donna accigliata di fronte a lui, era certo che avrebbe indovinato. 

Quanto si era arrabbiata.

Non era stata colpa sua, però. Danielle aveva dato delle chiare disposizioni agli agenti sopraggiunti da Cairndow. 

Perquisizione personale sulla signora espletata dalla sottoscritta.

Trovare la stricnina rimanente mediante perquisizione della stanza e sequestro dei beni personali.

La signora sarà trattenuta fino a che non avrete raccolto tutte le informazioni necessarie, dopodiché verrà portata via per essere chiusa in cella a Cairndow in attesa del provvedimento dell’autorità giudiziaria. 

E’ fondamentale che la teniate d’occhio in ogni momento. E’ un pericolo per sé stessa.

Il capitano aveva sempre sospettato che, tutto sommato, Danielle provasse un debole per Eveline Northwood. Il lato più razionale di lei, quello devoto alla legge, pretendeva di trattarla come ogni altro criminale. La signora si era resa colpevole di essersi fatta giustizia da sé e questo era inaccettabile. Era anche vero, però, che la sequela di reati di cui si era macchiato il marito era davvero ripugnante.

Infatti, durante la spontanea confessione della signora, rilasciata di fronte alla polizia nella sua stanza d’albergo, era emerso di tutto. Violenza, percosse, abuso di alcol, gioco e chi più ne ha più ne metta.

Eveline aveva sopportato per una vita.

William intuiva che Danielle le era solidale. La parte più privata di lei si riconosceva in Eveline. Comprendeva che cosa significasse chiedere aiuto ed essere ignorate. Sapeva che cosa voleva dire quando il sistema non proteggeva chi avrebbe dovuto. 

Chissà quante ne aveva viste, nella sua carriera.

Aveva anche avuto la sensazione, però, che la giovane donna provasse qualcos’altro. Sentiva che Danielle rispettava Eveline anche sotto un altro profilo, che aveva individuato facilmente nella malattia.

Melanconia, l’aveva chiamata Webber.

Chissà se, dopo l’arresto, gli permetteranno di continuare ad esercitare la professione medica.

Le due donne avevano sofferto della stessa cosa per due motivi diversi. Danielle era riuscita a trovare uno scopo per vivere, Eveline no. Perdere la figlia le aveva tolto l’unica ragione di vita.

In un certo senso, Danielle ed Eveline erano due facce della stessa medaglia, l’una il rovescio dell’altra.

Danielle era rimasta fedele a sé stessa nonostante tutto, forte abbastanza da non confondere il bene e il male. 

Eveline si era spenta come una candela senza ossigeno.

Quando avevano ricevuto la terribile telefonata, Danielle era diventata una bestia. 

Non che cambiasse molto le cose. Sotto un certo profilo, lasciarle la possibilità di togliersi la vita dignitosamente piuttosto che finire sulla forca era stato quasi un atto di pietà. 

Pena di morte a cui - era il caso di sottolinearlo - Danielle era fermamente contraria. 

William l’aveva ammirata moltissimo, perché aveva intuito che Danielle aveva voluto salvare Eveline. Non la pena di morte, né il consiglio del suicidio. Nonostante la sua indubbia colpevolezza e la spregiudicatezza con cui aveva messo in atto il suo piano, coinvolgendo anche persone che non c’entravano niente con Gordon Van Allen, il Fornaio, Johanna e tutti gli altri, Danielle provava pietà per la follia della donna ed era convinta che Eveline Northwood dovesse essere salvata.

Non avevano impiegato molto tempo a risolvere il caso. Erano rimasti loro una dozzina di giorni da trascorrere insieme, per conoscersi meglio, e il capitano aveva scoperto esattamente quello che sospettava. 

- La signora è stata chiara. Aveva chiesto aiuto, ma nessuno l’ha ascoltata. Quell’idiota di Baldwin West - scusa il francese - le ha addirittura consigliato di chiudersi in manicomio. A quanti altri Scotland Yard non presta orecchio? Noi rappresentiamo - cioè, io rappresentavo, adesso lo fanno altri… oh, insomma, hai capito - il sistema, quello che servi, quello a cui paghi le tasse, quello che ti permette di essere libero, ciò in cui credi. Se ciò in cui credi ti abbandona, allora fallisce. Con Eveline Northwood è il sistema ad aver fallito. Sostanzialmente le è stato detto questo: sei una donna, tuo marito è un mostro, sono affari tuoi, la cosa non ci riguarda. Tua figlia è morta ammazzata, ma un medico - che bada bene, è rigorosamente uomo - dice il contrario, poco importa se è tuo cognato e tuo marito è un mostro, il problema è tuo, noi ci facciamo i fatti nostri. Non ti sta bene? Fai come vuoi, il cappio è lì, attaccatici pure. Oppure ti ci attacco io. Dipende da come ti comporti. Ciò non la rende meno colpevole, beninteso. Eveline Northwood ha sbagliato sotto tutti i punti di vista. Ha ammazzato il marito, ci ha sparato addosso, ha quasi avvelenato Mercedes, che grazie al cielo è giovane ed ha una fibra clamorosamente forte. Insomma, ha perso completamente la testa. Eveline è colpevole, eppure non riesco a non vedere che in tutto questo è stata anche una vittima.-

E tra un bofonchio e l’altro, aveva concluso:

- Il nostro modo di vedere i rapporti familiari è profondamente sbagliato. Ipocrita, oserei dire. Questo sistema non mi rappresenta. Ho provato a cambiarlo. Se questo è il risultato, vuol dire che ho fallito miseramente. La morte di Eveline Northwood è una sconfitta per tutti, un fallimento per il sistema e soprattutto un fallimento per me.-

Oh, quanto l’ammirava.

Anche in quel momento, in cui stava per addormentarsi con la testa reclinata verso il finestrino, William non poteva fare altro che pensare che quei quindici giorni erano stati davvero intensi. Non soltanto aveva risolto un caso di omicidio che lo aveva riportato indietro nel tempo e che lo aveva costretto a porsi mille domande e scrupoli morali, ma aveva anche incontrato persone a loro modo straordinarie. 

Soprattutto una.

- Un penny per i tuoi pensieri.-

Danielle sollevò un sopracciglio e parve un tantino più sveglia.

- Regnet es Immen in London.- 

Fissò William mentre sospirava, sconfitto, e le venne da ridere.

- A Londra piove sempre. Lo dice il dottor Dietrich, e non posso dargli torto. Non che fuori da Londra sia meglio. Dove pensi che siamo?-

- Non saprei. Con questo tempaccio non si leggono nemmeno i cartelli delle stazioni.-

- Fortunatamente il clima ha retto per tutta la durata del nostro soggiorno. Un altro temporale come quello che ci ha isolati ad O’Brennon Hall non l’avrei sopportato.-

William sogghignò.

- Ci ha permesso di fare delle gran belle passeggiate.-

- Quando non sono piovute disgrazie, sì. Mi sono divertita. Non credevo che l’avrei detto, sia per come stavo quando sono partita, sia per come è cominciato il soggiorno, ma devo dire che è stata una bella esperienza.- 

- Condivido. Adesso me lo dici?-

- Che cosa?-

- Ciò che ti passa davvero per la testa. E’ per Eveline, vero?-

Danielle si fissò la fibbia delle scarpe.

