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Autore: Sunnyfox    30/10/2023    2 recensioni
Solo quando all'improvviso Rufy cacciò un urlo animalesco, si rese conto che la squadra di Kendo del loro liceo aveva fatto il suo trionfale ingresso.
«Eccoli che arrivano!» esclamò, agitando le braccia per catturare l'attenzione di Zoro che seguiva il capitano della squadra e andavano a posizionarsi accanto agli altri kendoka.
Nami lo vide alzare lo sguardo verso di loro, come se fosse davvero riuscito a sentire il richiamo dell'amico, in mezzo a tutto il fracasso esploso all'ingresso delle squadre. Rufy si agitava così tanto che dopotutto sarebbe stato impossibile non notarlo. Zoro non fece altro che alzare lo Shinai in segno di saluto. Una conferma che li aveva scorti e aveva, a modo suo, apprezzato la loro presenza. Se non fosse stato così distante, Nami avrebbe detto di averlo persino visto sorridere.
[High School AU]
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12.

 

Le vacanze primaverili erano giunte rapide e quasi inaspettate.

E con loro la fine di un anno scolastico che di scontato non aveva avuto proprio un bel niente.

Al pensiero che ad aprile sarebbe iniziata la loro ultima avventura da liceali, Nami non voleva dar eccessivo peso. La sua nuova filosofia di vita era quella di prendere le cose come stavano, e lasciarle scorrere, senza preoccuparsi eccessivamente del futuro. Era iniziato tutto con Arlong e la decisione di dargli il benservito, senza sapere che cosa avrebbe fatto dopo, ed era proseguita con l'accettazione dei propri sentimenti per Zoro e tutto ciò che ne era seguito. Avrebbe accolto il resto con lo stesso trasporto.

Si erano salutati tutti sui cancelli di scuola, fra abbracci, vaga commozione e la promessa di vedersi durante la pausa primaverile.

Una volta terminati i convenevoli aveva trascinato via Zoro, con una scusa, per potergli dare il suo personalissimo arrivederci, nel chiaroscuro di un vicolo e portarsi via il ricordo per l'intero fine settimana.
 

Quel primo sabato di vacanza era andata a lavoro e Genzo le aveva chiesto di sistemare le vetrine, mentre lui si sarebbe occupato della clientela e dei nuovi ordini in arrivo. Era in bilico su una scala e stava sistemando un paio di girandole color dei fiori di ciliegio, quando per poco non cadde in maniera rocambolesca. Di fronte a lei, la faccia deforme, spiaccicata contro il vetro, di quello che solo molto dopo riconobbe come quel disgraziato di Rufy.

«Cretino!» gridò una volta ricomposta, aggrappata alla scala traballante come ne andasse della sua stessa vita. Il ragazzo scoppiò a ridere, tenendo le mani sulla pancia in una grottesca maschera del divertimento.

Gli fece solo un cenno, prima di invitarlo a entrare nel negozio. Nami finì di appendere le ultime decorazioni e lo raggiunse, portandosi via la scaletta pieghevole.

«Che cosa ci fai qui?» gli chiese, mentre Genzo veniva verso di loro con aria curiosa.

«Mi annoiavo, sono passato a salutarti e vedere se avevi finito»

«E a farmi prendere un colpo. Sto lavorando, scemo» gli diede un buffetto in fronte, voltandosi poi verso il suo datore di lavoro.

«Un amico di Nami?» lo appellò questi con un sorriso cordiale.

«Precisamente!» confermò il ragazzo, portandosi entrambe le mani ai fianchi, in una posa spavalda «e tu hai dei baffi veramente...» Nami per un attimo temette il peggio «... pazzeschi!»

Genzo rimase interdetto per qualche secondo, scoppiando poi a ridere.

«E tu hai buon gusto, ragazzo mio.»

«Rufy, mi chiamo Rufy» precisò con una punta di orgoglio. Poiché ragazzo mio non era esattamente il modo in cui gradiva farsi chiamare, in genere. Era orgoglioso del suo nome.

