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Autore: BlackIceCrystal    31/08/2023    2 recensioni
[IwaOi | Omegaverse | Alpha x Alpha | Top!Oikawa | Bottom!Iwaizumi]
Cosa c'è di sbagliato nel volere un alpha al proprio fianco durante il proprio calore? Hajime non vuole un omega, non ha conosciuto nessuno che lo faccia sentire anche solo minimamente così, e sicuramente non vuole neanche un qualcuno di indefinito che potrebbe o non potrebbe conoscere in futuro. Vuole lui, anche se Oikawa è un alpha e Hajime è un alpha. Cosa c'è di sbagliato in questo?
Genere: Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo di questa fanfic!

Stavolta il senso coinvolto è: l'udito!

  

  

Capitolo 2 - Udito - Di voci irritanti e odori sbagliati

  

La voce di Oikawa è irritante.

O, meglio, non la sua voce in sé, ma il tono che assume quando sta palesemente fingendo, come quando si vuole mettere in mostra davanti a qualcuno – e adesso che è un alpha a tutti gli effetti lo fa ancora più e peggio di prima – e inizia a comportarsi come il figo che Hajime sa decisamente che non è.

Non ha idea di come gli altri non si accorgano di come sia tutta una falsa, quando è così palese, la sua postura rigida, la voce più profonda del normale, il pomo d'Adamo che fa su e giù sotto lo sforzo delle corde vocali.

La parte più assurda di tutto ciò è che Oikawa non avrebbe bisogno di tutta quella messa in scena per far cadere qualcuno ai suoi piedi, non ha bisogno di essere qualcosa di diverso da quello che è per piacere a qualcuno. La gente si innamorerebbe di lui anche solo al suo primo battito di ciglia.

 

La voce di Oikawa è irritante, perché Hajime sa qual è la sua vera voce, com’è il vero Oikawa: è altrettanto irritante, ma in modo completamente diverso.

 

Il vero Oikawa non è per niente figo, eppure Hajime si è sempre ritrovato attratto da lui fin da subito. Dal suo fregarsene completamente che gli altri bambini lo prendessero in giro perché la pallavolo era uno sport da sfigati, del suo volersi impegnare costantemente per essere sempre il migliore in tutto ciò a cui tiene.

È sempre stato così, fin da quando erano piccoli.

Agli occhi di altri, Oikawa può quasi sembrare il tipo di persona che non tiene a nulla, ma chi lo conosce sa che non è così.

 

Chi lo conosce sa che Oikawa tiene a poche cose e a poche persone ma che per loro farebbe di tutto.

Hajime lo sa e, attirato com’è dal centro di gravità che è Oikawa, finisce sempre per essere inghiottito dal suo entusiasmo e a ritrovarsi che farebbe di tutto per lui.

 

Ricorda ancora quando una volta Oikawa l’ha chiamato piangendo perché al minimarket del quartiere avevano finito l'edizione speciale di patatine uscita in occasione delle olimpiadi.

La sera prima c’era stata la finale tra l’Argentina e l’Italia e, conoscendolo, Hajime era sicuro che non se la sarebbe persa per nulla al mondo. Ciò voleva dire anche che sicuramente la mattina successiva, il giorno dell’uscita dell’edizione speciale che tanto aspettava, si sarebbe svegliato tardi. Perciò Hajime si era invece alzato presto — nonostante fosse rimasto anche lui sveglio fino a tardi a commentare la partita al telefono con l’altro —, era andato al minimarket e si era assicurato di accaparrarsi almeno un pacchetto delle famigerate patatine. Oikawa l’aveva chiamato qualche ora dopo, piangendo e lamentandosi di come si era, effettivamente, svegliato tardi quella mattina e che al minimarket avevano finito tutte le scorte disponibili. Hajime aveva chiuso la chiamata senza alcun avvertimento, si era infilato le scarpe ed era corso a casa sua.

Quando Oikawa gli ha aperto la porta di casa, aveva ancora le lacrime agli occhi e l’ha guardato con un’espressione confusa.

Quando Hajime ha sollevato il pacchetto che teneva stretto tra le mani, fino a poco prima nascoste dietro la schiena, invece, l’ha guardato come se fosse stato lui quello ad aver appena vinto le olimpiadi.

« Stupido Iwa-chan » ha bisbigliato con le labbra tremanti e gli occhi lucidi, prima di trascinarlo dentro fino al soggiorno.

Le patatine avevano lo stesso sapore di qualsiasi altro pacco avessero mai mangiato prima d’allora, erano di una marca che in realtà né a lui né ad Oikawa piaceva particolarmente, ma era l’unica che aveva fatto quell’edizione speciale e l’unica al cui interno si poteva trovare una figurina dei giocatori partecipanti alle olimpiadi di quell’anno. Poteva uscire qualsiasi cosa, un qualsiasi giocatore di una qualsiasi squadra di un qualsiasi sport. Poteva uscirgli un giocatore di calcio, o un nuotatore, un ciclista, una riserva.