- Non è stata colpa tua. Sei stata molto chiara con gli agenti della polizia di Cairndow.- 

- Forse non mi hanno ascoltato.-

- E’ un loro problema se preferiscono ascoltare un Baldwin West qualunque soltanto perché porta i pantaloni. Tu sei stata chiara. E poi, sei sicura che saresti riuscita a salvare Eveline?-

- No, e la cosa mi fa ancora più rabbia.-

William cercò di buttarla sul ridere.

- Dovrebbero farti ministro.-

- Non tentarmi. Potrebbe essere il mio prossimo record. Prima donna ministro. Sai che direbbero i giornali?-

- Ti vedrei bene. Il più grande traguardo politico dopo il voto alle donne del Ventotto.-

- Non lo farò. Almeno, non volontariamente. Voglio riprendermi la mia vita. Non voglio rinunciare a quello che sono solo perché gli altri mi vogliono diversa, di una perfezione quasi irraggiungibile. Mi ci mancherebbe anche la politica!-

Avevano parlato molto di simili argomenti, durante il loro soggiorno in Scozia. 

Di tutti i pregiudizi e le stupidaggini in cui era immersa la società moderna. 

Per la prima volta in vita sua, William si era sentito compreso, non per ciò che era - un nobile, lo scapolo d’oro, il capitano misterioso, un uomo, un potenziale capofamiglia - ma per chi era. 

Gli era parso di capire che Danielle provasse lo stesso.

In cuor suo, era ciò che sperava di più. 

- Hai parlato con Mercedes, alla fine?-

Danielle aveva abilmente cercato di sviare il discorso e c’era riuscita. Se, tuttavia, aveva sperato di condurre la conversazione su temi più allegri, aveva ahimè sbagliato di grosso.

- Sì. E’ stata una conversazione illuminante che, purtroppo, non posso dirti.-

- Ti ha detto chi ha eliminato Federico Garcia Lorca?-

William fece un bel sorriso e non le rispose.

- E’ una ragazza molto giovane, ma estremamente intelligente. Alcune ricostruzioni potranno anche sembrare pittoresche, ma credo che nella sostanza abbia indovinato la trama principale di ciò che sta accadendo in Spagna. E ripeto, Danielle, non è una bella cosa.-

- Sarà davvero come hai detto? Peggio dell’ultima volta?-

William non rispose e Danielle lo prese per un sì.

- Che faremo, allora?-

Il capitano si illuse che Danielle stesse parlando del loro futuro assieme, ma si tenne sul vago.

- Quello che siamo sempre stati bravi a fare. Sopravvivere. E, nel mezzo, proveremo a cambiare le cose.- 

La guardò sospirare mentre poggiava di nuovo la testa sul finestrino, quasi a voler cercare contatto con la frescura della pioggia.

- Ora capisco perché molte persone hanno bisogno di credere alle favole. Come tutte quelle frottole sulla cronaca rosa. E vissero per sempre felici e contenti è una realtà che non capita a tutti.-

- Oserei dire a nessuno. Una vita senza problemi sociali ed economici, un rapporto indissolubile ed infrangibile. E’ ciò a cui servono i sogni, no? Creare un illusione di perfezione.-

- Che è irrealizzabile, William. Soprattutto se al governo ci sono Hitler, Mussolini, Franco, Stalin… Quante migliaia di persone non avranno mai un lieto fine?-

- E’ per questo che esistono i sogni. La perfezione è irraggiungibile, ma ci offre un ideale a cui aspirare. Non potremo mai ottenerlo, ma potremo fare tutto ciò che è in nostro potere per creare qualcosa che ci si avvicini. E’ ciò che ci fa andare avanti. Combattere ogni singolo giorno.-

Danielle gli sorrise.

- Il migliore dei mondi possibili.-

- Non ci avevo pensato, ma anche Leibniz può andare.-

I due rimasero in silenzio per un poco ad ascoltare il ticchettare della pioggia.

- Certo che le nostre conversazioni sono sempre molto allegre, eh?-

William si mise a ridere. 

- Cambiamo argomento, allora. Mi è dispiaciuto molto non poter suonare assieme a te.-

- Te l’ho detto, un’arpa era un po’ troppo anche per Steven O’Brennon, soprattutto dopo la grana che gli abbiamo piantato in albergo.-

- Chissà quanta pubblicità negativa.- 

- Gli saremo costati una stagione intera.-

- Però hai una bellissima voce da contralto. Hai cantato Summertime divinamente.-

Guardò Danielle arrossire mentre si fissava ancora la fibbia delle scarpe.

- Non so cantare, ma mi piace Gershwin. Dicono che anche Billie Holiday l’abbia cantata. L’ha sentita il signor Kendall alla radio.-

- Dev’essere meravigliosa. Vedrai che la manderanno in onda anche qua in Inghilterra, uno di questi giorni.- 

Nello scompartimento calò di nuovo il silenzio mentre il treno si avvicinava alla stazione. Un filare di pali metallici emerse dalla nebbia e dalla pioggia, mentre le luci artificiali illuminavano un nugolo di persone infradiciate e scure sulla banchina, pronte per salire.

Il capotreno scese e Danielle percepì distintamente un impropero con un forte accento scozzese mentre la pioggia lo lavava da capo a piedi.

La sosta durò pochi minuti. Poi, il capotreno fischiò. Il sibilo del fischietto si disperse nel rombo della pioggia e del vento. Il treno dondolò un poco e partì di nuovo nella nebbia, nella pioggia e nel vapore. 

Fu a quel punto che il capitano si rese conto che non avrebbe avuto più tempo per scoprire l’ultimo, grande mistero che quella vacanza gli aveva affidato.

Un mistero chiamato Danielle Peters.

- Danielle?-

- Mh?-

Chissà se l’avrebbe mai più rivista.

- Come sono andate davvero le cose?-

La donna non rispose.

Certo, William l’avrebbe rivista molto volentieri.

La sentì sospirare, mentre si accomodava meglio sulla seduta, le mani sotto le cosce per tenerle calde, o forse per proteggersi.

- In verità, parte della storia già la sai. E’ cominciato tutto proprio con il Fornaio, ed è finito come sai. Eric Nicholson è morto, io ho perso tutto, ma ho la sensazione che tu voglia sapere di più. Tu vuoi la verità sul caso Ward, vero?-

William non aveva idea di chi fosse questo Ward, ma decise di lasciarla parlare.

Non avevano più molto tempo, ormai. Il viaggio in treno sarebbe finito, lui avrebbe proseguito per Bristol dopo averla lasciata a Londra, e Danielle Peters sarebbe stata, probabilmente, soltanto uno splendido ricordo.

Forse.

