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Autore: Keeper of Memories    13/10/2023    3 recensioni
E' l'estate del 1683 e le truppe ottomane hanno ormai circondato la capitale austriaca. La situazione si fa difficile per le truppe alleate austriache e tedesche, ma questo non fermerà una giovane nazione italiana dalla ricerca del suo perduto amore. Riusciranno i due a ricongiungersi e a resistere fino all'arrivo delle truppe polacche?
[Holytalia + PoLiet, con accenni di AusHun]
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Lituania/Toris Lorinaitis, Nord Italia/Feliciano Vargas, Polonia/Feliks Łukasiewicz, Sacro Romano Impero
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Selva Viennese, 11 luglio 1683

Veneziano fermò i suoi passi, lasciando scorrere lo sguardo sul panorama davanti a sé. Era passato molto tempo dall’ultima volta che la vedeva, eppure Vienna non gli sembrava essere minimamente cambiata. Forse le mura erano diventate un po’ più grandi e un po’ più solide, forse c’era qualche casa e qualche palazzo in più, eppure la vista della città gli provocò ancora una volta quel miscuglio di nostalgia e tristezza che aveva sentito quando aveva lasciato la casa di Austria per sempre. Allora come in quel momento, non credeva che sarebbe mai tornato lì.

«Ragazzino, non mangi?»

Uno degli uomini di Savoia lo chiamò. Lo riconobbe, era uno dei mercenari genovesi con cui aveva avuto il piacere di chiacchierare lungo il tragitto e che aveva allietato assieme ai suoi compari il tedioso viaggio di una parte dell’esercito con le storie delle battaglie passate. Veneziano si unì a loro e al resto delle truppe. Presa una focaccia rafferma dalla bisaccia, si sedette attorno a uno dei fuochi da campo.

Si erano accampati per la sera non lontano dalla strada prima che le fioche luci del tramonto li cogliessero impreparati, consapevoli che nella giornata successiva avrebbero raggiunto la loro destinazione. Il morale era piuttosto rilassato, con solo qualche vaga tensione tra le milizie reclutate recentemente dai villaggi della campagna veneta e friulana. La giovane Nazione sbocconcellò il suo pasto, lo stomaco serrato in una morsa d’acciaio. Era teso, ma non era la battaglia a preoccuparlo.

Avrebbe rivisto Sacro Romano Impero.

Una parte di lui era emozionata e felice di rivederlo, dopotutto aveva fatto molto per avere quell’occasione. Tuttavia, più il fatidico momento si avvicinava, più l’ansia e la paura si facevano strada nel suo petto. In quel momento in realtà era terrorizzato.

L’ultima volta che si erano salutati, Veneziano indossava abiti femminili e tutti pensavano fosse una bambina. Come avrebbe reagito nel vederlo ora, con una spada al fianco, un fucile sulla schiena e la giubba d’arme con i colori della Repubblica di Venezia? Sarebbe stato ancora gentile con lui, sapendo che non era una tenera fanciulla indifesa ma un uomo in grado di combattere e, all’occorrenza, uccidere?

Veneziano mandò giù ciò che restava della focaccia assieme a una generosa quantità d’acqua, perfettamente consapevole che quella notte non avrebbe chiuso occhio.


 

Vienna, 12 luglio 1683

Roderich sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo amato piano ingloriosamente relegato a un angolo della Cappella della Musica. In realtà, tutti i suoi strumenti musicali avevano subito un destino simile per far spazio alla riunione che stava avendo luogo in quel momento, dopo che qualcuno aveva suggerito che discutere di strategia in una delle stanze più interne dell’Hofsburg fosse più sicuro.

«Siete sicuro di voler restare, mein Herr

La voce di uno dei suoi superiori lo scosse dai suoi pensieri cupi. Gli rivolse uno sguardo spento.

«Come prego?»

«Mi chiedevo se non voleste raggiungere la famiglia Imperiale a nord, mein Herr» ribadì questo, osservandolo con aria severa. Se non ricordava male, si chiamava Starhemberg.

Roderich scosse la testa. «Preferisco restare. La mia mente è più utile qua.»

Era chiaramente una bugia e l’austriaco sospettava che tutti i presenti a quel comizio di guerra ne fossero consapevoli. In realtà, era rimasto perché tutto ciò che aveva da perdere era lì, a partire da quegli strumenti musicali ammassati in un angolo; le opere d’arte di quel palazzo e della sua amata Vienna erano il suo bene più prezioso e avrebbe fatto di tutto per proteggerle, anche a costo di scendere a patti con Impero Ottomano. Sperava di non dover arrivare a tanto, ciò nonostante quei suoi pensieri non potevano essere rivelati ai suoi superiori.

Il comandante Starhemberg annuì impercettibilmente. «Dunque, venite con noi sulle mura. I nostri alleati stanno arrivando e c’è ancora molto da fare.»


 

«Chi sono quelli?»

Roderich interruppe bruscaente la conversazione che i suoi superiori stavano avendo e a cui non stava prestando la minima attenzione. Ripose con mano tremante il suo cannocchiale nella tasca interna del cappotto.

