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Autore: CervodiFuoco    29/10/2023    1 recensioni
Questa è una raccolta di racconti brevi la cui trama è la parola chiave suggerita dall'InkTober di quest'anno 2023!
Non mi attengo ad alcuno stile, atmosfera o genere fisso: entrate a vostro "rischio e pericolo", coscienti che potrebbe capitarvi di tutto sotto gli occhi! Ogni giorno una nuova storia, inventata e scritta sul momento lasciando libera l'immaginazione e la creatività. Spero di avervi numerose/i a leggere! Purtroppo l'introduzione può fare poco per stuzzicare la vostra attenzione, ahinoi; dovrò affidarmi alla mia, e vostra, buona stella.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parole dal 25 al 29 Ottobre:

pericoloso

rimuovere

bestia

brillante

massiccio

 

 

 

 

 

 

 

LA BESTIA RISORTA

 

 

 

«Non può più andare avanti così!» si impose la Marescialla, piantando le mani guantate sul tavolo. «Dobbiamo porre fine a tutto questo.»

«Lo so» feci io con un sospiro. Le davo le spalle, così come davo le spalle all'intera Assemblea. Mi voltai lentamente e feci scorrere gli occhi sui loro visi tirati, puntati su di me. «Dobbiamo agire. Consigliere Lelas, notizie dall'ultima guarnigione?»

«No, purtroppo.» Il Consigliere, tirato a lucido nella sua lunga e opaca tunica blu cielo brillante, assunse un'aria contrita e sottomessa. «Nessuna notizia. L'ultimo messaggio risale a stanotte, Capitano.»

«Ebbene?» lo incalzai, le braccia sempre conserte al petto.

Lelas esitò, poi levò lo sguardo stanco incrociando il mio. «Tutti caduti, presumiamo.» Unì le mani in segno di preghiera e le pose sul petto. Cercava di ingraziarmisi. Lo commiserai. «Restavano due unità a recapitare il messaggio quando abbiamo acceso la radio a lungo raggio stamani, verso le due del mattino. Da allora, più alcuna notizia ci è giunta.» Mi fissò porcino e speranzoso.

La Marescialla, dal lato opposto della tavolata, squadrava il Consigliere manifestando piuttosto apertamente il proprio disappunto e disgusto nei suoi confronti. Notandolo, dovetti reprimere il sorriso.

Andai a sedermi al mio scranno e sospirai un'altra volta. Davanti a me le mappe del campo di battaglia inondavano il centro della sala di un lieve bagliore bianco-rossastro, tipico degli ologrammi del Governo. A giudicare dai dati inviati dai satelliti, in effetti Lelas doveva aver ragione: la Bestia Risorta aveva decimato le nostre unità. Rimaneva più soltanto lei laggiù, infilata nella gola a pochi chilometri da Nuova York. Sembrava star cibandosi di una macchia d'alberi sul dorso di una collina.

Feci schioccare la lingua contro il palato per rompere il silenzio. «Dobbiamo intervenire. Tempestivamente.»

«Ma, signore» sopraggiunse Lelas, sporgendosi in avanti; al che la Marescialla Kratos smise di trattenersi ed esclamò: «Per l'amor dei Cieli, Consigliere, chiuda la bocca e ascolti, una buona volta.»

Nessuno replicò. Un chiaro segno che, com'era abbastanza chiaro da quando Lelas aveva assunto la sua carica, egli andava a genio solo ai ribelli fuori dalla città. Viscido traditore.

«Abbiamo ancora un piccolo distaccamento lungo la costa» proseguii, indicando una strisciolina rosso cremisi a sud-est di Nuova York. «Il Gruppo numero Tre. Se lo contattiamo immediatamente, dovremmo essere in grado di porci a difesa della città prima che la Bestia ci raggiunga.»

«E se non facciamo in tempo?» chiese ad alta voce Rikkye, il Difensore del Popolo. Il suo pizzetto ben curato, il taglio corto dei capelli e gli occhi a bottone ispiravano fiducia a chiunque, persino a me. «Potrebbero volerci più ore del necessario per lo spostamento. Quella zona non è ancora stata bonificata» e a sua volta indicò una porzione dell'ologramma, a metà strada tra il distaccamento sulla costa e la Bestia, proprio a sud di Nuova York.

