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Autore: Chiara PuroLuce    17/10/2023    5 recensioni
Patty ha preso una decisione importante e non intende tornare sui suoi passi. Holly l'ha fatta troppo soffrire e l'ha delusa. Ma proprio questo dolore assoluto, la porta a rinascere proprio lì dov'era nato il loro amore, a Nankatzu, lontano da lui. E quando pensava di essere andata oltre, lui ricompare nella sua vita e...
Holly non riesce a crederci. Patty è riuscita a sconvolgerlo e ora non gli rimane che rimettere insieme i pezzi della sua vita. Come fare? Non lo sa, ma deve almeno provarci. E proprio quando crede di esserci riuscito, ecco che il destino si mette in mezzo e...
Due cuori che sembravano destinati al per sempre, sono in crisi, ma non tutto è perduto... o forse è già troppo tardi? Dicono che il tempo è la miglior medicina, ma sarà vero? Possono due anime ritrovarsi dopo essersi perdute per tanto tempo? Il dolore ha scandito le loro vite in modi diversi, ma riusciranno a superarlo e a rimettersi in... gioco? L'amore vero è davvero così potente da superare anni di silenzio e lontananza? Patty e Holly ancora non lo sanno, ma stanno per scoprirlo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano state due settimane da incubo. Patty non gliene aveva fatta passare una, a lui, Holly, come ai Mister entrati nel suo mirino.
A loro non aveva perdonato lo scherzetto per averla nominata... Manager addetta a... a qualcosa, insomma, ma il succo era che avrebbe accolto le altre Nazionali in arrivo con lui all’aeroporto e non solo.
A lui non aveva perdonato di averli appoggiati e approvati in questa loro follia, come aveva iniziato a chiamarla.
Persino le altre manager non erano uscite incolumi dalla sua ira.
Il giorno dopo, a colazione, Patty aveva espresso tutta la sua perplessità e si ricordava bene ancora le poche frasi che aveva pronunciato. C’era mancato poco che mollasse tutto per tornarsene a casa sua.

 
«Mister, quando ho accettato di tornare tra di voi, vi avevo espressamente posto delle condizioni in privato, ve le ricordate?» Li aveva interrogati.

«Ovviamente e sei stata chiarissima su quello» aveva esordito Mister Gamo.

«Ah, davvero? A me non sembra che voi le abbiate capite o non mi avreste messo in questo pasticcio, in questa... questa... assurda follia!»

«Non è follia, Patricia. Il nostro, è noto per essere un paese molto accogliente e come tale è giusto essere cortesi anche con i nostri avversari. Non sei d’accordo con noi?»

«Mister Turner, avevo espressamente chiesto di essere una specie di ruota di scorta, di essere messa in secondo piano senza troppe responsabilità e di avere la domenica libera che poi, alla fine, è l’unica mia condizione che è stata rispettata. Si ricorda cosa le avevo detto in caso di rottura di una sola di queste clausole? La sua parola vale così poco che, per caso dovevo scriverlo?»

E lì, erano saltati tutti per aria specie Mark, Ed e Danny che dal Mister erano stati cresciuti professionalmente. Ma, a quanto pareva, al Mister andava a genio Patty e quindi era scoppiato a ridere tra lo sconcerto generale.
 
«Non torneresti mai a casa tua, sei troppo orgogliosa per rimangiarti la parola data e per così poco poi. Ormai so che quando inizi un lavoro, lo porti a termine a ogni costo» aveva replicato zittendola.

«Se hai paura che possa andare qualcosa storto, levatelo subito dalla testa perché siamo tutti sicuri che non accadrà» aveva rincarato la dose Mister Gamo.

Lui l’aveva vista guardarsi intorno tra sorrisi di incoraggiamento, che però non avevano smorzato la sua arrabbiatura, Poi aveva incrociato lo sguardo delle manager e...
 
«E voi non avete niente da dire?»

«Buona fortuna e buon divertimento?» Aveva azzardato Amy.

«Patty, sai che io non avrei avuto problemi a farlo al posto tuo, ma sono nuova in questo ruolo di capo manager e ho già troppo da pensare così cheee... sinceramente, sto impazzendo e non capisco come facessi tu a non dare i numeri. Be’, insomma, per dirla tutta, non ho bisogno di un ulteriore impegno. Tu sei il nostro jolly e così...» le aveva detto Maki scrollando le spalle.

