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Autore: Striginae    01/10/2023    1 recensioni
[FrUK - AU!Magical☆Strike - AU!Human]
Francis è un normalissimo dipendente a cui non piace la sua occupazione. Arthur è il suo collega, maniaco del lavoro. Tutto procede noiosamente bene alla compagnia in cui sono impiegati, fino a quando non si presenta il figlio del titolare, Alfred, animato da tanta buona volontà che però si concretizza in azioni non molto gradite ai suoi stipendiati. Così, ottenuto il magico Potere dello Sciopero in circostanze improbabili, toccherà a Francis combattere per la giustizia... e anche per amore.
[HIATUS]
Genere: Commedia, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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IV
Il meme
 
                                                                   
 
Francis scese dall’auto di Arthur ed entrò nel palazzo dove si trovava il suo appartamento. Prese l’ascensore e salì fino al terzo piano mentre, soprappensiero, cercava la chiave nella ventiquattrore. Non era mai accaduto che si addormentasse in ufficio. Non ricordava nemmeno di averlo fatto, era collassato... come se avesse prosciugato tutte le sue forze all’improvviso. Sentiva le palpebre pesanti e gli occhi secchi ma si impose di tenerli aperti. Entrò in casa con l’unico desiderio di prendere una bustina e mettersi a letto. Era stata una fortuna che Arthur avesse rifiutato il suo invito, che figura avrebbe fatto se si fosse fatto vedere in quelle pietose condizioni? Inoltre, Francis ricordò, c’era un’altra cosa che doveva fare prima di concedersi una buona nottata di sonno ristoratore: parlare con Ivan della sua piccola, magica, protesta del pomeriggio.
 
E a proposito di Ivan, dove si era cacciato? In genere quando lo sentiva rientrare, il gatto si faceva sempre trovare al centro del salotto con quel suo enigmatico sorriso felino, chiedendogli com’era andata a lavoro. Il francese conosceva Ivan da meno di una settimana, ma sapeva che il demone stava aspettando il momento in cui finalmente Francis avrebbe detto: “Mi sono trasformato in Magical Strike”. A quanto pareva, non avrebbe dovuto aspettare ancora tanto a lungo.
 
«Privet.»
 
Lo salutò allegramente la voce miagolante di Ivan mentre con un poof appariva dal nulla, facendogli prendere un colpo. A differenza del suo “padrone”, il demoniaco gatto sembrava pieno di energie.
 
«Oh putain!»
Quasi urlò Francis, portandosi una mano sul cuore per lo spavento. Prese un profondo respiro per calmarsi mentre Ivan piegava la testolina di lato. Mosse le orecchie. La reazione di Francis doveva averlo divertito.
 
«Ti ho spaventato?»
 
«Ovviamente! Non farlo mai più... sono esausto.»
Si lamentò Francis, abbandonando le scarpe, il cappotto e la valigetta all’ingresso. Non attese che Ivan gli rispondesse, ma si diresse subito in bagno per darsi una rinfrescata. In genere, dopo una dura giornata di lavoro, una doccia era in grado di rimetterlo in sesto. Purtroppo per Francis, questa volta servì a ben poco. Ogni secondo che passava si sentiva un po’ più stanco. Si trascinò fino in cucina per riempirsi un bicchiere d’acqua e sciogliervi una compressa. Sapeva che era meglio prendere quei farmaci a stomaco pieno ma non aveva voglia di cucinare e la sua testa sembrava sul punto di rompersi in due. Percepì la coda pelosa del felino solleticargli le gambe. Poi vi fu un miagolio.
 
«Hai usato i tuoi poteri, è così?»
Chiese Ivan, pimpante, andando al sodo. Francis confermò e Ivan saltò sul bancone per poterlo osservare negli occhi.

«Non avevo dubbi. Guarda come sei ridotto.»

Sebbene fosse mezzo stordito, Francis inarcò comunque un sopracciglio. Non gli piacque il modo in cui Ivan lo aveva detto: non solo non era affatto sorpreso ma, al contrario, sembrava preparato all’eventualità. Francis non era davvero dell’umore giusto per affrontare un qualsiasi tipo di discussione ma la curiosità, ed un pizzico di preoccupazione, ebbero la meglio su di lui.
 