«Oppure potrebbe non arrivarci affatto» disse l'asciutta Presidentessa Esterna Elhara, dal fondo del tavolo. In pochi si voltarono, tesi come corde di violino astariano.

«Posso chiedervi il perché di questa affermazione, presidentessa?» le domandai, andando dritto al sodo.

«Perché nessuno ha più fiducia nelle vostre truppe, Capitano. Abbiamo visto la loro inefficacia, giorno e notte, sui teleschermi.» Emise un singolo schiocco di risa denigratorio, che mi irritò terribilmente. Ma che ne sapeva lei, che veniva da fuori? «Questa manovra è ridicola. Non funzionerà.»

«Ridicola siete voi, con tutto il rispetto, Presidentessa, a presentarvi qui in mezzo alla mia... alla nostra gente, decantando pace e amicizia, ma con parole di astio e sfiducia nella vostra bocca» ribattei, sostenendo senza problemi il giallo acido delle sue iridi che, come due fanali indagatori, mi sfidavano dall'altra parte del Tavolo dell'Assemblea.

Dovevo averle chiuso il becco, perché ella piegò il viso di lato, arcigna e offesa.

«Dobbiamo prepararci. Stato di allerta livello tre» dissi grave. «Voglio le mura presidiate, doppi turni, torrette armate. Alzate il secondo livello di scudo plasmatico.» Alzai una mano a impedire al Sergente Yuh di lanciare il proprio monito e lo corressi in contropiede ancor prima che parlasse: «Niente velivoli sopra la città. Né truppe al di fuori. Voglio il minor numero di perdite possibili. Ne abbiamo già avute abbastanza. Questa è una minaccia seria, anche se non c'è bisogno che lo ribadisca. E mi piacerebbe proprio tanto non averne più nessuna, di perdita. Sono stato chiaro?»

L'Assemblea annuì - con l'eccezione di Lelas, che deglutì e basta, e ovviamente la Presidentessa esterna, ancora offesa e chiaramente in disaccordo con ogni mio comando.

«Andrò io dal Gruppo numero Tre.»

Dopo l'iniziale sconforto e sbigottimento, Kratos mi disse: «Ne sei proprio sicuro?»

Nessuno si aspettava che avrei preso parte diretta al combattimento. Ma ne andava del mio onore. Non avevo alcun interesse a dimostrare il mio valore, cosa che avevo già ampiamente fatto in passato: ciò che volevo adesso era semplicemente vedere coi miei occhi la Bestia Risorta. E abbatterla di persona. Non m'importava chi sarebbe stato d'accordo con me o meno.

Rivolsi a Kratos un cenno d'assenso. Notai la tristezza nei suoi occhi nocciola scuro. E' pericoloso, mi stava dicendo senza dirmelo. Non diedi corda al pensiero di me e lei che ci baciavamo sul balcone privato dei miei appartamenti la sera prima; distolsi lo sguardo e mi alzai dalla sedia, poi premetti il pulsante rosso dal mio telecomando da taschino.

L'allarme di stato d'allerta livello tre prese a lamentarsi per l'intera Nuova York, a partire da quella piccola saletta riunioni, ora tinta di rosso oscillante e rotante.

 

 

 

In effetti l'ultima carica di Batteria da Teletrasporto aveva funzionato alla perfezione, materializzandomi dal Gruppo Tre meno di mezz'ora dopo; e con la mia guida e quella della mappa olografica che mi ero portato dietro, riuscimmo ad evitare le paludi e anche la macchia tropicale, nella quale ci saremmo incagliati e avremmo perso tempo prezioso. In meno di ventiquattr'ore la Bestia Risorta avrebbe certamente raggiunto Nuova York ed io, noi, dovevamo essere là il prima possibile.

Ci eravamo riusciti.

Adesso la città si stagliava lontana e debolmente illuminata dietro di noi, in mezzo alla vallata, racchiusa dalla bolla semisferica dello scudo plasmatico.