«Ed io sono Genzo, il proprietario di questo posto»

«Ooooh, ma allora sei il nuovo capo di Nami! Ehi, Nami! Non scherzavi quando dicevi che sembrava uno dei pesci gatto che cucinava Arlon-»

Nami dovette tappargli la bocca, perché i commenti che aveva fatto, in separata sede su Genzo, preferiva rimanessero fra loro.

«Gradirei continuare a lavorare in questo posto» gli sibilò a un orecchio, guardandolo annuire, placato da quell'attacco. Lo lasciò andare solo quando fu certa che non avrebbe aperto più bocca. Non sull'argomento almeno.

Genzo li osservava curioso e Nami si chiese se conoscesse i suoi trascorsi lavorativi. Frequentava sua madre, dopotutto (o così ormai si era convinta facesse), e qualcosa sicuro si erano detti. Ma lui sembrò accettare quell'interruzione senza soffermarcisi.

«Se hai finito con la vetrina, ti congedo. Dubito che per oggi arriveranno troppi clienti, ormai. E fra poco chiudiamo»

«Sei sicuro? Rufy può aspettare.»

«No, non posso. Mi sto annoiando a morte»

Nami alzò gli occhi al soffitto, tirandogli una manata sulla nuca, ma li riabbassò immediatamente, alla rinnovata risata di Genzo.

«Non sia mai che io faccia morir di noia un tuo amico. Andate. Divertitevi, sono pur sempre vacanze.»

Nami ringraziò Genzo per averle abbonato un paio d'ore di lavoro e si trascinò via Rufy, prima che commettesse qualche altra sbruffonata delle sue.

«Sei veramente un imbecille. Non potevi andare a rompere le scatole a Usop?» il primo nome che le venne in mente.

«Usop oggi è uscito con la sua amica Kaya»

«Bè, potevi andare da chiunque altro»

«Ma io volevo venire da te...»

La sua ammissione fu così innocente che Nami non riuscì ad obiettare alcunché.

«Visto che ora siamo qui... che hai voglia di fare?»

«Pensavo di andare a trovare Zoro»

«Scusa... ?» le venne da ridere. Era la giornata mondiale del Rufy molesto? «Zoro oggi è impegnato con gli allenamenti» era certa che persino lui ne fosse al corrente.

«Sì, ma è anche il primo giorno in cui si allena con quello strano tizio che ha cominciato a lavorare al dojo.»

Nami sgranò gli occhi, sorpresa di essersene in qualche modo dimenticata.

«Non sei curiosa di vedere chi è?»

Lo era? Molto probabilmente sì, ma d'altro canto l'idea di andare a interferire con una realtà che Zoro condivideva con loro raramente la metteva un po' in difficoltà.

«Forse dovrebbe essere lui a parlarcene, non so se-»

«Ah, stronzate» la interruppe bruscamente Rufy «Lo sai che Zoro non ci racconta quasi mai un bel niente di queste cose, è già tanto che ci abbia parlato di questo tizio o che mi abbia detto che vi siete baciati»

Nami si sentì avvampare, non era certo quella la deviazione che si aspettava dalla conversazione. Era sorpresa che Zoro ne avesse parlato con Rufy. Si chiese in che termini lo avesse fatto, si chiese come fosse avvenuta quella conversazione. O forse no, forse, data la natura dei due soggetti, preferiva non scoprirlo mai.

«Bè, non è esattamente la stessa... cosa...» farfugliò in risposta, infastidita dal sentirsi così in imbarazzo.

«Sì che lo è. Le cose che per lui contano davvero se le tiene ben strette»

Nami si volse a guardarlo, ma per Rufy sembrò la constatazione più naturale dell'universo. Forse nemmeno si era reso conto di aver detto una grande verità, su uno dei suoi migliori amici.

«Perciò, dato che ci ha già raccontato di questo marinaio zombie, non può arrabbiarsi se andiamo a sbirciare un pochino».

Nami sorrise.

«E andiamo a vedere questo teppista senza vitamina D, allora» gli concesse. Ormai quel Law era segnato. Avrebbe ricevuto più epiteti di Sanji.

 

Fu Koshiro ad accoglierli, sulla soglia di casa. Quel sorriso benevolo, caloroso, tutt'altro che di cortesia, ma sincero.

