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Autore: Aqua Keta    19/10/2023    5 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Di nero vestita, come un fantasma si mosse verso sua figlia.  La baciò. Un saluto alla cognata e nel silenzio più totale si avviò, un passo dopo l’altro, verso l’uscita del Tempio.

Il volto rigato dalle lacrime pensando in quali mani sciagurate fosse finito suo figlio Louis – “Signore, ti prego, veglia su di lui”

Il calesse percorse quel tratto di strada ritrovandosi in breve davanti le torri della Conciergerie.

Spintonata all’interno dell’edificio, venne perquisita e condotta nella sua cella, il suo nuovo alloggio.  Pochi metri quadrati, sorvegliata a vista da due soldati.

La giovane  le si avvicinò tendendole le mani per aiutarla a sedere accennando un sorriso –“Mi è stato chiesto di occuparmi di voi”.

La vedova Capeto sollevò lo sguardo - “Come vi chiamate?”

“Rosalie, Rosalie Chatelet”.

 

 

“Signore …”- scuotendolo dai suoi pensieri – “Cosa dobbiamo fare?”

Rimase seduto, quasi sprofondato in quella poltrona rivolta verso la grande vetrata spalancata sul piccolo giardino all’italiana, il bicchiere pieno di vino mentre con una mano accarezzava il gatto accovacciato fra le sue gambe.

I tempi erano cambiati, velocemente. Aveva vissuto gli anni migliori pieno d’ambizione, nella speranza di succedere a Luigi XVI … amico di Lafayette, massone, membro del club dei giacobini, deputato alla Convenzione, aveva trasformato Palais Royal in uno dei centri fulcro della Rivoluzione. Il fior fiore delle nuove idee, di una nuova visione del mondo, del popolo, della Francia. Si, quasi tutto aveva avuto inizio li.

In tutta questa ricerca del mettersi in buona luce con gli oppositori della monarchia, la cosa veramente più importante era di aver votato la messa a morte del re. Questo forse gli aveva reso ancora più onore fra le varie fazioni rivoluzionarie.

Rammentò che pure il comandante Oscar Francois de Jarjayes, si, proprio madamigella Oscar, era stata sua ospite … già, alla ricerca del misterioso Cavaliere Nero.

Portò il calice alla bocca. Un sorso assaporato fino in fondo. “Madamigella Oscar …” – mormorò appena.

Non aveva mai fatto parte delle sue ristrette amicizie di corte e questo lo aveva spesso indispettito, seppure, obiettivamente, l’aveva sempre ammirata e stimata.

Sapeva. Lui sapeva tutto di quel fattaccio.

Sapeva di Bouillè, uomo terribilmente infimo ed opportunista, sapeva delle sue brame, dell’odio e della rivalità nei confronti del generale Jarjayes.

Ma lui, infondo, non aveva nulla contro di lei. Nonostante avesse spesso teso una mano a quell’altro sciagurato, mercenario, assassino. Ma non nei suoi confronti. No, non contro di lei.

Un tempo … forse aveva pensato di sbarazzarsene … ma non di ucciderla. Una persona si può eliminare anche solo con le parole.

Ma non aveva nulle contro di lei.

Allora … forse … un suo intervento … anche solo un accenno a chi di dovere su dove si nascondesse Bouillè … degli sporchi ricatti … Lui si, avrebbe potuto impedire quel travaglio. Si. Lui avrebbe potuto.

Scosse le spalle. Sapeva. Nonostante tutto … nessun rammarico, nessun rimprovero, nessun senso di colpa.

Aveva vissuto la sua esistenza al limite.

Nessun pentimento.

Incurvò le sopracciglia – “Madamigella Oscar …”- mormorò tra i denti –“Non conosco donna al mondo più caparbia, coraggiosa, e determinata … “- sollevò il bicchiere verso l’alto – "A voi”

Ora non aveva più alcuna brama … il tempo era terminato.

Tese l’altra mano verso l’inserviente per farsi passare quella lettera. “Accusa di tradimento”.

“E che cosa vorresti fare?” – rispondendo al suo servitore –“ … nulla. Non resta più nulla da fare … se non di attendere”

“Signore ma Morell … non dovremmo intervenire? … insomma, avete ben compreso …”

“Morell … “ masticò quel nome accennando ad un sorriso – “… la fortuna gira … il destino ha lanciato i suoi dadi …”.

Le guardie del tribunale varcarono il cancello.

