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Autore: Princess of the Rose    03/10/2023    1 recensioni
Raccolta su 2pTalia.
Miscellanea 2: "Republic of Canada," disse America aprendo la scatolina e rivelando un anello dorato con sopra una decorazione a forma di maglietta di hockey, "Se vuoi farti perdonare per avermi tradito con Russia, accetta di sposarmi!"
Il turbine: Backmasking, Jouska, Rubatosis, Énouement, Chrysalism [Tabella "Il dizionario delle emozioni" di Lande di fandom]
Incontri del 2p tipo: XX.XX.20XX: per qualche motivo, si è aperto un varco interdimensionale. Visto che non si è richiuso, le due dimensioni comunicanti decidono di intraprendere relazioni diplomatiche.
Le vacanze unite: La quasi-Federazione europea va in vacanza
Romano e i gatti che non voleva: titolo esplicativo... [Maritombola 14]
Natale 1991:Il Natale del 1991 è considerato un momento di svolta per la politica mondiale...
L'UPE va alla guerra: Poco prima dell'avvento della Costituzione e il passaggio da Unione a Federazione, l'UPE avanzò delle richieste per poter aumentare il proprio livello di autonomia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: 2p!Hetalia
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Titolo: Miscellanea

Personaggi: Nord Italia (Marco Vargas/Feliciano Vargas); Sud Italia (Matteo Vargas/Lovino Vargas); Lussemburgo (Sebastien Junker); Francia (Jean-Baptiste Bonnefoy); Austria (Franz Eldelstein); Paesi Bassi (Christian van Dyk); Inghilterra (Oliver Kirkland)

Genere: Commedia, punta di angst nella seconda fic

Coppie: Nessuna

Avvertimenti: Nessuno

Note aggiuntive: Queste sono fic troppo brevi per postarle in modo a sé stante e che non hanno motivo di essere più lunghe di quanto siano già. Pubblico così perché non so se riuscirò a finire la prossima fic entro la settimana prossima, visto che il week end sono fuori e ho articoli da scrivere, e si è rivelata più ostica del previsto - manca giusto la parte che collega tutta la storia alla parte finale, ma è dura, un po' mi dispiace vedere sti cristiani soffrire in sta maniera lmao.

Le fic sono scollegate tra di loro, possono essere lette anche da sole. E si la prima è ispirata ai Ferragnez e all'episodio del caffé macchiato lol.

Menzione speciale all'ultima fic, che è stata ispirata dal week end calcistico di qualche settiman va (dovevo postarla al posto di Buon vino, tavola lunga ma mi sono sbagliata ops.) e che ha il cameo dei nostri Feliciano e Lovino! Non sarà l'unico cameo delle nazioni a noi familiari.

Ditemi che ne pensate, se vi vanno bene anche fic più brevi come capitoli a se stanti o va bene fare una miscellanea ogni tanto.

Ho deciso che il mio obiettivo con questa raccolta è arrivare a 30 capitoli. Quindi sono a metà strada lol.

Se vi va, sono su tumblr per ogni evenienza.

Enjoy!

 



Con la convivenza quella della lingua era una delle prime questioni che era stata affrontata: nel corso del tempo erano stati finanziati corsi delle lingue parlate nella federazione - francese, italiano, tedesco, olandese e fiammingo - che avevano riscosso un discreto successo anche nella popolazione comune, non coinvolta nei centri di potere e nell'amministrazione.

Per quanto riguarda le nazioni, tuttavia, la stessa questione era un pochino più complessa: non c'era alcun problema a parlare le lingue e dialetti interni ad esse o quelle dei Paesi confinanti, ma quando si trattava di lingue geograficamente distanti le difficoltà erano un po' più marcate.

Lussemburgo parlava tranquillamente olandese e fiammingo e di suo sapeva un po' di francese, ma l'italiano era una lingua che mai avrebbe pensato di dover imparare. Inizialmente era fiducioso che non gli sarebbe servito molto tempo per padroneggiarlo, rassicurato dal ministro della cultura italiano sulla facilità della sua lingua. L'apertura del libro di grammatica distrusse il 20% delle sue speranze; il restante 80% si schiantò contro la diversità dialettale della penisola che rese inutile tutto il vocabolario che aveva memorizzato.