«I ragazzi non hanno ancora terminato i loro allenamenti» disse «Ma potete assistere se vi fa piacere. Oggi sono in cortile, il tempo è clemente in questi giorni»

Nami scoccò a Rufy un'occhiata incerta. Era la prima volta che varcava la soglia di quella casa in un momento tanto solenne.

In realtà era molto raro anche solo varcare... la soglia di quell'abitazione. Il tempio inespugnabile ed estremamente riservato della vita di Zoro.

«Potremmo anche aspettare che finisca...» decise di esporsi, cercando consenso nel ragazzo che le stava di fianco, fin troppo scalpitante perché prendesse davvero in considerazione la sua proposta.

«Io voglio vedere Zoro che si allena» disse infatti.

«Fate come foste a casa vostra, metto su del tè, nel frattempo...»

Koshiro si allontanò come non fosse davvero affar suo, mentre Rufy prendeva la strada verso il cortile.

«Rufy! Aspetta un attimo!» esalò, lasciandoselo sfuggire in un istante. La sbirciatina che avevano intenzione di dare si era trasformata in un'invasione di campo in grande stile.

«Stupido cretino...» sibilò quindi, ora indecisa se prendere la sua stessa strada o seguire Koshiro. Nessuna delle due opzioni allettanti. Se da un lato aveva paura di infastidire Zoro, dall'altra il pensiero di restare sola con Koshiro un po' la intimoriva. Non ci aveva mai parlato per davvero e ora che le cose con Zoro si erano evolute gli sembrava quasi di doverselo ingraziare più del necessario.

Sospirò indecisa, restando ferma in mezzo a quel corridoio come se fosse diventata parte dell'arredamento. Le spalle alla finestra e gli occhi rivolti a una delle vetrinette colme di trofei.

Si avvicinò in silenzio a una di queste, riconoscendo questa o quell'altra foto. Le aveva già viste in precedenza, ma non ci si era mai soffermata davvero. Ora riusciva a riconoscere il padre di Zoro. Dopo averlo visto in quelle diapositive gli sembrava quasi di conoscerlo. E riconobbe sua madre, che aveva sempre e solo intravisto di sfuggita. E poi... e poi vide Kuina. Quella stessa Kuina di cui Zoro aveva sempre parlato mal volentieri. Ma che sapeva essere una delle persone più importanti della sua vita.

Diamine, Tashigi le assomigliava davvero moltissimo.

«Sbalorditivo, vero?» sobbalzò, presa alla sprovvista dalla voce alle sue spalle. Se solo non si fosse riscossa immediatamente, si sarebbe convinta che Kuina fosse uscita dalla fotografia solo per poterle parlare.

Tashigi le si era affiancata e si sistemò gli occhiali sul naso, fissando la stessa identica foto su cui Nami aveva concentrato la sua attenzione. Nami aveva dimenticato che anche lei, adesso, era allieva di quel dojo. Chissà come non si aspettava di trovarla lì, quando il suo posto era stato preso dal nuovo allenatore.

«Il maestro Shimotsuki mi aveva detto che gli ricordavo sua figlia» proseguì con aria concentrata sulla foto «ma non avrei mai creduto di somigliarle così tanto. Da bambina però ero decisamente più in carne e portavo due occhiali a fondo di bottiglia molto peggio di quelli che indosso ora»

Nami si ritrasse appena, sorpresa da quello scambio di confidenze.

La ragazza invece si volse nella sua direzione, con un vago sorriso dipinto sulle labbra, affatto ostile.

«Nami, giusto?» cercò di rammentare il suo nome.

«Giusto...» ribatté lei con un cenno del capo.

«Non sapevo venissi anche tu, oggi. In realtà mi sembra che il dojo non sia mai stata tanto frequentato da quando vengo qui.»

Nami si chiese che cosa intendesse dire. Di certo questa era la prima improvvisata che facevano a Zoro. Forse parlava del nuovo acquisto del dojo? Di quel Trafalgar? O forse... ?

«Prima lezione?»

Appunto.

«Oh, no! Io non sono qui per allenarmi!» ci tenne a precisare. Se era questa l'impressione che si era fatta, sbagliava di grosso. Sembrava una persona interessata al kendo, per caso? Di certo era interessata a Zoro, ma questo non era sicura trasparisse davvero, oppure no? «Rufy ed io siamo arrivati in anticipo. Aspettiamo che Zoro finisca gli allenamenti»

Tashigi sembrò accettare la risposta.