A Oikawa però interessava solo una figurina e Hajime sperava con tutto se stesso che fosse quella all’interno del pacchetto che aveva scelto.

« Iwa-chan » l’ha chiamato ancora una volta Oikawa, gli occhi di nuovo lucidi e le labbra tremanti. Si era sbagliato, Hajime si era sbagliato, non c’era— « è Blanco! È Blanco! » Hajime non si era sbagliato. L’abbraccio che gli aveva rivolto quel giorno Oikawa confermava il contrario, confermava che Hajime aveva fatto la cosa giusta, nonostante avesse dormito poche ore quella notte e si fosse svegliato con il forte desiderio di tornare nel mondo dei sogni. Ma non l’aveva fatto e aveva fatto bene e l’odore di felicità di Oikawa — che ora sa essere di fiori di arancio — lo aveva avvolto con lo stesso calore di una coperta in pieno inverno.

 

« Iwa-chaaan! » lo chiama stavolta Oikawa, in modo completamente diverso da quello di tanti anni prima, l’intonazione acuta che ad Hajime dà i nervi perché è la stessa che usa quando vuole attirare la sua attenzione. È un idiota. È un idiota perché pensa di aver bisogno di un sotterfugio così stupido per attirare la sua attenzione, quando ha sempre l’attenzione di Hajime focalizzata su di lui. Sempre. Più di quanto gli piaccia ammetterlo a se stesso.

È sabato ed è in camera a studiare per i test che hanno la settimana successiva. Non avevano in programma di vedersi, Oikawa quel pomeriggio sarebbe dovuto uscire con la sua ragazza, accompagnarla a fare shopping, andare al cinema e poi a cena fuori. Hajime è al corrente dei suoi programmi solo perché hanno passato tutta la mattina in videochiamata, Oikawa che non sapeva cosa indossare perché voleva « essere figo ma non troppo perché altrimenti è palese che mi sono impegnato » e « passare da alpha ma senza esagerare » e Hajime non sapeva minimamente cosa volesse dire niente di tutto ciò. Non ci ha mai pensato troppo ad essere un figo o a passare da alpha, molti gli dicono spesso che lo è, ma non ha idea di che cosa faccia o dica per sembrarlo. Perciò ha semplicemente consigliato a Oikawa quello che pensava gli stesse meglio e Oikawa sembrava essersi convinto solo perché se Hajime pensava che quei vestiti gli stessero bene allora voleva dire davvero che gli stavano bene.

Come se Hajime ci capisse davvero qualcosa di moda, o di alpha, o di essere fighi.

« Cosa vuoi? » gli chiede, distogliendo l’attenzione dal problema di matematica che sta provando a risolvere da ormai mezz’ora e a cui proprio non riesce a trovare soluzione. La matematica non è mai stata così difficile, ma la sua testa oggi sembra essere altrove.

« Consolami! » mugola, avvolgendogli il collo con le braccia e addossandogli tutto il proprio peso sulla schiena « sono stato lasciato »

Hajime se lo scrolla malamente di dosso e lo guarda dalla testa ai piedi con un sopracciglio inarcato.

Consolarlo per cosa?

« Non mi sembri starci così male » non sembra starci male per niente. Quando Oikawa sta male per qualcosa non ha di certo quel tono di voce né quell’aspetto, tantomeno non va da lui a chiedergli di consolarlo.

Quando l’anno prima hanno perso in finale contro la Shiratorizawa — di nuovo — è rimasto in silenzio per tutto il tempo: nel tragitto dal campo agli spogliatoi, mentre si cambiavano, sul pulmino per tornare a scuola. Solo quando sono arrivati a metà strada di ritorno a casa e Hajime stava per parlare perché non sopportava più quel silenzio, Oikawa ha finalmente alzato lo sguardo da terra e ha detto Domani farò almeno dieci ace, con il tono deciso di chi non ammetteva un’altra sconfitta.

Se Hajime deve essere sincero, quella era una di quelle poche volte dove Oikawa gli era sembrato davvero figo. Ed era sicuro che il giorno dopo non si sarebbe fermato solo a dieci ace, ne avrebbe fatti molti di più. Non essere egoista, lascia qualche punto anche a me, gli ha risposto.

Oikawa l’ha guardato ridendo, tanto tutti i tuoi punti sono miei, Iwa-chan.

 

« Ma sono stato lasciato, di nuovo » gli ripete Oikawa, buttandosi a peso morto sul letto con le braccia e le gambe spalancate come se quella fosse camera sua.

