Through wind, snow, or haze
Ti
avvicini alla finestra del salotto, poggiando una mano sul vetro.
Il
cortile che circonda la villa è coperto interamente dai
fiocchi di
neve che continuando a cadere bruschi e ad attecchire sull'erba e
sull'asfalto; il forte vento li sospinge senza tregua e il manto
candido diventa sempre più spesso.
Pensi
istintivamente al dottor Agasa, bloccato in aeroporto dall'altra
parte del Paese, e percepisci immediatamente un brivido che ti
percorre la schiena.
Il
secondo, da questa mattina.
Il
secondo, da quando il tuo sguardo si è soffermato sul
panorama
innevato.
Non
ne comprendi il motivo, ma non è così importante
farlo.
Neanche
t'interessa, perché la sensazione che ti pervade il petto se
ci
provi è una delle peggiori della tua vita.
Sei
in silenzio da almeno un'ora, preda di un peso in gola che non riesci
a deglutire.
“Sei
ancora preoccupata per la bufera? Guarda che domani mattina il dottor
Agasa sarà sicuramente di ritorno”.
La
voce di Shinichi ti risveglia all'improvviso dal vuoto della
mente.
Annuisci appena, ma il nodo non si scioglie.
Osservi
la neve che si sporca di sangue.
Osservi
la neve e l'immagine di una figura scura si confonde col cielo nero.
Non ne sei sicura, ma il braccio è sollevato nella tua
direzione; le
dita stringono qualcosa.
Scuoti
la testa, respiri.
Osservi
la neve e puoi percepirne la consistenza gelida sotto il corpo.
Osservi
la neve e la associ al dolore, fisico e mentale.
La
neve ha il sapore delle ferite aperte, dei proiettili nella pelle.
Delle
lacrime che si fermano in gola e che non puoi deglutire, né
versare,
poiché farti vedere debole è l'ultima cosa che
puoi concederti.
Respirare è inutile, non respiri. Non riesci.
Dei
singhiozzi improvvisi ti scuotono, immobilizzandoti al tempo stesso.
Tremi,
mentre qualcosa d'invisibile preme sulle spalle per costringerti ad
abbassarti sul pavimento. Resisti.
“Ehi,
cos'hai?”.
La
stessa voce di poco prima si avvicina; è famiglia,
è calore.
Non
puoi distrarti, ti senti morire.
“K-Kudo”
lo chiami, senza riuscire a guardarlo in volto. Il respiro è
mozzato
nei polmoni, ti sembra di morire.
“Respira
lentamente, tranquilla”.
“È...
è lì fuori, Kudo” ripeti appena, ogni
volta che l'ossigeno ti
permette di farlo, subito prima di bloccarsi di colpo.
“Nevica...
l-lui mi aspetta quando nevica...”.
Shinichi
ti posa una mano sulla spalla, costringendoti delicatamente a sederti
sul pavimento freddo.
“Con
calma, respira. Di chi stai parlando?”.
“G-Gin...
con la pistola... i-il sangue... “ non capisci cosa ti sia
accadendo e neanche vuoi farlo. Ma non riesci ad accettare di mostrarti così davanti a
lui. “S-sto per morire, ne sono sicura. M-mi
sta
aspettando di nuovo”.
Senti
appena le lacrime che ti scivolano copiosamente sul volto. Sollevi lo
sguardo e, per la prima volta, incroci gli occhi blu che ti fissano
confusi e spaventati.
“Ehi,
no. Non è vero” mormora, scuotendo appena la
testa. “Gin non può
più farti del male, ricordi? Ci siamo solo io e
te”.
Ti
costringi a riprendere il controllo del tuo corpo, ma è
difficile.
La sensazione che ti assale è quella di essere completamente
in
balìa di un qualcosa che non puoi gestire, polmoni compresi.
“Lo
so... “.
Quando
sei convinta di aver ripreso almeno in parte il controllo, sollevi il
viso nonostante le tracce umide e quelle che ti sono rimaste negli
occhi.
Gli
stessi nei quali il ragazzo vede la paura – quella vera, quella che
non ti permette di vivere – e che spera di non vedere mai più.
Non la conosceva, non tutta, non così.
Shinichi
aspetta qualche altro istante, senza allontanarsi di un millimetro;
è
rimasto sul pavimento ghiacciato, la sua mano ancora sulla tua spalla
e le sue iridi sono fisse nelle tue.
“Come
stai? Sei riuscita a calmarti almeno un po'?”.
Adesso,
la sua voce ti emana un senso di calore di cui non ti sei accorta
prima.
Annuisci
appena, passandoti velocemente la manica del maglione sugli occhi con
il forte desiderio di buttare tutto nel dimenticatoio. Obbligherai
Shinichi a fare la stessa cosa, in un modo o nell'altro.
“Mi
dispiace, Kudo” gli rispondi, sentendoti in colpa per
qualcosa che
non hai potuto prevedere, né rimediare. “Mi
dispiace davvero, non
so cosa mi sia preso”.
Il
tremolio continuo di braccia e gambe non cessa e, istintivamente,
afferri un lembo della sua felpa, stringendola sul petto; non vuoi che lui si allontani, adesso,
per timore di ripiombare in quella situazione assurda.
“Lo
vedo sempre, è come se ci fosse ancora” sussurri, riprendendo lentamente coscienza di te stessa.
Il
detective rimane inizialmente rigido, il tuo gesto lo spiazza.
Tuttavia
rimane fermo, immobile, spaventato all'idea di quel malessere che non
lascia tregua.
“Tu
puoi vincerlo” afferma, cingendoti le spalle con il braccio.
“Lo
abbiamo già fatto, dopotutto”.
Sgrani
gli occhi quando percepisci la mano di Shinichi spingerti ancora di
più verso
la sua spalla, e il
suo mento appoggiarsi sui tuoi capelli ramati.
Sei
ancora aggrappata a lui, ma decidi che per il momento va bene così.
“Da
sola non riuscirò mai ad allontanarlo”.
“Vorrà
dire che lo faremo insieme”.
Sollevi
lo sguardo e l'occhiolino determinato che ti rivolge t'infonde la
sensazione più bella del mondo.
NOTE
Eccomi
con il secondo prompt della raccolta.
Ero
in dubbio sul tema da scegliere, poi ho pensato alla neve, alla
bufera, al disastro, e il rimando all'incontro tra Shiho e Gin sul
tetto dell'hotel Haido è stata la prima situazione a essermi venuta in mente
e che lei potrebbe ricollegare soltanto guardando la neve, sfociando
in un vero e proprio attacco di panico.
Ho
quindi voluto descrivere il lato più fragile di Shiho;
quello
tormentato, confuso e angosciato e che tende a nascondere.
Grazie e alla prossima,
Ile