Non poteva non essere un po' invidioso di Veneziano e Romano: il primo, fortemente influenzato dalle repubbliche marinare del nord, parlava moltissime lingue, mentre il secondo ancora si ricordava olandese e fiammingo dall'epoca in cui abitava assieme a Paesi bassi e Belgio a casa di Spagna (e se il suo olandese era magari un po' acciaccato, le 'lezioni private' di Belgio avevano certamente migliorato il suo fiammingo.)

Nonostante ciò, Lussemburgo ci teneva a comunicare con loro nella loro lingua madre, sia per rispetto nei loro confronti, sia per curiosità nel sapere cosa urlassero di preciso ogni volta che Germania cercava si approcciarsi al Settentrione - al suo attuale livello riusciva solo a distinguere i nomi di alcuni santi - e sia perché non gli andava di sentirsi escluso visto che era l'unico a non saper parlare perfettamente italiano - Francia ci confinava, Paesi bassi lo sapeva per questioni commerciali di molto antecedenti la storia della Federazione, Germania lo aveva imparato sperando di far colpo su Veneziano (inutilmente) e Belgio aveva ricevuto 'lezioni private' da Romano.

Quel freddo pomeriggio sembrava l'occasone ideale per testare le nozioni appena imparate: seduti sul divano in salotto Veneziano stava leggendo un libro mentre Romano guardava una telenovela, entrambi tenuti al caldo da una coperta di lana; Francia era appallottolato sulla poltrona affianco alla loro, in dormiveglia, chiuso a riccio dentro un'altra coperta.

Niente di meglio di un buon caffè per scaldarli.

Lussemburgo prese un profondo respiro e si sporse dalla cucina: "Volere voi un caffé?" chiese, sperando il forte accento non rendesse incomprensibili le sue parole.

I tre alzarono lo sguardo verso di lui, inizialmente confusi.

"Perché no?" disse Romano, facendo per alzarsi.

"No no no, io faccio, io," si affrettò a dire, indicandosi. Aveva imparato a farlo sia alla francese che con la moka ed era ormai abbastanza fiducioso nelle proprie capacità da sapere di poterlo preparare senza incorrere nell'ira delle tre nazioni, molto affezionate a quella bevanda calda e al modo in cui essa era preparata.

Romano e Veneziano si scambiarono un'occhiata, poi il primo tornò al calduccio sotto la coperta: "Va bene, fallo tu."

"Puoi farmi un té?" chiese Francia in italiano, sbiascicando un po' le parole a causa della sonnolenza.

"Certo!"

Lussemburgo si mise subito al lavoro. Mise sul fuoco l'acqua per il tè, poi preparò la moka: riempì la caldaia fino alla valvola di sicurezza, versò il caffe macinato nel filtro fino a creare una piccola montagnola senza pressare - esattamente come il Sud Italia gli aveva insegnato, con voce melliflua e una lupara puntata contro - e chiuse il tutto, per poi mettere sul fuoco anche quello. Mentre aspettava, preparò due bicchierini e due tazze - visto che c'era, si sarebbe scaldato anche lui.

"Quale tè?" chiese a Francia mentre metteva un cucchiaino di zucchero nel bicchierino di Veneziano - Romano lo prendeva sempre amaro.

"Nero va bene," gli rispose dal salotto.

'Nero' era 'schwarz' giusto? Controllò velocemente sul dizionario, per poi prendere due bustine di tè nero e metterle dentro le tazze, aggiungendo nella sua anche un cucchiaio di miele.

Dopo qualche minuto l'acqua sfiorò il bollore: tolse il pentolino dal fuoco e ne versò il contenuto dentro le tazze, coprendole con due tovaglioli.

"Um, lascia qualche minuto, così finisce di, um," disse mentre porgeva la tazza calda a Francia, non sapendo come finire la frase in italiano.

