Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Ofeliet    11/10/2023    1 recensioni
Correva l'anno 2016, un anno nel quale non doveva succedere davvero niente.
O almeno questa era la convinzione di Francia in quel lungo e afoso mese di giugno che sembrava identico a quello dell'anno precedente e prometteva di esserlo anche in quello successivo.
Finché Inghilterra non decide che ha delle idee geniali.
{ fruk ! Brexit }
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: legami
Chiesa della pendolare esausta: ci sto prendendo ritmo. Non so come ma questa storia sta prendendo sempre più forma.
Il pov di Francia non è semplice da scrivere (ma mai difficile quanto quello di Inghilterra, per me) e raccontare spicchi della sua mente, spesso incoerente e altamente drammatica, è tanto divertente.





I flash dei fotografi non lo disorientano più di tanto.
Francia aveva approfittato della nuova invenzione appena c’era stata la possibilità, e da quel momento in poi non rinunciava ad apparire il più possibile gradevole. L’obiettivo della fotocamera sembrava adorarlo, ed erano rare le fotografie in cui non fosse splendido. I fotografi poi spesso si prendevano il tempo per riprenderlo con maggiore cura, una cosa che nutriva il suo orgoglio in modi che non credeva possibili.
Col calma Francia si sistema i capelli, mettendo in atto una delle tante pose che avevano funzionato davanti allo specchio. Non c’era alcuna possibilità di fallire. Quando scade il suo tempo si sente quasi scocciato, ma deve cedere il passo a un’altra nazione, spostandosi verso il punto in cui verrà fatta la foto di gruppo. Solitamente si faceva prima, in quanto all’uscita dalle riunioni non tutti avevano un aspetto considerato presentabile.
Germania ha già il naso nella fitta agenda della giornata. Francia non comprende come ogni volta che lo vede è immerso nel lavoro, senza darsi alcuna tregua o pausa. Sembrava fatto di un qualcosa di diverso dal resto di loro, ma non era abbastanza per indagare.
Lentamente anche le altre nazioni li raggiungono, e una volta che sono tutti lì un fotografo si presenza per fare l’ultima foto, con loro tutti insieme. Francia si guarda intorno, cercando di apparire al meglio, e il flash lo coglie impreparato. Aveva sicuramente chiuso gli occhi, ma alle altre nazioni non importava. Avevano fatto tante di quel genere di fotografie, e il futuro faceva presupporre che li attendevano molte altre.
Non serve a placare il suo malumore.
Avrebbe dovuto poi prenderla e usare Photoshop per sistemarla.
Magari anche farsi dare il nome di quell’incompetente e farlo licenziare.
I suoi pensieri macchinosi sono talmente densi che quando va a sbattere contro Inghilterra è troppo tardi. Sente rumore di un grosso raccoglitore cadere per terra, mentre gli duole il naso che ha sbattuto contro l’altra nazione.
« Ma che hai nel cervello? » gli chiede questi, chinandosi a sollevare il raccoglitore caduto mentre lui si massaggiava il naso. « Non guardi nemmeno dove vai! »
Per Francia è strano vederlo ora, molto diverso da come lo aveva visto a colazione. Sembra molto più irascibile, e probabilmente molto propenso a scoppiare se gli si dava la giusta via di fuga.
« Sei tu che ti sei fermato di colpo! »
Avevano già dato il via alle ostilità.
Francia si tocca ancora il naso dolente, ben deciso a non farla passare.
« Senti, non ho tempo da perdere con te. » ringhia Inghilterra a denti stretti. « Vai a prenderti del ghiaccio e non disturbarmi. »
Francia apre la bocca indignato per rispondergli, ma Inghilterra è già sparito oltre la porta che portava alla sala delle riunioni. Quella isola impudente, dopo tutto quello che aveva fatto per lui. Doveva fargliela pagare in qualche modo. Con calma pensa a cosa può fargli, ma ogni idea che gli viene in mente ha un sapore datato, già fatto. Deve inventarsi qualcosa di nuovo. La sua mente non gli propone nuove idee.
Si siede sulla postazione che gli è assegnata, e si massaggia la tempia con teatralità. Davanti a lui c’è il programma della giornata delle varie discussioni. Con vago disinteresse Francia passa il dito sulla scaletta, e arriva al punto che gli interessava.