«Ma parlarmene prima, no, vero? Non ditemi che nessuno ci ha pensato. Era una trappola molto ben congegnata fin dal principio, vi devo fare i complimenti. Cazzo. Ma cosa avevo in testa quando ho accettato di tornare qua, i pinguini? Me la dovevo aspettare una cosa del genere prima o poi, eppure... ci sono cascata come una cogliona, di nuovo» aveva sbottato. «E va bene. E sia. Lo farò. Ma a modo mio e guai a chi di voi oserà lamentarsi. Mi sono spiegata?»

Eccome no. Talmente bene che avevano annuito tutti e di corsa anche. Nessuno escluso. Era meglio non farla arrabbiare di più. E lo sapevano tutti.

 
E questo spiegava perché ora era lì, al suo fianco nell’albergo che ospitava le varie squadre loro avversarie, vestita da...

 
«Era proprio necessario questo tuo... abbigliamento?» Le disse.

«Ohhh, sì, eccome se lo era. Non dirmi che lo trovi fuori luogo, mio caro capitano Hutton.»

«Quando non ti ho vista a colazione, mi sono chiesto dove diamine fossi andata, ma Eve ci ha tenuto a riferirmi il tuo messaggio, ovvero di non preoccuparmi che ci saremo rivisti come stabilito. Ma quando non ti sei presentata in aeroporto, ho pensato che avessi cambiato idea, alla faccia della tua promessa. E ora eccoti qui, in versione...»

«Tifosa!» Urlò lei facendo un giro su se stessa. «Non pensavo mi andasse ancora bene e invece... mi sta a pennello. Mi è improvvisamente venuta in mente stanotte e così sono scappata a casa per indossarla. Vedi? Ho fatto anche il disegno della nostra bandiera al volto» gli disse mostrandoglielo. «Preferivi forse che mi fossi messa in tiro? Per chi, per te, per voi? No. Dopotutto, io sono solo l’ultima delle manager della squadra e ci si aspetta da me coerenza, niente altro e così ho fatto.»

Di male in peggio, ma lo faceva apposta? Era questa la sua vendetta? Avrebbe tanto voluto domandarglielo, ma lei stava ancora parlando e non riuscì a bloccarla.
 
«E, nel mentre, ho colto l’occasione di portare Miss Fluffy dai miei per qualche ora. Ma mio fratello ha insistito per tenerla fino a che la cerimonia d’apertura sarà terminata. Ho accettato al volo, così non avrò il pensiero fisso di lei e saprò che sarà coccolata e al sicuro.»

«E ci hai messo due ore per cambiarti e portare la tua coniglietta dai tuoi?» L’accusò.

In realtà, trovava Patty molto sexy, ma non glielo avrebbe mai detto o quella era capace di spogliarsi e entrare nuda all’incontro con le Nazionali solo per dargli contro.
Jeans blu scuro attillati, maglia blu larga con il logo del Giappone, fascia bianca con le estremità rosse in testa, scarpe da ginnastica e, per finire come se non bastasse, la bandiera disegnata sulla guancia. Meno male non aveva portato quella vera.

 
«No, ci ho messo un’oretta scarsa, ma poi sai... il viaggio fino qui mi ha preso un po’ di tempo. Ho chiamato un taxi per fare più in fretta, pensavo di venire davvero all’aeroporto, ma poi ho visto l’orario e... e be’, ho chiesto all’autista di cambiare rotta e mi sono fatta portare direttamente qui. Forse ti aspettavi che ti avvisassi? Impegnato com’eri?»

Un messaggino sarebbe stato carino da mandare, no? Evidentemente, no. Ma non lo disse. Da quando le aveva dato nuovamente il numero, Patty non l’aveva mai chiamato, nemmeno una volta. Era come se non le importasse. Come se... oddio, forse non l’aveva mai neanche salvato nella rubrica e ora giaceva lì come numero senza nome e lei non sapeva di chi fosse. Però si ricordava bene quanto Patty amasse sfoltire regolarmente il cellulare da numeri indesiderati o sconosciuti. E se l’avesse fatto anche col suo? Be’, era triste, ma almeno così si spiegava come mai aveva attuato il silenzio stampa con lui. Meglio sorvolare.
 
«Ma ti rendi conto che sarai l’unica lì dentro ad avere dato un calcio all’eleganza?» L’accusò senza mezzi termini. «Tu, qui, ora, stai rappresentando il Giappone, come me e sì, forse un abito e un po’ di trucco avresti anche potuto sfoggiarli. E invece no, ti renderai ridicola davanti a tutti.»

