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Autore: 18Ginny18    24/10/2023    1 recensioni
[Sequel di 'Light and Darkness']
Primordiali: entità senzienti che diedero vita alla magia stessa. Nati più di duecento milioni di anni fa, camminano sulla terra solo tramite un ospite corporeo, un umano. Ginevra Andromeda Black è uno di quest’ultimi e quello che credeva fosse un parassita, in realtà, è proprio un Essere superiore di nome Entity.
Purtroppo il potere che Entity e Ginevra condividono è minacciato dal Signore Oscuro, il quale vuole impossessarsene più di ogni altra cosa. Impedirglielo non sarà un’impresa facile.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ted/Andromeda
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 2La luce di Diagon Alley

Ginevra si svegliò di soprassalto, i battiti del cuore erano accelerati.
Si guardò intorno e una volta riconosciuto il luogo in cui si trovava il respiro si attenuò: si trovava al San Mungo, in quell’orribile stanza inzuppata nel bianco nella quale era ricoverato suo padre.
Non si era nemmeno accorta di essersi addormentata stringendogli la mano, ma era successo.
Lanciò una breve occhiata all’orologio appeso al muro, senza poter reprimere uno sbadiglio: erano quasi le otto e mezza del mattino.
Aveva dormito solo due ore.
Ormai la notte chiudeva occhio di rado e negli ultimi tempi, quando il sonno la coglieva, non poteva fare a meno di addormentarsi nei posti e nei momenti più improbabili: in bagno; in cucina; nel magazzino dei Tiri Vispi… ovunque. Le bastava anche poggiare la testa al muro per trovarlo più comodo di un cuscino.
La situazione stava diventando insostenibile, ne era consapevole.
Gli incubi avevano ripreso a tormentarla, solo che anziché prevedere la morte di uno dei suoi cari, come le era capitato fino a qualche mese prima, ciò che vedeva era sempre e solo Voldemort. Ogni notte riviveva il momento in cui, nell’Ufficio Misteri, il mago Oscuro l’aveva tentata ad andare via con lui. Nel sogno, ogni volta che lui tendeva la mano per afferrare la sua, Ginevra si svegliava puntualmente con il cuore a mille, proprio come le era appena successo una volta aperti gli occhi.
Si passò una mano sul viso stanco e sospirò, frustrata.
Il suo sguardo si posò su Sirius. Nonostante fossero passati due mesi da quando era caduto in coma, continuava ad avere un’aria pacifica, rilassata… la testa non era più fasciata, fortunatamente la ferita si era rimarginata; i suoi lunghi capelli corvini poggiavano sul cuscino, ordinati e pettinati in maniera impeccabile; la barba era curata ma non troppo, Regulus se ne prendeva cura una volta alla settimana, sostenendo che se una volta sveglio Sirius avesse visto la barba e i capelli lunghi, avrebbe tormentato entrambi in eterno sostenendo di essere diventato un vecchio matusalemme e di dover trovare due animali per specie e costruire un’arca.
Sirius ne sarebbe stato più che capace. Ma, per quanto la prospettiva di quella scena fosse divertente, Regulus non poteva permetterlo.
In realtà Ginevra trovava molto dolce il modo in cui Regulus si prendeva cura del fratello maggiore. A volte lei restava lì, seduta su quella scomoda poltroncina, ad osservare i suoi movimenti delicati e premurosi, ridendo persino delle volte in cui Regulus sporcava intenzionalmente di schiuma da barba il naso di Sirius.
Se ne avesse avuto la possibilità, Sirius avrebbe riso insieme a loro, sporcandolo a sua volta. Lei ne era certa.
Ripensando a quel momento Ginevra gli scostò un capello ribelle dal viso e lo accarezzò, sfiorando lo zigomo con la punta delle dita.
Le mancavano i suoi meravigliosi occhi grigi. Non c’era giorno in cui lei non si chiedesse quando sarebbe arrivato il momento in cui li avrebbe rivisti aperti.
Un sorriso amaro le curvò le labbra.
