Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Flying_lotus95    01/10/2023    2 recensioni
Torino, 1944.
L'omicidio di un ufficiale tedesco, un uomo in fuga, una donna che cercherà di proteggerlo. Amore e odio, segreti e bugie, guerra e pace, sia dentro che fuori.
[𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 2023 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵]
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵
Prompt: Occhi

 
 

Là, dove nascono i limoni


Capitolo 1:
Quello che mi nascondono i tuoi (occhi)
 
 
Campagne nei dintorni di Torino, settembre 1944
 
«Corri, Maxime, muoviti!»
Il latrato dei cani in lontananza aveva dato loro la parvenza di essere scampati al pericolo. Maxime aveva chiuso forte gli occhi, se avesse avuto il potere di teletrasportarsi, si sarebbe trasmutato volentieri via da quel bosco, da quegli uomini che lo stavano inseguendo, probabilmente per arrestarlo. O per fargli fare la stessa fine che aveva provocato al suo tenente.
Aveva ancora le mani lorde del suo sangue, quel sangue che avrebbe faticato a togliere, nonostante i continui lavaggi. 
«Maxime, cazzo! Non ti puoi fermare proprio adesso!».
Romeo lo stava incitando a correre, ma Maxime non riusciva a sentirlo. Le orecchie fischiavano troppo, quel lungo suono sibilante gli aveva posseduto la testa, avviluppandogliela come un panno bagnato che strizzava forte e faceva male, molto male. 
Provò a ritrovare il ritmo del proprio respiro, ma fu tutto inutile. Nessun organo del corpo ormai gli prestava ascolto.
«Dobbiamo raggiungere la chiesa sulla collina! Agnese ci aiuterà, vedrai».
Agnese. Quel nome fu come un balsamo rinfrescante spalmato su una puntura di zanzara. Maxime provò ad immaginare i suoi occhi grandi, castani, sempre dolci nonostante il suo carattere freddo e diffidente… Ma poi ad essi cominciarono a sovrapporsi a quelli del suo superiore ucciso. Avevano lo stesso colore, soltanto più freddi e spietati. Privi di pietà ed empatia.
«Maxime, per favore! Dobbiamo darci una mossa!». Romeo stava cominciando a spazientirsi. Non aveva paura dei tedeschi o di venire arrestato, la sua paura era di non riuscire a mantenere la promessa fatta ad Agnese: di riportargli indietro Maxime, a qualunque costo. Lo aiutò così a rialzarsi, e gli prese un braccio per circondarselo sulle spalle.
«Se ci raggiungono siamo morti! E io non voglio correre il rischio di non rivedere Anna per colpa tua!». Romeo voleva fargli una battuta, ma la voce gli uscì roca e greve, stanca e provata da quella lunga fuga dalla città. 
 
L'omicidio di Gabriel von Kusserl, tenente maggiore delle SS, non era stato intenzionale. Era stato un incidente, ma i soldati tedeschi non l'avrebbero certamente vista in quel modo. L'assassino avrebbe dovuto pagarla, italiano o tedesco che fosse, non avrebbe avuto importanza. L'importante era avere un capro espiatorio su cui sfogare tutta la loro rabbia e cattiveria.
 
Maxime si mosse a fatica, l'aria nei polmoni graffiava ad ogni respiro. Era stanco, e avrebbe voluto crollare a terra inerme. Ma doveva farcela per Agnese, soltanto per lei. 
Per quell'amicizia forte e solida che si era creata tra loro, per quella magia che avrebbe difeso anche con la sua stessa vita.
 