Inghilterra era programmato per parlare dopo il pranzo.
Gli viene da ridere, e lo guarda con la coda dell’occhio. Gli pare di vedere una copia di Germania, un altro che aveva il naso fisso tra le carte che portava e non si accorgeva troppo di ciò che lo circondava.
Lo guarda studiare il foglio tra le mani.
Gli viene da chiedersi perché ha deciso proprio adesso di toccare un argomento così insignificante come un referendum e ridicolo come l’uscita dall’unione. Inghilterra ovviamente non darà mai risposte dirette a lui, e probabilmente nemmeno a Germania vista l’ansia che la nazione tedesca sembrava provare proprio nei confronti della sua presentazione.
Forse si sarebbero annullati a vicenda e lui non avrebbe dovuto fare niente.
Inghilterra si acciglia, catturando la sua attenzione, ma Paesi Bassi prende parola, distogliendo temporaneamente la sua attenzione. A Francia giungono solo parole noiose su come si svolgerà l’incontro, e una vaga presentazione degli argomenti che verranno trattati.
« E a seguire Inghilterra parlerà del referendum che si svolgerà a fine mese. »
Le parole di Paesi Bassi, in qualche modo, rendono la situazione reale.
Francia realizza in quel momento che Inghilterra stava realmente per parlare di come voleva proporre l’idea di andarsene. Si sente pervaso da una sottile sensazione di orrore. Lo ha sentito dire parecchie volte in quelle ore, ma solo adesso avvertiva un peso all’altezza dello stomaco come se si stesse preparando a ingoiare un boccone amaro.
Il proprio sguardo torna a Inghilterra, che non ha alzato il suo. Continua a leggere le sue carte, ma ora sembra più forzarsi a non alzare la testa, forse perché non vuole guardare nessun altro. Francia ne osserva il viso, contorto in una sottile smorfia. Non sa cosa stia pensando, ma poco importa. Continua a osservare le sue espressioni, senza perdersi nemmeno una. C’era tensione sul suo viso, una nuova, diversa da quella che era abituato a osservare. Non era quindi causata da lui.
Francia non apprezzava molto essere messo in secondo piano, anche se nel caso di Inghilterra si trattava di essere secondo ad emozioni più negative che felici. Era riuscito a essere un problema maggiore per lui che i suoi stessi fratelli, in fondo, e non accettava certo di essere considerato un agente superfluo al suo malumore.
C’era qualcosa di più profondo che gravava sulla mente di Inghilterra, e non era nemmeno certo che fosse il pensiero del suo intervento. Appariva quasi come se qualcosa, in lui, era dilaniato a metà. Una sensazione che Francia aveva vissuto, ma che considerava stana nei tempi in cui viveva.
Le sue osservazioni non vanno lontano, ed è colto di sorpresa quando viene annunciata la pausa pranzo. Si sente colto quasi in fallo, perché non è giunto ad alcuna conclusione. Aveva il pranzo per pensare alle peggiori domande con cui interrompere Inghilterra e tornare in cima alla lista delle sue preoccupazioni.
La sua postazione per mangiare, questa volta, è assegnata insieme a Repubblica Ceca, Spagna e Polonia. La parte peggiore era che Inghilterra era seduto accanto al suo tavolo, dandogli le spalle. Chiunque avesse arrangiato i posti da sedere aveva un terribile senso dell’umorismo, oppure lo aveva fatto apposta. Sembrava che quell’hotel puntasse a irritarlo intenzionalmente.
« E quindi ho chiesto una proroga. » sente non appena si mette a origliare. Portogallo non aveva esitato ad attaccare bottone alla prima occasione. L’alternativa era parlare con Germania o Danimarca, in fondo, e doveva ammettere che anche lui si sarebbe rivolto a Inghilterra in mancanza di partner di conversazione.
« Posso immaginare. » è la risposta cordiale di Inghilterra. La freddezza nella sua voce è strana persino per Francia. Portogallo era forse l’unico alleato che non gli aveva mai voltato le spalle, in fondo, e Inghilterra non aveva mai rifiutato alcuna interazione da quando erano sotto il suo sguardo.
