Ho sempre trovato il mio mondo molto rilassante: è tutto grigio, ogni cosa ha la sua speciale sfumatura. Talvolta la differenza tra diverse sfumature è quasi impercettibile, talvolta è evidente.
Una volta, a scuola, ci hanno spiegato che esistono molti colori oltre il grigio: da qualche parte, il cielo è di un colore chiamato azzurro, l’erba è verde e il sole è giallo. Ci sono anche colori come il marrone, il rosso, il viola, l’arancione, il rosa… Non li ho mai visti e trovo i loro nomi molto buffi. A volte sogno i colori, ma non ho mai imparato a distinguerli. E ogni volta penso di sbagliare a nominarli, i colori. Forse in realtà hanno altri nomi. Dopotutto, sono solo sogni.
Ne sto facendo uno proprio adesso. Sono in un posto bellissimo, per nulla grigio, pieno di colori e di vita. Mi sto guardando intorno e, vedendo il cielo, penso: “Forse è così l’azzurro…”.
Mi sveglio all’improvviso. Mi rendo conto che è il mio quattordicesimo compleanno e sono curiosa di vedere cosa riceverò. Mi butto giù dal letto, vado in cucina e faccio colazione. Dopo aver finito il mio pancake, vado in bagno e mi cambio. Mi osservo allo specchio, come ogni mattina. La mia pelle è di un grigio più pallido di quello che aveva durante l’estate ma, essendo ora novembre, è comprensibile. Si sta avvicinando l’inverno, quando esco di casa sento l’aria pungermi le narici. Mi passo una mano nei capelli, ne prendo una ciocca e la osservo mentre cammino verso la scuola. Sono grigi scuri, mi chiedo come sarebbero se fossero colorati.
Arrivo a scuola: è un edificio enorme, stupendo, grigio chiaro con sculture minuscole in ogni angolo. C’è Orange, la mia migliore amica, che mi aspetta con un regalo grigio in mano. La raggiungo e mi sorride, porgendomi il pacchetto.
- Buon compleanno, Blue.
Prendo il regalo. Ha una forma sferica e liscia ed è avvolto in una carta regalo grigia decorata da moltissimi cuoricini più scuri. Non è grande, riesco a tenerlo in una sola mano senza difficoltà. Sciolgo il nastro luccicante che lo chiude e tolgo la carta.
- Orange… - dico, senza fiato. Mi ha regalato una sfera trasparente con dentro una statuetta di noi due abbracciate e la scritta “Migliori Amiche Per Sempre” sotto. Non appena la scuoto, la sferetta si riempie di coriandoli argentati e luccicanti.
- Grazie - sussurro.
- Bello, vero? - dice lei. Annuisco e le getto le braccia al collo.
- Ti voglio bene - dico.
- Anche io - risponde lei, stringendomi forte.
Suona la campanella, ci sciogliamo ed entriamo.
C’è sempre molto rumore nel corridoio prima delle lezioni: gente che parla, gente che corre, gente che ripassa all’ultimo minuto. La nostra classe è lontana, perciò Orange mi prende la mano e mi trascina in mezzo alla mischia. Non vedo dove sto andando, pesto piedi in continuazione e continuo a sbattere contro le persone. Stiamo andando troppo veloci, non riesco a tenere il ritmo della mia amica. Allungo l’altro braccio per prenderle la spalla e girarla verso di me, in modo che si fermi, ma per errore afferro la spalla di qualcun altro. Lo giro verso di me, e mi accorgo del mio errore quando è troppo tardi. Non è Orange, decisamente non lo è. Abbasso lo sguardo, imbarazzata, e balbettando mi scuso. Ride e finalmente trovo il coraggio di guardarlo negli occhi. Rimango sbalordita.
Il suo viso è bellissimo, i lineamenti sono armoniosi e ben disegnati. Ma la cosa che mi colpisce di più sono gli occhi: mentre tutto quanto è grigio, i suoi occhi sono di un colore strano, diverso, mai visto prima dal vivo. Forse l’ho sognato da qualche parte, ma non riesco a ricordare dove.
- Tutto bene?
Dev’essersi accorto che lo fisso. Sento la faccia diventare bollente.
- Sì, ehm…
- Eccoti! Dai, vieni, siamo in ritardo! - esclama Orange, afferrandomi il polso e tirandomi in aula, lontano dal misterioso ragazzo. Non pare essersi accorta di nulla.