"Infondere?" lo aiutò il francese, sorridendo leggermente quando l'altro annuì, ripetendo la parola un pio di volte mentre tornava in cucina.

La moka, intanto aveva terminato il suo lavoro, diffondendo l'odore del caffè in tutta la stanza. Velocemente ne versò un po' nei due bicchierini, attento a non scottarsi.

"Lussemburgo, lo puoi fare macchiato a me per favore?"

L'interpellato si irrigidì.

"Eh?" chiese, sporgendosi dalla cucina.

"Se puoi farmelo macchiato," precisò Veneziano con un piccolo sorriso.

Lussemburgo si morse la guancia, confuso, voltandosi verso il fornello. 'Macchiato' non voleva dire 'fleck'? Che intendeva dire Italia? Aveva fosse paura che la cucina fosse sporca? Non aveva costretto Germania a pulirla stamattina? Oh, aspetta: forse credeva avesse macchiato col caffè o il tè il fornello? Poteva essere, del resto era risaputo che la sporcizia lo irritava non poco.

"No, qua è pulito," lo rassicurò mostrando il pollice all'insù.

Rimase molto perplesso quando Francia sputò il tè e Veneziano e Romano scoppiarono a ridere.





 






"Austria, faccio da solo."

"Sciocchezze," replicò continuando a sistemare i bicchieri e le tazze, "Sono o non sono occupato ora? Lascia fare a me."

Veneziano sospirò, poggiandosi contro il mobile della cucina evidentemente a disagio. Austria sorrise.

"Sai, come nazione, non sono proprio entusiasta di tutto questo," disse, cogliendo l'irrigidimento dell'altro, "Prima l'impero che ho costruito crolla rovinosamente, poi tutta quella storia con l'Anschluss, poi due guerre, poi l'occupazione. Non è stato molto generoso questo secolo con me."

Sistemò l'ultimo bicchiere e si voltò verso Veneziano, i suoi occhi violetti fissi sulla punta della scarpe per non far vedere il proprio nervosismo. Un atteggiamento che non era cambiato da quando era uno scricciolo che gli superava appena il ginocchio.

"Come Franz però, sono molto orgoglioso di te Marco, sei cresciuto davvero bene," disse scompigliandogli i capelli. Veneziano si morse una guancia, le mani si chiusero a pungo; non sollevò la testa, ma il rossore sulle guance era evidente.

"La data per le nozze l'avete fissata alla fine?"

"No ancora no, il presidente vuole assicurarsi che la situazione con Russia si sia assestata prima di procedere," spiegò Veneziano.

"Be', dopo quel tuo colpaccio con Poland probabile ci vorrà un po'," Austria rise quando sentì l'italiano sbuffare sonoramente.

"Per l'ultima volta, me lo ha lanciato addosso, che avrei dovuto fare? Ridarglielo?" lamentò, buttandosi su una delle sedie della cucina.

"Be'..."

"O andiamo, se qualcuno ti lancia una ciabatta tu non gliela ridai per fartela lanciare di nuovo no?" disse, sbuffando di nuovo quando la risposta alla sua argomentazione fu una risata, "E dire che mi ero pure presentato con l'armistizio in mano."

"Sono sicuro che prima o poi accetterà," disse, sistemando gli stracci sugli appositi appendini, "C'è altro da fare?"

Veneziano scosse la testa, senza guardalo. Austria sospirò.

"Italien per favore."

"Mi fa strano, okay?" sbottò infine, "Non sono abituato a dare io gli ordini."

"Mi pare che non sia un problema con Deutchland o sbaglio?"

"Ma è diverso con lui! È lui che è scemo," disse, sprezzante.

"Probabile, ma non è questo il punto. Considerami più un supporto o un aiuto che un cameriere," disse Austria, sedendosi vicino a lui.

Veneziano fu per argomentare ma vennero interrotti dall'ingresso di Inghilterra, che portava in mano un servizio da té regalato da India.

"Dove lo metto questo?" chiese con voce bassa, senza incrociare lo sguardo delle altre nazioni.

Austria si irrigidì quando vide un'ombra calare sugli occhi del Settentrione.