“Chissà quando…”, pensò.
Entity, la sua cara vecchia amica nonché Entità superiore nella sua testa, non esitò a far sentire la propria voce. “Accadrà molto presto. Ne sono sicura”, disse. “Ricordi? Fiducia!”.
Ginevra annuì e lasciò andare un altro sospiro.
“Fiducia”, ripeté, ma il suo tono non era sempre carico di entusiasmo come quello di Entity. Soprattutto negli ultimi tempi.
Entity non l’aveva lasciata da sola nemmeno un attimo e ogni volta che lei si svegliava da un incubo era lì a confortarla e a farle capire che non era sola in quella battaglia. Sì, quella contro Voldemort era ormai diventata una vera e propria battaglia. Inutile girarci attorno o fingere che non fosse vero.
Da quando il mago Oscuro aveva tentato di insinuarsi nella sua mente, Entity si allenava con lei a schermarsi, in modo tale che se mai si fossero scontrate nuovamente con lui sarebbero state pronte.
Fiducia.
Dovevano solo avere fiducia.
Più facile a dirsi che a farsi.
- Buongiorno! - esclamò Regulus, entrando nella stanza.
Tra le mani aveva due grossi bicchieri di carta di quello che, ne era certa, era caffè. Con il passare dei giorni quella era diventata la loro routine.
Quella mattina indossava la sua immancabile giacca di pelle nera sopra una maglietta blu scuro, dei jeans e delle scarpe sportive. Niente che saltasse all’occhio, ma era sempre stato un bell’uomo e Ginevra non poteva fare a meno di pensare che anche se si fosse messo un sacco della spazzatura sarebbe stato comunque molto affascinante.
Infatti, come a dar ragione alla teoria della ragazza, ogni volta che arrivava in reparto le infermiere sospiravano senza nemmeno riuscire a togliergli gli occhi di dosso. Ma a lui, ovviamente, non importava nulla. Le ignorava e basta.
Il suo unico pensiero era Sirius.
- Anche stanotte hai dormito qui, eh? - le domandò, chinandosi appena per darle un bacio sulla fronte.
- Si nota tanto? - lo salutò Ginevra sbadigliando subito dopo.
Al contrario dello zio, che possedeva la capacità di apparire sempre bello e dannato anche nel momento peggiore, lei era certa di sembrare un mostro della peggior specie, soprattutto di primo mattino.
Regulus inarcò un sopracciglio mentre, a poco a poco, un angolo delle labbra si curvava all’insù. - Ti sei guardata allo specchio stamattina?
Lei sbuffò.
Allora i suoi timori erano fondati.
Si diede un’occhiata superficiale allo specchio appeso accanto all’armadio rigorosamente bianco come il resto del mobilio in quell’orribile stanza: i suoi vestiti erano in disordine, le occhiaie profonde, i capelli erano in uno stato pietoso… sì, era davvero un mostro.
Provò a darsi una sistemata, passandosi le dita tra i capelli tirandoli indietro in una coda stretta; stirò i vestiti per evitare le pieghe, ma non riuscì a fare di meglio.
Regulus le offrì un debole sorriso e uno dei due bicchieri di caffè caldo. Lei accettò volentieri e si passò il bicchiere sotto il naso, inspirando subito l’aroma della bevanda come se quello fosse il modo migliore per svegliare il cervello.
A Entity il caffè non piaceva molto, la sua opinione era che l’odore era troppo forte e a tratti nauseante. In poche parole: non faceva per lei. Ma Ginevra non poteva più farne a meno. Quel liquido scuro che i Babbani veneravano come un dio, per lei era diventato un ingrediente essenziale per cominciare la giornata.
- Novità? - domandò a Regulus, prendendo un sorso del suo caffè.
Lei imitò il suo gesto e, inevitabilmente, come ogni mattina, si scottò la lingua scatenando l’ilarità di Regulus.
- Perché non ti entra in testa che devi soffiare prima di bere? - si impuntò lui, scuotendo la testa.