Ci sediamo vicine, come al solito, estraggo il mio portapenne dalla cartella e mi sistemo, senza riuscire a smettere di pensare al ragazzo di prima. Non riesco a togliermi dalla mente l’immagine dei suoi occhi meravigliosi e così diversi da tutto quanto ho mai visto finora.
- Ragazzi! - ci chiama la signorina Brown battendo le mani. - Questo è Gray, è il vostro nuovo compagno di classe. Starà con noi per i prossimi mesi.
Alzo lo sguardo per vedere chi è e per poco non cado dalla sedia. Il ragazzo dagli occhi stupendi ha finalmente un nome e una classe.
- Ciao - dice. La sua voce è roca, come se non fosse ancora cambiata del tutto.
- Ciao - rispondiamo in coro.
Noto che Gray mi sta fissando e mi sento scaldare ancora. Sorrido, sono in imbarazzo. Anche lui mi sorride e poi mi fa l’occhiolino.
- Ooooh - esclama sottovoce Orange, piantandomi un gomito nelle costole.
- Cosa? - chiedo io, seccata, guardandola.
- Il nuovo ragazzo è già interessato a te! Non dirmi che non è carino… Si vede che ti piace!
Non cerco nemmeno di negare, Orange ha l’espressione di chi la sa lunga e quando è così è impossibile convincerla che sta credendo una cosa assurda.
- Sì - ammetto, sorridendo. So di avere un’espressione idiota stampata in faccia, ma non m’importa. Gray mi sta guardando e sorride, con quegli occhi stupendi incastonati nel suo viso perfetto.
- Chi di voi ha voglia di sedersi accanto a Rose per far posto a Gray? - chiede la signorina Brown. Orange scatta in piedi e inizia a preparare le sue cose. Prima di andarsene mi strizza l’occhio.
- Grazie, Orange.
- Non c’è di che! - trilla lei.
Gray si siede accanto a me e inizia a sistemarsi. Quando ha finito, mi guarda ancora. La signorina Brown sta parlando, ma non la sto ascoltando, rapita da quegli occhi così particolari.
- Ci si rivede, eh? - mi saluta lui, sottovoce.
- Già - sospiro io.
- Sono Gray - si presenta, tendendomi la mano e sorridendo. Mi sento sciogliere.
- Mi chiamo Blue - mormoro, stringendogli la mano. È calda, piacevole.
- Che bel nome - dice.
- Grazie…
- Hai due occhi di un azzurro splendido, Blue.
Sobbalzo.
- Azzurro? - balbetto.
- Sì - dice lui, come fosse una cosa normale.
- Io ho due normalissimi occhi grigi - mormoro.
- Ti dico che sono azzurri - insiste.
- E i tuoi? Di che colore sono?
- Azzurri - risponde, sorridendo.
- Davvero? L’azzurro è così? - chiedo. Lui mi guarda un po’ storto.
- Sì…
- Anche il cielo è di questo colore? Azzurro?
- Sì. Perché, tu come lo vedi?
- Grigio - mormoro. All’improvviso, il mondo cambia. Dal bel posto rilassante e piacevole che era diventa un luogo freddo e monotono.
- Tutto quello che ho intorno è grigio, tranne i tuoi occhi - sussurro, triste.
- Forse non hai mai imparato a vedere i colori del mondo - suggerisce, sorridendo dolcemente.
- Dici?
- Posso provare a insegnarti, se vuoi - propone.
- Lo faresti? - chiedo speranzosa.
- Possiamo tentare. Vuoi?
- Sì!
- Splendido. Partiamo dall’azzurro, ti va?
- Lo conosco già. I tuoi occhi sono azzur… Oh!
All’improvviso, sotto ai miei occhi, il cielo diventa azzurro come gli occhi di Gray, e così diventano anche la gonna della signorina Brown, una delle mie penne e anche i muri della classe.
- Cosa c’è? - mi chiede Gray, preoccupato.
- Ora il cielo è azzurro - mormoro, meravigliata. Gray sorride.
- Lo sai che “Blue” vuol dire “blu”, che è come un azzurro più scuro?
- Sul serio?
