Zelgadiss camminava veloce per le strade
buie della città addormentata. Saillune era sempre la stessa, con le sue mura
bianche candide, la struttura a stella che sembrava voler circondare il palazzo
del sovrano, le guardie assonnate agli ingressi.
Anche
questa volta era entrato da quel piccolo passaggio, quello che gli aveva fatto
conoscere Amelia. Sorrise tra sé, pensando a come ogni volta lo utilizzassero
in maniera completamente opposta. A lei serviva per fuggire dalle incombenze
del suo ruolo, per ritagliarsi attimi di serenità lontano dalla vita di corte.
Lui lo utilizzava per entrare di nascosto in quella città, tentando di non dare
nell’occhio, passare inosservato alle guardie che, di certo conoscendo la
principessa, lo avrebbero trattenuto fino al suo arrivo.
Non
poteva permettersi di rivederla. Non sapeva nemmeno quante cose potevano essere
cambiate in lei in quattro anni. Non voleva scoprirlo. Si costrinse ad
ammettere che era proprio un fifone.
«Dobbiamo
sbrigarci Toffee. Lei sarebbe capace di trovarci in una notte senza luci, sai?»
sorrise tristemente in direzione del cane, che trotterellava sereno al suo
fianco, ignaro che con ogni probabilità quelli erano gli ultimi momenti che
trascorrevano assieme.
Non
c’era altra soluzione, Toffee doveva vivere una vita senza pericoli, non poteva
continuare a rischiare la sua vita. Zelgadiss non avrebbe mai sopportato di
perderlo, e prima di commettere qualcosa di terribile, il cane doveva tornare
tra le braccia di Amelia.
Quando
giunse in vista del palazzo si fermò esitante. Era una delle cose più difficili
che avesse mai fatto, e qualcosa nel petto gli causava una sensazione molto
vicina al dolore fisico. Scosse la testa risoluto, tornò a guardare Toffee che,
sedutosi al suo fianco, si grattava un’orecchia.
“Spero
che un giorno capirai amico mio. Lo faccio solo per il tuo bene” sospirando
prese il cane tra le braccia e, aggirando gli ingressi presidiati, si alzò in
volo oltrepassando le mura del palazzo, atterrando nel giardino a lui così familiare,
ma così distante.
I
ricordi lo invasero con l’impetuosità di un fiume che ha rotto gli argini del
tempo, e le immagini riaffiorarono davanti ai suoi occhi come spettri antichi.
Amelia che sproloquiava di giustizia su quell’albero là in fondo…
Lui che se ne stava seduto proprio sul bordo della fontana a leggere. Una
forchetta volante che gli sfiorava l’orecchio, lanciata da Lina, che inseguiva
Gourry brandendo un coltello e cercando di recuperare il pollo che lo
spadaccino aveva tra i denti.
Tanto
tempo fa… cosa era rimasto di quei momenti felici?
Lina e Gourry non c’erano più…
Toffee
gli leccò il viso, riportandolo al presente. Le immagini sbiadite dei suoi
ricordi tremolarono e svanirono nell’aria, come fumo. Per un momento ancora
avrebbe voluto trattenerle… No, avrebbe voluto
perdersi in esse e con esse svanire. Cosa era rimasto di quel barlume di
speranza del passato? Nulla…
La
sua ossessione si era continuamente scontrata con muri di nulla, sembrava che
una cura per il suo stato non volesse esistere, cocciuta quanto lui.
Lina
e Gourry erano rimasti insieme anche nella morte e, per quanto lui fosse una
persona realista, per qualche tempo aveva creduto che tutto fosse solo un
incubo, uno dei tanti. Alla fine aveva dovuto accettare che mai più li avrebbe
trovati tra i piedi, mentre continuava la sua ricerca. Quando era riuscito a
realizzarlo, aveva pianto. Ed Amelia era stata accanto a lui, ad asciugare le
sue lacrime.
Amelia… lei era viva. Questo bastava a tenere in vita anche
lui. Che non potesse vivere con lei lo sapeva sin dall’inizio. Ma a convincerlo
del tutto era stato il colloquio personale con il principe Filionel. Amelia era
una principessa e, per quanto la cosa risultasse terribilmente fastidiosa anche
per lo stesso Filionel, come principe e come padre non poteva permettere che
una persona egoista, individualista e poco presente come lui, fosse legittimata
al fianco di Amelia. Lo capiva benissimo. Per questo non avrebbe più voluto
tornare a Saillune.
Posò
Toffee a terra, che gli saltellò attorno cercando di scodinzolare col
moncherino di coda.
Si avvicinò all’albero e sfiorò con la
destra la corteccia scura. Guardò verso l’alto, i rami spogli mostravano solo
qualche foglia ancora tenacemente aggrappata alla loro vita ormai terminata. Non
riusciva a ricordare se i rami fossero spogli anche quel giorno lontano… ricordava solo la corteccia dietro la sua schiena
e gli occhi di Amelia profondi e così vicini ai suoi…
Richiuse
il pugno, tentato di sfogare contro l’albero la rabbia che la nostalgia gli
procurava, ma si trattenne. Doveva muoversi, ci stava mettendo troppo tempo,
non era da lui perdersi in vagheggiamenti simili, si stava rammollendo!
Posò
un ginocchio a terra e grattò Toffee dietro le orecchie. “E’ un addio amico
mio. Abbi cura di te. E di lei”. Estrasse dalla sacca un vecchio collare
sgualcito e una corda, e si assicurò che Toffee non potesse seguirlo.