C’era qualcosa che non andava. Inghilterra era strano.
La sua tavolata è invece monopolizzata da Polonia, preso a discutere con Ceca riguardo a un argomento che non aveva ascoltato in alcun modo. Lo distraevano dalla sua missione.
« Se continui così ti torcerai il collo. » gli dice allora Spagna con un sorriso, e Francia si rende conto che l’antico amico ha potuto guardarlo origliare per tutto quel tempo. Dovrebbe sentirsi in imbarazzo, ma ormai è troppo tardi per fingere anche quello. In fondo Spagna non aveva la fama di essere particolarmente sentenzioso, e Francia poteva permettersi di rendersi almeno un po’ ridicolo finché Polonia o Repubblica Ceca non si accorgevano di lui.
« Dico davvero Francia, ti farai male. » dice quindi Spagna, prendendo una forchettata dal suo piatto e mettendosela in bocca. Il suo lungo masticare gli da il giusto tempo per pensare a una risposta.
Non comprende perché proprio ora Spagna stava cercando di infilarsi nei suoi affari. Decide che non vale la pena dargli troppa retta, e torna alla sua missione di spionaggio. Hanno smesso di parlare tra loro. Francia prova un picco di irritazione, ma Portogallo per sua fortuna riprende a parlare.
« Inoltre sono curioso di come andrà il tuo referendum. »
L’irritazione sale nel corpo di Francia. Come facesse a non capire che l’argomento fosse da evitare, o almeno da approcciare con cautela, era un mistero. Sente Inghilterra sospirare.
« Non c’è niente di particolarmente interessante. » lo sente dire, con una nota stanca nella voce. « Andrà come vogliono che vada. »
Rassegnazione, ecco cos’era. Nemmeno Inghilterra era sicuro di come sarebbe stato il risultato. Francia si sente gelare il sangue. Una nazione, di solito, lo sentiva. Lo sapeva. Se Inghilterra ne parlava in quel modo significava soltanto che non aveva certezze. Questo voleva dire che forse poteva anche vincere quello che nessuno si aspettava. Non era un buon segno, almeno per Francia.
« Tanto a nessuno importa. » le parole gli escono con un volume troppo alto. Ovviamente coglie subito l’attenzione di chi desiderava, tanto che il dialogo tra Inghilterra e Portogallo si interrompe. Si sente scrutato anche se non li guarda.
C’è silenzio per tutta la sala. Forse lo hanno sentito tutti, e il problema doveva ingigantirsi fino a scoppiare. Inghilterra, però, sospira come se non volesse cogliere la sua ovvia provocazione.
« Ti dicevo- »
« Insomma, una cosa come quella non è di particolare importanza. »
Si sta scavando la fossa da solo ma non riesce a tenere a freno la lingua. Questa volta si gira, trovando come lui e Inghilterra fossero a pochi centimetri di distanza. Anche l’altra nazione si gira, molto più irritata di quando cercasse di trattenere.
« Francia, nessuno ti ha chiesto un’opinione. » interviene Portogallo, ugualmente scocciato, ma Francia mantiene il contatto visivo con il suo antico rivale. Non vuole dargli soddisfazione, non vuole che esprima la sua incertezza sul risultato che lo attendeva.
« Non vedo perché una cosa simile dovrebbe importarti. » sibila quindi Inghilterra.
« Mi importa. Sarò il primo a stendere il tappeto rosso per la tua uscita. »
Vuole essere cattivo. Non deve, ma vuole.
Non comprende come Inghilterra possa pensare di volersene andare, di prendere consapevolmente la decisione di abbandonare l’Unione, e lui, in quel modo così sgraziato.
Francia non voleva, ma non sapeva quali parole usare se non quelle maligne. Inghilterra infatti rimane in silenzio.
« Per fortuna non dipende da te. » commenta con acidità, incrociando le braccia. Ora la maggior parte del suo corpo era girato nella sua direzione.
« Vi prego, non mi sembra questo il momento di discutere- »
« Dipendesse da me non saresti nemmeno entrato. » Francia interrompe le parole di Germania sputando veleno. Non era un mistero che si fosse opposto, più per abitudine che per reale opposizione. Aveva finto di fare un favore ad altre nazioni, ma vedere Inghilterra di nuovo dalla stessa parte lo aveva reso terribilmente felice, talmente tanto che si era ubriacato per dimenticarlo.