«Che intendi?»

«Che questo risultato era più che prevedibile.»
 
«In che modo?»
 
«C’è una cosa che dovresti sapere.»

I suoi sospetti erano fondati dunque. Francis non se ne sentì affatto sollevato, anzi, aveva come l’impressione che il peggio dovesse ancora arrivare. Ivan lo fissava attentamente con i suoi occhi violetti ma non disse altro. Francis sollevò il gatto per costringerlo ad affrontarlo faccia a faccia. Ivan accennò delle fusa e Francis era sicuro che lo stesse solo prendendo in giro, un chiaro modo per dire: “No, non ti considero affatto una minaccia”.
 
«Perché sono sicuro che non mi piacerà?»
 
Sconfitto, Francis si sedette, poggiando Ivan sulle sue ginocchia. Approfittando dell’occasione, per vendetta per avergli mancato di rispetto prendendolo contro la sua volontà, Ivan gli graffiò il braccio. Francis lo ritirò di scatto ma subì in silenzio, in attesa che il demone gli spiegasse una volta per tutte cosa stesse succedendo.
 
«Quando usi il potere dello Sciopero consumi energia...»
Iniziò Ivan, con serietà. Già dalle prime battute, a Francis non piacque affatto quella discussione. Aveva un pessimo presentimento. Vedendo la crescente preoccupazione dell’umano, il gatto continuò.

«... parecchia energia, probabilmente il triplo di quella che useresti in una tua giornata-tipo da impiegato. Forse anche più, soprattutto se non ci sei abituato. Usare i tuoi poteri incoscientemente è un po’ come se soffrissi di problemi cardiovascolari e decidessi di gareggiare nei duecento metri piani senza aver mai corso in vita tua.»
Ivan ridacchiò, evidentemente soddisfatto dell’immagine che era riuscito ad evocare. Riprese:
«Viste le tue pessime condizioni fisiche e la tua vita sedentaria non è neppure un paragone così sbagliato. Infatti, ti consiglierei di non abusarne, altrimenti... la conseguenza sarà soltanto una.»

«Vuoi dire che...»

«Ti scoppierà il cuore.»

Francis per la sorpresa si alzò di scatto, facendo cadere Ivan sul pavimento. Il demone atterrò con grazia mentre il francese si reggeva allo spigolo del tavolo per non crollare a terra.

«E me lo dici solo ora?!»

Francis sudò freddo. Cosa diavolo saltava in mente a Ivan, questa era la prima cosa su cui avrebbe dovuto metterlo in guardia! Ma d’altro canto, pensò Francis, Ivan non era l’unico da incolpare lì. Lui stesso aveva peccato di ingenuità a fidarsi di un demone. Quando Francis abbassò gli occhi, trovò Ivan a fissarlo, con aria serafica.

«Non c’era stata ancora l’occasione per discuterne.»
Fu l’unica giustificazione del demone. Francis avrebbe voluto imprecare ma riuscì a contenersi. Quel maledetto demone era esasperante.

«Ne abbiamo parlato due giorni fa!»

«Ma tu non mi avevi detto quando avresti voluto utilizzare i tuoi poteri. Se lo avessi fatto, ti avrei avvertito in tempo.»

Francis si passò nervosamente una mano tra i capelli. Rimaneva una sola alternativa.

«Non mi trasformerò più in Magical Strike.»

Di colpo Ivan appiattì le orecchie all’indietro e inarcò la schiena, la coda così gonfia da risultare spessa il doppio del normale.

«No!»
Soffiò aggressivamente il gatto, prendendo Francis alla sprovvista.

«Perché no?»

Francis distinse chiaramente le unghie malefiche di Ivan affondargli nella gamba ma fece finta di nulla, per quanto la reazione di Ivan fosse inaspettatamente ostile, la sua mente stava ancora processando la non così banale notizia di aver rischiato di morire. Avrebbe avuto tutto il tempo di chiedere al demone quali fossero i suoi reali interessi quando si sarebbe calmato.

Ivan nel frattempo si ricompose. I suoi occhi felini trapassarono Francis da un lato all’altro come se potessero leggergli l’anima.