«Ma daiiii, hai fatto una battuta» gli disse guadagnandosi un’occhiataccia interrogativa. «E neanche te ne sei resto conto. Dio, Holly, come sei diventato pesante. Una volta eri molto più divertente e non avresti dato peso a certe cose. Ma sai che ti dico? Me ne fotto se la pensi così. Io la penso diversamente e di mostrare una non me... anche no, grazie. E ora, forza, entriamo ovunque siamo diretti o vuoi marcire qua nella hall?»

«Sì, sì, va bene, va bene. Dovevo immaginarlo che trattandosi di te, ne avresti combinata una delle tue» la liquidò. «Dai, ora seguimi nella sala che l’albergo ha riservato per l’accoglienza delle altre Nazionali. A quanto ne so ci raduneremo tutti lì, Mister compresi. Ah, ma non ti preoccupare, ho saputo che saremo solo noi capitani, oltre loro, almeno credo.»

«Ma come, niente stampa? Mi sembra strano. Tanti sportivi, con sete di mettersi in mostra, rinchiusi in una stanza a fare finta di sopportarsi con falsi sorrisi, mentre dentro di loro stanno pianificando la disfatta totale dell’avversario... E tutto ciò senza che sia documentato?» Gli chiese piazzandosi davanti a lui con le mani sui fianchi e lo sguardò tra il bellicoso e il beffardo.

Holly era sconvolto. Era quello che ora Patty pensava del mondo calcistico? Che fosse tutta una farsa, una facciata per i giornalisti? Ingoiò la risposta piccata che aveva in testa e si apprestò a entrare.
 
«Allora, sei pronta, moglie?» Le domandò.

«Oh, sì. Fammi strada, capitano!»

Messaggio recepito.
 
 



 
«Oh, tò guarda... giornalisti» gli sussurrò.

Patty amava avere ragione e amava gongolare, ragion per cui non si trattenne e lo guardò con occhi finti compassionevoli cercando di non scoppiargli a ridere in faccia.
Al loro ingresso, una piccola folla si era girata a fissarli e non aveva mai smesso di farlo fino a che non furono in mezzo a loro.
Holly e i Mister, già nell’enorme salone, raggiunsero il tavolo predisposto per la breve conferenza stampa e lei si tenne in disparte. Una ventina di minuti dopo, i giornalisti uscirono – per fortuna, erano insopportabili – e la farsa iniziò.
Holly la raggiunse subito, intenzionato a fare il bravo padrone di casa, le circondò la vita con un braccio – ma era proprio necessario? – e la portò tra la folla ora più caotica. Purtroppo, guardandosi intorno, Patty riconobbe Mister Edward che – dannazione a lui – era uno dei due Mister della Nazionale Spagnola. Quello le fissò stupito e subito dopo le fece un sorrisetto sghembo che, se voleva intimidirla, non riuscì nel suo intento. Lo ricambiò ignorandolo. Era affiancato da Rivaul e da una donna che... non riusciva a vederla bene, ma le era familiare. Oh, be’, poco male, avrebbe scoperto presto chi fosse perché, purtroppo, fu proprio da lui che Holly si diresse per primo e a lei non restò che seguirlo.

 
«Mister Edward, che piacere ritrovarla qui» esordì stringendogli la mano.

«Hutton, questa volta saremo avversari. In quanto tuo Mister sono impaziente di vederti all’opera contro alcuni dei tuoi compagni di squadra» gli disse. Poi, fissò lei. «Signora Hutton, che piacere rivederla. Non pensavo si unisse a noi. Se non ricordo male a lei il calcio non è mai interessato molto, giusto?» Le domandò in perfetto giapponese in un tono che sapeva di sfida
.

Pensava forse di intimorirla? Col cazzo. Era a casa sua, adesso. E lì, lui, era in svantaggio. Decise che gli avrebbe presentato Anego.
 
«E ricorda male per davvero» esordì lei «io l’ho sempre amato. Ma lei di certo non poteva saperlo. Spero proprio che la vostra breve visita in Giappone le apra gli occhi su un tipo di calcio che non prevede l’essere zerbini e sempre accomodanti con i propri allenatori, ma che punta allo sviluppo del giocatore e al potenziamento delle sue capacità, se non addirittura l’evoluzione delle stesse. Mi raccomando non sprechi questa occasione perché sia mai che potrebbe servirgli una volta rientrato in patria» gli rispose con astio mal represso.

«Patty!» La riprese Holly senza successo.

Ah, no, non le avrebbe rovinato il momento.
 
«No, Hutton, una volta che tua moglie esprime la sua opinione lasciala parlare. Prego, continui pure, ha altro da dirmi come benvenuto?»