Inghilterra non gli risponde. Il labbro inferiore gli trema, e le sopracciglia si aggrottano, ma non sembra avere parole da dire. Invece si alza da tavola, dicendo che non ha più appetito, e lascia la sala.
Come al solito ha esagerato, e quello era il risultato che lo attendeva. Francia torna a guardare il suo piatto, ignorando le voci che tornano a popolare la sala, probabilmente commentando il loro scambio.
« Certo che potevi tenerti simili frasi per te. » commenta Polonia. « Non hai fatto una gran bella figura. »
Francia vorrebbe dirgli di tacere, ma ha realmente poco interesse a farlo. Ogni passo che faceva verso Inghilterra lo riportava due indietro di reazione. Non riusciva a smettere di comportarsi in quel modo.
« Ho finito anch’io. » dichiara alla sua tavolata, e si alza.
Non intende cercare Inghilterra. Sarà troppo arrabbiato per quello che gli ha detto e l’unica cosa che rimedierebbe sarebbe solo un ulteriore danno al suo naso.
Non aveva alcun senso parlargli ora.
Con calma Francia si dirige verso il bagno, nel tentativo di sistemarsi e apparire presentabile.
Il riflesso ora gli restituisce un’immagine più stanca, quasi rassegnata. Non aveva idea del perché si era comportato in quel modo. L’idea che Inghilterra volesse andarsene non gli era passata per la mente nemmeno per un momento. Non aveva alcun reale motivo per andarsene, non se ne sarebbe andato per le sue parole. Francia sapeva che non bastavano delle parole di scorno per allontanarlo, dopo tutto quel tempo.
La sua mente torna a quando Inghilterra era un fagotto armato di frecce. Era ancora fragile, piccolo. Con lui non avrebbe mai parlato così, anche se si era divertito a prenderlo in giro. Si sente quasi in colpa verso quella versione di Inghilterra che non esisteva più se non nei suoi ricordi. Inghilterra, in fondo, non era più così.
Era solido, impossibile da abbattere, non in grado di piegarsi.
Francia, almeno ha sempre pensato che fosse così.
Inghilterra non considerava le sue parole così pesanti da agire a causa loro. Francia non voleva sentirsi responsabile di un eventuale abbandono. La consapevolezza gli fa stringere lo stomaco. Non voleva che Inghilterra se ne andasse. Eppure Inghilterra desiderava andarsene.
Doveva porsi la domanda, ma non aveva una risposta definitiva.
Francia prende un lungo respiro.
Se Inghilterra voleva andarsene non era certo a causa sua. Provava a giustificarsi, ma non pensava di avere un tale impatto per l’altra nazione nonostante la loro lunga storia insieme.
Si sente uno sciocco. Poteva usare parole diverse, poteva non parlargli in quel modo. Era inutile rimuginare. Aveva detto ciò che pensava, in fondo. I sentimenti di Inghilterra, anche se feriti, non erano tra le sue priorità.
Non doveva lasciarsi coinvolgere così tanto. Era un incontro come un altro.
Il senso di colpa, però, sembra volerlo divorare dall’interno. Francia si tocca il petto, come per tentare di calmare un qualcosa di cui non voleva riconoscere l’esistenza. Lui era una nazione potente, e di certo non era una sua responsabilità occuparsi di come gli altri lo percepivano.
Ha vissuto un millennio a non preoccuparsene, e non intendeva iniziare in quel momento.
Doveva rimanere sicuro delle proprie intenzioni, ed era certo che quella situazione con Inghilterra non sarebbe andata da nessuna parte. La sua certezza affondava le radici nella sua speranza, e si sentiva come pronto a lanciarsi in un burrone senza alcun paracadute.
Si stava preoccupando troppo.
Si sciacqua il viso, cercando di calmarsi. Non era da lui comportarsi in quel modo, e già sentiva la voce di Malta che commentava come la sua pressione fosse troppo alta.
Inghilterra non sarebbe andato da nessuna parte, e anche se fosse, sarebbe tornato indietro prima ancora che si fossero accorti della sua assenza.