- Un giorno un ausiliare del traffico mi avvicinò per caso a Scotland Yard. Era un ragazzo giovane, appena assunto, che mi disse di aver assistito ad una scena curiosa. Era di turno a Piccadilly, quando aveva visto un’auto parcheggiata in sosta vietata di fronte ad una palazzina ristrutturata di recente. La ricordava perché gli piaceva molto l’ingresso con le vetrate colorate e i fregi liberty sulle scale. Aveva già disposto la multa e stava per metterla sotto il tergicristallo della macchina quando il proprietario dell’auto era uscito dalla palazzina a passo spedito. Sembrava quasi indispettito. Sulle prime, il povero ausiliare aveva creduto che ce l’avesse con lui e si era spaventato. Poi, si era reso conto che, in verità, l’uomo era assorto nei suoi pensieri. Seppe descriverlo bene: era un uomo distinto, ma l’abito che indossava era vecchio e aveva gli orli sciupati. Soprattutto, era grosso come un armadio, scoppiava dentro le cuciture del doppio petto, ed aveva il naso storto ed ammaccato, come se avesse fatto di recente a pugni con qualcuno. Quando si era accorto della sua presenza, aveva cominciato a guardarlo male e l’ausiliare si era sentito in pericolo. L’uomo lo aveva preso a male parole, e per un momento il ragazzo aveva avuto la sensazione che stesse cercando qualcosa dentro la giacca. Poi, fortunatamente, il tizio aveva deciso che non era il caso di attaccare briga e se n’era andato. A quel punto, l’ausiliare si era accorto che l’auto aveva qualcosa di strano: la marmitta non funzionava bene. Scoppiettava e fumava eccessivamente, e il rombo del motore era insolito.

- Qualche tempo prima, si era presentata a Scotland Yard una donna di nome Edna. Era una prostituta, come ce ne sono tante nell’East End. Era venuta a denunciare un cliente perché era stata derubata. In poche parole, la signora, dopo aver svolto il suo mestiere, aveva scoperto di aver lasciato il suo avventore insoddisfatto, e questo, agli occhi di quell’uomo discutibile, era stato sufficiente per riprendersi i propri soldi e anche il resto dell’incasso della settimana a titolo di risarcimento. I miei colleghi la presero in giro. Non sapeva come si chiamasse l’uomo, e per questo motivo la denuncia non ebbe seguito, però aveva saputo identificarlo con il suo nome d’arte. L’Esattore, così lo aveva conosciuto, e sapeva che lavorava per lui, quello che tutti conoscono, ma che nessuno chiama mai per nome. L’uomo aveva una macchina dal motore truccato e dalla marmitta scassata.- 

- Così hai unito i puntini.-

- Partendo dall’Esattore, ho cominciato a ricostruire la piramide, cercando un appiglio che conducesse a Gordon Van Allen in persona. In verità, l’aggancio lo trovai. L’Esattore stesso era uno dei suoi bracci destri, colui che riscuoteva i conti, il suo picchiatore preferito nel giro del racket. Da lui sono partita per cercare tutti gli altri. Mai avrei pensato che la villetta in Piccadilly fosse un luogo d’interesse. Tra gli inquilini, l’unico rilevante era proprio l’impresario edile che l’aveva restaurata, Carl Northwood. Apparentemente, però, si comportava come tutte le famiglie altolocate residenti: collezionava arte, faceva soldi con le gare d’appalto, ed aveva tenuto per sé l’attico della palazzina di Piccadilly, in cui viveva con la moglie e la figlia. Era un imprenditore minore, magari corrotto, sì, faceva certamente parte del giro, ma che fosse il Fornaio? No, ce n’erano altri che avevano catturato la mia attenzione, meno furbi e più spregiudicati di lui. Northwood era un gran furbacchione, anche se nel suo narcisismo tendeva a fare il passo più lungo della gamba. L’alias del Fornaio era noto alle forze dell’ordine. Il mio errore fu credere che fosse qualcun altro, ancora più narcisista di lui. 

- Poi, un giorno, mi piovve in testa il colpo di fortuna del secolo: Ernest Ward ammazzò la moglie.-

William ammiccò.

Alla faccia del colpo di fortuna.

- Dorothy Ward si arrabattava per sbarcare il lunario. Viveva nell’East End assieme al marito, Ernest, un muratore saltuario senza arte né parte, un poco di buono che ne aveva combinate di tutti i colori. Era finito al fresco per spaccio di sostanze stupefacenti un paio di volte. Commerciava prevalentemente in oppio. Era sempre stato un pesce piccolo, uno spacciatore di poco conto. Poi, è sparito dalla circolazione per un po’, fino a che non è stato arrestato per ubriachezza molesta. Affermò di essere uscito dal giro. E’ sparito di nuovo, e l’abbiamo ripescato solo dopo l’omicidio della moglie. Aveva bevuto, si era drogato, Dorothy si era arrabbiata, e quella volta aveva fatto le valigie con tutta l’intenzione di tornare dalla madre. Figli, non ne avevano, e oserei dire per fortuna. Il fatto era che Ernest dipendeva completamente dalla moglie, non sapeva sopravvivere da solo. Guadagnava bene, come avremmo scoperto in seguito, ma alla casa destinava poco o nulla. La maggior parte del ricavato lo sperperava per sé in ambienti discutibili.-

- Bische?-

- Anche. Prevalentemente il pub o il bordello. Dorothy doveva fare tutto da sola, e l’idea di perdere il controllo su di lei ha fatto andare fuori di testa il nostro Ward, che, in preda ai fumi dell’alcol e della droga, ha deciso di ucciderla a colpi di tavolino. O meglio, di una gamba di tavolino.-

- Gesù, che mostro.-

- Poi è andato in crisi. Non sapeva che cosa fare né del corpo, né dell’arma, così ha abbandonato Dorothy a casa ed è uscito per buttare via la sola gamba di tavolino. Lo ha colto un agente di pattuglia che aveva sentito gli schiamazzi, preso con le mani nella marmellata.-

- Immagino il clamore sollevato da un omicidio così barbaro.-

Danielle sorrise come può sorridere un gatto quando fa le fusa.

- Sei stato fuori molto, vero, William? Tra il Trentatré e il Trentaquattro eri già in Spagna, non è così?-

Il capitano annuì.

- Lieta di sapere che il controspionaggio inglese è sempre attivo per proteggere il nostro paese, ma forse ti sei perso diversi passaggi in patria. Omicidi del genere, cruenti, nei quartieri malfamati accadono continuamente. Molte di loro sono donne. A nessuno importa un granché. Erano dei disperati, gente senza arte né parte. Chissà che cosa hanno combinato per fare quella fine. Che vuoi aspettarti? Questo è solo un assaggio di quello che la gente pensa quando a morire è un poveraccio, o qualcuno che conduce una vita discutibile agli occhi della società. Per Dorothy non è stato diverso. No, il clamore non è stato sollevato dalla morte di quella povera donna, ma dalla clamorosa scoperta che abbiamo fatto quando abbiamo perquisito la casa.-

- Ovvero?-

- Nella sua follia omicida, Ernest Ward aveva ripetutamente colpito una parete ed aveva fatto saltare parte del rivestimento, rivelando dei mattoni rossi di laterizio. Nulla di speciale, se non per il fatto che nessuno di essi era fissato con la malta. Nell’intercapedine, una volta rimossi uno per uno, abbiamo trovato la bellezza di un milione e mezzo di sterline in contanti. L’ultima, grande beffa per Dorothy, che aveva sempre dormito vicino ad un vero e proprio tesoro senza saperlo, conducendo una vita di stenti per avere di che comprare il pane.-

William strabuzzò gli occhi.