«Sarebbe uno spreco, ti pare? E poi credevo volessi farti valere. Se oggi ti sei trasformato vuol dire che ne hai avuto bisogno.»

Se avesse saputo la verità fin da subito, Francis non avrebbe usato mai e poi mai quel genere di potere. Certo, quella follia lo aveva salvato dal morire di noia e per un po’ lo aveva fatto sentire speciale ma ormai era pienamente consapevole dei rischi e non era sicuro che il gioco valesse la candela. Se solo Ivan lo avesse avvertito in tempo sarebbe stato diverso. Francis avrebbe voluto arrabbiarsi ma non ne aveva le forze necessarie e, suo malgrado, non riuscì a trattenere uno sbadiglio.

«Per questa sera la chiudiamo qua ma domani mattina ne riparliamo.»

Francis aveva bisogno di dormirci su. A mente fredda, magari, sarebbe stato tutto più semplice. Ivan non rispose, limitandosi ad osservare l’umano, curvo per la stanchezza, sparire nel buio dell’altra stanza.

Quella sera, sia demone che umano andarono a letto senza cena.


 
* * *


 
«Sveglia!»

Francis venne scosso dai cuscinetti di Ivan sulla sua faccia. L'umano, ancora addormentato, cercò di spostare il gatto ma Ivan, decisamente più agile di lui, senza fatica evitò la presa sbattendogli per ripicca la coda sul naso.

«Francisk, devi vedere una cosa!»

Francis aprì un occhio, restio. Era venerdì ed era il suo giorno libero, poteva prendersela comoda. Qualsiasi cosa fosse successa non poteva essere più importante del suo sonno di bellezza. Ivan lo chiamò di nuovo e ancora una volta il francese fece finta di non sentirlo, coprendosi la testa con il lenzuolo. Peccato che l’umano non avesse considerato che il demone era ben più testardo di lui. Infatti, grazie ai suoi poteri, Ivan aveva fatto sparire lenzuolo e cuscino, non lasciando a Francis altra scelta che quella di ascoltare qualsiasi cosa avesse da dirgli.

Quando Francis, sconfitto, si raddrizzò sul materasso si ritrovò a fissare il suo cellulare che fluttuava davanti a sé. Improvvisamente sveglio, afferrò il telefono. Ivan lo aveva sbloccato ed era entrato su Instagram.

«Come conosci il mio pin?»
La luce abbagliante dello schermo quasi lo accecò nel buio della stanza.

«0804.»
Ivan non aveva avuto neppure bisogno di usare i suoi poteri demoniaci, Francis aveva incautamente digitato quel codice così tante volte di fronte a lui che per Ivan era stato un gioco da ragazzi accedere al cellulare. Francis capì perché ultimamente trovava sempre il cellulare aperto su improbabili pagine Google, non era lui che cominciava a perder colpi e scordarlo accesso ovviamente c’era lo zampino di quel gatto russo.

«Guarda là. Strike-chan è una celebrità.»

Francis non aveva idea di che cosa stesse parlando Ivan ma fece quanto ordinato e guardò la foto che faceva bella mostra di sé sullo schermo. Un secondo dopo, era saltato giù dal letto. La foto in questione ritraeva lui e Arthur, durante il loro “incontro” il giorno prima, nel momento esatto in cui l'inglese gli stava puntando contro un dito. Francis lesse la didascalia, non comprendendo perché venissero chiamati Strike-chan e Salaryman-san. Ad una seconda occhiata, Francis si accorse che quello era uno screen di un post su Twitter che, a quel che pareva, in tutte le pagine parigine di meme era diventato virale. La maggior parte di esse avevano adottato quella foto come template per battute come: “Barbenheimer, version française”, “Me:/Also me:”, “My two personalities arguing over what to wear” e così via. Francis avrebbe pure trovato divertenti quelle immagini se non fosse stato che temeva sia che il suo travestimento non reggesse sia, e soprattutto, la reazione di Arthur.

«Oh merde.»
Francis scorse ancora tra le immagini, poi aprì la sezione commenti. Se ne pentì all’istante, riconoscendo uno scambio di battute tra due utenti a lui decisamente noti.


 
alascot @a_kirkland  “Vado in Francia, è la mia opportunità” > diventa un meme 🤡           ♡ 
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                  a_kirkland @alascot  Alasdair ti blocco.                                                                                                 
                   20 h   Piace a 13 persone   Rispondi
 
 
A quel punto, Francis era talmente inorridito da farsi quasi cadere il cellulare di mano.