“Passami la giacca” – il gatto balzò a terra.

Quando bussarono alla porta, lui li accolse senza opporsi – “Louis Philippe Joseph duca d’Orleans, siete in arresto”.

 

 

“Forza, andiamo”.

“Ecco” – pensò – “finalmente”- compiaciuto della sua breve permanenza dietro le sbarre.

Non diede il giusto peso a quelle parole.

Nemmeno quando, le mani legate dietro la schiena, mise piede su quel carretto.

Un senso di sollievo. Tutto volgeva al termine. Anche questa volta era andata secondo i piani. Gli agganci erano serviti per l’ennesima volta, ed ora il sapore nel tornare libero era quello della vittoria.

Ma quando il mezzo svoltò in Place de la Revolution, realizzò ed un brivido gli percorse la schiena.

Perché era stato condotto in quel luogo? No, non poteva essere. Non doveva andare così. Non era possibile.

La folla inveiva inferocita.

Si fermarono accanto al patibolo. Una goccia si sudore scivolò lungo la tempia.

Le guardie lo fecero scendere spingendolo a forza su per le assi di legno imbevute di sangue.

Non un’ombra di pentimento ma lo sguardo intriso di terrore.

Opponendo resistenza prese a gridare – “Bastardi maledetti! Il processo, il processo!! Non potete condannarmi senza nemmeno un regolare processo?”

Sanson gli si avvicinò – “Non preoccuparti, farò veloce! “- afferrandolo per la camiciola bianca.

“Che tu sia dannato!!”- sputandogli in faccia.

L’uomo si passò una mano sul volto e con un ghigno di disprezzo sistemò la lama.

Morell divincolandosi riuscì a liberarsi. Con un balzo atterrò nel fango ai piedi del patibolo scivolando  a terra. Si fece forza sulle ginocchia e rialzandosi, si mise a correre per fuggire. Ma alcuni tra la folla gli si pararono davanti bloccandolo – “Alla forca!” – gridarono.

“Scansatevi, bifolchi!!” – ringhiò spintonandoli per farsi strada.

In un batter d’occhio le due guardie gli furono addosso –“Dove credi di andare!?! – trascinandolo nuovamente al cospetto del boia.

“Dove sono i vostri capi? Dove sono coloro che condannano un fautore della rivoluzione, uno che ha dato tutto se stesso per la causa, per liberare la Francia da  chi ha rubato e portato alla miseria questo grande paese?”

“Smetti di farneticare”- gli disse uno spingendolo verso Sanson.

Si guardò attorno nel  tentativo di scrutare occhi amici  pronti ad intervenire in un ultimo disperato salvataggio - “I vostri capi condannano a morte chi vuole la fine dei nobili. E’ questa la giustizia che desiderano?”

Salirono altre due guardie in aiuto ai colleghi e dopo averlo immobilizzato riuscirono a legarlo e coricarlo sull’asse.

Quell’assassino che mai aveva temuto nulla,  lui stesso era l’ultima vittima del suo agire.

Sanson gli pose la tavoletta dietro il collo ed afferrò la corda della mannaia.

“Robespierre vi farà tutti morire nel vostro sangue, maledetti!!” – le ultime parole.

La lama cadde facendo il suo sporco dovere.

Un silenzio tombale riempì la piazza.

Sanson, chinatosi, raccolse dalla cesta il capo mozzato sollevandolo verso la folla che esplose in un grido di esultanza – “Pour la France!”

Fermo, immobile. Strinse i pugni in un senso di soddisfazione e nel contempo di tristezza.

Ogni debito prima o poi andava saldato.  Il tempo si riprendeva ciò che gli spettava. “Tanto dato, tanto tolto”- echeggiò nei suoi pensieri.

Posò un ultimo sguardo là, sul corpo senza vita di Morell ancora legato mentre veniva scaraventato su un carretto con altri. L’incubo era finito.

Si volse abbandonando la piazza. Ora poteva tornare.

Un piede sulla staffa afferrando le briglie.

“Andiamo”. Un cenno di Mornay.

 

 

Terminata la cena con i suoi cari, si era congedata: la stanchezza si faceva sentire sempre più. La giornata non era stata delle migliori. Seduta a tavola qualche fitta anomala al ventre le aveva dato da pensare.

La mano della figlia stretta nella sua a percorrere il vialetto che conduceva alla dependance. La piccola sbadigliò ripetutamente strofinandosi gli occhi.