- Scherzi? Un milione e mezzo?-

- E’ stato lì che ho compreso che Ernest Ward non era mai uscito dal giro, anzi, l’aveva allargato. Il pesce piccolo era diventato un pesce bello grosso, e non puoi sopravvivere a Londra guadagnando quelle cifre se qualcun altro non te lo consente.- 

- Gordon Van Allen.-

Danielle alzò le mani come ad indicare che William aveva fatto centro.

- E dopo, che cosa hai fatto?-

- L’ho fatto rinchiudere in una cella di massima sicurezza. Mi hanno presa in giro, ovviamente. Credevano che fosse una vendetta, da donna a donna. Altro che vendetta. Io volevo i nomi. Ho scoperto che Ward trafficava oppio su larga scala da diverso tempo. Prima di essere arrestato per spaccio l’ultima volta, aveva incontrato un grosso fornitore, si era dimostrato volenteroso ed aveva fissato un appuntamento col capo di quel tale, in un vicolo appena fuori il centro città, nella vecchia periferia operaia. Non ci abita più nessuno, lì, il suo interlocutore non era chiaramente il proprietario, bensì qualcuno che sfruttava la zona ormai deserta per i suoi traffici. Un dedalo di cunicoli ideali per nascondere il boss dei boss. Insomma, dopo quell’incontro, i suoi traffici erano aumentati a dismisura. Aveva acquisito il nome di Giardiniere. Quale altro nome, per un uomo che traffica in oppio, una pianta esotica? Quelle, però, erano spontanee dichiarazioni, dette in circostanze che Scotland Yard non avrebbe mai accettato. Una chiacchierata informale non aveva alcun valore probatorio. Mi avrebbero accusato di avergliele estorte, svuotandole di ogni valore giuridico. Così, ho fatto disporre un interrogatorio formale, d’accordo con Ward: lui avrebbe parlato, noi gli avremmo fornito il massimo della protezione.-

- Scotland Yard era d’accordo?-

- Si trattava di sgominare la più ampia organizzazione criminale sul territorio inglese e un pentito stava collaborando con noi. Potevamo trovare il giusto compromesso, magari evitando la pena di morte. Chissà quante altre informazioni ci avrebbe potuto fornire su Van Allen. Il gioco valeva la candela. In ogni caso, la mia idea non è andata in porto. L’abbiamo trovato morto in cella, avvelenato, con una capsula di cianuro gettata ai piedi. Il direttore dell’istituto lo ha qualificato presto come un suicidio, stabilendo che Ward si era ammazzato per mantenere alto il suo onore di criminale incorrotto piuttosto che collaborare con la giustizia.-

- Ma tu la pensavi diversamente.-

- Un detenuto in cella di massima sicurezza viene privato di tutto. Io stessa avevo fatto in modo di accertarmene. Persino la visita medica non aveva rilevato nulla di interessante. Il cianuro, in carcere, c’era stato portato. Qualcuno gli aveva offerto un caffè avvelenato. Avrebbe anche potuto farla franca, se non avesse lasciato quella capsula per terra. Quello era un simbolo, un avvertimento.-

- Questo è ciò che succede a chi parla.-

- E mai come in quel momento ho avuto la certezza assoluta che Van Allen aveva qualcuno a cui mandare il messaggio all’interno del carcere. Mi sono messa a scartabellare nel casellario giudiziario e sono venuti fuori un paio di nomi. Non erano niente di speciale. Mi è stato d’aiuto un ex minatore, un uomo che era stato arrestato per aver ammazzato un compagno col piccone. Soffriva di una cosa chiamata schizofrenia.-

- E che sarebbe?-

- Una psicosi cronica con dei sintomi molto invadenti e limitanti: allucinazioni uditive, disordine del pensiero e del linguaggio, deliri e paranoie. Il nostro minatore credeva di essere perseguitato da una società segreta volta a fare del male alle persone povere. Alla fine, dopo un colloquio molto faticoso, mi sono spacciata per una persona che lottava contro questo tipo di società segrete, e lui mi ha creduto. Mi ha detto che una volta aveva lavorato in un cantiere a Mayfair assieme a Ward. Ho verificato, era vero. In quel posto veniva sempre un tizio che tutti chiamavano Fornaio, ma non portava mai il pane. Mi sono insospettita, ho fatto delle verifiche ed ho avuto la conferma assoluta che Van Allen si stava impicciando anche in uno dei pochi mercati da cui era rimasto estraneo fino ad allora: quello edile. Come ti ho detto, ho sbagliato completamente ad identificare il Fornaio, ma quella conversazione mi ha dato l’idea per l’assalto finale: la gara d’appalto andata deserta.-

William si grattò i ricci biondi.

- Scotland Yard si è fidata di uno schizo…-

- Schizofrenico? Assolutamente no, le sue dichiarazioni erano completamente inattendibili. Pensa che, dopo quell’indizio, mi ha detto che una voce nella sua testa gli aveva detto di non fidarsi del capo cantiere, perché il fornaio senza pane era solo un modo per torturare loro, poveri muratori che avevano fame e non ricevevano nulla da mangiare. Erano tutti complici della sua condizione, secondo lui.-   

- Una voce nella sua testa.-

- Già. Ho preso la dichiarazione con le molle, e se non avessi scoperto che il cantiere era esistito davvero e, soprattutto, che era crollato in corso d’opera per l’utilizzo di materiali scadenti nelle fondamenta, facendo tre morti tra i dipendenti, avrei gettato tutto alle ortiche ed avrei cercato qualcos’altro. Quello, però, era il tipo di affare che poteva interessare Van Allen, così mi sono messa a cercare. Ho trovato altro a supporto delle mie ipotesi. Il crollo di Mayfair non era stato un caso isolato, e mi sono inventata la gara d’appalto falsa. 

- Per attirare Van Allen in trappola, mi sono creata una buona esca. Ho fatto tallonare l’Esattore, che era tornato a riscuotere da diversi imprenditori edili. Quello è stato il primo indizio. Poi, con l’aiuto dei miei colleghi e la complicità di un funzionario, abbiamo simulato la costruzione di una bella villetta appena fuori Londra, con requisiti talmente stringerti da impedire la partecipazione di molte imprese con risorse minori. Abbiamo ristretto il campo a quelle che fatturavano di più. Alcune erano a posto, altre - soprattutto quelle di medie dimensioni - avevano lavorato in diversi cantieri con problematiche. Sostanzialmente, erano le imprese che Van Allen controllava direttamente. Quella che avrebbe offerto il maggior numero di prestazioni, anche in subappalto, a costi minori sarebbe stata la principale indiziata, e da lì avrei tallonato i movimento dell’impresa fino ad incastrare Van Allen. E’ stato un grande successo, perché la gara è andata addirittura deserta.-

William si mostro platealmente confuso.