Mentre
tornava verso il muro e sottovoce recitava il Levitation, si voltò a guardare
l’ultima volta l’amico a quattro zampe. E Toffee era là, con un’espressione
incuriosita sul lungo muso color caramello, seduto composto come quando lo
lasciava fuori da quei posti dove i cani non erano ammessi. In attesa del suo ritorno…
La
città, da quella posizione sopraelevata, sembrava un enorme dipinto alla luce
dell’alba. La foschia ne confondeva i contorni, quasi fosse stata edificata in
mezzo ad una nuvola.
Zelgadiss
si staccò dalla vecchia quercia che in quella notte era stata il suo sostegno,
e si chiese per l’ennesima volta per quale motivo non se ne fosse andato
subito. Accettò come risposta la menzogna con la quale cercava di auto
convincersi, cioè che voleva rivedere l’alba su Saillune per l’ultima volta.
Esitò
ancora qualche istante, poi diede le spalle al panorama, volgendo lo sguardo al
sentiero che si allontanava dalla città.
Bau…
Zelgadiss
si immobilizzò. Doveva esserselo sognato.
Bau…
Come
in un sogno, la sua testa si volse a scrutare il sentiero che veniva dalla
città. Poteva essere uno scherzo della foschia… o
qualcosa si stava davvero muovendo nella sua direzione?
Toffee… non poteva… o poteva? E
lei? Era quello il motivo per cui in realtà aveva aspettato l’alba? “Sei
patetico Zelgadiss, ancora te lo stai chiedendo?” derise se stesso.
Il
sole stracciò l’ultimo velo dell’umidità, e rivelò un lampo color caramello che
correva storto su per il sentiero, nella sua direzione, abbaiando più di quanto
non avesse mai fatto nei quattro anni passati al suo fianco.
I
suoi occhi passarono dal cane alla figura che correva poco dietro di lui… E mentre la sua testa continuava a gridargli di
andarsene subito, qualcosa nel suo petto lo inchiodava sul posto.
Toffee
si lanciò su di lui con tutto il peso,
facendolo crollare a terra, sotto una valanga di leccate e di sbuffi dal naso
umido.
Zelgadiss
rise. Come aveva fatto a pensare di separarsene? Quel qualcosa nel suo petto
parve ridere di gioia ad ogni leccata che attraversava senza paura il suo volto
di pietra, e quasi all’unisono con esso, la risata di Zelgadiss si levò sull’altura
in quella fredda mattina di inizio inverno.
Amelia
si inginocchiò vicino a loro e avvolse con le braccia il cane, per fermare il
suo impeto di affetto.
Mentre
ancora stava ridendo, Zelgadiss rivide il viso familiare di lei. I capelli un
po’ più lunghi, ma gli occhi limpidi e profondi di sempre.
«Zelgadiss-san, sei meraviglioso quando ridi» sussurrò la
principessa, chinandosi su di lui e baciandolo sulle labbra.
Mentre
era ancora piacevolmente confuso, Amelia si scostò, osservando divertita quello
che doveva essere il colore più vicino al rosso che la sua pelle di roccia
avesse mai assunto.
«Zelgadiss-san, dobbiamo sbrigarci. Penso che questa volta
mi abbiano vista e presto cercheranno di portarmi a palazzo. Non abbiamo tempo
per star qui ad ammirare il panorama!» disse allegramente, alzandosi in piedi e
tirandolo per un braccio.
«Sbrigarci?»
domandò Zelgadiss quando la voce decise finalmente di tornargli.
Amelia
tornò a guardarlo, sorridendo con fare complice. Si affiancò a lui e lo prese
sotto braccio, con una tale naturalezza che Zelgadiss non poté fare a meno di
sorridere.
«Non
mi farò certo battere da Toffee, non ti sembra? Lui ha vissuto al tuo fianco
per ben quattro anni, e non ci ha pensato sopra due volte a cercarti per tutta
la città ed a seguirti. Io non posso essere da meno di Toffee, non sarebbe
giusto! E sai quanto ci tengo che ogni cosa segua la via della giustizia!»
Cosa
voleva dire? Cosa accidenti stava dicendo? Non poteva…
«Zelgadiss-san. Abbiamo giocato abbastanza, non ti pare?» il
viso della ragazza si fece serio all’improvviso. «Mio padre se ne farà una
ragione. Mia sorella ha potuto fare la sua scelta. Io voglio fare la mia. E
questo non è più un gioco»
Stava
scegliendo… lui?
«Amelia,
sai anche tu che…» la ragazza lo interruppe
mettendogli un dito sulle labbra.
«Avrai
tutto il tempo che vuoi per farmi la predica, Zel»
Tutto
il tempo…
Zelgadiss
le prese la mano che ancora gli sfiorava le labbra, e intrecciò le sue dita di
pietra con quelle delicate della principessa, tirandola verso di sé e
stringendola al petto. Le scostò un ciuffetto di capelli dal viso e, mentre si
chinava su di lei per baciarla, Toffee cominciò a ringhiare come un forsennato.
Dal
sentiero giunsero voci e rumori di stivali che correvano veloci. Le guardie…
Zelgadiss
sorrise divertito ad Amelia, afferrò con un braccio Toffee, e tenendo alla ragazza la mano, corse verso
l’altura, gettandosi di sotto, lasciando che il vento e il Levitation li portassero lontano
da Saillune.