Varcata la soglia aiutò Maddie a prepararsi per la notte – “Mamma, quando arriva Joseph posso dargli il mio Lapin?”- agitando il pupazzo per aria.

“Immagino non sarà difficile trovarne uno tutto per lui”

La bimba fissò il coniglietto perplessa –“Si … Lapin vuole stare con me. Credo che poi piangerebbe …”- stringendolo a sé.

“Penso si sentirebbe molto triste”- riponendo gli abiti sulla piccola sedia a dondolo.

Volgendosi la vide già addormentata. Una leggera carezza per poi andare a sedersi di fronte alla grande finestra nella saletta. Si sentiva strana.

Cercava di non darlo a vedere, ma nonostante fosse trascorso diverso tempo non riusciva a cancellare dalla mente quel dubbio che, come una goccia, la tormentava in continuazione.

Aveva frammenti di ricordi di quanto era accaduto a Londra.

Vincent era come sparito. Bernard non si era fatto più sentire. Quello di Alain era stato un addio, non esplicito, ma chiaro. … Andrè …

Tutto questo “oblio” non faceva che alimentare il timore costante che prima o poi potesse riapparire. Del resto lo aveva già fatto quando la prima volta si credeva che quello in prigione fosse lui. Tutti lo avevano identificato come Damien Morell mentre lui se ne stava tranquillamente al sicuro da Bouillè, continuando ad ordire piani diabolici nei suoi confronti e dei suoi cari. Nel mirino di un fanatico, pazzo squilibrato, assassino …. Come avesse raggirato tutti, nessuno era stato in grado di venir a capo di quella matassa così complessa e chissà quali personaggi erano stati in grado di coprirlo, proteggerlo. Abile e temibile pianificatore, insaziabile nella sua crudeltà. L’odio che nutriva nei confronti dei Jarjayes, e non solo, era un qualcosa di innaturale ed incomprensibile.

I rintocchi della piccola pendola batterono le tre.

Oscar sbuffò. Una nuova notte in bianco.

Non era mai stata una dormigliona. Le erano sempre bastate poche ore di sonno, ma ora era veramente divenuto impossibile riposare. Un susseguirsi di incubi, la difficoltà di stare coricata per via della prominenza della gravidanza … il pensiero che veramente che quel briciolo di speranza ora fosse del tutto vana.

L’ennesima fitta strana …. Una contrazione? Deglutì rimanendo ferma immobile.

Quando le parve che tutto fosse tornato normale si buttò una vestaglia sulle spalle. Un breve passaggio nella stanza di Maddie. Sorrise teneramente vedendola stretta al suo pupazzo. Un calcio. Il piccolo Joseph si fece sentire. Posò una mano sul grembo – “Non fare il geloso” – accostando la porta.  

Inspirò a lungo quella brezza sospinta dal mare mentre un leggero chiarore saliva lentamente all’orizzonte.

Fece qualche passo giusto perché lo sguardo potesse abbracciare meglio il mare infrangersi sulla scogliera.

Si, inutile far finta di nulla. Quelle erano vere e proprie contrazioni. Il dolore la fece quasi piegare in due. Si appoggiò per qualche istante al muro della casa. Doveva andare a chiamare Nanny. E Maddie? Avrebbe potuto lasciarla da sola? Raggiungere la casa le parve quasi un’impresa impossibile. Eppure non era così distante.

Un rumore in lontananza attirò la sua attenzione.

Pensò ad una volpe … ce n’erano diverse nella piccola tenuta.

Ancora.

Svoltò l’angolo della casa per inquadrare il viale alberato.  Le parve di udire dei passi.

Ed eccone un’altra..

Tese l’orecchio e mise a fuoco.

In quella foschia appena accennata intravvide una sagoma. Chi mai poteva essere a quell’ora? Uno degli uomini di Mornay durante una ronda?

Rimase a fissare quel punto che avanzava quando i contorni divennero via via più definiti. Improvvisamente i battiti si fecero accelerati. Deglutì. … un cappuccio.

No, non poteva essere.

Scosse il capo. Gli occhi si fecero lucidi – “No! Basta!”- volgendosi per rientrare velocemente in casa.

Inciampò nella vestaglia rovinando a terrà. Fu lesta nel tendere le braccia per proteggere il grembo ma battè un ginocchio. Un dolore intenso le percorse la gamba. Ed ecco … si accorse … come allora, nel bosco con Leah. Le acque si erano rotte.