◇ ♧ ◇ 
 
Le camionette erano giunte fin sulla collina, il rumore dei loro motori sembrava devastare qualsiasi altro suono, come il cinguettio degli uccellini o il frinire delle cicale. Si fermarono tutte sul piazzale della chiesa, circondando l'edificio con prepotenza. I primi a scendere furono i pastori tedeschi, seguiti dai loro padroni, che gridavano incitazioni in tedesco che non avevano nulla di rassicurante.
Il curato della chiesa, don Pierino, uscì di soprassalto, rischiando di inciampare nella tonaca.
Dietro di lui, spuntò una ragazza, che osservò la scena con sguardo critico, attento.
«Entra dentro, Agnese, me la vedo io qui!» la reguardì don Pierino, preoccupato dal fatto che quei soldati potessero farle del male, essendo una ragazza sola.
Ma Agnese non si lasciò vincere dalla paura.
«Non si preoccupi per me, don Pierino. Li conosco» rispose, lapidaria.
Superò il prete e scese le scale con arroganza, sfidando con lo sguardo il capitano che la stava aspettando per fronteggiarla con le braccia dietro la schiena e il mento alto. Sembrava un vero e proprio emissario di morte, mentre intorno a lui si stava scatenando il caos.
«Capitano Schlütz» esordì Agnese, con confidenza. Purtroppo conosceva anche fin troppo bene l'uomo che aveva davanti.
«A cosa devo la vostra visita qui?» chiese con apparente ingenuità.
Il capitano delle SS distese le labbra in un ghigno malefico.
«Lui dov'è?». Schlütz andò subito al dunque, lapidario. I suoi occhi di ghiaccio inchiodarono Agnese sul posto, con l'intento di intimorirla e costringerla a vuotare il sacco.
Ma lei sapeva essere di gran lunga più guardinga e fiera di quell'ufficiale, che di fiero aveva solo il portamento e le arie con cui sfoggiava la propria divisa da mietitore di libertà.
«Lui chi? Se non mi chiarisce il soggetto…»
«Maxime Brünner, so che si nasconde qui! I miei segugi hanno fiutato la puzza…»
«Di cosa è stato accusato, se posso sapere?».
Agnese lo sapeva benissimo, ma voleva ottenere una conferma definitiva, una pietra miliare da mettere su quella vicenda dolorosa, una volta per tutte.
«Omicidio» dichiarò il capitano delle SS, fronteggiando la più giovane come se fosse stata un cumulo di letame, anziché una persona.
«Il tenente von Kusserl è stato trovato morto nel suo studio poche ore fa. Il soldato Brünner è stato visto scappare assieme ad un complice fuori dalla caserma». Agnese ascoltò tutto in religioso silenzio, non lasciando trasparire neanche una sola emozione. 
Gabriel era morto, ed era stata l'unica cosa che continuava a fare eco nella sua anima, l'unica notizia contro cui il suo orgoglio doveva combattere senza cadere a terra in mille pezzi.
«Converrà con me che non posso lasciare tale azione impunita!».
«Di qui non è passato nessuno. Don Pierino non si metterebbe mai a nascondere un assassino nella sua chiesa!».
La guerra di sguardi che intercorse tra i due in quel momento poteva tagliare l'aria con un solo battito di ciglia. Nessuno dei due sarebbe indietreggiato per darla vinta all'altro.
«Fraulein Martini, non vi conviene mettervi contro un ufficiale del Terzo Reich» avanzò il tedesco, lo sguardo di ghiaccio puntato dritto in quello castano di Agnese, altrettanto fiero. 
«Le sto dicendo la verità, capitano… è tutta la mattina che sto ad aiutare don Pierino, e non si è vista anima viva nei paraggi» si difese la ragazza, mantenendo stoicamente la calma, senza tradirsi. 
Don Pierino, dopo essere stato occupato a cacciar via i soldati dalla chiesa, si precipitò alla volta di Agnese e dell'ufficiale Schlütz, l'ansia dipinta in volto. 
«Capitano, la scongiuro! La mia perpetua è malata, e Agnese è venuta a darmi una mano. Non abbiamo visto nessuno, vi dò la mia parola!» dichiarò don Pierino, con meno calma e compostezza di Agnese, che intanto continuava a puntare il suo sguardo rabbioso verso quello minaccioso del capitano delle SS.
Un soldato uscito dalla chiesa raggiunse Schlütz, comunicandogli qualcosa in tedesco. Il prete lo guardò spaventato, invece Agnese rilassò di poco il viso: quel soldato aveva appena comunicato di non aver trovato nessuno all'interno dell’edificio.
Sebbene non ne fosse molto convinto, Schlütz fronteggiò un'ultima volta Agnese e il curato, sorridendo scaltro.
«Mi affido al vostro buon senso… se Brünner dovesse farsi vivo, comunicatecelo tempestivamente» dichiarò il tedesco, nessun guizzo di umanità trasparve da quelle iridi di vetro.
«Dopotutto, ha ucciso un vostro caro amico, Fraulein Martini. È vostro dovere consegnarlo alla giustizia» la intimò ancora l'ufficiale, come se le sue parole avessero voluto insinuare molto altro.
Ma Agnese non si scompose a quella velata provocazione.
«Non intralceremo i vostri propositi, capitano» replicò piccata, una maschera di cera che celava tutto il disgusto che stava iniziando a provare. 
«Ah, dimenticavo» fece poi Schlütz, prima di dirigersi verso la camionetta «Le mie più sentite condoglianze». 
Il respiro nel petto di Agnese si fece più rapido, voleva vomitare, cacciare la bile che le si era depositata nello stomaco. Ma rimase lì, ferma, ad aspettare che quegli uomini lasciassero quel luogo sacro definitivamente. E che quell'uomo immondo smettesse di ridere come se avesse pronunciato la più ilare tra le battute.
Una volta che il plotone si allontanò dal piazzale, Agnese si precipitò verso le scale, colta da un improvviso attacco di bile. Vomitò la poca colazione che aveva mangiato, mentre il cuore le batteva in petto, forsennato.
Don Pierino la raggiunse subito, con l'intenzione di sorreggerla, ma Agnese lo scostò da sè, infuriata.
«Idiota! Stupido idiota!» mormorò, salendo le scale mentre si ripuliva la bocca dalla bile e la saliva. Don Pierino la seguì ansioso, chiamandola più volte invano. Ma Agnese aveva la testa e il cuore dentro a quella chiesa, in guerra tra loro.
 