- Parallelamente, avevo avviato un’indagine interna. Erano pochi coloro che sapevano della collaborazione di Ward con la giustizia. In particolare, ne erano a conoscenza gli uomini della mia squadra. Così, mi sono convinta che ci fosse qualcuno tra noi che passava le informazioni all’esterno. La finta gara d’appalto era un doppio test: se fosse fallita, avrei raggiunto Van Allen per altre vie, ma avrei scoperto almeno la talpa. Ho dato molta visibilità a quell’operazione, che è giunta alle orecchie di tutti, ed in particolare di uno: James Mill. Un uomo simile a lui era stato visto entrare in carcere, vestito da guardia carceraria. Tu lo conoscevi come…-

- Jeremiah Cole.-

- Esattamente. Gordon Van Allen è in grado di fornire una falsa identità credibile ai suoi collaboratori, talmente perfetta da poter passare inosservato all’interno di un’area controllata come il carcere, uccidere un detenuto e fuggire senza che nessuno se ne accorgesse. Date le circostanze, era estremamente probabile che la sua prossima mossa fosse rivolta contro di me. In fondo, mi aveva fatto fuori un collaboratore, ed io potevo già sapere troppo. Ed in effetti, sapevo già troppo.-

- Che vuoi dire?-

- Che avevo quasi tutti i loro alias. Il Macellaio, il Fornaio, l’Esattore, ce n’erano di altolocati, come l’Avvocato, e di pesci più piccoli, come il Ragioniere. Avevo persino un Lustrascarpe.-

- Si è sentito braccato.-

- Ho fatto di peggio. L’area fuori Londra, la periferia dove si incontrava con i suoi scagnozzi, ben presto gli è diventata inservibile. Ho trovato il retrobottega dove teneva gli incontri. Pensa che aveva fatto ridipingere la porta di un lucentissimo verde mela. L’ ho costretto a restituire la refurtiva rubata a casa dei Mason, ti ricordi, il furto di diamanti? Praticamente ce li ha lanciati in testa lungo l’Embankment. E’ stato costretto a restituirla pur di liberarsi di me, ma la cosa peggiore era che, a differenza di altri di cui sapevo solo l’alias, conoscevo il nome dell’Avvocato. Mi sarebbe bastato tanto così - ed avvicinò il pollice e l’indice per indicare una quantità minuscola - per prenderli tutti. A quel punto, Van Allen si è stufato ed ha deciso di sguinzagliarmi contro l’artiglieria pesante, infiltrando il Ragioniere tra le mie fila. Meglio sacrificare un pedone per difendere il re, piuttosto che permettere all’avversario di dominare la scacchiera, non trovi?-

William era rimasto a bocca aperta.

- Aspetta, tu sapevi chi era l’Avvocato?-

- Non sapevo.- fece Danielle, gli occhi grandi e tristi.- Io so.-

Il capitano trattenne il respiro.

- E…-

Danielle prese a guardare fuori.

- Cook. Rodney Cook.-

William trasecolò.

- Rodney Cook il banchiere?-

- Quello della pubblicità, che durante la guerra, nel Sedici, finanziò a fondo perduto quella fabbrica di proiettili, ricordi?-

- Diamine, ti sei messa contro un pezzo grosso anche a livello statale! Quello ha agganci con tutti, ce l’aveva persino col Primo Ministro!-

- Ci mancherebbe altro, che un pezzo grosso della finanza come lui non intrattenga rapporti con il Primo Ministro! Ma no, Lloyd George non c’entrava assolutamente niente con Van Allen. Sono praticamente certa che non sapesse nulla dei traffici del suo viscido amico.-

William non sapeva che cosa dire.

Adesso, tutti i sospetti che aveva sempre avuto sul caso Danielle Peters erano diventati granitiche certezze.

- Ti hanno fatta fuori.-

- Grazie, questo lo so.-

- No, intendo il questore, come si chiama…-

- Somerset. Sì, ci teneva particolarmente a che io levassi le tende. Dicono che odi le donne, io ci credo.-

- No, come minimo ha ricevuto ordine da qualcuno! Danielle, ti rendi conto in che razza di ginepraio ti sei infilata? Rodney Cook, dannazione!-

- Ricordati, Danielle, più in alto volerai, più male ti farai quando cadrai. La nonna aveva ragione. Ho giocato una partita più grande di me, e nella mia rovina ho trascinato anche il mio Eric.- 

William rimase a guardare Danielle mentre fissava la pioggia battente fuori dal treno, l’aria depressa e triste, persa in pensieri cupi del suo passato. L’aveva costretta a rievocare qualcosa che l’aveva profondamente ferita, ma se non altro, adesso, tutto era venuto alla luce. 

- Sai.- riprese, all’improvviso, la donna.- Le tue informazioni mi sono state molto utili. Su Cole, intendo. Non so che cosa avrei fatto senza. La tua disponibilità, nonostante tu fossi oltremanica, è stata un onore. Ti rispettavo molto, anche se non ti conoscevo. Grazie.-

- Non ho fatto granché.-

- Per averci provato.-

Fu il turno di William di abbassare gli occhi, mentre continuava ad ascoltarla.

- Abbiamo organizzato una sortita. Li avremmo colti in flagranza, Cole e Cook assieme. Sapevamo che si sarebbero incontrati in quella famosa periferia. Avevamo creato le circostanze affinché l’incontro avvenisse. L’ennesimo depistaggio. Era più che probabile, però, che Cook non sarebbe stato solo. Avevo pochi uomini a disposizione, così ne ho chiesti di più. Il questore Somerset ha acconsentito, mi ha detto che si sarebbe assunto la responsabilità di ogni fallimento. Poi, all’ultimo minuto, i rinforzi non c’erano ancora. Somerset mi ha imposto di continuare, anche se io volevo far saltare la missione. Era troppo pericoloso, c’era il rischio concreto che morisse qualcuno. Ancora una volta, mi ha promesso che si sarebbe preso ogni responsabilità.-

- Promesse da marinaio. E sono io a dirlo.-

Danielle sorrise.

- Lo so, ma non avevo altra scelta. Avrei dovuto rassegnare le dimissioni in ogni caso. Mi ha messo con le spalle al muro. West era pronto a prendere il comando e a guidare la sortita, così ho deciso di restare. Almeno i miei ragazzi avrebbero avuto accanto qualcuno con una coscienza. Ci abbiamo provato, ed è stato un disastro.

- Non mi aspettavo una simile potenza di fuoco. E’ stata una vera e propria imboscata. Ci hanno braccato. In molti sono rimasti feriti, me compresa. Cook è scappato. Abbiamo preso Cole, ma è durata poco. Lo hanno suicidato in cella, proprio come Ward. Come ti ho detto, sacrificare un pedone per impedire all’avversario di controllare la scacchiera, ma con me, oh, con me hanno fatto di peggio.-

Nel vagone era calato un silenzio di piombo.

- Io ero certa, William, sono certa che Cole abbia volutamente mirato ad Eric. Ero stesa a terra, sanguinavo, disarmata e sulla linea di tiro, eppure l’ho visto distintamente mentre alzava lo sguardo da me, lo puntava su Eric e faceva fuoco. Uno, due, tre colpi. L’ha ucciso, e l’ha ucciso per colpa mia. Uno dei tanti messaggi di Van Allen: togliti dai piedi, o farò in modo di portarti via tutto ciò che ami, fino a che non mi implorerai di ucciderti.- 

- Somerset dovrebbe vergognarsi.- 

- Ha Eric sulla coscienza tanto quanto me.-

- Ben più di te! Tu hai fatto di tutto per salvargli la vita!-

- E non è servito a nulla. Somerset è ancora dove sta. Io sono qui.-

William sospirò. Danielle lo seguì a ruota.