Si fece forza trascinandosi all’interno. Non poteva essere nuovamente quell’incubo. Come, come aveva fatto ad entrare? Aprì l’armadietto e ne estrasse un fucile.

L’ennesima contrazione. Le spalle poggiate allo stipite della porta. Puntò l’arma verso la figura che si avvicinava sempre più. Che cosa doveva fare? Non poteva rischiare.

Entrata richiuse l’uscio e trascinandosi nella camera di Maddie la fece alzare.

“Mamma … ?”- strofinandosi gli occhi.

“Vai in camera della mamma e nasconditi dietro il letto. Corri!”- la esortò.

La bambina non se lo fece certo ripetere due volte ed in un battito di ciglia si rannicchiò come un riccio .

Sedette sul bordo del letto stringendo i denti per il dolore.

Si rese conto di tremare. “Che cosa vuoi ancora?”- gridò. Tese le braccia con il solo pensiero rivolto alla salvezza dei suoi figli.

Chiuse gli occhi quando ne percepì la presenza sulla soglia di casa.

Il dito sul grilletto.

Esplose un colpo.

 

 

Un lungo sospiro sollevando lo sguardo verso la giovane seduta di fronte, le lacrime copiose solcarle le guance – “Rosalie … grazie, grazie di cuore”

“Per cosa?” – prese a spazzolarle i lunghi capelli ingrigiti.

“Il vostro racconto così accorato mi è stato di grande sollievo. Sapete … se solo quel giorno avessi ascoltato le parole di madamigella … forse il destino … “- ripensando a come gli eventi erano velocemente precipitati da quel loro ultimo incontro. La sua unica e vera amica aveva fatto scelte indubbiamente azzardate che non le avevano certo reso la vita facile … eppure … - “riesco ad immaginarmela con la sua bambina. Quanta dolcezza ha sempre dimostrato nei confronti dei miei figli.”

La giovane sorrise e quasi si commosse tornando con la mente ai giorni in cui aveva vissuto a palazzo Jarjayes.

“Rosalie … ho bisogno che mi facciate un piacere …”- stringendole le mani.

”Se posso …”

“Vorrei vederla … per un’ultima volta. Voi sola potete fare in modo che questo mio desiderio possa realizzarsi”

“Ma …” – esterrefatta per la richiesta decisamente inaspettata ed impossibile.

“Ve ne prego … non mi resta molto”- il tono supplichevole.

“Io non … non so, non so se …”

“Ascoltate. Non mi è permesso scrivere nulla, nemmeno due righe su un misero pezzetto di carta. Voi, voi siete la sola, l’unico mezzo che ho per poterle dire che non l’ho dimenticata, che è sempre rimasta nel mio cuore, che è l’unica persona di cui io mi sia sempre fidata e la sola con la quale mi sia mai confidata. Desidero rivederla … non so come, non so quando  … ma prima del mio ultimo respiro … io …”

 

 

“Oscar …”- quella figura la chiamò.

Un tuffo al cuore.

“Oscar …” – udì nuovamente mentre, inspirando profondamente tentò di controllare una nuova contrazione.

Il fiato corto come avesse corso allo sfinimento mentre un senso di sollievo le accarezzò il cuore riempiendole gli occhi di lacrime – “Andrè!” – posando il fucile e tendendo una mano – “Andrè!!”

Il giovane avanzò nella stanza facendo scivolare il cappuccio sulle spalle.

“Sei tu!” – afferrandolo per un braccio – “Sei vivo, sei vivo!”

Un pianto liberatorio spezzato dai singhiozzi –“Andrè, Andrè”- continuò a ripetere.

“Papà!!!”- Maddie uscì dal suo nascondiglio balzando sul letto –“Papà!”

“Sono qui, amore mio, sono qui”

Una gioia immensa, incontenibile mentre le piccole braccia gli cinsero il collo.

La baciò con infinita dolcezza. Poi volgendosi verso Oscar le afferrò il volto tra le mani. Sorrise  –“Che intenzioni avevi? Volevi sparami?”- raccogliendo successivamente l’arma.

“Credevo … avevo visto quell’Ombra maledetta …. Invece … invece … “- asciugò gli occhi corrugando la fronte al sopraggiungere delle nuove contrazioni.