«Non prendo ordini da nessuno, men che meno da lei. Devo sopportare la sua presenza qui perché mi è stato imposto questo ruolo che non ho mai accettato e quindi farò buon viso a cattivo gioco, come si dice» gli sibilò ancora. «Le dirò solo questo: spero che siate la prima squadra a essere eliminata dal Mondiale, perché questo vorrà dire che non la vedrò più per il resto della sua durata.»

«Be’, che dire, faremo del nostro meglio perché ciò non avvenga. Mi piacerebbe, invece, arrivare alla finale, magari con il Giappone stesso.»

«Sogni pure, non è proibito. Lei è Rivaul, vero? Il capitano del Barcellona e anche della Nazionale a quanto pare. Buona fortuna per tutto. Si diverta fin che può. Troverà mio marito leggermente cambiato nel gioco, spero che questo non le sia di troppo intralcio in campo, semmai vi scontrerete.»

«Sono io. Sarà un piacere giocare di nuovo con lui, anche se in due fazioni diverse» disse lui stringendole la mano. «Che dire... grazie per avermi messo in guardia?» Concluse quello palesemente dubbioso.

«Oh, no, il mio non voleva essere un avvertimento, ma solo un dato di fatto. A mai più rivederci, Padrino» disse poi rivolta al Mister facendolo sussultare e sbarrare gli occhi. «Caro, io vado avanti, vedi di ricordarti che non esistono solo loro qua dentro, ok? Uhhh, ma quello è Santana? Dal vivo è ancora meglio, credo che mi troverai con i brasiliani.»

Ciò detto, si mosse per lasciarlo da solo con gli spagnoli, ora ammutoliti. O almeno così era intenzionata a fare perché fu allora che la donna semi sconosciuta raggiunse il trio e si palesò. Oh, sì, era proprio lei. La sua presenza la lasciò un attimo smarrita, ma non doveva mostrarsi sconvolta, no. Dopotutto, aveva sperato di incontrarla, no? Lo aveva persino chiesto a Holly. E se... ma certo, che lui sapesse del suo arrivo e avesse voluto farle una sorpresa? Oh, certo, avrebbe preferito in privato, ma non si poteva avere tutto, no? Però doveva ammettere che quei due ne avevano di coraggio.
 
«Oh, signora Hutton» esordì lei «allora non mi ero sbagliata, è lei. Non ne ero sicura fino a poco fa e ho preferito non fare figuracce intromettendomi. Che piacere conoscerla, finalmente, Oliver mi ha così tanto parlato di lei che non vedevo l’ora di incontrarla, ma lui si è sempre rifiutato di accontentarmi. Che cattivone, vero? È un piacere vederla qui, anche se non me l’aspettavo. io sapevo che era una persona riservata.»

Lei si finse un attimino sorpresa, come se le fosse un volto estraneo.
 
«Non esattamente. Sono stata costretta a stare in disparte. Sa, non amo lo spagnolo come lingua, non l’ho mai capita appieno e ci ho rinunciato quando mi è stato consigliato di non interferire con la carriera di mio marito» disse lanciando un’occhiata a Mister Edward che, almeno, ebbe la compiacenza di arrossire un poco. «Però ora sono a casa mia, nel mio mondo e qui posso essere finalmente me stessa.»

«Lo vedo. La sua schiettezza mi piace. Questa sua mise è fantastica, molto patriottica. Ah, scusi, non mi sono presentata. Sono Bianca Cou» le disse tendendole la mano e scoprendo parte del tatuaggio sul braccio.

«Un nome per un volto, finalmente» le rispose. E poi lanciò la bomba. «Lei è l’amante di mio marito, vero?»

«Co... come? Che... io... cosa... chi sarei?»

«Patty, smettila. Stai esagerando» s’intromise Holly guardandosi in giro come se avesse paura di essere stato smascherato platealmente.

«Tranquillo, caro, non mi ha sentito nessuno, c’è troppo casino qua dentro e poi certo non voglio sbandierarlo in giro» lo calmò. «Comunque, complimenti, te la sei scelta proprio bella, anche se è un po’ più vecchia di quello che mi ricordavo, non certo sulla quarantina a occhio e croce, non so perché all’epoca mi era sembrata più giovane. Ed ecco spiegato il motivo del tuo voltafaccia e del nostro divorzio. Ora riesco a capirti meglio. Se fossi un uomo, avrei ceduto anch’io al fascino maturo, specie se così perfetto. Avete il mio appoggio.»