«Questa merda non si toglie!» imprecò Romeo, intento a pulire la camicia di Maxime da quelle chiazze di sangue. 
«Come cazzo ti è venuto in mente di pulirti le mani sulla camicia, eh?». Le parole di Romeo però non arrivarono mai alle orecchie del giovane tedesco. Da quando erano entrati in sagrestia, non faceva che fissare un punto impreciso della stanza, con sguardo vuoto. Non era più terrorizzato, e nemmeno spaventato. Non provava più nulla, neanche la minima sensazione. Lo shock lo aveva totalmente irrigidito e privato di qualsiasi gesto vitale. Aveva ucciso il suo tenente, con le sue stesse mani. Aveva fissato a lungo quegli occhi verdi perdere vita pian piano, mentre gli ultimi boccheggi d'aria si diradavano nei suoi polmoni. Maxime in quel momento non aveva pensato a niente, non si era preoccupato di niente. Quello era stato l'ultimo scherzo fatale inflittogli da quel demonio di Gabriel. Porre fine alla sua vita era stato un attimo, un colpo di pistola poco sopra il cuore. A nulla era valso rianimarlo, Romeo lo aveva obbligato a scappare, trascinandolo via dal corpo, onde evitare un destino peggiore di quello toccato al tenente von Kusserl. 
La morte in confronto sarebbe stata un sollievo. 
«Brutto idiota incosciente!».
Nel sentire la voce iraconda e febbrile di Agnese, gli occhi di Maxime si accesero senza volere. Si girò di scatto, malcelando il sorriso che gli si stava stampando in viso. Ma la ragazza non stava sorridendo, nè avrebbe ricambiato quel suo sorriso.
Lo schiaffo che gli mollò in pieno viso ne fu la conferma evidente della sua rabbia e la sua frustrazione.
«Come ti è saltato in mente? Come hai potuto uccidere Gabriel?? Perchè? Perchè lo hai fatto, perchè?».
Agnese era furiosa, aveva iniziato ad inveire contro il ragazzo lanciando pugni sul suo petto sporco di sangue, solo l'intervento di don Pierino aveva evitato il peggio. Romeo intanto si era frapposto tra i due, prendendosi anche lui qualche colpo sul braccio.
«Lo sai cosa ti faranno se ti trovano? Lo sai, sì? Ti prenderanno e ti tortureranno fino a farti invocare la morte, ti faranno pentire di essere venuto al mondo!»
«Adesso basta figliola, basta!»
«Agnese, per favore, devi stare calma!». Romeo e il curato cercarono in ogni modo di placare la belva che voleva fuoriuscire dal corpo della ragazza. Maxime non l'aveva mai vista urlare in quel modo contro qualcuno, nemmeno contro chi se lo sarebbe meritato sul serio. Sentiva il suo odio, la sua rabbia, e si sentiva ancora più impotente, ancora più marcio.
«Es… es tu-»
«Sprich du nicht! Non parlare!» lo zittì Agnese, con decisione.
«Non voglio sentire una sola parola!».
Maxime ingoiò il rospo senza ribattere, abbassò il capo, fissando insistentemente le mattonelle del pavimento. 
Lo sapeva che ormai per lui non ci sarebbe stata alcuna via di fuga, alcuna redenzione.