«Com’è successo? Non dirmi che è opera tua!»
 
«Se lo fosse stata, me ne sarei già preso il merito.»
 
La risposta di Ivan non era una grande consolazione e Francis non la sentì nemmeno. Infatti, aveva già aperto la chat con il collega, iniziando a scrivere più velocemente possibile ma Ivan lo bloccò.
 
«Devo spiegare a Arthur la situazione, a quest’ora sarà furioso. Mi odierà per tutta la vita, come minimo!»

«Calmati. Non può sapere che sei tu Strike-chan, non hai nulla di cui preoccuparti. Ricordati che è un travestimento magico, non c’è modo che lo scopra. A meno che non sia tu a volerlo.»

Le dita di Francis si arrestarono di colpo, Ivan aveva ragione. Un po’ più tranquillo cancellò il testo che aveva iniziato a scrivere ma non posò il telefono. Si sedette sul letto, sul quale erano spuntati di nuovo cuscino e coperta, e Ivan si sistemò accanto a lui per sbirciare tra i direct.

«Gli manderò comunque un messaggio... posso inoltrargli questa stessa immagine e chiedergli che stava succedendo, teoricamente io non c’ero.»
Ragionò Francis che, ansia a parte, moriva dalla curiosità di sentire le opinioni di Arthur sul suo scontro con Strike-chan.

«Chi è questo Artur comunque?»
Come un vero gatto che si rispetti, attratto dai movimenti rapidi delle dita di Francis che battevano furiosamente sulla tastiera, Ivan picchiettò la zampa sulla sua mano, in attesa di spiegazioni.

«Un mio collega.»

«Questo lo avevo capito.»
 
Non ricevendo nemmeno un cenno da parte di Francis, Ivan insistette.
 
«È solo un collega?»

Francis sollevò lo sguardo dallo schermo, ricordandosi per l’ennesima volta che quell’adorabile palla di pelo era in realtà un demone. A volte il francese rabbrividiva di fronte a Ivan, c’era qualcosa di estremamente inquietante nei suoi modi all’apparenza gentili e nel suo intuito infallibile.
 
«Che stai insinuando?»

«Per essere “solo un collega” ne parli decisamente troppo.»

Non era una menzogna né un’esagerazione. Francis parlava di Arthur in continuazione. “Arthur oggi mi ha offerto la colazione”, “Arthur mi ha dato un passaggio”, “Questa mattina ho incontrato Arthur che...”, Arthur di qua e Arthur di là, ormai a Ivan sembrava di conoscerlo pur non avendolo mai visto. Francis sollevò gli occhi al soffitto. Oh dai, era così palese?

«È il mio ex, d’accordo?»

Francis era sicuro di aver sentito Ivan sghignazzare. Come potesse un gatto emettere un suono così umano rimaneva per lui ancora un mistero, ma stava ormai accettando che farsi meno domande possibili era l’unico modo per sopravvivere.

«Lo ami ancora.»
Affermò Ivan e Francis sbuffò. Solitamente Francis non si sarebbe tirato indietro dal parlare apertamente dei suoi sentimenti, ma aveva i suoi buoni motivi per voler evitare momentaneamente l’argomento. Il primo, i suoi sentimenti per Arthur erano complicati. Il secondo, era ancora arrabbiato con Ivan.

«Neanche per idea.»

Ivan lo fissò e Francis si sentì a disagio. Il francese distolse lo sguardo ma, senza mostrare alcuna pietà, fu Ivan ad avere l’ultima parola.

«La mia non era una domanda.»
 
Francis fece finta di non averlo sentito, non aveva intenzione di affrontare quell’argomento con lui. Che ne poteva sapere un demone di problemi d’amore, comunque? 
 
«Lascia perdere. Ricorda piuttosto quello che ti ho detto ieri, con gli scioperi ho chiuso.»
 