Oh, e ora cos’erano quelle facce? Oh, diamine, aveva parlato del loro divorzio e non avrebbe dovuto. Be’, pazienza, l’avrebbero saputo solo loro.
 
«Avete... divorziato?» Chieste Mister Edward.

«Oh, andiamo, non mi dica che non lo sapeva. Ma per favore, racconti questa balla a qualcun altro, non a me. Ci manca poco che conosca la marca dell’intimo di mio mar... del mio ex – che senso ha ora nascondervelo – e mi vuole fare credere di non esserne stato informato? Dopotutto, ha raggiunto il suo scopo, anche se per vie traverse, pensavo avesse festeggiato» gli rispose con ironia.

Ma non fu lui a risponderle, visto che sicuramente era troppo impegnato com’era a capire chi avesse di fronte.
 
«Oddio, dimostro così tanti anni?» Saltò su quella tizia, Bianca. «Quaranta addirittura? E dire che sono appena trentaquattro» rispose la spagnola appena ripresa dallo shock. «Ma... ma guardi che... no, no, è meglio passare al tu. Dicevo, guarda che ti sbagli.»

«No, nessuno sbaglio. Lei era la donna che stava avvinghiata a mio marito anni fa, in atteggiamenti... come dire, di grande intimità. Comunque, non parliamone ora, ma appena conclusa questa farsa. Anche perché ho qualcosa di importante da chiederle e preferirei farlo in privato. Infatti, speravo tanto di conoscerla, lo avevo chiesto anche a Holly qualche settimana fa, di presentarci intendo, ma non ero pronta a questa sorpresa. Le andrebbe un bel gelato? Offro io. Conosco un posticino fantastico non troppo lontano da qui» le propose.

«Amo il gelato e, con questo caldo, accetto volentieri. Sperando tu non me lo faccia andare di traverso.»

«No, si tranquillizzi. Ci divertiremo, vedrà. A più tardi allora. Ora ho un compito ingrato da svolgere quindi la lascio col mio ex, che ne sarà ben felice non ho dubbi» le disse. «Holly, hai cinque minuti di tempo per congedarti da loro e darti da fare con l’accoglienza, ho capito che sei particolarmente legato alla loro Nazione, ma qui ce ne sono altre che ti aspettano. Hai dei doveri, non dimenticartene. Sai dove trovarmi.»

E questa volta si allontanò per davvero e raggiunse Santana che fu ben felice di fare la sua conoscenza e si rivelò una persona a modo e galante.
 
 



 
«Be’, Oliver,  non c’è che dire... ma che spettacolo è tua moglie. Anzi, no, la tua ex. Adorabile e sexy, specie se arrabbiata» e gli diede uno schiaffo in testa. «Ma sei scemo a essertela fatta scappare? Una tipa del genere la si tiene stretta, non si lascia» lo accusò infine.

«Divorziati... in teoria. In pratica, no» le rispose lui con voce stanca, mandandola in confusione.

«Che diamine significa. O lo siete, o non lo siete. Non mi sembra così difficile, no?»

«Storia lunga che – se non fosse vera – sarebbe una perfetta trama per un libro giallo» le disse ironicamente. «E quindi eri tu che lei ha visto con me. Ma tu pensa. Ad averlo saputo prima mi sarei risparmiato il divorzio. Ti giuro che non avevo idea che si riferisse a te, parlando di quel giorno.»

Eh? Ma era serio? Bianca era confusa.
 
«Caspita che caratterino. E dire che io temo mia moglie quando si arrabbia con i nostri figli o quando se la prende con me senza motivo» li interruppe Rivaul. «Giuro che quando torno le chiedo scusa a prescindere.»

«Se una donna si arrabbia, c’è sempre un motivo. Mettetevelo bene in testa» replicò lei al calciatore.

«Questa ragazza non è la stessa che ricordavo in Spagna. Questa fa quasi paura. Non teme niente e nessuno e non si fa problemi a parlare chiaro, anche se per dire cose spiacevoli. Mi piace. Sei sicuro che non è la gemella dell’altra?» Domandò il Mister a Oliver.

«In un certo senso lo è, diciamo così» rispose lui incuriosendo tutti e tre e poi specificò. «Avete conosciuto Patty in versione Anego. Il suo alter ego che spunta fuori quando si arrabbia. E no, non è pazza, è così fin da bambina, è una sua caratteristica che amo come lei o forse anche di più di lei. Em, sì, mi spiace per come vi ha trattati, non ve lo meritavate e prima del termine, la riporto qua e le faccio chiedere scusa, promesso.»