«Oh, okay. Anche se non mi sarebbe dispiaciuto avere compagnia femminile. Oggi mi sembra stia girando un po' troppo testosterone.»

Nami doveva aver fatto un'espressione piuttosto perplessa perché Tashigi sorrise complice.

«Dovresti assistere agli allenamenti» disse solo, invitandola a seguirla.

Non era sicura di come si sentisse al cospetto della ragazza. La sua sola presenza le aveva provocato così tanto fastidio, in precedenza, che ora quasi si sentiva in colpa, sebbene non le avesse mai davvero fatto qualche sgarro o dimostrato perpetrato astio nei suoi confronti.

Le sembrava assurdo averla percepita come una minaccia. Più che altro azzardato.

Camminarono scalze lungo il corridoio, fino a raggiungere la parte opposta della casa. L'ampia vetrata a scorrimento del salotto principale era spalancata e, oltre a quella, nel cortile, c'erano Zoro e il suo avversario. Nami si avvicinò titubante all'esterno, Rufy già seduto in un angolo, sotto al porticato, con aria assorta e vagamente ridicola, tanto sembrava concentrato sul capire cosa stesse succedendo.

Se ne rimase in disparte, accanto a Tashigi, facendo scorrere lo sguardo su quel duello che sembrava essere finito in fase di stallo.

Zoro indossava la divisa tradizionale: gli ampi hakama color blu marino, il kimono nero, l'armatura, ma non la maschera che gli aveva visto indossare durante l'ultima competizione. Teneva due shinai, stretti in entrambe le mani, e si chiese se fosse un nuovo tipo di tecnica, perché non gli era mai sembrato di vederlo gareggiare con due spade.

Il suo avversario, vestito alla stessa maniera, lo osservava guardingo, l'unico shinai fisso di fronte a sé, come se stesse valutando la mossa successiva.

Attorno a loro, un tappeto di petali di ciliegio ed altrettanti a vorticare in circolo sulle loro teste, trasportati dal vento.

L'immagine aveva un non so che di poetico e solenne e a Nami fece l'effetto di assistere a qualcosa che stava al di fuori del tempo. E si fece strada, in lei, la consapevolezza che forse, una parte di Zoro sarebbe rimasta un grande mistero, per sempre.

La staticità del momento fu interrotta in un lampo, quando il ragazzo tatuato scattò in avanti all'improvviso, facendo ruotare lo shinai. Era sicura sarebbe stato Zoro il primo a muoversi, ma quando lo vide indietreggiare e cercare di parare il colpo con entrambe le armi, capì che aveva preso alla sprovvista persino lui.

Seguirono una serie di colpi e affondi rapidi, a tratti violenti. Gli schiocchi del bambù degli shinai che cozzavano uno sull'altro, rimbombando in echi distorti per il cortile. Il suono degli ansiti che seguivano i colpi affondati e quelli ricevuti. In un attimo se ne sentì inebriata. Coinvolta.

Nemmeno si era resa conto di aver serrato le mani a pugno e mal trattenuto un gemito frustrato quando Zoro era di nuovo stato costretto a indietreggiare, disarmato di uno dei suoi shinai, in evidente difficoltà.

Quel Law sembrava sapere il fatto suo, ma l'impressione che ne ebbe fu quella di una persona senza scrupoli o sportività. Pronto a scorrettezze pur di portare a casa un risultato.

Dalla gola di Zoro scaturì d'improvviso un ringhio frustrato che lo portò ad attaccare questa volta, in modo violento e disconnesso e fu solo allora che Trafalgar concluse l'azione colpendolo dritto allo sterno.

«Hai capito di cosa stavo parlando?» sussurrò Tashigi al suo fianco, riportandola alla realtà.

Sì, Nami aveva capito esattamente di cosa Tashigi stesse parlando.

C'era rabbia, frustrazione e competizione brutale. Non aveva mai davvero visto Zoro così.

Osservò con curiosità Trafalgar aiutarlo a raccogliere uno dei i suoi shinai, senza restituirglielo.