Davanti a noi invece, giganteggiava la Bestia Risorta. Uno spettacolo di orribile bellezza, dovetti ammetterlo: sebbene ne avessi tanto sentito parlare, vederla coi propri occhi era un'altra cosa.

Alta una cinquantina di metri, si imponeva sul paesaggio con la propria mole tozza e vagamente squadrata. Aveva arti massicci, spalle tonde e poderose e una testa schiacciata munita di lunghe e acuminate corna. I tratti del volto, se poteva chiamarsi volto, erano ferini e si aprivano sulla faccia come fessure su una luce incandescente. Cogli artigli aguzzi di mani e piedi continuava a scavare il terreno lasciando ampi solchi dove avrebbe potuto passarci un fiume: poi ci sputava dentro fiamme vive dalle fauci. Voleva impedirci di raggiungerlo.

Una strategia difensiva. Non voleva ingaggiar battaglia. Non gli interessava Nuova York? Sembrava non aver intenzione di avanzare.

Diedi il comando di aprirci a semicerchio, con me in mezzo ed i guerrieri più fidati al mio fianco. Tentammo un lancio di dardi perforanti dalla lunga distanza: non possedevamo le armi più all'avanguardia, ma di sicuro avremmo potuto fargli molto male in molti modi.

I dardi schizzarono avanti all'unisono sibilando e fendendo la notte. Raggiunsero la Bestia e la trapassarono da parte a parte. La sua pelle coriacea cadde a scaglie come croste di pietra nera, a rivelarne una sottostante brillante come lava fusa. Ruggì nella nostra direzione e ci vomitò addosso altre fiamme.

Erigemmo lo scudo plasmatico. Resistette. Io diedi il comando di separarci in due unità e attaccarlo ai lati contemporaneamente, evitando alla larga i solchi fiammeggianti che ci separavano da lei.

Quando la Bestia intuì dal nostro comportamento cosa avevamo intenzione di fare, emise un ruggito che fece tremar la terra e un'onda d'urto violentissima ci scagliò all'indietro di almeno una trentina di metri.

Non a tutti si azionò l'aribag della tuta. Alcuni non si rialzarono più.

Folle di rabbia, tentai il tutto per tutto. Dalla microplancia di comando al braccio digitai la parola d'ordine, quindi quella si aprii ed io estrassi dall'armatura il razzo termostatico. Nessuno se ne accorse, eravamo troppo presi dallo shock o dalla furia.

Piantai in terra il razzo e, chinandomi, feci del mio meglio per stabilire una traiettoria pulita. Accesi la miccia e attesi. Quello partì con un rumorosissimo fischio e, per un lungo istante, non ci fu nient'altro: solo il razzo che volava in mezzo al fumo nero, illuminandolo in modo tetro.

Avevo fatto in tempo ad avvisare giusto una manciata dei miei compagni, quelli più vicini, quando il razzo impattò contro la pelle protettiva della Bestia. Prima arrivò il suono dell'impatto, sordo e lontano, soffocato dalla corazza coriacea del nemico. Dopo venne l'esplosione. E in un terzo momento, venimmo scagliati nuovamente via, assordati, accecati e ustionati.

 

Quando l'eco del boato si fu consumato, e l'elettricità statica nell'aria scese a livelli accettabili, aprii dall'interno la zip del mio sacco salvavita nel quale mi ero chiuso giusto all'ultimo momento. Uscii come un bruco dalla crisalide. Attorno a me era lo sfacelo: ogni cosa era carbonizzata e affumicata. Altri sei o sette dei miei stavano imitandomi, uscendo dai loro bozzoli e guardandosi attorno come me, del tutto disorientati e increduli.

Si, non rientrava nei piani che io avessi dovuto utilizzare quel tipo di arma. In realtà me l'ero portata dietro di nascosto, senza dirlo a nessuno.

Mi voltai, e vidi la Bestia in piedi, privata completamente della pellaccia nera che la ricopriva. Adesso era un gigantesco mostro di fiamme e lava. E avanzava verso di noi a lenti e rimbombanti passi.

Senza pensarci mi alzai. Lasciai indietro tutto, persino il casco che era rimasto dentro il sacco salvavita, e camminai. Da solo. Andai incontro alla Bestia.