«No, Oliver, non ci provare neanche» lo ammonì lei. «Ha espresso i suoi pensieri e io non posso che ammirarla per questo. Ho scoperto più cose su come funziona il Barcellona da lei in pochi minuti, che in anni di osservazione da lontano. E non mi piace quello che ho sentito. Mister Edward, non mi interessa se qui rappresenta la Nazionale del nostro paese e se io sono qui come viaggio di piacere e non professionale, ma una volta che sarò tornata dall’appuntamento con Patty, Anego o... chiunque trovi delle due, mi dovrà delle spiegazioni» e poi se ne andò, risoluta.

Aveva appena fatto pochi passi che lui la seguì.
 
«Cos’è, vuoi irritare ancora di più la tua Patty?» Gli domandò con sarcasmo.

«No, voglio sapere come mai sei qui con la Nazionale.»

«Ah, be’, diciamo che Gonzales ha richiesto la mia presenza dicendomi che avevi bisogno di me qui, ma senza entrare nei dettagli. Dettagli che ora ho capito e che mi hanno lasciata un po’ sconvolta. E poi sono venuta a riportare a casa chi ben sai tu, che mi manca da morire ed è ora che ritorni.»

«Ma... ma... è perfetto» esclamò lui con entusiasmo guadagnandosi un’occhiata interrogativa. «Sì, lo è. Se Patty vi vedesse insieme, capirebbe benissimo di avere corso molto di fantasia. Sarebbe l’unico modo per farle capire che si è sbagliata e che l’ha sempre fatto. Mi ha detto chiaro e tondo che qualsiasi cosa io le dica, per lei sarà sempre una bugia e quindi non ho speranza di farle cambiare idea, almeno non in tempi brevi. Almeno che...»

«Alt, alt, fermo lì» lo bloccò lei con decisione. «Faresti bene a seguire il consiglio di tua moglie e a raggiungerla per svolgere il tuo dovere di capitano del Giappone. A lei ci penso io.»

«Ma... Bianca, guarda che...»

«Vai! E se fossi in te mi darei anche una mossa» gli disse indicandogli con la testa Patty.

Bianca fu felice di vedere Oliver sbiancare prima di raggiungerla di corsa e ridacchiò tra sé. Ah, l’amore. La gelosia. In meno di un minuto lo vide frapporsi fra lei e tre spasimanti per poi catalizzare l’attenzione su di lui. E bravo Hutton. Le Blanc, Schneider e Santana avevano fascino da vendere e non lesinavano a esibirlo, specie con una bella ragazza qual era quella Patty. Bella, intelligente e carismatica. E questo, attirava il sesso opposto. A dirla tutta, era pronta a scommettere che anche molte donne ne fossero attratte e lei poteva confermarlo.
 
 



 
«Ehi, siete appena arrivati e già corteggiate mia moglie?»

«Ehhh? Moglieee?» Urlarono tutti insieme i tre calciatori.

«Ma come, non glielo avevi ancora detto? E va bene che stamattina abbiamo litigato per una sciocchezza, ma rinnegarmi così...» si finse offeso lui, guardandola mentre le cingeva la vita con fare possessivo.

Ah, e così voleva giocare? Perfetto, lei di certo non si sarebbe tirata indietro.
 
«Sciocchezza?» Gli rispose guardandolo male, prima di spostare lo sguardo sul trio davanti a loro. «Signori, giudicate voi. Mi ha detto che presentendomi con questa mise – ovviamente Holly non ha detto quella parola, perché non sa neanche che esiste, ma io si – insomma, ha osato criticarmi perché inappropriata e perché l’avrei fatto sfigurare. Secondo lui dovevo essere più... elegante» concluse poi sganciandosi dal braccio di Holly e girando su se stessa. «Ma andiamo, vi pare? È pur sempre un evento sportivo, no? Non credo di essere fuori luogo, anzi.»

Patty vide i tre spostare continuamente lo sguardo tra loro due per poi soffermarsi sul loro rivale e fissarlo come se gli fosse spuntata un’altra testa. Si godette il momento.
 
«Ma che ti dice il cervello, Hutton» esordì Schneider «tua moglie è perfetta così com’è e, sinceramente, è adatta a tutto ciò più di molte altre che invece vogliono solo apparire.»

«Esatto. Io la trovo molto affascinante in questa sua tenuta sportiva» gli diede man forte Pierre.