Ivan tacque e Francis abbassò lo sguardo sul cellulare. Arthur aveva visualizzato ma non gli aveva ancora risposto. Conoscendolo, non lo avrebbe fatto comunque. Poteva essere un bene però, se Arthur non voleva parlargliene al telefono magari lo avrebbe fatto di persona. Ed era anche una buona scusa per vedersi fuori dal lavoro, Francis non si sarebbe fatto sfuggire quell’opportunità
 
 Sei libero questa sera, cher?
09:49
 
 Potremmo andare a bere qualcosa insieme, che ne dici? 😚
09:50
 
Francis vide i tre pallini cominciare a muoversi, Arthur stava scrivendo... e scrivendo... e scrivendo... dopo dieci angoscianti minuti quegli stupidi tre pallini continuavano ancora a muoversi e dopo circa altri dieci arrivò finalmente la riposta. Francis a quel punto si aspettava un messaggio lungo quanto Alla ricerca del tempo perduto ma non poteva sbagliarsi maggiormente.
 
 Ok.
10:14
 
Il punto finale aveva un qualcosa di minaccioso, ma Francis decise di non farci caso. Arthur aveva accettato, perciò poteva ritenersi soddisfatto.
 
  Alle 21:30 al solito posto?
10:15
 
Arthur inviò la stessa stringata risposta. Era fatta. Quella sera gli avrebbe detto la verità e Arthur si sarebbe incazzato da morire ma Francis era sicuro di poterlo gestire. Perciò, dopo aver passato ore e ore a prepararsi, quando alle nove di quella sera varcò la porta di casa per uscire e sentì il rumore della notifica sul telefono, Francis non riuscì a nascondere la delusione.
  
 Questa sera non posso. Ci vediamo lunedì in ufficio.
20:59
 
 
* * *
 


Come ogni settimana il lunedì arrivò micidiale e Francis stava ancora ribollendo come una pentola a pressione, ma era nulla in confronto al malumore che lo aveva accompagnato per tutto il weekend.
 
La sera del venerdì aveva fatto dietrofront ed era tornato a casa, aveva sbattuto sonoramente la porta e aveva tenuto il muso per tutto il resto del tempo. Poi si era buttato sul divano, una cioccolata calda in mano e aveva acceso Netflix, per guardare un documentario su un qualche serial killer che Ivan si era ritrovato a seguire con interesse. Anche ogni tentativo di mettersi in contatto con Arthur era stato vano, tutti i vocali che gli aveva inviato erano rimasti inascoltati, fino a quando Francis non spense il cellulare e lo lanciò via con un gesto stizzito, perdendolo tra le pieghe del divano. Contro la sua volontà Ivan venne accarezzato sulla testa e usato a mo’ di peluche mentre Francis si commiserava.
 
Purtroppo per il demone non si era più presentata una buona occasione per riprendere il discorso su Strike-chan, ma Ivan aveva elaborato un piano. All’insaputa di Francis lo avrebbe seguito in ufficio, magari lì avrebbe scoperto qualcosa.

La mattina del lunedì Ivan era pronto ad agire. Il demone aspettò pazientemente che Francis lo salutasse e sparisse dietro la porta, prima di smaterializzarsi in una nebbiolina nera, ritrovandosi poco dopo nell’auto del francese. In silenzio Ivan si acquattò nella parte posteriore della macchina mentre Francis, attaccato al volante e di pessimo umore, si recava alla Jones International.

Francis scese e lo stesso fece Ivan e, utilizzando qualche suo trucchetto da demone, si accertò che l’umano non lo notasse. Giunti al piano degli uffici, il gatto fece slalom tra le gambe dei dipendenti senza mai perdere di vista il suo umano di riferimento. Francis stava marciando nel corridoio finché, senza neanche bussare, spalancò una porta e come una furia entrò nella stanza. Ivan sgusciò all’interno, comprendendo immediatamente che quello non dovesse essere l’ufficio di Francis. Seduto alla scrivania infatti vi era già un altro dipendente e indovinare di chi si trattasse non era poi così difficile. Prevedendo che da lì a poco avrebbe assistito ad un esilarante spettacolo Ivan si sedette comodamente su una delle due sedie libere dall’altro lato della scrivania. Gli umani non potevano vederlo, tanto valeva godersi la scena in prima fila.