Nonostante i suoi accorgimenti era arrivato in ritardo alla ripresa dell’incontro dopo la pausa.
C’era silenzio in sala, e Portogallo stava parlando. Francia cerca di reprimere un picco di irritazione, e si sistema al suo posto, facendo finta di essersi sempre trovato lì e di non essere in ritardo.
Inghilterra sarebbe stato il prossimo a parlare.
Non vedeva l’ora di smontare le sue argomentazioni pezzo dopo pezzo. Lo prendeva come un esercizio creativo. Lo guarda di nuovo. Inghilterra non controlla più i suoi fogli ma sembra stare a braccia incrociate a fissare la presentazione in atto. Sembra essere quasi più sicuro di sé, e questo lo turba in un modo nuovo. Sembrava quasi che avesse rinunciato a qualcosa.
Non doveva lasciarsi prendere dai pensieri negativi. Francia aveva vissuto cose peggiori, e di certo qualsiasi cosa Inghilterra avesse proposto sarebbe risultata in un disastro.
« Bene, con questo posso dire la mia presentazione conclusa. »
Francia vorrebbe fargli il verso, ma pensa ancora di avere abbastanza dignità in corpo. Portogallo spegne lo schermo con qualche tentativo e raccoglie la sua documentazione, probabilmente preparata all’ultimo, andando a sedersi.
Le poche nazioni realmente interessate finiscono di prendere i loro appunti. Il foglio davanti a lui è tristemente vuoto. Si appunta mentalmente di spiare da Germania il materiale da ricopiare, davvero non poteva sopportare l’ennesima predica nei suoi confronti su come mancasse di portare indietro anche un semplice resoconto.
« Bene. » dice allora Paesi Bassi, alzandosi in piedi. « Ora è il turno di Inghilterra. Intende parlare dell’imminente referendum sul rimanere o meno nell’Unione Europea. »
Nessuno finge stupore, e Inghilterra si alza in piedi, raccogliendo il suo materiale. Appare quasi una nazione seria che non si ubriacava per ogni vittoria internazionale. Francia lo osserva camminare a grandi passi verso il piccolo podio adibito al punto delle presentazioni, e controllare di avere tutto quello di cui aveva bisogno.
Rispetto a quella mattina sembrava determinato, più sicuro di sé nonostante le sue parole. Francia si sente quasi offeso pensando che tutto quello che gli aveva detto non aveva funzionato.
Lo osserva schiarirsi la voce, e poi cercare il telecomando per accendere lo schermo per una presentazione. Germania aveva insistito che i loro interventi diventassero più tecnologici, anche se Francia più di una volta aveva combinato un mezzo disastro. L’unica consolazione era che non fosse stato l’unico a subire la digitalizzazione proposta, e non era la sua la peggiore figuraccia sul tema.
Inghilterra invece sembra sicuro di quello che sta facendo.
Ci impiega un po’ a caricare la presentazione, ma Francia lo vede prendere un lungo respiro, e lo schermo illuminarsi con la prima pagina.
Stava andando in scena.
Un brivido corre lungo la sua schiena anche se Francia cerca di ignorarlo. Inghilterra lo guarda per primo, come se volesse sfidarlo. Sembra essere tornato la nazione agguerrita, e forse lui lo aveva provocato ad esserlo.
Poco importava, Francia voleva sentire qualsiasi stupida idea avesse e distruggerla non appena venisse posta sul tavolo. Era diventata una questione d’orgoglio.
« Come avevo già anticipato, il 23 giugno si terrà il referendum sul rimanere o meno in Unione Europea. »
La voce di Inghilterra è decisa. Non lascia spazio a indecisioni, e non sembra nemmeno bisognoso di guardare il testo che si è preparato. Sembrava davvero sicuro di cosa stesse dicendo.
Un po’ gli ricorda quando si era dichiarato un impero. Un tempo lontano, carico di nostalgia. Forse aveva ragione, forse Inghilterra voleva solo rivivere qualche antica gloria, ignorando come una simile trovata potesse rovinarlo. In fondo alcune nazioni erano cadute con molto meno.