«È veramente una bellezza e sei fortunato ad averla tutta per te. Non dovresti sminuirla così se la ami» e anche Santana corse in suo aiuto. «Se fosse mia, io non lo farei mai, neanche per scherzo.»

Ecco, ben detto. Peccato che Holly non l’amasse, nonostante le dicesse il contrario. Ah, se solo quella frase avesse avuto un fondo di verità... perché lei non ci si sentiva, bella, ma proprio per niente. Invece quel ragazzo sì che lo era, bello. Fin troppo. In modo molto pericoloso. E parlava anche un perfetto giapponese. Ma perchè cazzo non l’aveva incontrato prima di Holly? Sì, ok, sarebbe stato un po’ difficile visto la lontananza tra le due Nazioni, ma chissà, magari un modo ci sarebbe stato.
 
«Visto... caro? C’è qualcuno che mi capisce, finalmente» gli disse vedendolo innervosirsi. «Vi ringrazio per le belle parole e la comprensione. Mi scuserete se ora vi lascio, ma devo fare da... come posso dire, apripista con gli altri vostri colleghi. A nome della Nazionale Giapponese e di tutti i tifosi, vi auguro di fare un bel Mondiale. Conto di rivedervi alla cerimonia di apertura» disse loro prima di congedarsi.

Aveva a malapena fatto pochi metri che fu raggiunta da un Holly decisamente infastidito.
 
«Cos’era quello?» Le domandò.

«Quello, cosa?» Finse di non capire lei.

«Quello. Quel teatrino di poco fa. Ma sei impazzita?» Le sibilò a bassa voce.

«No, stavo semplicemente svolgendo il mio lavoro che, ti ricordo, consiste nell’accogliere gli avversari e metterli a proprio agio. Mi sembra di esserci riuscita, no?» Gli disse sistemandogli il colletto della camicia e la cravatta per non fare capire che stavano discutendo. «Stavamo ridendo e scherzando tranquillamente prima che arrivassi tu. Ah, e smettila con questa finta gelosia. Non ci credevo prima, non ci credo ora dopo avere conosciuto Bianca. Gran bella donna, a proposito. Non capisco bene perchè sia qua dentro con tutti noi, ma non è affare mio.»

«Ecco, appunto, parliamo di lei. Un gelato, Patty? Si può sapere cos’altro stai tramando? Cos’è tutta questa fretta di conoscerla e parlarle e di cosa poi.»

«E questo, invece, non è affare tuo, per il momento» gli rispose. «Avanti, caro, torna da quei tre e sorridi. Io ti precedo altrove. Sai, dopotutto, questo ruolo non è così male, mi sto divertendo un sacco e... i miei occhi ringraziamo per tanta bellezza e testosterone riuniti tutti qua dentro. Eccome, se lo fanno» concluse guardando con insistenza uno di loro e...

Ops, povero Holly che aveva seguito il suo sguardo fino a colui che aveva attirato la sua attenzione che – forse sentendosi osservato – a sua volta le aveva sorriso.  
Eh, sì, mio caro ex marito, rosica e soffri come ho fatto io grazie a te. Chi la fa, l’aspetti. Ah, il gusto freddo della vendetta, com’è dolce!, pensò.  

 
«Be’, io vad...»

«Scherzi, vero? Santana?»
 
«È magnetico, non trovi? Elegante e misterioso, ma anche simpatico» gli disse. «Tranquillo, non ho intenzione di farmi corteggiare da nessuno e tantomeno di iniziare una nuova relazione o anche solo di vivere un flirt. No, mi sei bastato tu e devo dire che mi è passata la voglia di stare con qualcuno. Te compreso. A più tardi, bye bye» e lo lasciò solo.

 



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
Santana! Patty era attratta da lui, altro che balle. Lo sguardo che gli aveva lanciato non era affatto disinteressato e lui l’aveva ricambiato. Dannazione. Questo complicava le cose. Ma lui non si sarebbe arreso. Era sicuro che Patty provasse ancora qualcosa per lui e quindi non si sarebbe arreso per così poco.

 
«Non credevo di invidiare mai qualcuno in vita mia, ma con te accade sempre. Tua moglie è fantastica, tienitela stretta e criticala di meno.»

Ed eccolo lì, il suo avversario più temibile che tanto in Brasile, quanto in Spagna, gli aveva sempre creato problemi in campo.
 
«Ecco, bravo, lei è mia moglie, mia

«Ma come siamo suscettibili. Se sei messo così già al mattino, non oso immaginare come arriverai a stasera» lo sfotté.