«Chi sono quelli?» ripeté, indicando i vessilli rossi con la croce bianca al centro, che spuntavano da una fetta consistente dell’esercito radunato a poca distanza dalle mura.

«Sono i Savoia, alleati dell’Impero» rispose uno dei comandanti.

«Savoia? Sono italiani, dunque» mormorò tra sé e sé, senza realmente aspettarsi una risposta.

Nessuno in realtà ebbe tempo di fornirgliene una, poiché Roderich si era già incamminato a passo svelto verso quegli stendardi rossi e bianchi. Tra quei soldati, uno in particolare aveva attirato la sua attenzione; sebbene fosse cresciuto e il suo aspetto fosse diventato più maturo, quel ricciolo castano era inconfondibile e ben impresso nella sua memoria.

«Veneziano.»

«Roderich! Quanto tempo. Come stai?»

L’italiano sorrideva amabilmente, come se non ci fosse assolutamente nulla di sbagliato nel suo essere lì, in mezzo a un esercito.

«Io sto bene, ma sembra che non si possa dire lo stesso di te. Hai battuto la testa, o la tua presenza qui non si spiega.»

«Suvvia, non serve essere così freddi. Sono perfettamente in me, non hai di che preoccuparti.»

«Sei qui per lui.»

Veneziano abbandonò il suo amabile sorriso di circostanza. Non rispose, dopotutto quella di Roderich non era nemmeno una domanda, lasciando calare tra i due un breve silenzio.

«Perchè sei qui? Che cosa vuoi?» chiese infine.

«Tornatene a casa. Hai altre battaglie da combattere.»

L’italiano scoppiò in una sonora risata. «Ah, Roderich! Parli ancora come se fossi la tua massaia e avessi qualche potere su di me. Davvero divertente.»

L’austriaco alzò gli occhi al cielo, sbuffando leggermente. Non era infastidito dalle parole di Veneziano; dopotutto aveva ragione, non poteva certo impedirgli di combattere. Non l’avrebbe mai ammesso ad anima viva, ma la dolce bambina che cantava canzoni gioiose e rallegrava la sua casa in quel momento un po’ gli mancava. Quell’adolescente sfrontato si discostava un po’ troppo dall’immagine innocente che viveva nei suoi ricordi.

«Non è qui, ma non dovrai attendere molto. I nostri alleati arriveranno nei prossimi giorni» disse soltanto, prima di voltarsi e rientrare in città.

Appena Roderich fu sufficientemente lontano, Veneziano si lasciò andare in un lungo sospiro, incerto se fosse per la delusione o il sollievo. Quell’attesa lo stava innervosendo un po’ troppo, molto di più dell’imminente battaglia.


 


 

Il suono penetrante delle trombe arrivò alle orecchie dell’intero esercito, annunciando l’approcciarsi del nemico. I giannizzeri cavalcavano veloci verso le mura di Vienna, lasciando una scia di morte al loro passaggio.

Veneziano imbracciò il suo fucile e si unì alla prima linea, in attesa dell’ordine di far fuoco. La voce del comandante Savoia eruppe all’improvviso, seguita dal sibilo dei proiettili che rapidi fendevano l’aria verso la prima linea nemica.

Veneziano guardò il primo giannizzero cadere a terra, la fronte perforata dalla sua pallottola. Senza distogliere lo sguardo dai nemici, ne caricò una seconda, che questa volta colpì un cavaliere nemico alla gola. Non aveva tempo per un terzo, l’avanzata era troppo rapida e tutti loro rischiavano di venire travolti dall’esercito nemico; assicurò nuovamente il fucile alla schiena e sguainò la spada, seguendo l’ordine di ritirata assieme ai suoi commilitoni.

«Quanti diavolo sono?»

In mezzo al frastuono della battaglia, l’italiano riconobbe ancora una la voce del comandante. Stava parlando tedesco.

«Poco più di ventimila, Signore! Ma ne arriveranno più del doppio entro domani» fu la risposta di un esploratore trafelato.

«Spero che i tedeschi abbiano una buona strategia, o solo Dio potrà aiutarci.»


 


 

_________

Note: ebbene, eccomi qua di nuovo! Alla fine il primo capitolo è uscito e, beh, sono successe molte cose. Ci ho messo un po’ a scrivere questo capitolo sia per mancanza di tempo, sia perché volevo assolutamente essere il più storicamente accurata possibile. Se dovessi aver commesso qualche errore da questo punto di vista, vi chiedo di segnalarmelo!

Ho immaginato il nostro amato Veneziano vestito ed equipaggiato come uno Schiavone (o Oltremarino), il fedelissimo corpo di fanteria di origine dalmata dell’esercito della Serenissima. Lo troverete quindi armato di fucile, pistola a ruota e spada schiavona, assieme a una non meno pericolosa lingua tagliente. Insomma, è pur sempre un adolescente u.u

Grazie per essere arrivati fin qua con la lettura, spero che la storia vi stia piacendo o quantomeno intrigando!

   
 
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