- Per quello che vale, William, la morte di Eric, probabilmente, era già stata decisa. Lo avevo reso un bersaglio mobile, nonostante tutte le cautele che avevamo intrapreso. Farci scoprire non era nei nostri piani. Chissà come hanno fatto a sapere che ci amavamo. Forse Cole ci ha seguiti.-

- Per quanto tu possa essere attenta, non puoi avere il controllo di tutto. Sono certo che anche Nicholson lo sapeva, sin dal primo momento in cui aveva deciso di frequentare te.-

- Ti sei ricordato il suo cognome.-

- Non dovrei?-

Danielle rimase a fissarlo per un momento, sperando che capisse quanto apprezzava la sua discrezione e la sua attenzione per i dettagli.

Eveline Northwood aveva detto che stimava Danielle perché teneva vivo il ricordo delle persone, anche di quelle che conosceva poco come sua figlia Johanna. 

Sentire pronunciare da William il nome di Eric la faceva sentire esattamente come si doveva essere sentita Eveline.

Rimuoveva il senso di solitudine.

- Sai - continuò, sfilandosi le scarpe ed accovacciandosi meglio sul sedile dello scompartimento - Sono passati due anni da quando l’ho perso. Fino a che non sono partita, mi sembrava che fosse successo ieri. In un certo senso, è successo ieri. Continuavo a crogiolarmi nel dolore, nella solitudine, come se questo fosse l’unico modo per non perderlo. Come se vivere fosse un modo come un altro per mandarlo via. Non lavoravo. Non uscivo di casa. Talvolta era difficile persino alzarmi dal letto. Le attenzioni dei miei genitori, non le sopportavo. L’unica che tolleravo era Ruth, un’amica di vecchia data, che ogni tanto compare sulla soglia, scombussola la mia vita e poi sparisce. Il giorno che l’ho sepolto, gli ho fatto una promessa: non avrei avuto pace fino a che non avessi consegnato Gordon Van Allen alla giustizia. Come potevo? Come potrei? Non sono nessuno, a Scotland Yard ci sono Somerset, che forse è colluso, forse no, di certo mi vuole fuori dai piedi, e Baldwin West, che Dio solo sa che cosa ci stia a fare lì, se non ha voglia di lavorare. La battaglia contro Van Allen è finita, ed io ho perso. Volevo dare giustizia a tutte le Eveline, le Johanna, a tutti gli Eric del mondo. Non ci riuscirò mai.-

William la osservò mentre si appallottolava come un gatto sul sedile, le scarpine con le fibbie d’ottone allineate sul pavimento.

- Sai che non è vero. Hai scovato il Fornaio, nonostante tutto.-

- E’ questo l’incredibile di tutta questa storia. Quante probabilità c’erano che finissi in un albergo con il Fornaio e sua moglie, che mi dovessi trovare a risolvere proprio il suo omicidio, che in quell’occasione ci fossi tu, con cui avevo un bel conto in sospeso?-

La risposta era semplice ed univoca.

- Infinitesimali.-

- Esattamente. Eppure è successo. Pensare che, quando sono partita, nemmeno sapevo perché. Un’ultima possibilità, mi sono detta, ma un’ultima possibilità per cosa? Dare una chance alla vita per fare che cosa?-

- E’ semplice.- fece William, facendo spallucce.- Togliere la ruggine da quel ferro vecchio che era la tua vita.- 

Danielle si mise a ridere.

- Questa è una metafora ricorrente, vero? La lettura filosofica, la stessa che, all’epoca, mi sono data anche io. Forse il nostro amico Leibniz avrebbe apprezzato. No, la risposta è un’altra, e ci sono arrivata dopo giorni di estenuante vacanza.- 

Lo guardò fisso negli occhi color miele, e William ebbe la certezza che Danielle stesse cercando di dirgli qualcosa di importante. 

- Non sopportavo l’idea che nessuno sapesse che esistevo. Non sopportavo l’ipotesi di morire da sola dentro casa, senza che nessuno si accorgesse di me. Non riuscivo a concepire l’idea che nessuno conoscesse l’inquilina di Queen Victoria Street, numero ventiquattro.- 

- Ti ricorderanno tutti per le tue eroiche gesta a Scotland Yard.-

- Io non credo. Il mondo non è ancora pronto ad una donna ispettore capo. Penso che il ricordo di me finirà perduto nelle pieghe della Storia, quella scritta in maiuscolo, ed ho la sensazione che le sue pagine più buie, quelle che oscureranno definitivamente le mie eroiche gesta, come le chiami tu, debbano ancora essere scritte. No, il mio era un bisogno più egoistico. La parte più irrazionale e distruttiva di me voleva che credessi che ero finita, quella più razionale e realista continuava a dirmi che avevo ancora qualcosa da dare. Non mi importava di essere importante per il mondo, almeno non più. Volevo esserlo almeno per me, e magari anche per qualcun altro.-

E William si permise di sognare, di immaginarsi che gli stesse dicendo quelle parole per fargli capire ciò che c’era da capire. 

- Ci sei riuscita?-

- Non saprei. Forse. Non mi ero resa conto di quanto mi mancasse il contatto con l’esterno.-

- E adesso, che cosa farai?-

- Non so. Dovrò trovare un modo di riprendere in mano la mia vita, stavolta definitivamente.-

- Io voto per Baker Street.-

- Vedo che il mio amico Watson ha poche idee limitate, ma tenaci.-

Ci scappò una risata. 

- Oppure Scotland Yard.-

- Sì, a fare la segretaria di Baldwin West. Piuttosto mi butto nel Tamigi.-

Un lampo squarciò l’aria e li fece sobbalzare.

- E tu, che farai adesso? Ti imbarcherai di nuovo?-

William annuì.

- Purtroppo sì, ma tra due settimane. Dopo aver saputo della mia vacanza rovinata, il mio superiore mi ha prolungato il congedo.-

- Albert?-

Il capitano sbatté le palpebre.

- Credo di aver pronunciato il suo nome solo una volta di fronte a te. Te lo sei ricordato? Anzi, no, non ti chiederò come lo sai. Ci rinuncio.-

La pioggia prese a scrosciare più forte. Il treno rallentò la sua corsa.

- Com’è la vita della spia?-

William fece il vago.

- Non la chiamerei proprio la vita della spia. Non sono una spia, sono…-

- Un normalissimo capitano. Lo so. E’ per questo che non ti hanno promosso. Nessuno deve vederti come un pezzo grosso, altrimenti non si fideranno più di te.-

- Grazie per aver appena affondato con disarmante semplicità tutti i miei sogni di gloria.-

Rimasero a guardarsi sorridere per un secondo.

Poi, Danielle poggiò la testa contro il finestrino e prese di nuovo a fissare il grigio della nebbia, densa come zuppa di piselli.

E William pensò che di lei si poteva fidare. In fondo al suo cuore era consapevole che Danielle aveva intuito molto più di quanto avrebbe dovuto ed aveva comunque mantenuto il segreto. Aveva rispettato la sua professione e con ciò aveva salvaguardato il proprio paese, nonostante - e di questo era certo - la sua bruciante curiosità.