« Fatti qualche domanda allora »

« Non è colpa mia stavolta! »

In realtà, neanche le volte precedenti lo è stata, almeno secondo Hajime, ed è convinto che le domande dovrebbe farsele sulle persone con cui è stato, non il modo o il perché è stato lasciato.

La sua ex — ex ex? — ragazza l’ha lasciato perché secondo lei non le dedicava abbastanza attenzioni, perché era sempre impegnato con il club di pallavolo, o con la pallavolo in generale. Hajime è convinto che l’unica ad aver avuto colpe fosse esclusivamente lei: nessuno può chiedere ad Oikawa di stare insieme pensando che possa diventare per lui più importante della pallavolo.

Non esiste niente al mondo più importante della pallavolo per lui. Punto.

« Perché sei stato lasciato, stavolta? »

« Ha detto che non le piaceva il mio nuovo odore » inizia a spiegargli, la voce che si fa a poco a poco più bassa, come se si vergognasse di ripetere quelle parole. È lo stesso tono che usa quando è realmente ferito, ma più che dall’essere lasciato… be’, come alpha Hajime sa che non è bello sentirsi dire che il proprio odore non è buono, almeno questo può capirlo. Non che a lui importi cosa pensano gli altri del suo odore, usa soppressanti praticamente sempre tranne quando è a casa, ma può capire che non è piacevole sentirsi rifiutare in questo modo. Non è che esista un modo per cambiare il proprio odore.

« Ha detto che le piaceva più quello che avevo prima » l’odore che Oikawa aveva prima era praticamente quello di lavanda di sua madre dato che era quello preponderante a casa sua « ha detto che questo è troppo forte e… aspro? Qualcosa del genere »

Effettivamente l’odore di Oikawa può essere forte e leggermente aspro. Quando è eccitato, o nervoso, o deciso, assume un leggero retrogusto frizzantino che ad Hajime ricorda un po’ le bevande isotoniche che bevono ogni tanto durante gli allenamenti. Non è di certo un caso che da una settimana — da quando lui e Oikawa sono diventati alpha a tutti gli effetti — Hajime abbia iniziato a preferire le bevande al gusto d’arancia ai gusti più classici che sceglieva prima. Anche se non ha fatto nessun commento in proposito, è sicuro che anche Oikawa se ne sia accorto perché, be’, è Oikawa, non sarebbe il miglior alzatore della prefettura se non fosse così perspicace.

Il suo odore sa di familiarità e casa, ad Hajime piace, anche quando è forte e leggermente aspro. È per questo che annusa l’aria con l’intento di inspirare un po’ di quel profumo che a causa dei soppressori di cui entrambi fanno uso (è necessario, quando vanno a scuola o giocano a pallavolo) può inalare troppo poco spesso.

L’odore che arriva alle sue narici però non è quello che si aspettava.

« Puzzi » storce il naso, disgustato.

« Eh?! » ribatte Oikawa, sconvolto « Ma mi avevi detto che profumavo! »

No, non l’ha mai detto. L’ha pensato, è vero. Ma non l’ha mai detto.

« Puzzi di… » Che razza di odore è questo? Ricorda che qualcuno una volta qualcuno gli ha offerto una tisana con lo stesso sapore. Cos’era? Mirtilli? Frutti rossi? Rosa canina. « Rosa canina. Andata a male. » non ha idea che odore abbia la rosa canina andata a male — o se la rosa canina possa andare in qualche modo a male —, ma il concetto rende comunque l’idea.

Da quanto Oikawa ha quell’odore addosso? Ora che Hajime ci fa caso ha praticamente riempito tutta la stanza. Oikawa è steso sul suo letto, perciò anche le lenzuola ne saranno impregnate. Dovrà cambiarle e aprire la finestra, cacciar via quell’odore nauseante dalla sua camera. Quell’odore nauseante che appartiene probabilmente all’omega che ha lasciato Oikawa perché non le piaceva il suo odore. Stupida. Come se il suo fosse meglio.

« Ah sì… scusa! Credo di aver ancora addosso l’odore di— »

« Non m’importa! Vattene e fatti una doccia, prima che ti caccio via a calci! » non vuole sentire quell’odore un secondo di più. Non in camera sua, non in casa sua. Non addosso ad Oikawa. E probabilmente proprio mai più.

« Va bene! Va bene! Ora vado! Ci vediamo dopo però? »

« Solo se ti sarai levato di dosso questa roba »

« Oook! Però non sentire troppo la mia mancanza nel frattempo, Iwauccio! » cinguetta Oikawa, la voce tornata un’ottava più alta del normale. Irritante, come sempre.