«Ho visto come la guardi e non mi piace. Cos’è, ami talmente tanto la compagnia femminile che non ti bastano più le fan e le ragazze single che cambi come la carta igienica e ti sei convertito a quelle sposate?» Lo attaccò. «Sta lontano da lei o io...»

E ora perché gli stava sorridendo con fare sarcastico?
 
«Sai, le prime volte che ti ho incontrato in campo, invidiavo tutto di te, anche se ero troppo orgoglioso per ammetterlo. Tu avevi la grinta, la passione, il sorriso e un obiettivo. Tutte cose che a me mancavano. Poi in Spagna ti sei spento lentamente, una delusione che non ti dico a vederti ridotto così male. Avevo tanto fantasticato sulla nostra prima partita da avversari nel Campionato che... tutto mi sarei aspettato meno che di trovarmi davanti un estraneo. Io ero diventato te e tu me. Che tristezza. Dimmi che ti sei ripreso, per favore. Dimmi che il tuo Mister non ti ha plagiato così tanto da farti diventare l’ombra di te stesso e che ora, in campo, ritroverò il vecchio Oliver.»

Cosa? Anche lui aveva capito che era cambiato in partita? Da non crederci.
 
«Che c’entra questo con il fatto che hai delle mire su mia moglie?» Lo liquidò lui.

«Nessuna mira, anche se non posso negare che è veramente intrigante, bella e... sì, devo invidiarti, ancora una volta. Avrete anche litigato, ma si vede che vi amate.»

Si vede che ci... amiamo? Al pluraleee?
 
«E comunque, è un piacere vederla all’opera. Sta attirando tutti con la semplicità e la spontaneità, senza finzioni varie e senza fare fatica. E tu che l’hai criticata per come si è vestita. Fossi in te le chiederei scusa come si deve. Ci siamo capiti, vero?» Gli consigliò strizzandogli l’occhio prima di salutarlo.

In effetti, ora che la vedeva meglio... Patty stava raccogliendo consensi ovunque, munita solo del suo sorriso.
E lì, Holly, si vergognò come un verme. Doveva essere orgoglioso di lei. Doveva essere al suo fianco. Doveva appoggiarla e aiutarla. E sì, più tardi l’avrebbe ringraziata a dovere. Sapeva già come fare. Certo, all’inizio Patty si sarebbe opposta, ma poi avrebbe capitolato, ne era certo.
 
 



 
«Oh, eccoti qui, finalmente ti ho trovata. Andiamo?»

Andiamo? Ma chi.... Patty aprì gli occhi e si ritrovò ad ammirare il tattoo molto ben fatto della spagnola. Bianca, se ricordava bene.
Era stanca morta. Tre ore. Pensava di non uscirne viva. Così – mentre Holly prendeva congedo dai suoi colleghi capitani, lei si era seduta fuori dalla struttura, su una panchina di legno e... si era addormentata.

 
«Andiamo... dove?»

«Mi hai promesso un gelato, ricordi? Allora, dov’è questa gelateria buonissima che hai usato per tentare alla mia dieta che – per inciso – sono anni che devo iniziare seriamente a fare, ma evito perché amo troppo mangiare.»

Un gel... oh, cazzo, era vero. L’aveva dimenticato. Aveva proposto all’amante di Holly un gelato in sua compagnia perché voleva parlarle in privato e lontana da lui.
 
«Giusto. Scusi, ha ragione, andiamo subito» e così dicendo si alzò.

Aveva fatto appena qualche passo che...
 
«Ma... puoi andartene così, senza avvisare nessuno?» Le domandò quella.

«Sì, il mio dovere l’ho fatto e sono andata ben oltre quello che mi era stato chiesto all’inizio, quindi mi devono un favore bello grosso. E poi Holly era lì con noi quando te l’ho proposto, no? Se usa bene quei due o tre neuroni che non sono occupati dal calcio, dovrebbe ricordarsene. Altrimenti, al mio rientro farà il finto preoccupato, urlerà un pochino e mi ignorerà per qualche ora dicendosi deluso, arrabbiato e chissà che altro. Ma sa una cosa? Che si fotta. Sono adulta e in grado di prendere le mie decisioni da sola» le disse senza mezzi termini
.

E dopo un attimo di silenzio, la spagnola parlò.
 
«Ahahah, hai ragione. Ti adoro già. Sei una forza» le disse lasciandola basita.

«Ah, sì, ok... grazie e... em, andiamo? Forza, muova quelle chiappe o giuro che lascio qui e mi mangio anche la sua porzione. E non scherzo!»
   
 
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