Ginevra lo ignorò, soffiando con insistenza nel bicchiere e inveendo sul livello di calore spropositato che l’ignaro barista babbano si ostinava a servire tutte le mattine. - Dovrebbero licenziare quel satanasso – borbottò contrariata, bevendo a piccoli sorsi.
Regulus nascose il sorriso divertito dietro il proprio bicchiere.
Ogni mattina la stessa storia.
Caffè, battutine, imprecazioni e poi il silenzio.
Entrambi si fermarono ad osservare Sirius, come se si aspettassero di vedere i suoi occhi aprirsi da un momento all’altro, incuriosito dal baccano che stavano creando.
Aspettavano.
Aspettavano.
Aspettavano.
Però quel momento non arrivava mai.
- Dovresti andare a dormire – disse ad un tratto Regulus. Aveva abbassato lo sguardo sul suo bicchiere ancora pieno. - Hai dormito qui per quasi tre giorni…
Ginevra non lo guardò, i suoi occhi erano solo per Sirius. - E se poi si sveglia?
Doveva essere lì quando sarebbe successo. Non poteva andarsene.
Un pesante sospiro sfuggì dalle labbra di Regulus.
Avevano già affrontato quello stesso argomento due mesi prima. Lei era rimasta per tre settimane lì al fianco di Sirius, senza lasciarlo nemmeno per un secondo se non per andare in bagno. E, proprio come quel giorno, non riusciva a separarsi da lui.
- Gin… - la voce di Regulus era mite. - Ne abbiamo già parlato.
Sì. Ne avevano parlato per ore e ore, nonostante tutto lei non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa.
Andava a trovare suo padre ogni santo giorno, arrivando lì la mattina presto e andandosene solo nel tardo pomeriggio. C’erano volte in cui Regulus la obbligava a stare a casa per “distrarsi e prendersi cura di sé stessa”. Cosa che lei non faceva mai, o meglio quasi mai.
Per quanto ci provasse, non riusciva mai a liberare la mente.
A volte si chiudeva in una camera e piangeva per qualche ora, e Regulus lo sapeva.
A tradirla era la loro indissolubile connessione mentale.
Quando lui la controllava attraverso quel contatto, niente poteva essergli nascosto. Gesto o pensiero che fosse, lui sapeva ogni cosa. Certo, era un colpo a tradimento alla privacy, ma almeno c’erano dei limiti: Regulus poteva ficcanasare solo quando e se i pensieri della nipote cominciavano a farsi tetri e oscuri come i suoi incubi.
- Hai bisogno di staccare – insistette, serio.
Lei finse di non ascoltare, continuando a sorseggiare il suo caffè.
Solo il pensiero di passare un giorno lontana da suo padre era come ricevere un pugno allo stomaco. Le ricordava costantemente che c’era una percentuale molto alta che lui potesse svegliarsi mentre lei non era al suo fianco e non riusciva ad immaginare quel momento senza provare una stretta allo stomaco.
No. Lei doveva rimanere lì. Doveva esserci al suo risveglio.
Ne aveva bisogno.
Quello di cui hai bisogno è dormire qualche ora in più del solito”, la rimbeccò Entity, accigliata.
Ginevra sospirò, senza poterne fare a meno.
Battibeccava spesso anche con lei sull’argomento.
Ma perché nessuno voleva capire che il suo posto era lì, accanto a suo padre? Non aveva bisogno di un letto per dormire, la poltrona super scomoda sulla quale era seduta in quel momento andava più che bene!
- Lo vedi? Anche Entity la pensa come me – disse Regulus. Le lanciò un’occhiata eloquente, dopodiché tornò al suo caffè ormai intiepidito.
Ginevra provò un moto di nervosismo crescerle dentro e alla fine sbottò. - Anche volendo non saprei dove andare o come tenermi impegnata! Qui invece mi sento utile.
- Non riuscirai a darmela a bere, signorina – ribatté pronto Regulus. - Anche se vuoi stare qui con Sirius… non puoi viverci. Devi uscire, respirare aria pulita e parlare con altre persone che non siano infermiere o me.