«Si può sapere perché ti stai comportando da stronzo?»
Esordì Francis, piazzandosi di fronte alla scrivania del collega, un uomo biondo e con l’aria di chi non dormiva da una settimana intera. Ivan era sicuro che quello fosse Arthur. Il segretario lanciò un’occhiata bieca a Francis da dietro le lenti degli occhiali. Poi tornò a fissare lo schermo del computer.

«Francis, non ora. Sto lavorando.»

Francis non solo non desistette, ma si sedette pure.  
«Tu lavori sempre Arthur, non è mai il momento giusto. Ce l’hai con me.»

Arthur non lo degnò di uno sguardo.

«No.»

Francis rise, ma a Ivan non sembrò una risata allegra.
 
«Quindi mi hai dato buca e non hai risposto alle mie chiamate... per quale motivo? Dimmi che ti ho fatto.»

Arthur lasciò perdere qualsiasi cosa stesse facendo al computer e si tolse gli occhiali, volgendosi infine verso il collega. Francis sostenne lo sguardo e finalmente Arthur parlò.
 
«Forse non te ne sei accorto ma ho l’intera azienda che mi prende per il culo a causa di un meme di merda. E sai chi ha dovuto rispondere ad una marea di e-mail di giornalisti e curiosi che volevano sapere che stava succedendo in azienda per tutto il weekend? Esatto, io. E sai chi non ha chiuso occhio perché non riesce a capire come un cosplayer del cazzo, che per inciso mi ha rovinato la settimana, mi conosca? Di nuovo io, wow che sorpresa.»

Francis lasciò che Arthur si sfogasse e il suo sguardo si fece più comprensivo. Oh, Ivan conosceva bene quell’espressione. Si trattava dei sensi di colpa. Francis chiaramente doveva sentirsi responsabile.

«Va bene, ti concedo che hai le tue ragioni per essere stressato. Ma non capisco cosa ti ho fatto io. Ho visto la foto e ho pensato che avessi bisogno di una distrazione, per questo ti ho chiesto di uscire.»
Fece Francis e Arthur si rimise sulla difensiva.
«Magari non mi andava di uscire, soprattutto con te. Immagino che Ivan ti abbia tenuto buona compagnia.»

Il gatto tese le orecchie quando venne chiamato in causa. Oh, quindi Francis aveva parlato ad Arthur di lui! L’evidente disprezzo con cui era stato pronunciato il suo nome fece ridacchiare Ivan. Al contrario, Francis assunse un’espressione quantomeno perplessa.
 
«Che c’entra Ivan adesso?»
 
«Sei stato con lui, sì o no?»
 
«Sì, sono rimasto a casa con lui ma che...»
 
«Allora io e te non abbiamo più niente da dirci.»
 
Il telefono dell’ufficio di Arthur squillò e il segretario rispose subito, facendo un cenno a Francis di rimanere in silenzio. Francis allargò le braccia per nulla contento dell’esito di quella conversazione.
 
«... sì. Sì, arrivo subito.»
Stava dicendo Arthur alla cornetta, poi riattaccò.

Francis inarcò un sopracciglio con aria interrogativa e Arthur semplicemente disse:
«Alfred mi vuole nel suo ufficio.»
 
«Perché?»
 
«Non lo so. E comunque non è affar tuo.»
 
Era chiaro che la discussione finisse lì. Senza nascondere l’ennesima delusione Francis si congedò e Ivan, invece che seguire lui, trotterellò dietro all’inglese fino all’ufficio del signor Jones.
 
«Buongiorno Arthur!»
Lo accolse Alfred, in piedi accanto alla finestra del suo ufficio.

«Buongiorno Mr Jones.»
Ricambiò Arthur, in tono neutro. Alfred gli fece cenno di sedersi e accennò una risata.

«Solo Alfred va bene, altrimenti mi fai sentire vecchio!»
 
Ivan osservò per bene Alfred, mentre si esibiva in tutti quegli allegri convenevoli. Il demone non si fece abbindolare, forse quella facciata poteva ingannare Francis e Arthur, ma Ivan riusciva a scorgere facilmente oltre essa. Alfred non era per nulla uno sprovveduto, ma un ragazzo armato di ferrea determinazione che perfettamente si combinava ad un pizzico di avventatezza, tipica della sua età. Alfred aveva in mente qualcosa, Ivan glielo leggeva in faccia.
 