Danielle era una donna integerrima, che non avrebbe parlato mai. Ne era sicuro al cento per cento. E poi, lei si era fidata. Gli aveva rivelato gli aspetti più privati della sua vita, il suo dolore, la straordinaria storia che l’aveva coinvolta. Anch’essa del tutto segreta, considerato il coinvolgimento di Rodney Cook.

Diamine, doveva ancora riprendersi da quella scoperta.

Non c’era nulla di male, dunque, nel metterla a parte di alcune cose. Solo di alcune, mica di tutte. 

Sarebbe stato processato per alto tradimento. 

- Io ti devo molto, Danielle.-

La donna alzò un sopracciglio, perplessa, distogliendo per un momento lo sguardo dalla nebbia.

- Non vedo come.-

- Sei stata un’ispirazione per me. La pista dei soldi è stata geniale.-

- Vorrai dire banale. Come pensi che possa mantenersi un’organizzazione come quella di Van Allen senza denaro?-

- Sei troppo dura con te stessa. Nessuno ci aveva mai pensato prima, quindi banale non è. Tu ci hai pensato, così ci ho pensato anche io, quando abbiamo trovato quella cassa piena di propaganda fascista tradotta dall’italiano all’inglese. Qualcuno doveva pur averla pagata, no?-

Questa volta vide una scintilla di interesse attraversare le iridi di Danielle.

- E’ stata la scelta giusta da fare, ma mi ha cambiato la vita. Non so se me l’ha cambiata in meglio, sai? Spero che tu capisca che io non posso dirti più di questo. Se sei arrivata a scoprire che mi trovavo ancorato a Tarragona, sono sicuro che sarai in grado di fare due più due e capire per quale motivo mi sento in colpa, per tante cose.-

Era una sua impressione o c’era molta tristezza e un velo di lacrime negli occhi della donna?

Sì, Danielle aveva capito. Forse non poteva sapere di Jerrold e degli altri, ma aveva intuito ciò che c’era da intuire. 

Anche lei sentiva quella fredda mano nera. E sapeva che c’era, anche nella sua amata Inghilterra.

- E’ una vita strana.- continuò. - Non è di sicuro la vita che avevo scelto per me. Volevo allontanarmi da casa, vedere il mondo. Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio che mi ero sbagliato. Insomma, volevo scoprire cose nuove e sono finito ad affondare navi nello Jutland. Cielo, ancora lo sogno. Sono quasi morto, poteva esserci di peggio? No, o almeno così credevo. Dopo quella battaglia ho viaggiato parecchio, è vero, ma la sorte… Hai ragione, sai, la sorte è davvero strana. Le cose accadono, uno ci si trova dentro senza nemmeno volerlo, e l’unica cosa che può fare è seguire il flusso del tempo, il corso delle cose. Fai del tuo meglio nella situazione in cui sei, qualcuno ti nota e improvvisamente diventi una spia. E perdi tutta la tua autonomia. La mia famiglia non sa davvero chi sono e cosa faccio. Cioè, lo sa mio padre perché gli piace spacciarsi per un pezzo grosso della diplomazia, anche se ormai fa parte della vecchia guardia, ma anche lui conosce soltanto le briciole di quello che faccio, delle informazioni che raccolgo. E’ difficile mantenere l’integrità, ricordarti chi sei. Io ho avuto la fortuna di non perdermi. Sono ancora il ragazzo sognatore che ero quando sono partito, l’avventuriero, l’idealista. Forse è per questo che faccio bene il mio mestiere. Ho ancora degli ideali che non ho sacrificato alla causa di forza maggiore, nonostante il buio che abbiamo all’orizzonte possa costringermici. Tu credi di essere fragile? Tutti noi lo siamo. C’è chi lo accetta, chi no. Chi forse non può. Tu hai saputo trasformare la tua fragilità in una forza. Tu sei più forte di me, Danielle. Ti sei persa e ti sei ritrovata. Io ho il terrore di perdermi in quello che sta arrivando. Perché se dovessi perdermi, non saprei conviverci. Mi capisci, vero?-

Danielle non replicò, la testa poggiata contro il finestrino e l’ombra di un triste sorriso sul volto stanco. William pensò di aver parlato troppo e di averle scaricato del peso inutile sulle spalle. 

Trascorsero attimi di assoluto silenzio in cui William rimase a rimuginare sugli eventi fino a che il suo stomaco non brontolò.

- Ti va uno spuntino? Il vagone ristorante non è lontano.-

Ma William Collins ormai stava parlando da solo. 

Quando Danielle riaprì gli occhi, convinta di averli riposati solamente per qualche minuto, si rese conto di aver dormito per quasi un’ora. Il capitano, anch’esso assopito di fronte a lei, fischiava leggermente con il naso, cullato dal movimento delle rotaie. 

- Accidenti, per me viaggiare è come prendere il laudano.- disse fra sé. 

Poi, concedendosi un momento di leggerezza, rimase a guardarlo dormire, accarezzando con gli occhi i bei lineamenti del viso e i riccioli biondo grano. 

 

Giunsero a Londra a sera inoltrata. 

Il treno rimase fermo alla banchina per permettere il carico e scarico dei bagagli. 

I passeggeri andavano e venivano, le ruote dei carrelli dei facchini fischiavano sul lastricato bagnato. 

William e Danielle erano fermi di fronte al predellino, l’uno in attesa di proseguire il suo viaggio verso Bristol, l’altra incapace di voltargli le spalle e prendere un taxi. 

- Sei arrivata, quindi.- le disse, mentre il vapore del treno e dell’umidità della pioggia li avvolgeva.

- Già.-  rispose Danielle, a corto di parole. 

Il silenzio era quasi imbarazzante.

- Sono sicuro che ci rincontreremo presto, Danielle.- le disse il capitano, cercando di essere di conforto e tendendole la mano per salutarla. - In fondo, se il destino ci ha fatto incrociare, non è detto che non accadrà ancora.-

- Speriamo senza cadaveri.-

- Questa l’ho già sentita!- e William rise di cuore. 

Il capotreno fischiò una prima volta, invitando tutti a risalire sul treno.

- Adesso è davvero ora di andare.- le disse, dondolandosi sui talloni, a disagio. 

- Potrei scriverti.- azzardò Danielle, in un moto d’entusiasmo. - Ma temo che dovrei scrivere direttamente alla Marina ed aspettare che ti consegnino la posta dovunque ti manderanno. Magari sarai a Timbuktu.-

- Riceverei volentieri una tua lettera, nonostante le lungaggini burocratiche. Se vuoi scrivermi, posso fare in modo di creare un canale di comunicazione con te.-

- Non compromette la tua attività di spia internazionale?-

- Così mi fai sembrare una specie di mostro!-

- Anche volendo, sarebbe difficile trasformartici!-

Il capotreno fischiò una seconda volta.

Non avevano più molto tempo, ormai.

William si fece coraggio, le prese le mani e le baciò.

Si era quasi aspettato che le ritirasse, come aveva cercato di fare all’inizio del loro percorso verso la Scozia. Invece, con suo grande stupore, non solo la donna gli permise di baciarle, ma addirittura strinse le dita attorno alle sue, guardandolo con i suoi occhi grandi color pervinca e spedendo un brivido dritto dritto dalle parti del suo stomaco.

Rimasero a guardarsi per quelli che sembrarono secondi interminabili, fino a che il capotreno non fischiò una terza ed ultima volta.