No, si sbagliava. Non sarebbe bastato un simile scossone per ridurre il grande impero che Inghilterra era stato, di questo Francia era convinto. Non capiva perché bramasse così tanto andarsene. Il suo essere un’isola non era una spiegazione sufficiente. In fondo l’unione, a parte lui, non lo aveva maltrattato in alcun modo. Inghilterra doveva essere grato di vivere in una simile accoglienza.
Ma non voleva.
Per Francia è una realizzazione terribile da fare.
Inghilterra non voleva rimanere in unione, non voleva rimanere insieme a loro. Insieme a lui.
Un tempo Francia avrebbe fatto lo sdegnoso. Si sentiva indignato anche in quel momento, mentre Inghilterra presentava un grafico sui prognostici dei risultati del referendum. Lo odia, ma allo stesso tempo non vuole essere odiato da lui. La sensazione è orribile.
Lo osserva parlare di andarsene con naturalezza, come se fosse una cosa spontanea, come se desiderasse davvero andarsene e un nodo gli si forma spontaneamente in gola. Non poteva lasciarlo andare. Ma non poteva nemmeno trattenerlo. Inghilterra non aveva alcuna ragione per rimanere, e Francia non si sarebbe mai abbassato a implorare.
Non c’erano state troppe parole dolci, tra di loro, e non avrebbe iniziato in quel momento.
« Per questo, è stato considerato favorevole… » le parole di Inghilterra si accumulano nella sua mente, e Francia non comprende come tutti possano ascoltarlo senza opporsi. Qualcuno doveva dire qualcosa, ma lui era troppo vigliacco per esporsi in quella maniera. Non era compito suo.
Francia osserva Germania.
Sta di nuovo prendendo appunti, invece di sollevare obiezioni che avrebbero fatto cambiare idea a Inghilterra. Anche gli altri membri dell’unione avevano la bocca sigillata, e nessuno sembrava davvero interessato a dire qualcosa.
Si sente le spalle pesanti, come se di colpo la responsabilità fosse tutta sulle sue spalle. Francia non sapeva come scrollarsela di dosso.
« In conclusione, le opinioni sono polarizzanti e non c’è ancora una vera certezza sui risultati. » Inghilterra fa una pausa. « Verranno riferiti all’unione non appena verranno convalidati i voti. »
Inghilterra parla con una voce dura, quasi monotona.
Sembra quasi che non lo riguardi la situazione, ma ci ha messo troppa cura nel preparare tutto quel teatrino nel quale si era esibito.
« Se non ci sono domande, ho terminato. »
C’è silenzio, ma finalmente Germania prende fiato.
« Ovviamente, in caso di un esito positivo- »
« Quale sarebbe un esito positivo? » lo interrompe allora Inghilterra. Germania appare confuso.
Francia lo guarda aprire e chiudere la bocca, come un pesce brutalmente estratto dal laghetto in cui nuotava ignaro di tutto.
« Ovviamente mi riferisco al fatto che rimani. »
Inghilterra non sembra prendere bene la sua affermazione.
« E chi mi dice che rimanere sarebbe la scelta migliore per me? »
La sua risposta è per Germania, ma lo sta guardando. Francia si sente preso in causa, e si sente piccolo. Non ha pensato a cosa dire a sua volta, ma è sempre stato molto bravo a improvvisare.
« Insomma, quale altra organizzazione ti accoglierebbe a braccia aperte? » gli dice Francia. « Non sei più l’impero imponente di un tempo. »
Forse lo sta pungendo dove lo fa più male. Forse a Inghilterra non importa davvero rimanere.
Francia non riesce a pensare a come possa sentirsi. Si sente preso in causa, e ovviamente si sente spinto a lottare come ha sempre fatto.
« Sono comunque una maggiore potenza economica, molto più di te. » era parzialmente vero. Inghilterra era più forte, ma Francia gli veniva subito dietro. « Inoltre la mia moneta è ancora forte. »
Sono obiezioni legittime. Sono obiezioni sterili. Francia non vuole sentirle.
« Sappiamo benissimo che non basta quello, altrimenti Stati Uniti ti avrebbe già ficcato la lingua in gola. » le sue parole portano il disagio a dipingersi sul viso di Inghilterra. Non si è mai accorto delle aspirazioni di quello che aveva cresciuto come un figlio, oppure aveva sempre preferito ignorarlo. Francia non lo sapeva, ma non era cieco.