Altre cose iniziano a colorarsi: il mio astuccio, una delle mie matite colorate, alcune penne. Sono un po’ più scure del cielo e capisco che forse è il blu di cui sta parlando Gray.
- Questo è blu? - gli chiedo, mostrandogli una delle penne.
- Sì - risponde sorpreso, poi sorride. - Sei svelta ad imparare.
Sorrido e le mie guance si scaldano.
- Blue! Smettila di distrarre Gray! - mi rimprovera la signorina Brown. Abbasso lo sguardo, mortificata.
- Mi scusi - sussurro. L’insegnante mi guarda ancora, poi riprende a spiegare il Romanticismo di Leopardi.
Io e Gray ci scambiamo uno sguardo d’intesa e sorridiamo, attenti a non farci vedere dalla signorina Brown.
- Troviamoci al parco oggi pomeriggio verso le quattro, ti va? Così ti spiego alcune cose - sussurra, mentre l’insegnante di letteratura non guarda.
- D’accordo - rispondo io, in un soffio. Recepisce il messaggio e sorride. Anche io sorrido, come una cretina, ma non mi interessa. Aspetto con ansia che finiscano le lezioni, poi saluto il mio nuovo amico e mi avvio verso casa con Orange.
- Allora? Com’è andata? - chiede, ansiosa di avere qualcosa per perseguitarmi nei giorni successivi.
- Bene. Ci siamo conosciuti un po’… Orange, hai una splendida maglietta azzurra oggi - le dico. Lei sorride.
- Grazie. L’azzurro è uno dei miei colori preferiti!
- Anche il mio!
- Certo, mi piacciono anche l’arancione e il viola, ma l’azzurro non lo batte nessuno!
Annuisco, fingendo di sapere cosa siano l’arancione e il viola. Si vede che anche Orange ha sempre visto il mondo a colori, e questo mi inquieta.
Finisco in fretta i compiti e alle quattro meno dieci sono già nel parco. Vedo Gray arrivare con passo tranquillo e sorridermi quando mi nota.
- Sei già qui! - dice.
- Già - rispondo io.
- Cominciamo?
- E da cosa?
- Pensavo di partire con il verde, visto che è abbastanza vicino all’azzurro come colore.
- D’accordo. Com’è il verde?
Ci pensa su, si vede che le persone non sono abituate a descrivere i colori.
- Pensa a… un azzurro più caldo - tenta.
- Azzurro più… caldo? - chiedo io, confusa. Provo a visualizzarlo, ma nella mia testa viene solo un grigio caldo un po’ strano.
- Non ci riesco - dico, sconfortata.
- Prova ancora - mi incoraggia lui, mettendomi una mano sulla spalla.
Mi concentro. Non voglio deluderlo. Continuo a pensare a quel grigio caldo, sconfortata, ed è allora che finalmente capisco. Apro gli occhi.
- Le tue scarpe sono verdi? - chiedo. Annuisce e sorride.
- Lo sapevo che ce l’avresti fatta - dice, orgoglioso.
- Però l’erba è ancora grigia - mormoro io.
- Prova a immaginare azzurro, blu e verde più scuri, più chiari, più accesi o più spenti. Otterrai un sacco di nuove sfumature e vedrai meglio il mondo.
Eseguo ed ecco che l’erba si colora sotto ai miei occhi, diventando di un verde brillante nonostante la stagione. La maglietta che indosso si colora a sua volta: è verde scuro, molto vicina al nero. Gray mi sorride, incoraggiante.
- Ce l’hai?
Annuisco.
- Fallo diventare ancora più caldo. Così scoprirai il giallo.
Ci provo.
- Se può aiutarti, sappi che il verde è l’unione di giallo e blu, quindi togli tutto il blu dal verde.
- Togliere il blu… dal verde - sussurro, chiudendo gli occhi. Visualizzo un colore allegro, chiaro, luminoso. Penso a tutte le sfumature possibili e provo ad unirlo con il verde, ottenendo un colore assai strano. Quando riapro gli occhi, un pallone giallo mi passa davanti agli occhi e il prato è punteggiato di fiori dorati. Anche il sole è giallo, chiarissimo e luminoso.
Rido. Finalmente il mondo sta diventando più accogliente. Gray ride con me.
- Il mondo è così bello quando è a colori - dico. Gray annuisce.
- Forse per oggi è sufficiente - annuncia.