“Oscar ma ….”-

Afferrata una mano del marito gliela posò sul grembo – “Andrè … ”

Toccare, sfiorare finalmente la gravidanza di sua moglie … gesto che gli era così mancato con la sua adorata Maddie.

“Oscar, è tutto finito”- nel tentativo di rassicurarla.

“No Andrè … non ho più avuto notizie da Bernard … di Morell non so più nulla da tempo”- scuotendo il capo.

“Oscar … è finita”

“Andrè tu non sai … quel …”

Sopraggiunse una nuova contrazione questa volta molto più intensa.

 

Calava lentamente sera. Una brezza leggera si fece strada nella stanza.

Lo sculacciò con una pezza bianca –“Ti pare la maniera di far ritorno a casa? Avresti potuto almeno scrivere due righe …”

“Mi spiace nonna …”

“Se ti fosse dispiaciuto veramente saresti rientrato prima. Non puoi nemmeno immaginare la sofferenza di Oscar”

Rimase a fissarla sfinita per il parto.

Tutto era avvenuto senza rendersene conto. Almeno per lui.

Pallida, in un bagno di sudore, i capelli appiccicati al volto. Questa volta era stato più difficile nonostante fosse il secondo parto.

Le aveva tenuto ripetutamente la mano mentre i suoi lamenti riempivano la stanza. Aveva assistito a tutto il travaglio perché così lei gli aveva chiesto. Era stata una vera sofferenza vederla contorcersi dai dolori. Ci fu un momento in cui gli parve avesse pronunciato tra i denti il nome di Leah.

Il pensiero andò a quando gli aveva raccontato come la giovane l’avesse aiutata e seguita durante la nascita di Madeleine. Tutto l’astio nutrito per tanto tempo si era trasformato in un legame unico, in una bell’amicizia … purtroppo troncata troppo presto con quella morte precoce e violenta … Leah …

All’ennesimo lamento di Oscar era tornato alla realtà.

“Ci siamo!!”- oramai era alle ultime battute –“Andrè, lasciaci sole”- lo aveva esortato sua nonna.

A malincuore era uscito, rimanendo comunque in allerta.

Da dietro la porta udirla gridare a lungo per un paio di volte … e il silenzio. Irrigidirsi sentendosi impotente, tendere l’orecchio per carpire anche il minimo rumore. Ed ecco … un vagito  – “Andrè! Andrè! Vieni, presto!!, Madame, Generale!!”

Spalancando la porta Nanny gli era andato incontro mettendogli tra le braccia un fagottino dalla chioma scura.

Emilie e consorte accostarsi a lui. I volti illuminati di felicità e stupore di fronte a quella nuova gioia a riempire la famiglia.

“E’ un magnifico maschietto!”- asciugandosi gli occhi dalla commozione.

Incantato ad osservare quella creatura, così piccola, la bocca appena socchiusa, le piccole dita strette in pugni …. Sfiorandogli il dorso delle mani, il nascituro le aveva spalancate di riflesso. Un’emozione forte, come quando aveva visto Madeleine per la prima volta.

Madame sedette sul lato opposto del letto, giusto un paio di parole con la figlia mentre Jarjayes rivolgendosi ad Andrè si congratulò con immenso affetto stringendogli la mano – “E’ semplicemente meraviglioso”

Emilie posò un bacio sul capo della figlia e - “Su …. lasciamoli soli … “- prendendo il marito sottobraccio.

Il giovane sollevato lo sguardo vide Maddie sdraiata su un fianco accanto ad Oscar, mentre le accarezzava una guancia - “Mamma … ti voglio tanto bene!”

Lei accennò ad un tenero sorriso  - “Anche la mamma te ne vuole …”- socchiudendo gli occhi.

Nanny le rinfrescò il viso –“Bambina mia, ora cerca di riposare”.

Allungò le mani alla ricerca delle sue. Chiuse gli occhi assaporando a pieno di trovarsi tutti nuovamente riuniti riacquistando un briciolo di tranquillità – “ Perdonami … “

La fissò perplesso.

“Auguri … buon compleanno Monsieur Grandier”- sfiorandoli gli labbra.

Il piccolo Joseph mugugno - “E’ bellissimo” –  Andrè incantato ad osservarlo – “E tutto questo è il regalo più bello che potessi ricevere oggi”

Le dita di lei scorrere leggere sulla fronte del piccolo.

Maddie in ginocchio sul letto a fissare estasiata suo fratello stringendo in una mano il suo Lapin.