« Francia, non è appropriato- »
« E poi anche se te ne andassi, per noi non cambierebbe niente. »
Una mezza verità. L’economia inglese non era fondamentale, per loro. Un suo abbandono non avrebbe sconvolto loro quanto avrebbe più destabilizzato l’isola con i suoi fratelli.
Ma a Francia sarebbe mancato discutere con lui per ogni sciocchezza. Non avrebbero più fatto colazione insieme, o lasciato scarabocchi sopra i reciproci fogli. Inghilterra avrebbe smesso di lanciargli pezzetti di carta nei capelli, e Francia avrebbe smesso di offrirgli bicchieri di whiskey fingendo che fossero da parte di un ammiratore che Inghilterra cercava di capire chi fosse ma beveva sempre con un mezzo sorriso.
Francia non voleva rinunciare a quello, ma era incapace di esprimerlo.
« Se questa è l’opinione generale- »
« No, è solo Francia- » cerca di intervenire Germania, ma è troppo tardi.
« -il risultato del mio referendum non dovrà sorprendervi. »
La voce di Inghilterra è pesante, affaticata. Non gli era mai apparso così sconfitto se non nei peggiori bombardamenti di Londra, colpito al cuore. Francia lo guarda raccogliere i suoi fogli, e spegnere lo schermo con la presentazione.
Ha esagerato, come suo solito. Non era riuscito a tenere la lingua a freno, e quelle erano le conseguenze. Aveva la sensazione di non poter rimediare, ma allo stesso tempo non aveva alcuna reale influenza su qualsiasi decisione Inghilterra intendesse prendere. Francia si era vantato un tempo, di poterlo prevedere, ma ora quello che lo aspettava era un salto nel buio.
Certo Inghilterra dopo tutto quello che era successo non aveva alcuna ragione di rimanere.
Inghilterra, anche se seduto, continua a mantenere il contatto visivo. Ha un’espressione scocciata, e nessuno fa caso a Lussemburgo che lo aveva succeduto nella sua presentazione. Qualsiasi cosa stesse succedendo, Francia non intendeva lasciargliela vinta in alcun modo.
Il resto della riunione passa oltre le sue orecchie, e la sua mente non riesce a concentrarsi su nient’altro che su ogni singola parola che Inghilterra aveva detto. Non comprendeva come Inghilterra potesse anche solo pensare di andarsene.
Non era certo l’anima della festa, ma non poteva andare via.
Non doveva andare via.
La vera domanda da chiedersi era che cosa volesse Inghilterra. Non aveva mai realmente commentato sul desiderio di andarsene, ma non respingeva nemmeno l’idea dato che l’aveva presentata come se parlasse di un qualsiasi altro argomento. Era la sua indifferenza a colpirlo, e non in positivo.
A volte Francia pensava che Inghilterra, senza di lui, non poteva esistere. Erano stati nemici, certo, ma allo stesso tempo per tutti quei secoli non erano riusciti a fare a meno dell’altro. In fondo durante il Terrore i suoi nobili erano fuggiti tutti da lui, in cerca di un porto sicuro mentre lui veniva dilaniato – e decapitato, diverse volte – dal conflitto sul suo territorio. Era sempre stato lui a fuggire da Inghilterra, quando Germania lo aveva irrimediabilmente colpito dopo aver calpestato le nazioni che stavano tra loro.
Era più difficile pensare a quando Inghilterra aveva bisogno di lui. Si trattava per lo più di tentativi di prendersi il suo trono.
Francia si chiede cosa sia realmente rimasto di quel bambino che doveva convincere a scendere dagli alberi, e se fosse l’unico a ricordarlo. Inghilterra era un adulto, e lui forse si rifiutava di riconoscerlo. La guerra, in fondo, era sempre un mezzo per stare vicini per le nazioni. Forse per tutto quel tempo Francia si sentiva legato a Inghilterra, ma era l’unico a sentire quel laccio.
Si stava commiserando, e non doveva. Era una grande nazione, e di certo nessuno avrebbe dovuto saperlo struggersi per scenari ipotetici. Era il primo a spingere via Inghilterra ma poi struggersi perché questo non lo voleva accanto a sé. Inghilterra doveva capirlo, solo non voleva farlo.