«Ci vediamo sabato prossimo» disse, lasciandolo così, apparentemente insoddisfatto.

«Non abbiamo finito» rispose Zoro la voce spezzata dalla fatica.

«Sì che abbiamo finito»
«Sei stato scorretto!» gli ringhiò contro, tanto che Nami riuscì quasi a percepire la sua frustrazione.

«Non erano scorrettezze. Ho solo usato dei trucchi» lo trattò con aria di sufficienza «non andrai troppo lontano se non sai gestirli»

Si chiese cosa trattenesse Zoro dal tirargli un pugno in faccia. Ma fortunatamente il ragazzo sembrò incassare il colpo, asciugarsi il sudore dalla fronte e limitarsi a scoccargli un'occhiataccia poco conciliante.

«Lontano quanto sei arrivato tu?» si preoccupò di dirgli però «non partecipi a un torneo da anni» affondò il colpo.

Trafalgar serrò le labbra, mal trattenendo l'offesa. Un lampo di odio ad animargli lo sguardo.

«Sabato prossimo» disse solo, abbandonando gli shinai accanto a una colonna del porticato. Non degnò nessuno di uno sguardo, mentre rientrava in casa. Non aggiunse una sola parola.

«Simpatico» si limitò a dire Rufy, spezzando l'improvviso silenzio calato sulla scena.

Zoro sembrò accorgersi solo in quel momento della loro presenza. Abbandonò lo sguardo oscuro, sostituendolo con uno di pura sorpresa.

«Ma quando siete entrati?»

«Eh, buonanotte!» esclamò Rufy, balzando in piedi per poterlo raggiungere.

Il fatto che Zoro non sembrasse infastidito, consolò Nami che nonostante tutto si sentiva ancora un'intrusa.

«Allora è come pensavamo...» Tashigi prese improvvisamente la parola, avanzando verso il trio, sistemandosi di nuovo quei suoi occhiali sul naso.

Zoro si limitò ad annuire e Nami faticò a capire l'argomento della conversazione.

«Di che state parlando voi due?» provvidenziale, questa volta, lo scarso filtro pensiero/parola di Rufy. Non era sicura sarebbe riuscita a chiedere lei stessa.

Zoro si limitò a rilasciare pesantemente il respiro, cercando di riprendere fiato. Andò a recuperare un asciugamano, slacciandosi la cintura del kimono. Scoccò solo un'occhiata a Tashigi, a darle la priorità di parola.

«Zoro ed io abbiamo indagato un po' su quel Law» disse «era una specie di stella nascente del kendo, durante gli anni del liceo. Promettente come lo è Mihawk adesso. Per quello il suo nome ci era in qualche modo familiare»

Nami scoccò un'occhiata a Zoro. Era distante da loro, ma attento alla conversazione.

«Prima che riuscisse a conquistarsi un titolo di tutto rispetto però successe un incidente. La natura dell'incidente è rimasta ignota a lungo, ma gli fece guadagnare un'espulsione dal torneo e una sospensione dalla disciplina a tempo indeterminato»

«Ignota?» si intromise Nami, adesso incuriosita dalla faccenda.

«Sì bé, non è stato facile reperire informazioni. Zoro non voleva andare oltre, ma la faccenda a me aveva incuriosito abbastanza» rivelò Tashigi mal celando un vago imbarazzo «Perciò ho chiesto in giro, in realtà ho chiesto a un amico che lavora in polizia, che ha a portata di mano gli archivi. Bé insomma, è saltato fuori che l'incidente in questione sia stata una gran rissa, e che un ragazzo ci abbia quasi lasciato le penne. Un altro sia finito in riformatorio e Law abbia perso qualsiasi privilegio sulla disciplina. Dicono che nonostante siano passati anni, non si sia più avvicinato a un club di kendo.»

«Però adesso è qui» intervenne Nami «Cioè, Koshiro lo ha voluto come allenatore»

Come allenatore di Zoro, nientemeno.

«Già...» Tashigi scoccò un'occhiata a Zoro: sembrava chiedergli il permesso di continuare. Il silenzio del ragazzo le diede di nuovo il benestare «questa è una di quelle cose che non abbiamo ancora capito. Ma se il maestro Shimotsuki si fida di lui, probabilmente sa qualcosa che ci sfugge. O quantomeno ha voluto dargli un'opportunità.»