"Mettilo qua, ora ci penso io," disse con voce ora più imperiosa, incrociando le braccia davanti al petto, "Impara a fare le cose più in fretta Inghilterra, non posso starti appresso tutto il tempo."

Austria vide la nazione britannica prendere dei brevi e profondi respiri mentre faceva come ordinato.

"Fai anche un po' di tè per me e Austria visto che ci sei," aggiunse, sembrando trarre godimento nel modo mesto e rigido con cui Inghilterra eseguì anche quella richiesta.

Austria si morse il labbro, cercando di sentirsi dispiaciuto e infastidito dal sadismo di Veneziano. Poi ripensò alle condizioni in cui Romano e Germania ancora versavano, e non riuscì a trovare un'oncia di pietà.






 





"Niederlande, Deutchland  e Veneziano ti ammazzeranno se ti vedono qui," Lussemburgo cercò di avvertire suo fratello, sospirando quando questi lo ignorò e  scoperchiò una delle macchina di lusso di proprietà dei loro consorti.

"Sciocchezze," disse Paesi bassi, sprezzante, chinandosi per carezzare i cerchioni della Maserati, "Non possono farmi del male se non sanno niente."

"Niederlande, tu non sai guidare," gli ricordò Lussemburgo, guardando con crescente panico l'altra nazione mentre andava a prendere le chiavi della macchina.

"Io so guidare, Luxemburg."

"Non puoi comparare le biciclette alle macchine!"

"So guidare anche le macchine!" protestò, arrossendo, per poi sorridere contento come un bambino quando trovò le chiavi della Maserati.

"Niederlande ti scongiuro, non farlo," Lussemburgo gli si aggrappò alla vita, cercando di trattenerlo.

"Voglio solo fare un giro dell'isolato," Paesi bassi si scrollò di dosso il fratello e si chiuse velocemente nella macchina, inserì le chiavi e un brivido gli attraversò la schiena quando sentì il motore ruggire, sovrastando Lussemburgo che batteva sul finestrino.

"Christian!" provò a chiamarlo col nome umano ma Paesi bassi aveva già ingranato la marcia e fatto partire l'auto. Gli prese un mini infarto quando sfiorò di poco il muro dell'uscita del garage, sperando che suo fratello sapesse cosa stesse facendo.








"E ora passiamo alla cronaca. È stata ritrovata nella Senne la Maserati che ha seminato il panico oggi nelle strade di Bruxelles, del guidatore non c'è traccia, ci colleghiamo con la nostra inviata per avere le ultime novità a riguardo, prego ***."

"Si, buonasera a tutte e a tutti, per fortuna non ci sono stati ne morti ne feriti, solo tanto spavento e un po' di esasperazione per la Maserati che vedete qua dietro di me. I danni che vedete sono stati causati non dalla caduta nel fiume ma secondo le autorità da dei parcheggi fatti male e da delle botte date a dei pali che corrispondono all'abbattimnto di alcuni semafori nel Quartiere marittimo. Attualmente la polizia indaga per furto, disturbo della quiete pubblica e altri reati di natura colposa-"

Belgio prese un profondo respiro, cercando di trattenere le risate, stingendosi il cellulare al petto mentre Paesi bassi, zuppo dalla testa ai piedi, fissava la televisione in salotto con un'espressioen indecifrabile.

Lussemburgo, seduto sul divano, si teneva la testa tra le mani, blaterando su quando fosse grato che Veneziano, Germania e Francia fossero dall'altra parte dell'oceano e Romano fosse da Spagna e non a casa perché questo voleva dire avere tempo di scappare da Australia e mettersi in salvo dall'ira dei due fratelli Italia.

"Nederland," Belgio, con voce tremante, si avvicinò al fratello e gli porse il proprio cellulare, "Tuo marito ti vuole parlare."

Paesi bassi, bianco in volto e con un'espressione funerea, poggiò il telefono contro l'orecchio, impiegandoci un minuto buono prima di riuscire a far uscire dalla bocca un debole: "H-Hallo-"

Ripensandoci, non ci sarebbe stato bisogno del telefono: le urla di Italia del Nord attraversarono l'Atlantico senza alcuna difficoltà.