“Vieni”- la invitò – “Vieni ad accarezzarlo”.

La bimba avvicinatasi, tese la mano sulle sottili ciocche scure del neonato. Sorrise –“Mamma … è proprio piccolo. Ma ero anche io così? Adesso diventa grande come me?”

Istanti unici. Non ci fu bisogno di null’altro.

 

 

“Che cosa? Maria Antonietta ti ha chiesto di Oscar?”- Bernard non potè credere alle parole della moglie.

“Posso garantirti che era serissima. Oh … sapessi in che misere condizioni vive quella povera donna”- portandosi le mani agli occhi.

“Rosalie, ma che dici? Povera donna?”

“Ascolta. Non ha fatto del male a nessuno. Forse è a lei che ne è stato fatto”- singhiozzando –“Le hanno portato via il figlio più piccolo per metterlo nelle mani di un disgraziato … le hanno tolto tutto … anche la dignità … è una donna, un essere umano!”

“Ti rendi conto di quello che dici? Guarda, guarda il popolo francese com’è ridotto. Guarda la miseria che abbiamo attorno”- sempre più stupito.

“Bernard … ha espresso un desiderio, molto probabilmente l’ultimo …”

Scosse il capo volgendole le spalle – “Penso che Oscar abbia ben altro a cui pensare in questo periodo” – incrociando le braccia – “E poi credi veramente che accetterebbe di incontrarla? Sai benissimo che è impossibile”

“Eppure tu potresti …”

“Intervenire presso Robespierre? Non dire sciocchezze”- sempre più irritato – “Sai bene che i nostri modi di concepire questa rivoluzione sono completamente differenti. E poi fu molto chiaro l’ultima volta che ci vedemmo. Per me non avrebbe fatto più nulla. Intervenire per Alain è stato un favore in via del tutto eccezionale”

“Si tratta di Oscar …”

“No! Si tratta di Maria Antonietta. E’ un favore che dovresti fare a lei, non ad Oscar”

“Allora dovrò fare da sola”

“Rosalie, non c’è nulla che tu possa fare. Non scherzare con il fuoco. Quella donna è destinata a morire”

“E credi che lei non lo sappia? Bernard, ti prego ….”

“Ascolta … non puoi e non possiamo fare nulla. Quella è una prigione e lei è perennemente sorvegliata. Vuoi mettere a repentaglio la tua vita? Se ti hanno chiamato per assisterla è solo perché ci conoscono”

“Ma Oscar ha fatto tanto per …”

“Hai detto bene. Ha fatto. Sono trascorsi tre anni … “

“Bella riconoscenza !”- alzando la voce.

Posandole le mani sulle spalle –“Rosalie. Non puoi, non puoi organizzare un incontro. Cerca di comprenderlo.”

“Ma Bernard …”

Un bacio sulla fronte –“Lo so … ma non puoi fare nulla”.

 

 

Nonostante la quotidiana presenza di Rosalie alleviasse la sua sofferenza interiore, il suo era un lento deperimento dovuto ad una serie di emorragie continue. Dopo circa un mese dal suo trasferimento alla Conciergerie, la sua cella venne nuovamente perquisita e le furono requisiti gli ultimi suoi averi, un orologio ed alcuni gioielli. Iniziarono i giorni degli interrogatori. Si alternavano due a due dei deputati dell’assemblea, a volte anche più volte durante le settimane che seguirono. Se inizialmente le domande riguardavano la politica, i rapporti con la nobiltà francese ed estera, quella con i reggimenti stranieri, la situazione economica, successivamente divennero più incalzanti, irrispettosi, scendendo in argomenti fin troppo personali.

Rosalie provava una pena infinita. Come si poteva esser così infimi nei confronti di quella povera donna? Dov’era un briciolo di umanità? Si, certo. Forse molte erano le sue colpe e le sue mancanze nei confronti del Paese ma … no, non ci si poteva accanire così.

Quante, quante cattiverie udiva attraversando quei corridoi. Nei momenti in cui riusciva a rientrare a casa raccontava a Bernard di lei in un fiume di lacrime.

In molti si auguravano che quel male oscuro che la torturava se la portasse via quanto prima, senza dover per forza ricorrere ad un processo. Ma se da un lato c’era chi desiderava che la fine avvenisse in maniera naturale, dall’altra c’era chi gridava a gran voce l’esecuzione della vedova Capeto, dell’Autrichienne, della Lupa Austriaca, della “vergogna dell’umanità e del suo sesso” come pronunciò in un suo discorso Billaud-Varenne.