- Parlo anche con altre persone – si difese lei, imbronciata.
Regulus alzò un sopracciglio e disse perentorio: - Mi dispiace ma Entity non vale.
Ehi!”, esclamò la diretta interessata, offesa. “Senti, bel faccino, io valgo eccome. Hai capito?”.
Regulus sembrò sentirla e alzò le braccia in segno di resa e un mezzo sorriso. - Scusa – disse, poi guardò Ginevra. - Non ti sto vietando di tornare qui.
- Ma?
C’era sempre un “ma”.
- Ma devi almeno riposare un po’.
Sapeva quanto fosse difficile per lei stare lontano da Sirius, ma non voleva che perdesse di vista la propria salute fisica e mentale.
Ginevra accantonò il bicchiere ancora mezzo pieno, incrociò le braccia al petto e cominciò a riflettere sul da farsi. Solo alla fine riuscì a convincersi che Regulus e Entity avevano ragione.
Acconsentì alla richiesta di Regulus e lasciò la sedia sulla quale era rimasta seduta per ore e ore. A quel movimento le ossa cominciarono a scrocchiare provocandole un misto di dolore e sollievo.
Guardò Sirius, senza riuscire a trattenere una smorfia sofferente.
Ci stava già ripensando.
Regulus le rivolse un sorriso rassicurante. - Non preoccuparti. Resterò io con lui.
- Sì, ma se si sveglia…
- Ti chiamo immediatamente – promise lui, sorridendole amorevolmente.
Lei annuì e sospirò.
Si chinò verso Sirius e gli baciò la fronte. - Ciao, papà – gli sussurrò piano. - Ci vediamo più tardi.
Prima di uscire da quella stanza, Ginevra strinse Regulus in un abbracciò facendogli promettere ancora una volta che l’avrebbe chiamata nel caso ci fossero state novità.
Alla fine Regulus la spinse gentilmente fuori dalla porta, esortandola a tornarsene a casa e farsi una bella dormita. Doveva prendersi almeno un giorno libero o sarebbe uscita fuori di testa.
Rassegnandosi all’idea di dover fare ciò che le era stato praticamente ordinato, Ginevra uscì dall’ospedale e si buttò in quel via vai di pendolari Babbani per le strade di Londra.
Era un vero incubo, ma per qualche minuto poteva sopportare quella marmaglia di tipi strani in giacca e cravatta con le loro valigette scure.
Una volta raggiunto il Paiolo Magico, Tom, il barista e proprietario del locale, l’accolse con il suo solito sorriso gentile e premuroso. - Signorina Black! - esclamò mentre puliva un boccale di burrobirra con uno strofinaccio. - Come sta suo padre?
Ecco una domanda che lei detestava più di ogni altra cosa al mondo.
Nonostante il vecchio Tom sembrasse sinceramente preoccupato per lo stato di salute di Sirius, lei non poteva fare a meno di provare un po’ di fastidio nel sentirselo dire ogni singola volta che varcava la soglia.
Sapevano entrambi qual era la risposta, ma Ginevra gli rispose comunque. Stupide convenzioni sociali!
- Nessun cambiamento – mormorò mostrando un sorriso tirato e ignorando le occhiate dei clienti curiosi seduti lì attorno.
Stupidi impiccioni”, sbuffò Entity.
E come darle torto!
Ogni volta che Ginevra entrava in quel locale d’un tratto cadeva il silenzio e tutti si immobilizzavano, in ascolto.
Il volto di Tom si rabbuiò e il sorriso gli morì sulle labbra, lentamente. - Mi dispiace tanto – disse. - Spero che si riprenda presto.
Ginevra annuì e gli mostrò un altro sorriso di circostanza. - La ringrazio – disse, dopodiché si diresse verso la porta sul retro, continuando ad ignorare le voci dei pettegoli all’interno del pub. Non avevano avuto neanche la delicatezza di aspettare che lei fosse lontana prima di dar fiato alla bocca.