«Quindi ha ragione Zoro a chiamarlo teppista!» si intromise Rufy con un sorrisone dipinto in viso.

«Non sappiamo come sono andate le cose...» lo frenò Zoro, «e non sono nemmeno sicuro che mi interessi».

Nami lo guardò tornare da loro, entrambe le mani a stringere un asciugamano che si era sistemato attorno al collo.

«Ma la sua tecnica è disonesta»

Tashigi annuì concorde.

«Disonesta o meno a me è sembrato un gran bel match», esalò Rufy, dando una manata sulla schiena di Zoro, «tu li sai tenere a bada i disonesti»

Zoro si limitò a guardarlo, fra il grato e il compassionevole. Come se la fiducia di Rufy nei suoi confronti fosse motivo di lusinga ma al contempo fosse consapevole di quanto poco il ragazzo conoscesse di quel suo mondo.

«Ragazzi, il tè è pronto»

Koshiro, comparso sulla soglia della porta a vetri, aveva inconsciamente messo un punto alla conversazione.

 

 

Nami e Rufy si erano attardati a casa di Zoro fin dopo il crepuscolo. Koshiro aveva offerto loro di fermarsi a cena, ma avevano declinato l'invito anche solo per averlo saputo all'ultimo minuto.

Zoro si era offerto di fare un pezzo di strada con loro, per poi lasciare Rufy e proseguire con lei, per accompagnarla fino a casa.

Non avevano parlato molto, ma Nami finalmente aveva percepito quello come un silenzio riflessivo e non imbarazzante come quello dei giorni che avevano preceduto il loro chiarimento.

Senza sapere come però si sentiva un po' intimorita. Quel pomeriggio era stato strano. Vivere Zoro, completamente immerso nel suo mondo fatto di allenamenti, spade e frustrazioni sportive aveva aperto una porticina dalla quale non aveva mai davvero sbirciato.

«Non hai detto molto su quello che pensi di tutta questa situazione, quando ne abbiamo parlato con Tashigi» ruppe lei il silenzio, indecisa se riportare a galla la conversazione. Ancora piuttosto incerta sull'intromettersi. La verità era che improvvisamente le era venuta voglia di saperne di più.

«Perché non so cosa pensare...» le rispose, fermandosi poco prima del cancello di casa di Nami.

Sembrò ragionarci un po' su, osservando una delle finestre accese dell'abitazione.

«Koshiro ha cambiato atteggiamento in questi ultimi mesi, sul kendo, sulle persone...» Nami percepì una nota smarrita nella sua voce e cercò di incoraggiarlo.

«Quel Law sarà anche stato un tipo problematico ma non credo che Koshiro gli avrebbe affidato te, se non avesse i suoi buoni motivi per farlo»

«Sì, lo credo anche io, ma non era quello che intendevo. Ultimamente sta prendendo decisioni che non riesco a inquadrare. E non riesco a capire se lo stia facendo solo per me. O lo faccia davvero anche per se stesso.»

«Magari per entrambe le cose.»

Zoro sembrò rifletterci di nuovo.

«Forse non ero pronto a veder cambiare tutto così rapidamente.»

Il commento la sorprese. Non era pronto a veder cambiare le cose in una situazione familiare che per anni si era trincerata dietro a un lutto? A una chiusura verso l'esterno?

Forse Zoro si era accomodato così tanto su quella situazione che affrontare la svolta, adesso, gli sembrava più difficile del previsto.

«Lo sai che ho scordato l'anniversario della morte di Kuina quest'anno?»

Nami fece scattare su di lui uno sguardo sorpreso. Fra tutte le cose che si aspettava di sentirgli dire, questa era forse la meno scontata. Di Kuina non parlava mai.

«Non lo sapevo...»

«Già...» commentò lui, distogliendo lo sguardo. Le ombre notturne ormai avevano preso il sopravvento e c'era solo la luce dei lampioni ad illuminare la strada.

«Avevo rinunciato al falò in spiaggia per andare al tempio con Koshiro e sperare di rimediare in questo modo.»