“Non servirà a nulla, ma se potrà farti stare un po’ meglio … scriverò ad Oscar”.

Rosalie, sollevando il volto, rivolse gli occhi gonfi ed arrossati al marito.

 

 

Furono giorni difficili quelli dopo il parto.

Oscar faticò molto a riprendersi eppure cercò di non far mancare alcuna attenzione ai suoi bambini e ad Andrè finalmente a casa.

“Guardami”- sollevandole delicatamente il mento – “E’ tutto finito. Morell è morto”- le aveva detto il giorno dopo la nascita di Joseph.

Stupita, sconvolta lo aveva fissato in quel mare dei suoi occhi che sempre erano stati in grado di calmare ogni sua tempesta interiore – “Com’è possibile? Come … come fai a saperlo?”

“Ero a Parigi quando è stato giustiziato. Ero in quella piazza. L’ho visto salire sul patibolo .. ho visto Sanson sollevarne la testa rivolgendola alla folla”-  sistemandole i cuscini dietro la schiena affinché stesse più comoda.

Il cuore aveva riacquistato lentamente ogni suo battito –“E’ morto? Quindi … è veramente tutto finito? L’incubo …”

“Si”- annuendo – “questa volta è definitivamente finita”.

Doveva quindi darsi pace, stare tranquilla. Dedicarsi solo alla sua famiglia.

“Vostro figlio cresce bene”- Thomas adagiò il piccolo nella culla.

La donna sedette sulla sedia a dondolo.

“Ascoltate”- richiudendo la sua borsa –“ … devo suggerirvi di fermarvi qui con … il far crescere la famiglia”

Oscar abbassò gli occhi.

“Lo dico semplicemente per la vostra salute. Siete consapevole del fatto che ….”

“Si, non dovete aggiungere altro. Questo discorso lo avevamo già affrontato in precedenza”.

“Perdonate …. Mi preoccupo semplicemente per voi”

Lei fissò oltre i vetri la piccola Maddie alle prese con la sua prima passeggiata a  cavallo con suo padre.

“Siete una meravigliosa famiglia”- sorrise – “… e ve la siete meritata”- sciacquò le mani –“ se volete godervela dovete riprendervi quanto prima. Siete molto debole”- volgendo lo sguardo verso la donna.

“Seguirò quanto mi avete prescritto. Ora desidero solo il bene di chi amo”

Accennò ad un sorriso – “Ripasserò la prossima settimana”

“Devo tornare a Parigi”- prima che uscisse dalla stanza.

“Mi auguro stiate scherzando …”- scioccato.

“Ditemi solo quando potrò affrontare il viaggio”

“Avete dato alla luce vostro figlio solo da qualche settimana … “

Tacque prendendo tra le braccia il piccolo Joseph

“Non credo siate in grado … ma cosa ve lo dico a fare”- lanciandole un’occhiata –“farete a modo vostro .. come sempre del resto”

Oscar colse al volo il tono lievemente seccato e con un pizzico di sarcasmo.

“E posso sapere quando dovreste partire e qualcosa di più … se non sono troppo impertinente …”

“E’ importante …

“Più della vostra salute, della vostra famiglia, dei vostri figli ….. di Andrè?”

S’irrigidì pur sapendo che Thomas in fin dei conti avesse ragione. Che cosa? Che cosa contava veramente di più? Quel viaggio assurdo o tutto ciò che con tanta fatica si era costruita? Era stata lontana troppo … veramente troppo tempo. E ne aveva perso troppo. Ora doveva decidere –“Seguirò ogni vostra indicazione alla lettera. Ve lo garantisco.”

Rimase a fissarla in silenzio. Doveva essere molto importante per non potervi rinunciare. Che cosa andava a fare a Parigi? Chi doveva incontrare?

Tenne questi interrogativi nella sua mente. Non poteva. Non aveva alcun diritto di indagare nella sua vita e soprattutto nelle sue scelte. Era decisa. Lui era il suo medico personale, non il suo confidente, non il suo confessore. Doveva semplicemente svolgere il suo lavoro.

Sedette. Poche e semplici regole e suggerimenti.

Ascoltò senza battere ciglio fino a quando concluse –“… non lasciate i vostri figli … non lasciate Andrè”.

 

   
 
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