Sospirò.
Era sempre la stessa storia.
Anche se Sirius Black era stato scagionato da tutte le accuse grazie alla cattura di Peter Minus, c’era ancora chi trovava qualcosa da ridire.
I maghi e le streghe di Londra sembravano essersi divisi in due fazioni: c’era chi amava Sirius Black e la sua storia, (ritoccata a dovere da La Gazzetta del Profeta senza il consenso di Ginevra né di Harry), e chi continuava a sostenere che fosse uno spietato assassino a servizio di Lord Voldemort.
Non si poteva mai avere un attimo di pace.
Se non fosse stata tanto stanca si sarebbe smaterializzata così da evitare quel solito teatrino. Ma quello era l’unico modo sicuro che aveva per spostarsi, quindi doveva accontentarsi.
Una volta raggiunto il piccolo cortile dove non c’era altro che un bidone della spazzatura e qualche erbaccia.
Ginevra chiuse la porta dietro di sé, mettendo fine al chiacchiericcio insopportabile dei clienti del locale, poi si dedicò al muro di mattoni che circondava quel cortile.
Non avendo con sé la bacchetta, che era andato letteralmente in fumo mesi prima, dovette accontentarsi di toccare il muro con la punta delle dita della mano destra. Per sua fortuna il braccio era tornato come nuovo in meno di due settimane e poteva riutilizzarlo come prima.
Sotto il suo tocco, il muro di mattoni vibrò, si contorse e al centro apparve il varco d’ingresso per Diagon Alley. Con o senza bacchetta il muro la lasciò passare.
Attraversò la soglia trovandosi nella strada selciata tutta curve del luogo.
Il sole splendeva illuminando le vetrine dei negozi, ma dopo un po’ sembrò allontanarsi, portando l’oscurità sulla via.
Diagon Alley stava cambiando, inutile girarci attorno. Non era più il luogo ridente e trafficato di un tempo.
Alcuni negozi erano chiusi, altri avevano persino il cartello ‘VENDESI’ con le vetrine coperte da assi di legno. Compresa la Gelateria Florian di Florian Fortebraccio, uno dei posti che un tempo era il preferito di Ginevra.
Al loro posto erano spuntate un certo numero di squallide bancarelle lungo la strada. Nella più vicina, che era stata eretta davanti al Ghirigoro sotto una macchiata tenda a strisce, c’era un cartone appuntato che riportava la seguente scritta:
AMULETI: Efficaci contro Lupi Mannari, Dissennatori ed Inferi.
Una piccola strega decrepita faceva sbatacchiare verso i passanti bracciate di emblemi d’argento montati su catenelle. - Un amuleto? Un amuleto per una giovane ragazza? - chiese a Ginevra al suo passaggio. - Per proteggere il tuo grazioso collo, cara?
Ginevra la ignorò, tenendo lo sguardo basso, così come la maggior parte delle persone che bazzicava quella via. Notò che si affrettavano a fare compere per tornare a casa. Ed erano solo le dieci del mattino!
C’era qualcosa nell’aria e tutti ne erano consapevoli. Notò che molte delle persone che incrociava avevano lo sguardo preoccupato e che nessuno si fermava a parlare con gli altri. Gli acquirenti stavano tutti uniti in gruppo, concentrati nei propri affari. Nessuno sembrava andare a far spese da solo.
Dopo aver avuto la conferma che Voldemort, il mondo magico sembrava fosse diventato preda della paura. E la recente evasione di massa da Azkaban dei suoi molti sostenitori non aiutava di certo a far stare la gente tranquilla.
Per le strade erano affissi dei grandi manifesti dall’aria tetra del Ministero della Magia che mostravano una versione ingrandita dell’opuscolo Ministeriale sulla sicurezza, opuscolo divulgato all’inizio dell’estate, altri riproducevano, però, le foto in movimento ed in bianco e nero dei Mangiamorte che si sapevano essere liberi.
Ginevra non li guardò nemmeno.