Poco prima di lasciare la sagrestia, Agnese rivolse un ultimo sguardo fulmineo a don Pierino, che rimase quasi pietrificato sul posto.
«Deve lasciare Torino immediatamente!» ordinò, e seppe incutere così tanto timore nel curato, che non appena lei uscì fuori, si apprestò a farsi il segno della croce.
«Tutto bene, amico?» provò Romeo, mettendo una mano sulla spalla del giovane straniero. Maxime non gli diede alcun segno di aver capito, nè di conferma alla sua domanda. Don Pierino si avvicinò così ai due ragazzi, recuperando un po' della compostezza che durante il trambusto della mattinata era andata perduta. 
«Lo dobbiamo nascondere, Romeo» propose gentile, ma con malcelata apprensione. Romeo annuì, dando poi una pacca d'incoraggiamento a quel tedesco che mai nella vita si sarebbe aspettato che sarebbe diventato suo grande amico.
«Andrà tutto bene» cercò di incoraggiarlo, non mollando la presa. Maxime allora gli poggiò su il palmo tremante, stringendogli la mano con riconoscenza. Gli occhi, però, erano puntati altrove. 
Dopo essere rimasto solo, il ragazzo crollò a terra in ginocchio, e solo allora, lontano da sguardi indiscreti, si lasciò andare ad un pianto sconsolato e liberatorio.
«Mein Gott, was habe ich getan?!»
Mio Dio, che cosa ho fatto?
Si strinse le braccia al petto, sperando di soffocare quella sensazione spiacevole che gli stava fiorendo nel petto e nello stomaco, e chiuse le palpebre, strizzandole con forza.
Gli occhi sempre più vitrei di Kusserl, gli occhi fieri e arrabbiati di Agnese, gli occhi imploranti e preoccupati di Romeo… tutti quegli sguardi vorticavano nei suoi ricordi senza concedergli tregua. Alzò poi lo sguardo verso l'alto, e notò il crocifisso di legno, non molto grande, appoggiato sul mobiletto di mogano. Anche Gesù Cristo lo stava giudicando, dall'alto della croce, con quegli occhi vitrei e colmi di pietà. Pietà che Gabriel von Kusserl non aveva mai avuto verso niente e nessuno.
L'ennesimo singulto, e Maxime tornò ad abbassare il capo, abbandonandosi totalmente alla disperazione.

 
 
 
Buongiorno, e buon inizio di Ottobre a tutti!
È la prima originale che scrivo di mio pugno, non ho mai avuto problemi a descrivere personaggi di mia fantasia, ma finora li ho sempre fatti agire assieme a personaggi di opere già esistenti… qui sono totalmente allo sbaraglio, e non so cosa ne uscirà fuori.
Ma la parola d’ordine di questo Writober sarà “istinto”: chiedo scusa se i personaggi non saranno descritti perfettamente, chiedo scusa se dovessi sbagliare qualche nomenclatura o qualche dettaglio, diciamo che il contesto storico starà molto sullo sfondo, e cercherò di approfondirlo il meno possibile dove non sarà necessario. È una prova, un esercizio per me necessario, e lo prenderò per quello che è. Spero almeno che la lettura e la storia che vi porterò sia godibile e v’intrighi.
Buon inizio di Writober a tutti e buon divertimento!

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Flying_lotus95