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Autore: May Jeevas    15/10/2023    1 recensioni
Paesi Baltici, XIII secolo.
Dopo la sconfitta contro un ordine che ha invaso le loro terre e che ha preso la vita dei suoi genitori, il giovane Toris Laurinaitis ha un solo obiettivo: difendere la sua gente da qualunque invasore, che siano i Cavalieri Portaspada o che siano i Vichinghi. E' proprio da una delle tribù scanidinave che un giorno salva Feliks, un giovane un po' stravagante con cui Toris si ritroverà a stabire un rapporto forte e solido. Insieme lotteranno per la libertà dei Curi. La storia darà loro ragione, o dovranno piegarsi agli invasori? [LietPol]
[Questa storia partecipa al Writober di FanWriter.it, lista pumpSea]
Genere: Guerra, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Estonia/Eduard von Bock, Lituania/Toris Lorinaitis, Nordici, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13: Promessa.

Toris non era ancora del tutto sveglio che il dolore alla gamba e al fianco esplose facendolo gemere e riportandolo in fretta nel mondo dei vivi.
Feliks era di fianco al letto dove lui giaceva, seduto su una sedia intento a intagliare un robusto ramo.
Toris lo guardò. Feliks sembrava arrabbiato. Gli rivolse uno sguardo preoccupato e… sì, abbastanza irato.
“Bevi. Sei stato incosciente per, tipo, due giorni. Piccoli sorsi.” borbottò versando dell’acqua in un bicchere e porgendoglielo.
Toris obbedì, aveva la gola riarsa e con l’acqua gli sembrò di rivivere. Cercò di bere con calma e appoggiò il bicchiere sul tavolino lì vicino.
“È scappato vero?” mormorò, pensando all’ultima immagine che aveva del cavaliere.
Feliks lo guardò con durezza e annuì. “Sì. E se non fossero arrivati Eduard e gli altri tu saresti totalmente morto.” Intagliava il legno con ferocia, come a sfogarsi di una rabbia repressa.
Toris si abbandonò alla morbidezza del letto.
“Avreste dovuto lasciarlo a me, era la mia battaglia…”
“Hai proprio così tanta voglia di morire?” sbottò Feliks, lanciando il ramo per terra.
Toris lo guardò, sorpreso. “Certo che non ho voglia di morire.” biascicò “Ma tu, tra tutti, dovresti capire. Volevo finirlo, volevo essere io ad ucciderlo…”
“E invece stavi per essere ucciso tu!” questa volta Feliks urlò, alzandosi in piedi. “Dici che io dovrei capire, ma io no, proprio non capisco!” negli occhi felini apparvero delle lacrime che, si vedeva, stava cercando di non farle scendere. “Posso capire, tipo, la rabbia, la tristezza, il rancore. Ma avere il desiderio di uccidere o essere ucciso per mano di una persona, quello proprio no!” si sedette di nuovo, rannicchiandosi sulla sedia ma continuando a fronteggiarlo con quello sguardo fiammeggiante. “Sei esattamente come la mamma! Anche lei prima che morisse aveva perso la testa per la vendetta.” La voce si ridusse a un sussurro. “Anche lei davanti a quello che credeva essere uno degli assassini di mio padre non ragionò più e cominciò ad affrontarlo. Sai qual è stato il risultato?! Che hanno ucciso anche lei, davanti ai miei occhi. E io quella volta non sono riuscito a fare nulla.” Feliks aveva rinunciato a combattere contro le lacrime, dando sfogo al suo dolore. “Credeva di essere morta vendicando mio padre e invece è morta per niente. Lasciandomi solo.” Lo fissò con lo sguardo pieno di rimprovero. “E adesso tu osi dirmi che non avremmo dovuto intervenire?! Che avrei dovuto stare un’altra volta a guardare mentre uccidevano una persona importante per me?!”
Feliks si fermò, riprendendo fiato. Non sapeva come lo aveva tradotto o se il suo discorso aveva un senso, eppure non rimpiangeva niente. Toris ormai era una parte della sua vita, esattamente come lo erano stati sua madre e suo padre. Una nuova famiglia che gli era stata donata dopo tanto dolore, e avere tastato il rischio di perderla lo aveva terrorizzato.
“Io non voglio più perdere persone a cui voglio bene…” singhiozzò, prendendosi il viso tra le mani.
Toris lo abbracciò e lo avvicinò a sé, portandolo sul letto in modo da annullare le distanze. Quel corpicino tremante lo faceva sentire in colpa e allo stesso tempo provava il desiderio di proteggerlo. Feliks non si meritava tutto questo dolore, e sapere che era stato lui questa volta a procurarglielo lo faceva sentire un verme.
Sì, aveva perso il controllo davanti a quegli occhi rossi. Se ci ripensava, ancora adesso in fondo all’anima sentiva gorgogliare il desiderio di vederlo morto. Ma, allo stesso tempo, sentiva i tremiti di Feliks avvolti nel suo abbraccio, così vivi e così disperati. Toris sapeva che se mai si fosse scontrato ancora con quel cavaliere, e avrebbe mentito che avesse detto che non ci sperava, oltre al desiderio di vendetta ci sarebbe stato questo tenero ricordo che forse non lo avrebbe fatto andare fuori di testa. Era come se Feliks avesse il potere di tenerlo saldo alla realtà. Quasi si spaventò nel realizzarlo, nel capire quando in realtà avesse bisogno di quel ragazzino capitato per caso nella sua vita.
Lo abbracciò più stretto, facendogli delle carezze sulla nuca per tranquillizzarlo. Feliks dopo poco si calmò, senza però ritrarsi dal contatto.
“Io capisco la tua rabbia nel suoi confronti.” Gli sussurrò sul collo. “Ma non voglio che questo diventi un’ossessione che ti potrebbe costare la vita.”
L’unica risposta che seppe trovare Toris fu quella sollevargli il viso e di guardarlo negli occhi. Verdi come le praterie, espressivi come solo Feliks sapeva essere.
Non lasciarmi solo anche tu.
Non ebbe il coraggio di formulare i suoi pensieri, ma in quel momento fece una promessa a sé stesso: non avrebbe mai rinunciato a Feliks, non lo avrebbe mai lasciato solo. Non lo avrebbe più fatto soffrire.
 


Angolino di May
volte ho paura che il mio antiromanticismo non mi aiuti a scrivere fluff o scene come questa in cui teoricamente i protagonisti dovrebbero saldare il loro rapporto ma non mi convincono mai.
si nasconde
Al solito, critiche e pomodori marci sono ben accetti.
Mata ne!

   
 
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