Andò spedita verso la sua meta, al numero novantatré, dove messo al riparo dai monotoni manifesti ammuffiti delle vetrine circostanti si ergeva il Tiri Vispi Weasley, il negozio di Fred e George.
Era l’unico negozio che riusciva a illuminare Diagon Alley con quella luce che aveva un tempo. I gemelli avevano portato un po’ di spensieratezza in quel luogo ormai lugubre.
Le vetrine colpivano gli occhi come un’esposizione di fuochi d’artificio. Chiunque passasse per caso nei dintorni, si voltava a guardare le vetrine senza poterne fare a meno, sbalordite da quell’incanto. La vetrina di sinistra era straordinariamente piena di un assortimento di oggetti che ruotavano, scoppiettavano, lampeggiavano, rimbalzavano ed urlavano. La vetrina destra era coperta da un gigantesco poster pomposo come quello Ministeriale, ma adornato di lettere gialle e lampeggianti:
Perché Essere Preoccupati Per Tu-Sai-Chi?
Si DOVREBBE essere preoccupati per
TU-SAI-CHE
Quel Senso di Costipazione - Che Attanaglia la Nazione!

Ginevra si concesse un sorriso divertito.
Sentì un coro di risate alle sue spalle dietro di lui e, voltatosi a guardare, vide due bambini tra i dieci e dodici anni con gli occhi luccicanti e meravigliati dal negozio. Erano accompagnati dai genitori che guardavano il poster ad occhi sgranati. Le loro labbra si muovevano silenziosamente, mimando il nome “TU-SAI-CHE.”, mentre i figli li pregavano di entrare.
Senza aspettare di vedere la reazione dei genitori di quei bambini, Ginevra entrò nel negozio. Era strapieno di clienti, come sempre. In molti non riuscivano nemmeno ad avvicinarsi agli scaffali. Si guardò attorno, osservando le scatole ammucchiate fino al soffitto di Merendine Marinare. Si accorse che i Torroni Sanguinolenti erano molto richiesti dall’unica scatola aperta rimasta sullo scaffale. I ragazzini scattavano da una parte all’altra del negozio, spintonandosi con foga per raggiungere gli scaffali pieni di bacchette finte, le piume Auto-Scriventi, gli Sbuffi Pigmei, i Cappelli Decapitanti e le Merendine Marinare con una tale gioia ed energia da essere contagiosa.
Si aprì un piccolo spazio nella folla ed Ginevra si spinse verso la cassa, dove Lizzie, la commessa, aveva tutta l’aria di volersi strappare i capelli; alcuni ragazzini erano talmente eccitati dai loro acquisti da aggiungere un nuovo articolo per volta, facendola impazzire.
- Serve aiuto? - le domandò Ginevra, cominciando a imbustare gli acquisti di due ragazzini. - Dove sono i grandi capi?
Gli occhi di Lizzie si illuminarono di gratitudine rendendosi conto dell’aiuto che la ragazza le stava dando. Ma non c’era tempo per i convenevoli. I clienti sembravano degli assatanati.
Tornò a concentrarsi sul lavoro, battendo i prodotti alla cassa alla massima velocità. - Il signor George Weasley è in magazzino per rifornire gli scaffali di Torroni Sanguinolenti – spiegò in fretta, poi il suo tono si fece eccitato. - Mente il signor Fred è appena andato in ospedale. Pare che ci siamo!
Ginevra sorrise.
Il bambino stava arrivando.
Finalmente Fred e Angelina stavano per diventare genitori. Sembrava che fossero passati solo pochi mesi dal giorno in cui Angelina aveva scoperto di essere incinta, eppure, dopo tanti falsi allarme, il momento era arrivato. I nove mesi erano passati davvero in fretta.
- Trovo che sia molto tenera la scelta di non sapere il sesso del bambino. Sarà una dolcissima sorpresa – esclamò Lizzie. Poi si dedicò ai clienti. - Grazie e torna presto a trovarci!
George raggiunse la cassa poco dopo, posando un leggero bacio sul collo di Ginevra. - Ciao – le sussurrò all’orecchio.