(Ci vollero la forza combinata di Germania, Francia e Lussemburgo - che non era riuscito a scappare in Australia - per evitare che Veneziano lo stritolasse quando tornarono tre giorni dopo.)



(Paesi bassi non riuscì comunque ad evitare il fucile di Romano.)







 







SPECIAL

Roma - Empoli 7-0

Inter - Milan 5-1


La fatica che dovette fare Matteo per non scoppiare a ridere sguaiatamente era paragonabile a quelle del leggendario Ercole, richiedeva tutto il suo autocontrollo e possibilmente l'intercessione dei suoi antenati. Non riuscì comunque a reprimere un sorrisetto guardando i suoi cugini saltare e ballare in giro per il soggiorno in un'insolita dimostrazione di reciproco affetto - quasi mai Lovino ricambiava gli abbracci di Feliciano - mentre Marco rimaneva seduto sul divano a fissare lo schermo della televisione col broncio più adorabile e comico che avesse mai visto sul suo viso.

La causa di tutto questo risiedeva nel derby milanese appena concluso e che aveva visto una vittoria schiacciante per l'Inter e una sconfitta inspiegabilmente umiliante per il Milan - la Roma, che aveva giocato poco prima, aveva stravinto contro l'Empoli per la gioia di Lovino.

"Abbiamo vinto, abbiamo vinto," ripetevano i suoi cugini mentre le loro sciarpe nero-blu e giallo-rosso si muovevano a tempo con i loro salti. Quando Marco si morse la guancia, probabilmente per trattenere un impropero, Matteo si impietosì un poco, continuando a trovare quella situazione ilare oltre ogni modo.

"Andiamo, non si può vincere sempre," gli disse, poggiando una mano sulla sua spalla Quando Marco gli lanciò un'occhiataccia mentalmente ringraziò che lo sguardo non potesse uccidere.

Dalla televisione i commentatori continuavano a parlare della partita con sgomento e incredulità, spingendo ancora di più il dito nella piaga.

"Ehi Marco," disse ad un certo punto Lovino, troppo inebriato dalla vittoria della Roma per poter sentire il solito terrore che lo attanagliava ogni volta che si doveva rivolgere al cugino, "Come avevi detto prima? La vostra migliore difesa sono gli attaccanti dell'Inter?"

Marco non gli rispose, limitandosi a guardarlo male. Normalmente questo avrebbe fatto tremare Lovino ma era troppo pompato di serotonina per dare retta al suo istinto di sopravvivenza.

"Ve, sono così contento," rincarò la dose Feliciano, strusciando la guancia contro la sciarpa morbida, "Che ottimo inizio di campionato."

"Dai, vi rifarete la prossima volta," canzonò Lovino, talmente fuori di sé dalla gioia di poter rinfacciare qualcosa al suo odiato parente che si permise di fare una cosa che in altri scenari mai avrebbe anche solo sognato: diede una pacca sulla spalla a Marco.

Questi guardò la mano colpevole e poi il suo proprietario con ira palpabile.

"Non fare così fratellino," disse Matteo, intuendo che la situazione stesse velocemente degenerando, "Sono le regole della tifoseria, stacce."

"Esatto, stacce," gongolò Lovino, dandogli una pacca più forte.

Oh be, Matteo ci aveva provato a salvarlo.

L'istinto di sopravvivenza prese il sopravvento in Lovino un attimo prima che Marco potesse afferrarlo per il collo, e guidò le sue gambe affinché potesse correre via prima che l'altro gli mettesse le mani addosso. Feliciano andò nel panico mentre suo fratello e suo cugino si rincorrevano per la stanza, i suoi lamenti sovrastati dalle bestemmie in veneziano di Marco e dalle suppliche di misericordia in un misto di romanesco e napoletano da parte di Lovino.

Matteo, il più silenziosamente che poté, fece un video che avrebbe poi mandato a Laura.

Era per scene come queste che valeva la pena seguire il calcio.






 
   
 
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