«Capitano! Torni indietro!»

«Ma che fa?»

«E' impazzito?»

«Ma che sta facendo!»

Il vociare affannoso dei miei sottoposti era come un richiamo proveniente da un'altra dimensione. Non aveva alcun potere su di me. Era come se una volontà più grande della mia mi comandasse, adesso, quasi imponendomi col la forza di compiere determinate azioni.

La Bestia si fece sempre più grossa e imponente. Non c'erano barriere di alcun tipo a separarci. Avrebbe tranquillamente potuto spazzarmi via con un singolo gesto o colpo, se avesse voluto.

Invece no. Mi aveva puntato, sapeva fossi lì, ma si limitava a continuare a spostarsi verso di me, così come io verso di lei.

Tremavo, ma non avevo paura. Puzzavo di sudore e sangue, ma mi sentivo in forze.

Alla fine ci raggiungemmo. Lei si arrestò a poco meno di una decina di metri da me. Il calore era insopportabile, tanto che dovetti alzare una mano per pararmi il viso dalle sferzate micidiali e dalla luce che emetteva.

C'era un suono. Crepitante. Come di antiche rocce che scivolano e si scontrano e si sgretolano. Lo produceva lei. Eppure era ferma, inerte. E mi fissava, lì, lassù, dall'alto in basso. Famelica, implacabile.

 

«Che cosa vuoi?» strillai, guardandola in volto. Aprii le braccia. «Che cosa vuoi?» ripetei.

 

«P A C E» grugnì grottesca lei, cogliendomi tanto di sorpresa che per poco non crollai all'indietro sul sedere.

«V O I V O L E T E R I M U O V E R M I - M A N O N M I A V E T E M A I C H I E S T O P E R C H E' S O N O Q U I!»

 

A bocca aperta, rimasi semplicemente inerme, a naso all'insù, mentre quella fornace diabolica s'apriva e richiudeva producendo cavernosi e fiammeggianti vocaboli.

 

«Perché sei qui?» strillai, ma nemmeno poi tanto forte. In qualche modo sapevo che poteva udirmi.

 

«P E R R I C O R D A R V I C H I S I E T E» disse la Bestia Risorta. «I O S O N O L A S O M M A D I T U T T I I V O S T R I I N C U B I N E G A T I. A S C O L T A T E M I.» Al che si chinò. Si! Si chinò, lentissimamente, su di me, come una montagna vivente ricoperta di un'ampia colata lavica.

Quindi fui in grado di distinguere ogni più piccolo dettaglio della sua faccia, che non aveva niente di umano né di animale od altro - eppure... non mi ispirava odio, o ribrezzo. Solo paura... ma una paura che era anche la sua. Della Bestia. Potevo sentirla.

 

«S M E T T E T E D I D I V O R A R E. S M E T T E T E D I M A N G I A R E O G N I C O S A C O N L A V O S T R A I N S A Z I A B I L E F A M E. L A S C I A T E I N P A C E I L M O N D O. E T R O V A T E L A V O S T R A P A C E.»

 

 

 

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Da quel giorno, la Bestia Risorta è sparita. L'ultimo lembo della sua pelle lavica è scomparsa mentre ritornava nell'antro buio del sottosuolo dal quale era provenuta.

Nuova York ha indetto, su mio comando, un periodo senza scadenza durante il quale verrà limitato l'uso smodato della tecnologia degli antichi, e si sono indetti piani di reintegrazione dei regni vegetate ed animale.

Non possiamo più continuare così.

L'essere umano non può più continuare così.

 

Non lo avrei mai pensato prima, ma... ho finito col ringraziare la Bestia Risorta. Quella che credevamo la minaccia più grande alla nostra incolumità, alla fine si è rivelata la nostra salvezza, un campanello d'allarme che ci ha graziati dall'auto-estinzione.

 

La vedo. La nuova Nuova York... ok, così suona male, ma già me la vedo, cogli occhi della mente... splendida, meravigliosa. Un connubio tra tecnologia e natura. L'una a servire l'altra. Nessun parassita, nessuno sfruttamento.

 

Quando avremo placato la nostra fame. E trovato pace.

   
 
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