Realizzarlo, per Francia, non è piacevole.
Si era spesso vantato di essere una figura di rilievo e influente su quell’isola, ma ora che era arrivato il momento Inghilterra gli stava dimostrando come non intendesse ricambiarlo in alcun modo. In fondo, pensa Francia, loro due non si dovevano niente.
« Mi riferisco alle spese sostenute nel primo trimestre… » la voce di Lussemburgo ora gli arriva lontana, ma avvicina soltanto il suo malumore. Vorrebbe strillare, attaccare briga con Inghilterra, fargli rimangiare ogni singola parola che ha detto prima, ma non può. Fissa con distrazione il foglio che gli era stato depositato davanti, ma non lo vede realmente. Non ha alcuna voglia di concentrarsi su cose che non gli importavano.
Francia sente quasi una forma di debito pesare sulle sue spalle.
Inghilterra si lamentava, urlava, minacciava, ma alla fine non gli aveva mai chiesto il conto di ciò che aveva ricevuto a suo tempo. Francia era stato terribile, violento, infame, e Inghilterra gli aveva sempre risposto a tono.
Era sempre stato così, e non doveva cambiare.
Inghilterra doveva capire.
Doveva parlargli.
Francia osserva Lussemburgo parlare. C’è ancora una discreta fila di nazioni che attendono il loro turno. Il pomeriggio si preannunciava infinito, e lui doveva fare una cosa troppo importante. Sente il nervosismo persino nelle punte delle dita.
Inghilterra non doveva andarsene, e anche se Francia sapeva che non poteva davvero fare qualcosa a riguardo, doveva almeno parlargli.
Doveva almeno scusarsi. Forse era un pensiero drammatico, e a Francia piaceva percepirsi come tale. Si sentiva sciocco, ma allo stesso tempo si sentiva più leggero. Non voleva essere la ragione per la quale Inghilterra proponesse di andarsene. Se voleva andarsene, Francia non voleva essere la spiegazione.
Non sarebbe cambiato niente.
Probabilmente non sarebbe stato capace di mettere in atto nessuna delle sue fantasie. Molto più probabilmente avrebbero litigato in maniera più grave, e la situazione invece che essere risolta sarebbe solo peggiorata.
Francia adorava quelle fantasie, ma si trovava a pensare che la realtà alla fine era molto meglio.
Sarebbe stato bello fingere di vivere in pace con Sacro Romano Impero, in fondo, ma non era mai avvenuto. Pensava raramente a lui, e forse era rimasto uno dei pochi che lo faceva. Era triste fare la sua stessa fine, e certamente Francia si sarebbe impegnato per essere impresso nella roccia anche nei millenni che avrebbero seguito.
Sarebbe stato così con Inghilterra.
Stava facendo di tutto per lasciare una sua impronta in quel mondo.
Forse la Brexit era soltanto un altro metodo per emergere da quell’oceano di mediocrità e cooperazione. In fondo Inghilterra non aveva mai imparato ad esprimersi normalmente. Quando lo aveva incontrato non parlava nemmeno, emettendo parole tutte sconnesse tra loro.
Non glielo avrebbe mai ammesso, di questo Francia era sicuro.
Quella isola testarda sarebbe esplosa piuttosto che comunicare in maniera dignitosa. A volte voleva sapere da chi avesse preso un simile atteggiamento. Non importava.
Davanti a lui altre nazioni si susseguono sul podio, ma Francia non sente nessuno di loro. La sua mente è orientata su ciò che lo aspetta dopo.
Non sa davvero cosa lo attenda. Poteva succedere di tutto, per quanto ne poteva sapere, ma voleva togliersi almeno un velo di senso di colpa. Doveva parlare a Inghilterra, che non lo guardava più neanche di sfuggita. Stava seduto a braccia incrociate, e non faceva nessun intervento. Era insolito in quanto aveva sempre da ridire.
C’era davvero qualcosa nella sua mente. Francia voleva sapere cosa anche se non glielo avrebbe mai detto. Voleva comunque tentare di capire la sua mente, anche solo per un frammento, nella speranza che Inghilterra gli permettesse di avvistare anche solo quello spicchio.
Francia non aveva un piano, ma sapeva che doveva agire in qualche modo.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Ofeliet