Il treno, ormai, stava per partire.

- Vieni a trovarmi!- gli disse Danielle, mentre il treno prendeva a muoversi.

Con un balzo agile il capitano saltò sul predellino.

- Non mancherò, promesso!- le disse, sporgendosi e salutandola con la mano, mentre il treno riprendeva la sua corsa.

- Ah, Danielle!- gridò William, mentre la locomotiva acquistava velocità. - Guarda nella cappelliera!-

- Come, scusa?- fece quella, stringendo gli occhi. - Non ti sento!-

- Guarda nella cappelliera! Cappelliera!- le disse, gesticolando.

Osservò la donna osservare curiosa dentro il bagaglio, sollevando piano il coperchio.

William sogghignò e decise di entrare finalmente dentro il vagone, adesso che aveva fatto quello che doveva fare. 

Trovò immediatamente posto in uno scompartimento vuoto ed umido e si accomodò. Fuori aveva smesso di piovere, ma il vetro era rimasto appannato.

Rimosse la condensa con la mano e rimase a guardare la figura esile di Danielle Peters mentre lanciava un’ultima occhiata verso il treno. Restò un secondo ferma lì, nella foschia, stringendo qualcosa tra le dita. 

William la contemplò mentre si incamminava, sola, verso l’uscita della stazione. 

La vide scomparire nella nebbia, assorbita dall’umidità, come in qualche film in bianco e nero che aveva visto al cinematografo in uno dei suoi tanti viaggi.

Oh, e che film!

Albert Morris infatti lo aveva portato a vedere Estasi agli inizi del Trentatré, in compagnia di alcuni colleghi americani. Erano sbarcati negli Stati Uniti, all’epoca, per una visita di rappresentanza. I suoi compagni erano tutti agitati per la scena in cui Hedy Lamarr compariva nuda sullo schermo. William non era rimasto innocuo al fascino della bella attrice, ma aveva preferito seguire la storia. Era piuttosto triste, in verità. Il film finiva con la protagonista che partiva da sola verso il proprio destino, lasciando il compagno assopito alla stazione, con solo un biglietto a ricordargli di lei.

William sorrise al paesaggio cupo fuori dal finestrino.

Danielle somigliava un poco ad Hedy Lamarr. 

Non sapeva se avesse visto Estasi o meno. Per quanto ne sapeva, in Inghilterra il film non era stato distribuito. 

Quel viaggio gli aveva insegnato che le coincidenze, quando esistevano, sapevano essere davvero incredibili.

Era stato anche per questo motivo che aveva fatto quello che aveva fatto. Sapeva di aver tecnicamente violato la legge, ma era certo di potersi fidare di Danielle. Le aveva lasciato un ultimo regalo, infilato di soppiatto dentro la cappelliera, sperando che potesse servirle a…

Aspetta, com’era che aveva detto?

Ah, sì, togliere la ruggine da quel ferro vecchio che era la sua vita.

E poi, lui aveva con sé uno di quei taccuini mediorientali che le piacevano tanto, uno di riserva, che si era casualmente portato dietro. Non aveva trovato un motivo valido per non farne buon uso, così aveva impegnato soltanto la prima pagina con poche parole, giusto una piccola spiegazione nel suo contenuto, salvo poi dedicare il resto ad argomenti più pregnanti.

Ci teneva davvero a rivederla. Chissà che questo non finisse col fornirgli l'occasione.

 

Carissima Danielle,

Sperando di farti cosa gradita, ti lascio questo taccuino annotato con il contenuto dell'agenda di Carl Northwood. Mi perdonerai se non te l’ho dato personalmente, ma come tu ben sai si tratta di una copia illegale di materiale probatorio inerente all'omicidio che ci ha occupati in questi giorni, che almeno in teoria non dovrebbe uscire dalle segrete stanze della polizia di Cairndow. Spero che possa aiutarti a trovare tutte le risposte che cerchi. Il contenuto di questo taccuino è la riproduzione integrale di quanto era appuntato nell'agenda del Fornaio, in cui indica nomi, date, orari e luoghi degli incontri. 

Spero che questo ti aiuti a rendere giustizia all’uomo che amavi e a scrivere il finale della tua storia. 

 

Si accoccolò per bene sul sedile e si guardò attorno, per accertarsi che non ci fosse nessuno.

Danielle era una donna piena di sorprese, estremamente difficile da prendere in castagna o da cogliere impreparata. Per questo era fiero del fatto che la sua sorpresa fosse riuscita, ma si era illuso che la giovane donna, per una volta, gli avrebbe consentito di avere l’ultima parola.

E invece l’aveva lasciato ancora una volta perplesso. 

Rigirò sospettoso il biglietto accartocciato che lei gli aveva passato, segretamente stretto tra le dita mentre William si prendeva la briga di baciarle la mano.

Forse, non era stato l'unico a voler tentare il colpo di teatro, e all'improvviso una parte di lui ebbe paura di leggere il contenuto di quella nota. Sentì forte dentro di sé il desiderio di rivederla e rifuggiva l’ipotesi che Danielle con quel biglietto avesse voluto in verità dirgli addio, proprio come la protagonista di Estasi mentre si accinge ad abbandonare il suo amato alla stazione. 

Ma no, Danielle era pragmatica. Non era tipo da melodramma. 

Ed infatti, vergato in una calligrafia raffinata dietro quella che sembrava una ricevuta di pasticceria, Danielle Peters aveva scritto il proprio indirizzo. 

 

Queen Victoria street n°24.

Nel caso in cui tu te lo fossi già dimenticato.

 

A quanto pareva, Danielle era ghiotta di bignè alla panna.

William appoggiò la testa sul sedile, pensando a quanto fossero strani i casi della vita, e immaginò che, tutto sommato, avrebbe anche potuto fare una puntatina a Londra, da lì a qualche giorno.

 

 

La Tana della Talpa

 

Grazie.

Grazie a tutti voi per il supporto che mi avete dato durante la lunga pubblicazione di questa storia.

Grazie a chi ha letto, a chi ha seguito, a chi ha preferito e a chi ha recensito.

Grazie anche a chi leggerà, seguirà, preferirà e recensirà questa storia dopo che questo ultimo capitolo sarà pubblicato.

Non mi intendo di numeri. Anzi, si può dire che con i numeri faccia molto più schifo che con le parole. Per me - e soprattutto di fronte ad una storia originale con personaggi del tutto inventati e non appartenenti a nessun fandom - questo è in ogni caso un grandissimo traguardo.

Sono felice che questa storia vi sia piaciuta, e se non vi è piaciuta, pazienza. Si impara. Si cresce. Si critica. Essere costruttivi è sempre positivo.

Con quest’ultimo capitolo si chiude un cerchio. Uno, sì, perché c’è ancora un’altra storia da raccontare. C’è un gangster a piede libero. Un capitano avvinghiato nella morsa della Storia, con la S maiuscola. C’è una protagonista che deve ancora trovare un proprio posto nel mondo.

Spero di rincontrarvi di nuovo, dunque. Prossimamente, su questi canali. 

C’è ancora un’avventura da raccontare.

 

Grazie ancora, e a presto.

 

MollyTheMole.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: MollyTheMole