Nami sentì una fitta al petto a quel commento. Lo aveva accusato così ingiustamente, gli aveva urlato contro, in quell'occasione. E lui non le aveva detto nulla. Chissà che diavolo gli stava gravando sulla coscienza e lei aveva solo infierito.

«Zoro, io...» cominciò ma lui scosse la testa, come a zittirla. Non sembrava aver bisogno di scuse.

«Ma Koshiro mi ha convinto a venire da voi. È da quel giorno che ha cambiato atteggiamento. E ho solo paura di averlo forzato ad aprirsi per non far sentire me in colpa. E che improvvisamente mi abbia investito di non so quali aspettative...»

Era la prima volta che Zoro si confrontava con lei con tanta sincerità, tanta loquacità. Le sue parole le arrivarono dritte allo stomaco. Doveva essergli costato fatica farlo, anche se, in parte, si sentì lusingata di essere testimone delle sue confessioni. Le tornarono in mente le parole di Rufy, sul fatto che, le cose a cui teneva, Zoro se le teneva strette.

«Non credo che Koshiro si aspetti qualcosa di più di quello che già stai facendo. Forse era solo arrivato il momento di... cambiare»

«Io odio i cambiamenti» la interruppe, con una nota amara. «Tutte le volte che è cambiato qualcosa nella mia vita è andato tutto a rotoli.»

Si riferiva forse alle perdite a grappolo che avevano caratterizzato la sua infanzia? Del fatto che avessero cementificato delle tappe fondamentali della sua esistenza.

Un pensiero le attraversò la mente a quelle parole e si ritrovò improvvisamente a proiettarle su se stessa e sull'evoluzione che aveva avuto anche il loro rapporto. Si stava per caso riferendo anche a loro due, quando parlava di cambiamenti?

«Non è detto che debba sempre andare così, Zoro...» esalò combattuta se manifestare le sue rimostranze a riguardo. «Quando hai conosciuto noi non è andata così male...»

Non era stato un cambiamento anche quello? Conoscere nuove persone, uscire da un guscio di solitudine e introversione?

Lui le lanciò uno sguardo strano e per la prima volta si sentì persa.

«Magari hai ragione» le disse, ma sembrò volersi tenere il beneficio del dubbio.

Sentirono una finestra richiudersi alle loro spalle e il momento fu andato.

«Dovrei tornare a casa ora, Koshiro mi starà aspettando»

Nami avrebbe voluto dirgli di aspettare, di sviscerare la conversazione. Di parlare con lei, finché non fosse stato tutto chiaro, limpido, pulito. Zoro aveva aperto una porta, parlando per la prima volta senza esitazione, con sincerità, Nami avrebbe voluto sfondarla e prendersi tutto, subito.

Ma si limitò ad annuire. Arresa.

Non sentì sollievo quando lo vide chinarsi su di lei, per un rapido bacio a fior di labbra. Le sembrò più un congedo formale che una reale forma di tenerezza. O forse si stava sbagliando? Si era lasciata condizionare?

Lo lasciò andare senza chiedergli altro, interdetta dalle sue stesse percezioni.

Il primo giorno delle vacanze di primavera sembrava aver gettato una strana, informe ombra sul futuro e nonostante i buoni propositi di qualche ora prima, adesso Nami si sentiva pervasa dal dubbio.

 

 

 

Note:

Piccola, doverosa nota per chi si sentisse confuso sulle tempistiche: ho deciso di scandire il tempo di questa storia così come si svolge nel canonico anno scolastico giapponese. Le lezioni terminano a fine marzo e riprendono a metà aprile, in concomitanza con l'inizio di un nuovo anno scolastico. I nostri hanno concluso il secondo anno di liceo, entreranno nel terzo ed ultimo anno, tranne Chopper.

Inoltre, Trafalgar Law in questa storia frequenta già l'università, mentre Mihawk, che dovrebbe essere un matusalemme, qui è un liceale? Ehm sì, piccola licenza poetica. Immaginatevi fisicamente Mihawk come lo era da sbarbato, ai tempi della condanna a morte di Gold Roger. Altrimenti avrei dovuto dare a Zoro un avversario casuale e la sfida sarebbe stata meno credibile.

   
 
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