- Ciao – ripeté lei, senza poter fare a meno di sorridere, avvertendo uno sfarfallio alla bocca dello stomaco ogni volta che George le era vicino. Se si fossero trovati in un altro contesto, e magari con un po’ più di privacy, lo avrebbe pregato di non fermarsi solo a quel piccolo bacio.
Un sospiro profondo e tremante le uscì dalla bocca, tenendo a freno la sua fantasia che aveva cominciato a galoppare senza freni.
- Passate una buona serata! - disse poi porgendo una busta ai clienti.
- Tutto bene? - la incalzò George, aiutando lei e Lizzie alla cassa.
Con un’alzata di spalle Ginevra servi il cliente successivo. - Sì – rispose con tono esitante. - La solita storia. Lo sai.
George annuì, comprensivo. - Vai a riposare. Ci penso io qui – le sussurrò prima di darle un altro bacio sul collo.
Un mezzo sorriso curvò le labbra di lei. - È un modo carino per dirmi che devo fare una doccia?
Non che avesse torto… ma l’idea di andare di sopra, da sola, non le piaceva affatto. Quando rimaneva sola troppo a lungo la sua mente cominciava a giocarle brutti scherzi.
- Comunque non posso lasciarvi nel momento del bisogno! - si apprestò ad aggiungere prima ancora che George potesse aprire bocca. - Mi riposerò più tardi. Tranquillo.
Quella era una scusa bella e buona, ma nonostante George lo sapesse benissimo alla fine acconsentì, anche perché ogni minuto che passava i clienti si moltiplicavano come conigli.
Gli affari andavano sempre meglio!
Poi nel negozio entrò un gruppetto di teste rosse che si guardava intorno meravigliati. Erano i signori Weasley e due dei loro figli: Ginny e Ron. Con loro c’erano anche Hermione Granger e un ragazzo dai folti capelli scuri e un paio di occhiali dalla montatura tonda che gli poggiava sul naso. Era impossibile non riconoscerlo.
- Harry! - esclamò la sorella maggiore quando incrociò la sua figura alta e atletica. - Che sorpresa!
Non lo vedeva dalla fine di luglio. Avevano passato un’intera settimana insieme, festeggiando il sedicesimo compleanno del ragazzo girando l’intera città come dei turisti.
Avevano passeggiato tra i corridoi del National Gallery e del British Museum, imitando e prendendo in giro la maggior parte dei ritratti e delle statue esposte scattando anche molte foto. Era un po’ strano e anche triste constatare che nessuno di quei ritratti si muoveva come quelli a Hogwarts, ma alla fine era impossibile non adorarli. Erano uno più bello dell’altro.
Continuarono il loro giro passeggiando per le strade della città fino ad Hyde Park, dove il verde regnava incontrastato. Era semplicemente splendido e Harry e Ginevra lo denominarono il loro posto preferito. Alla fine il loro tour si era concluso con un giro sulle loro scope per contemplare la città dall’altro. La vista era mozzafiato e Londra era un sogno di notte.
L’idea di Ginevra era di far passare a Harry un giorno speciale, diverso, spensierato, e soprattutto lontano dai Dursley. E, in qualche modo, quel giorno era riuscita a distrarsi anche lei.
Quel giorno non avevano parlato nemmeno una volta di quello che era successo all’Ufficio Misteri, né dello stato in cui si trovava Sirius. Né di incubi. Tra di loro c’era un tacito accordo e andava bene a entrambi.
In fin dei conti trascorrere un giorno lontano dalla magia e da tutti i problemi aveva giovato a entrambi; il dolore, la paura… si erano dissolti per qualche ora.
Niente impiccioni.
Niente Profezia.
Niente Voldemort.
Niente guerra in arrivo.
Niente di niente.
C’erano solo lei e Harry, il suo adorato fratellino.
Quando incrociarono gli sguardi Harry sorrise e il cuore di Ginevra cominciò a saldarsi. Harry le era mancato molto.
  
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