- Ah - dico delusa. Però devo ammettere che ha ragione, concentrarmi così tanto mi ha stancata.
- Domani sei libera?
- No - sospiro, delusa, - ho lezione di pianoforte.
- I tasti scuri del pianoforte sono neri - dice, - e quelli chiari sono bianchi.
- Il nero e il bianco li vedevo già - dico.
- Sai una cosa? Alcune cose sono grigie anche per me - mi confessa.
- Per esempio?
- L’asfalto, il metallo, alcune automobili… non sono grigie solo per te.
- Forse nessuno ha mai saputo vedere il colore che si nascondeva dietro a quel grigio - suggerisco.
- Mi piacerebbe credere che è così - sospira.
- Perché, non lo è?
- No. Alcune cose sono grigie per natura. Alcuni scoiattoli e piccoli roditori, per esempio. L’asfalto, le pietre, i metalli. Anche la calce con cui sono fatte le case.
- Quindi questa città è fatta di case grigie?
- Già. Non tutte, ma la maggior parte sì. Ti porto a casa?
Accetto e iniziamo a camminare affiancati. Ogni volta che mi sfiora la mano sobbalzo.
- Questa visione a metà è strana. È come se fosse più bella di prima, ma più brutta di quello che potrebbe essere - dico.
- Non posso capire, ma posso provare ad immaginare come sia vedere improvvisamente il mondo a colori, anche solo in parte, quando si è abituati a vedere tutto grigio.
- È meraviglioso - dico. Mi sorride e io ricambio. Poi, però mi viene in mente una cosa.
- Gray, senti… i miei genitori si comportano come se tutto fosse davvero grigio. Forse vedono anche loro così…
- Non credo, Blue. Magari cercavano solo di farti sentire normale. Qual è stata la prima volta che hai parlato di colori con qualcuno?
- Oggi, con Orange, le ho fatto i complimenti per la sua splendida maglietta azzurra. Lei è partita in quarta, ha detto che ama l’azzurro e che le piacciono il viola e l’arancione…
- Sai, ho cercato su Internet prima di venire al parco. C’è una patologia e le persone che ne sono affette vedono il mondo in bianco e nero. Come te, solo che tu stai guarendo. Non so come sia possibile, ma dopotutto sei incredibile. Nemmeno un problema cerebrale può fermarti, Blue - sorride.
- Come si chiama? Il disturbo, intendo.
- Acromatopsia - risponde.
- Di qua - lo tiro per una manica nella via dove vivo.
Stiamo in silenzio per un po’.
- Quindi io avrei difficoltà nel vedere i colori?
- L’insegnante assegnava mai esercizi del tipo: “Sottolinea in rosso gli aggettivi e in blu gli articoli”?
- No…
- Probabilmente era al corrente del tuo problema. Non volendo farti sentire diversa, ha evitato esercizi di quel tipo e probabilmente anche di usare codici colore per le sue lezioni.
- Già - borbotto, rabbuiandomi.
- Ehi - dice Gray, spostandosi di fronte a me e guardandomi negli occhi.
- C’è di peggio. E comunque la stai superando, non vedi?
- Sì - ammetto, rincuorata. Proseguiamo fino a casa mia.
- Abiti qui?
- Già.
- Be’, allora… ci vediamo domani - mi saluta.
- A domani - dico io, sforzandomi di sorridere. Lo guardo andare via, entro e salgo le scale.
- Papà! - chiamo, una volta a casa.
- Ciao, tesoro!
Mio padre prova ad abbracciarmi, ma mi scosto.
- Cosa succede, tesoro?
- Acromatopsia - dico. Mio padre si rabbuia. Anche i suoi occhi sono azzurri, come i miei, immagino.
- Come l’hai scoperto?
- Ho iniziato a vedere i colori - rivelo. Lui sgrana gli occhi.
- Cosa?! Il dottore aveva detto che non sarebbe guarito - borbotta, sorpreso.
Stavolta sono io a rimanere scioccata.
- E voi non me l’avete mai detto?!
- Tesoro, non volevamo che ti sentissi a disagio…
- Lo so, ma quando sono diventata grande potevate anche dirmelo!
- Tesoro…
- Ho capito!
- …mi dispiace.
Rimango senza parole. Poi abbraccio forte il mio papà.
- Perdonato - gli sussurro all’orecchio.