«Di cosa mi voleva parlare, Alfred?»
Iniziò Arthur e Alfred non perse tempo a girare intorno alla faccenda. Andò dritto al dunque, un tratto della personalità che condivideva con Ivan.

«Di quello che è successo la settimana scorsa... dello Strike-chan gate
 
Arthur non disse niente, ma il demone lo vide chiaramente irrigidirsi.
 
«È da giovedì che ci penso... e ho un’ipotesi.»
Alfred esibì un sorrisetto. Il gatto rimase in attesa, era genuinamente curioso di scoprire a quale conclusione fosse arrivato l’americano.

«Strike-chan non è nessuno dei nostri dipendenti o l’avremmo riconosciuto, ti pare?»
 
Ivan mosse la coda. Non aveva dubbi che il travestimento reggesse alla grande, per un demone camuffare l’apparenza era in gioco da ragazzi. Poveri umani, bastava così poco per fregarli. Alfred, però, non aveva ancora smesso di esporre la sua idea.
 
«Perciò mi sono chiesto... se non è nessuno dei miei dipendenti, come faceva a sapere della nuova politica aziendale?»
 
Ivan vide Arthur sgranare gli occhi, segno che aveva colto il sottinteso.
 
«Qualcuno ha fatto una soffiata.»
Rispose Arthur e Alfred annuì, soddisfatto che pure il suo segretario fosse giunto alla medesima conclusione.
 
«Din din din. Bingo.»
Alfred finalmente lasciò che la sua aria allegra facesse spazio ad un’espressione più seria.
 
«Devo scoprire chi è stato... e sarai tu ad aiutarmi, Arthur.»

Arthur si fece attento.

«Perché proprio io?»
 
«Sei l’unico di cui mi possa fidare. Hai parlato faccia a faccia con Strike-chan e, oltre che l’azienda, sei stato tu che hai ricevuto un danno di immagine in prima persona con tutta la questione del meme su Salaryman. Dubito che tu sia suo complice.»
Spiegò Alfred con semplicità e Ivan doveva ammetterlo, quel ragazzino era un buon osservatore. Tutto sommato la sua ipotesi non era neppure così campata per aria, considerando che ci fossero delle forze ultraterrene a nascondere la verità.

Un sorrisetto diabolico si dipinse sul viso di Alfred. Sicuro di sé, tese la mano verso il segretario.

«Quindi... accetti?»

Arthur abbassò lo sguardo sulla mano di Alfred, stava chiaramente valutando l’offerta. Ivan riusciva a percepire l’aura negativa che aleggiava attorno all’inglese. Meglio ancora, Ivan riusciva a fiutare i cattivi sentimenti che la alimentavano. Frustrazione, nervosismo e... gelosia?

Arthur strinse la mano di Alfred.

«Sì. Sì, scoprirò di chi si tratta.»
 
Ivan balzò giù dalla sedia, aveva sentito abbastanza.
Allargò un ghigno.

Adesso era il suo turno e aveva già in mente la sua prossima mossa. 




Note finali
Ciao! Sono passati mesi interi ed eccomi qui con un nuovo capitolo di questa storia... anche un po' più lungo del solito. La mia risoluzione è riuscire ad aggiornare una volta al mese, spero di farcela. Comunque... tadà! Questo capitolo è molto Ivan-centric e mi ha divertito parecchio scriverlo. Anche perché ehi, il nostro demone ha scoperto qualche carta. Così come l'ha fatto Alfred. In tutto ciò, la villain origin story di Arthur è quella di essere geloso di un gatto. A sua discolpa, ha frainteso. Francis la vera vittima di questa storia, poveretto. Ivan ha un piano, quindi non può che andare tutto bene, giusto? ... giusto? 
Ah, piccola noticina! A un certo punto si nomina Barbenheimer, anche se questa storia è ambientata a gennaio 2022... ma facciamo finta di niente, è stato il mio meme preferito questa estate perciò volevo inserirlo per forza ahahah 
Detto questo, grazie mille per aver letto fin quaggiù e se volete, ditemi che ne pensate :) 
Alla prossima! 
   
 
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