 

Ha giusto il tempo di alzarsi per spalancare la finestra prima che Oikawa torni indietro, solo la testa che sbuca dal ciglio della porta « Però io profumo, vero? » gli chiede, speranzoso. Che razza di domanda è? Le loro stanze sono praticamente il miscuglio dei loro odori mescolati insieme e ad Hajime non sembra di essersene mai lamentato. Mai.

Ora però la sua stanza puzza di rosa canina e il tanfo torna prepotentemente alle sue narici dato che Oikawa è ancora lì ed ha ancora quell’odore nauseante addosso. Se quell’idiota non si muove ad andarsene via gli impuzzolirà tutta la casa e Hajime dovrà spruzzare un neutralizzante ovunque.

« Muoviti ad andartene » gli ringhia, lanciandogli contro la prima cosa che gli capita a tiro — un pacchetto di fazzoletti, gli è andata bene.

« Non c’è bisogno di essere così aggressivi Iwa-chan! » gli risponde dalle scale, dileguandosi.

 

Finalmente.

 

Il telefono squilla, Hajime dà un’occhiata veloce ed è… Oikawa. Da quanto è andato via? Tre minuti? Giura che se è per chiedergli ancora se profuma—

« Sai che ho ancora i biglietti del cinema? E avevo anche già prenotato il ristorante! Sono un ragazzo così premuroso e sono stato lasciato! Ci puoi credere? » drammatico, ecco cos’è, non premuroso, drammatico. « Non credo che ti interessi vedere Suzume, ma— »

« Offri tu »

« Eh? Perché? »

« Perché casa mia puzza a causa tua e devi farti perdonare »

« Ti ho già chiesto scusa! E poi non ti lamenti mai quando vengo da te, perciò il mio odore deve piacerti davvero, giusto? » gli chiede, con un tono di scherno. Hajime non ha nessun intenzione di rispondergli, dato che Oikawa si sente così intelligente trovasse da solo le sue risposte.

« Offri tu. Punto. E ora devo andare a spruzzare un quintale di neutralizzate e finire di risolvere un problema di matematica, se non ti dispiace »

Dall’altra parte del telefono arriva l’assoluto silenzio e Hajime considera la chiamata finita. Sta per premere il pulsante di chiusura quando Oikawa lo interrompe di nuovo « Ok, ma… Iwa-chan? »

« Che c’è adesso? » gli sbraita, perché sta seriamente perdendo la pazienza. Se non fosse che il tono di voce di Oikawa… cazzo! perché conosce il significato di ogni tono di voce di Oikawa? Immagina che è quello che succede quando due persone si conoscono da anni, ma è comunque seccante.

« Ecco… devo usare un soppressore la prossima volta che vengo da te? » gli chiede, serio stavolta. Hajime quasi non ci crede che deve seriamente rispondergli. È assurdo che abbia davvero un dubbio così stupido per la testa, tutto per colpa di un’altrettanto stupida omega. Se non gli avesse mai detto una cosa del genere, Oikawa non dubiterebbe neanche di Hajime.

« No »

« Davvero? Ma me lo diresti se ce ne fosse bisogno, vero? »

« Sì, davvero. E, sì, te lo direi se ce ne fosse bisogno. Mi sembra di averlo fatto oggi »

« Sì, ma era l’odore di un’altra! »

« Appunto. »

È un attimo. Un attimo in cui Oikawa rimane senza parole. Un attimo di assoluto silenzio non perché la telefonata è terminata ma perché Oikawa, tra tutti, è rimasto davvero senza parole. Lo sente boccheggiare dall’altro capo del telefono un paio di volte, prima che torni nuovamente alla carica.

« Ohh! Iwa-chan » inizia, ma è la conferma che serve ad Hajime per sapere che ogni dubbio si è dissipato definitivamente. Perciò chiude la telefonata, perché non vuole sentire un secondo di più di quella conversazione. Ha il volto che gli sta andando a fuoco, l’Iwa-chan che gli rimbomba nelle orecchie in una stanza che ancora puzza di rosa canina e non si arancia e sandalo fusi insieme.

 

 

 

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Prossimo capitolo: sabato! Riguarderà il senso del tatto e si intitolerà "Di primi calori e cuori spezzati" (arriverà un po' di angst, ma giusto un po'!)
Una piccola preview:

« Insomma... siamo arrivati… »
Hajime rimane fermo, immobile. La gola è un nodo che non riesce a districare. La voce non esce, come se il suo corpo non volesse più rispondere ai suoi comandi.
Rimani.
Oikawa riesce sempre a capirlo senza bisogno di parlare, Hajime spera con tutto se stesso che lo capisca anche questa volta.
Rimani.
« Cosa si dice in questi momenti? Rimettiti? »

  
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